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Jeans su misura in 3d: la sfida alla moda usa e getta
Ordini annullati, scorte in eccesso, catene di approvvigionamento interrotte: la pandemia ha messo a nudo alcune sfide fondamentali del modo in cui i nostri vestiti sono progettati, ordinati, fabbricati e venduti; oppure messi in discarica, inceneriti o venduti sui mercati secondari. Questi impatti sono stati aggravati dal Covid-19, ma l’industria dell’abbigliamento e ad alta intensità di risorse aveva bisogno di una riprogettazione ben prima che arrivasse la pandemia.
L’industria della moda è uno dei principali utilizzatori di prodotti chimici e a sua volta è responsabile per il 20% dell’inquinamento delle acque e delle emissioni di gas nocivi nell’aria.
Per questo molte società si stanno impegnando a cambiare le proprie catene di produzione e nella ricerca di nuovi modi in cui le persone acquistano i propri capi. Ne è un esempio la startup californiana Unspun, con sede a San Francisco, un’azienda specializzata nella produzione personalizzata e automatizzata di jeans.
Invece di entrare in un negozio pieno di jeans con taglie e modelli prestabiliti, i clienti acquistano i propri jeans su misura, attraverso una scansione 3D del proprio corpo, a casa utilizzando un’app del telefono e la fotocamera a infrarossi integrata dell’iPhone ( o di persona in un negozio, attualmente solo a San Francisco e Hong Kong). La scansione viene utilizzata per produrre un paio di jeans personalizzati entro un paio di settimane.
Attualmente non è economico (un paio di jeans costa circa 200 dollari) ma come tutte le tecnologie dirompenti ha il potenziale per diventare più conveniente nel tempo. E mentre il denim potrebbe essere costoso, la qualità e la durata incoraggiano i clienti a mantenere i loro capi più a lungo, un vero e proprio principio di circolarità.
“C’è un’enorme discrepanza tra ciò che fa l’industria dell’abbigliamento e ciò che la gente compra. Soprattutto ora con la pandemia, c’è un grosso problema con l’inventario in eccesso. Con Unspun produciamo abbigliamento dopo che qualcuno l’ha acquistato: lo realizziamo su richiesta anziché aspettare che qualcuno arrivi nel negozio. Non abbiamo taglie, e ciò è più inclusivo. Non abbiamo inventario, che riduce gli sprechi e le emissioni” afferma Beth Esponnette, cofondatrice di Unspun, intervistata da Greenbiz.
“Il sowtware che utilizziamo costruisce il modello in modo completamente digitale e questo ci dà un enorme vantaggio per eventuali modifiche. È automatizzato, quindi una volta che hai programmato il software non costa nulla per il programma eseguirlo e creare un modello. Ci siamo sbarazzati delle ore di lavoro che un sarto avrebbe trascorso costruendo un modello. L’idea è che non c’è macchina da cucire o lavoro manuale. Stiamo anche sperimentando la tessitura in tre dimensioni e la costruzione dell’intero indumento da filo. I consumatori stanno iniziando a rallentare e pensare al loro impatto nel mondo. La media è di 84 capi acquistati all’anno per ogni americano; è folle che acquistiamo più di un prodotto a settimana! Penso che i consumatori saranno disposti a spendere una fetta maggiore delle proprie entrate per un minor numero di prodotti che dureranno più a lungo e di cui sono entusiasti. Stiamo iniziando a vedere quel cambiamento.Tutto ciò lo facciamo per la sostenibilità e per cercare di ridurre le emissioni globali di carbonio dell’1 percento, che è la nostra stella polare principale”.
fonte: https://www.beppegrillo.it
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Non ci resta che piangere!
Ebbene sì, non c'è tregua per il nostro territorio, ex "cuore verde d'Italia".
Si apprende oggi con sgomento che il 24 luglio 2020, presso il Ministero dell'Ambiente, si decideranno le sorti dell'aeroporto di Sant'Egidio, denominato "Aeroporto Internazionale dell'Umbria-Perugia San Francesco d'Assisi". Il progetto da discutere è la trasformazione di tale scalo aereo, il più importante in Umbria, in una scuola di volo. Perché di trasformazione si parla nel tempo da destinare ai voli "didattici" e nella costruzione della sede accademica per ben circa 180.000 mc, compresi alloggi e piscina.
Il tutto con buona pace del sito UNESCO e dei coni di visuale su Assisi e Perugia.
Come spesso accade, quando si procede ad ampliare opere preesistenti, deturpando il paesaggio circostante, poi non ci si ferma e si va verso un peggioramento dei siti interessati. Questo è quanto avvenuto a seguito dei plurimi interventi che hanno interessato, dagli Ottanta ad oggi, l'aeroporto di San Francesco, tanto che, con gli anni, la campagna tra le frazioni di Petrignano e Sant'Egidio è pressoché scomparsa, per lasciare il posto alla pista aeroportuale e al traffico intenso della viabilità urbana ed extraurbana. Una volta compiuto il deturpamento, almeno si fossero aumentati i voli con l'estero a beneficio della nostra economia.
Invece non è andata così e i nostri turisti verranno certamente penalizzati da questa scelta, che, come sempre, accontenta i soliti investitori, a discapito di economia ed ambiente locale.
Ci associamo quindi alla rabbia del Sindaco di Assisi Stefania Proietti e di Italia Nostra Perugia, nell'esprimere la nostra contrarietà ad un simile progetto calato dall'alto improvvisamente, da chi ? non ci è dato sapere!
WWF Perugia
Italia Nostra Umbria
Comitato Ambiente e Territorio Petrignano
Comitato Via Protomartiri Francescani di Santa Maria degli Angeli
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San Francisco, l’aeroporto internazionale vieta la vendita di bottiglie di plastica: “Zero rifiuti in discarica entro il 2021”
La novità fa parte di un piano quinquennale per diminuire i rifiuti, le emissioni di anidride carbonica e lo spreco energetico. Nello scalo viene già fornita gratuitamente acqua filtrata in 600 stazioni d’idratazione, dove i viaggiatori possono riempire le proprie "ecobottiglie"

Dal 20 agosto nell’aeroporto internazionale di San Francisco sarà vietata la vendita di bottiglie di plastica. La novità fa parte di un piano quinquennale per diminuire i rifiuti, le emissioni di anidride carbonica e lo spreco energetico: l’obiettivo dello scalo è arrivare a “zero rifiuti in discarica” entro il 2021. Il divieto si applicherà a tutti i ristoranti, caffè e distributori automatici, ma non agli aerei che utilizzano lo scalo.
Nella struttura viene già fornita gratuitamente acqua filtrata in 600 stazioni d’idratazione, dove i viaggiatori possono riempire le proprie “ecobottiglie“: contenitori riutilizzabili in vetro, alluminio riciclato o materiali compostabili certificati. L’aeroporto, che si descrive come “leader” nella sostenibilità, in passato ha installato pannelli solari e imposto l’utilizzo di stoviglie completamente biodegradabili, incluse cannucce e posate. Altri aeroporti a Dubai e in Indiahanno annunciato divieti simili sulle bottiglie di plastica, ma devono ancora applicarli del tutto.
Già dal 2014 la città di San Francisco ha vietato la vendita di bottiglie per l’acqua in plastica sul territorio cittadino, ma da allora ha previsto rinvii ed eccezioni. La produzione globale di plastica è cresciuta sempre più velocemente nel mondo e attualmente è a oltre 400 milioni di tonnellate l’anno. I prodotti monouso rappresentano circa il 70% dei rifiuti in plastica che inquinano l’ambiente marino e ogni anno un milione di uccelli e oltre 100mila mammiferi marini muoiono o vengono feriti perché strangolati dalle plastiche o per averle ingerite. Canada e Unione europea hanno promesso che vieteranno gli oggetti monouso in plastica dal 2021.
fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it

Dal 20 agosto nell’aeroporto internazionale di San Francisco sarà vietata la vendita di bottiglie di plastica. La novità fa parte di un piano quinquennale per diminuire i rifiuti, le emissioni di anidride carbonica e lo spreco energetico: l’obiettivo dello scalo è arrivare a “zero rifiuti in discarica” entro il 2021. Il divieto si applicherà a tutti i ristoranti, caffè e distributori automatici, ma non agli aerei che utilizzano lo scalo.
Nella struttura viene già fornita gratuitamente acqua filtrata in 600 stazioni d’idratazione, dove i viaggiatori possono riempire le proprie “ecobottiglie“: contenitori riutilizzabili in vetro, alluminio riciclato o materiali compostabili certificati. L’aeroporto, che si descrive come “leader” nella sostenibilità, in passato ha installato pannelli solari e imposto l’utilizzo di stoviglie completamente biodegradabili, incluse cannucce e posate. Altri aeroporti a Dubai e in Indiahanno annunciato divieti simili sulle bottiglie di plastica, ma devono ancora applicarli del tutto.
Già dal 2014 la città di San Francisco ha vietato la vendita di bottiglie per l’acqua in plastica sul territorio cittadino, ma da allora ha previsto rinvii ed eccezioni. La produzione globale di plastica è cresciuta sempre più velocemente nel mondo e attualmente è a oltre 400 milioni di tonnellate l’anno. I prodotti monouso rappresentano circa il 70% dei rifiuti in plastica che inquinano l’ambiente marino e ogni anno un milione di uccelli e oltre 100mila mammiferi marini muoiono o vengono feriti perché strangolati dalle plastiche o per averle ingerite. Canada e Unione europea hanno promesso che vieteranno gli oggetti monouso in plastica dal 2021.
fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it
Water Go Round, il traghetto passeggeri a idrogeno
A San Francisco sono in corso i lavori per terminarlo entro il 2019. Il traghetto a idrogeno servirà i turisti della baia della città, ma non inquinerà come le altre imbarcazioni.
L’idrogeno e la tecnologia a celle a combustibile trovano sempre più applicazioni per la produzione di energia a zero emissioni in diversi campi. Si va dal settore dell’automotive con vetture come Toyota Mirai fino a quello marittimo con il primo catamarano a idrogeno e, notizia recente, la costruzione di un traghetto negli Stati Uniti, a San Francisco, uno dei primi al mondo per il trasporto passeggeri.
L’idrogeno e la tecnologia a celle a combustibile trovano sempre più applicazioni per la produzione di energia a zero emissioni in diversi campi. Si va dal settore dell’automotive con vetture come Toyota Mirai fino a quello marittimo con il primo catamarano a idrogeno e, notizia recente, la costruzione di un traghetto negli Stati Uniti, a San Francisco, uno dei primi al mondo per il trasporto passeggeri.
Water Go Round trasporterà i turisti nella baia di San Francisco
Il progetto è stato reso possibile dalla partnership tra la Golden Gate Zero Emission Marine, fornitore di sistemi energia pulita e silenziosa per i mezzi del mare, e il California Air Resources Board, che ha il compito di trovare soluzioni per proteggere dagli effetti nocivi dell’inquinamento atmosferico e di sviluppare programmi e azioni per combattere il cambiamento climatico. Il traghetto è stato soprannominato Water Go Round e sarà terminato, secondo le previsioni, prima della fine del 2019 per poi servire da mezzo di trasporto turistico nella baia di San Francisco, sotto la gestione della compagnia Red & White, convinta che, dopo questo progetto pilota, i traghetti a idrogeno si diffonderanno rapidamente.
Una velocità di 22 nodi e una capienza di 84 passeggeri
Water GO Round avrà l’aspetto di un catamarano a due eliche in alluminio con un’elica su ogni scafo e sarà lungo 70 piedi (circa 21 metri). Avrà un serbatoio di idrogeno che garantirà due giorni di autonomia e sarà dotato anche di una batteria a 100 kWh, da utilizzare come back up e come plus di energia. Potrà raggiungere una velocità massima di 22 nodi e trasportare fino a 84 passeggeri.
fonte: www.lifegate.it
San Francisco dice addio a tazze e bicchieri di polistirolo
Città inasprisce divieto su uso materiale, al bando dal 2017
San Francisco dice addio
ai bicchieroni usa e getta per caffè e tè caldi da portar via, e non
solo. La città californiana inasprisce il divieto di utilizzo di
contenitori in polistirolo, un tipo di plastica che a partire dal 2017
non potrà più essere utilizzato in città per contenitori e altri
prodotti.
La misura, approvata il mese scorso, riguarda la vendita al dettaglio di prodotti contenenti polistirolo (effettivo dal primo gennaio prossimo) e i contenitori di carne e pesce (in vigore dal primo luglio 2017). L'ordinanza rappresenta il divieto più ampio di contenitori in polistirolo tra quelli previsti nelle maggiori città e contee degli Stati Uniti, ed è una estensione del bando in vigore da una decina d'anni a San Francisco per le confezioni dei cibi take away.
Il polistirolo ha dei vantaggi come materiale isolante e come ammortizzatore di urti, però si sbriciola facilmente ed è una delle maggiori fonti di inquinamento di mari e falde acquifere.
Senza contare che è anche una delle sostanze inquinanti più lente a decomporsi nell'ambiente.
Gli ambientalisti plaudono alla decisione, ma ci sono anche voci critiche. C'è chi lamenta che la legislazione non fa nulla per stoppare in città le consegne di prodotti, come la maggior parte di quelli comprati online, imballati nel polistirolo. O anche chi, come l'associazione California GoFoam citata dal Los Angeles Times, sostiene che bisognerebbe piuttosto insistere sul riciclo del polistirolo, perché molti commercianti non possono permettersi le alternative 'verdi' a questo materiale.
La misura, approvata il mese scorso, riguarda la vendita al dettaglio di prodotti contenenti polistirolo (effettivo dal primo gennaio prossimo) e i contenitori di carne e pesce (in vigore dal primo luglio 2017). L'ordinanza rappresenta il divieto più ampio di contenitori in polistirolo tra quelli previsti nelle maggiori città e contee degli Stati Uniti, ed è una estensione del bando in vigore da una decina d'anni a San Francisco per le confezioni dei cibi take away.
Il polistirolo ha dei vantaggi come materiale isolante e come ammortizzatore di urti, però si sbriciola facilmente ed è una delle maggiori fonti di inquinamento di mari e falde acquifere.
Senza contare che è anche una delle sostanze inquinanti più lente a decomporsi nell'ambiente.
Gli ambientalisti plaudono alla decisione, ma ci sono anche voci critiche. C'è chi lamenta che la legislazione non fa nulla per stoppare in città le consegne di prodotti, come la maggior parte di quelli comprati online, imballati nel polistirolo. O anche chi, come l'associazione California GoFoam citata dal Los Angeles Times, sostiene che bisognerebbe piuttosto insistere sul riciclo del polistirolo, perché molti commercianti non possono permettersi le alternative 'verdi' a questo materiale.
fonte: www.ansa.it
Racing to zero: zero rifiuti, zero scuse
“Racing to zero” di Christopher Beaver è un documentario che racconta un caso senza precedenti, quello della città di San Francisco che corre verso l’obiettivo rifiuti zero al 2020. Il messaggio è molto chiaro: se ce la fanno loro, la quarta città per numero di abitanti della California, al secondo posto negli Stati Uniti per densità di abitanti, ce la facciamo tutti.
Beaver non ci racconta strategie per
città futuribili, ci mostra come funziona oggi lo smaltimento dei
rifiuti. Il tour è guidato da Robert Haley, l’assessore ai Rifiuti Zero
della Città di San Francisco, – sì perché c’è una delega specifica per
questo compito – che conduce lo spettatore a vedere gli impianti di
raccolta e smaltimento, e a fare due chiacchiere con i responsabili
delle diverse funzioni.
Sembra tutto estremamente semplice. Ci sono solamente 3 cassonetti, soprannominati “i fantastici tre”, per 3 tipologie di rifiuti: riciclabili, compostabili, non recuperabili.
Con questo sistema, i cittadini sono più
bravi a differenziare, a detta dell’assessore, con una percentuale di
errore dell’1 – 2% per il compost e poco più per i rifiuti riciclabili.
Ma c’è un trucco! Infatti, a San Francisco, c’è l’auditor della
differenziata, un addetto che ogni notte durante le operazioni di
raccolta porta a porta, guarda nei sacchetti e segnala se ci sono stati
degli errori lasciando un cartellino appeso al cassonetto che
il cittadino leggerà la mattina dopo. Con questo sistema le persone sono
stimolate a fare meglio ma non vengono messe in imbarazzo con un
confronto faccia a faccia. Che sensibilità verso gli oltre 850.000
abitanti! Questo, però, ancora non basta. Siccome la città è molto
turistica, i cassonetti vengono spesso portati in piazza per spiegare alla gente che viene da fuori dove buttare i rifiuti.
L’amministrazione ha inoltre disposto degli obblighi
di legge sull’utilizzo delle shopper compostabili e per l’utilizzo nei
ristoranti di contenitori compostabili o riciclabili, lo
spettatore potrà visitare un ristorante cinese che raggiunge oltre il
90% tra differenziata e compostabile. Il tour tocca molte altre tappe e
molti aspetti interessanti come quello dei rifiuti tossici, delle
macerie edili, dell’incenerimento dei rifiuti ospedalieri, del recupero
della plastica, i RAEE, i tessili, la produzione di biogas e compost,
l’educazione delle scuole. Quello che a mio avviso colpisce di più è che
a San Francisco è entrato nella mentalità delle persone il concetto di responsabilità. Che siano cittadini, imprenditori, amministratori, tutti sono consapevoli che ogni azione ha una conseguenza sulle risorse primarie e sulla produzione di rifiuti. Forse anche grazie al principio per cui meno rifiuti produci e meno paghi di tassa raccolta rifiuti!
Il modello San Francisco genera consapevolezza, responsabilità, posti di lavoro, nuove economie, riduce l’impatto ambientale delle attività produttive e abitative dell’uomo ma soprattutto genera speranza
nelle nuove generazioni. Una giovane ragazza intervistata afferma che
l’uomo è una delle specie animali più intelligenti sulla Terra e che non c’è nessuna ragione per cui non dovremmo riuscire a sistemare la questione.
Sarà vero? Forse possiamo imparare dai
nostri errori e superare vecchi modelli economici che hanno dimostrato
il loro fallimento. E’ già in atto una riconversione del modello produttivo verso un sistema circolare che disegna i processi dalla culla alla culla senza passare per la tomba, o in questo caso la discarica.
fonte: http://www.ehabitat.it
Riciclaggio a San Francisco - NYTimes: San Francisco, ‘the Silicon Valley of Recycling’

Il NYT su San Francisco "la Silicon valley del riciclo', parla dell'impianto di riciclaggio Recology. Tra l'altro scrivono che Pier 96 (indirizzo di Recology) non è sulle guide turistiche però è meta di visitatori da tutto il mondo, dall'Afghanistan, dal Vietnam e in questo giorno in cui scrivono l'articolo c'è Mario Doria, sindaco di Genova con varie altre persone. Nell'articolo c'è anche un breve video che mostra come funziona l'impianto e scrivono che ogni giorno, per 6 giorni la settimana spediscono più di 30 grossi containers con i materiali separati verso gli utilizzatori tipo cartiere, fonderie ecc.
Nadia Simonini (Rete Nazionale dei Comitati Rifiuti Zero)
http://nyti.ms/1q5uxxS
La raccolta differenziata a San Francisco: costi, obiettivi e modalità di raccolta
Tra propaganda e forti critiche la raccolta differenziata a San
Francisco è a quota 80%. Ma i costi sono eccessivi e c'è chi pensa di
copiare il sistema Conai

La città di San Francisco con i suoi 852.469 abitanti (quasi come Torino) è la quarta città più grande della California e la seconda di tutti gli Stati Uniti come densità di popolazione dopo New York. Nel mondo è anche conosciuta per essere il luogo, non solo degli States, dove “il futuro arriva prima”. Infatti la storia della città è costellata di eventi e vicende che la vedono in prima linea non solo per quanto riguarda i diritti civili ma anche per l'attenzione, riservata da sempre, ai temi ambientali.
Non è una novità che la città di San Francisco si sia imposta, già nel 2010, l'obiettivo di essere la prima metropoli a Rifiuti Zero grazie all'introduzione del “Mandatory Recycling and Composting Ordinance”. Infatti il percorso intrapreso dalla città, verso una gestione dei rifiuti ottimale, comincia nel lontano 1989 con l'emanazione di alcune ordinanze che spingevano verso il dirottamento dei rifiuti dalla discarica verso altre forme di chiusura del ciclo dei rifiuti. Dall'obbligo di non depositare in discarica il 25% dei rifiuti del 1995 si è arrivati al del 100% nel 2020. Una legislazione che attraverso rigidi vincoli che coinvolgono tutti, dal normale cittadino all'industria passando per il commercio, è riuscita a dare un forte impulso alla creazione di una vera e propria filiera del riciclo e del recupero di materie prime seconde. Mentre per il 2020 l'obiettivo principale è quello di far diventare San Francisco una città a rifiuti zero, senza conferimenti in discarica e per rendere obsoleto e anacronistico anche l'utilizzo dell'inceneritore. Che se da un lato “termovalorizza” i rifiuti grazie al recupero di energia e calore, dall'altro risulta un ottimo escamotage per non affrontare seriamente il problema della produzione dei rifiuti e della loro riduzione. Senza dimenticare i seri problemi ambientali e non che un inceneritore comporta, sin dalle fasi di costruzione. Un pensiero quello sull'inceneritore che Ed Lee, Sindaco di San Francisco, ripete come un mantra fin dal giorno d'insediamento.
Come funziona la raccolta dei rifiuti a San Francisco?
Nella città del Golden Gate i cittadini hanno un sistema di raccolta dei rifiuti molto simile al porta a porta. Ogni abitazione ha a disposizione tre bidoncini: verde, blu e nero.
In quello verde è possibile depositare gli avanzi di cibo, gli scarti da giardino e i prodotti di carta sporchi, come tovaglioli usati, piatti, tazzine da caffè e imballaggi per alimenti d'asporto.
Nel bidone blu i cittadini possono conferire plastica, carta e cartone, vetro e metalli. Tutto insieme in un unico cassonetto, in sostanza quello che in Italia chiameremmo multimateriale pesante.
Mentre in quello nero tutto il resto, dal TetraPak alle ceramiche, dai tessuti ai cristalli delle auto. Insomma tutto il resto.
Quanto
costa il sistema di raccolta differenziata?
Definire i costi di questo sistema è molto complesso, però possiamo esplicitare con esattezza i costi per il cittadino di San Francisco.
La prima cosa da precisare è che la modalità di pagamento del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti è differente dalla nostra Tari. Se in Italia l'importo è determinato (per una abitazione) dalla superficie calpestabile dell'immobile e dal numero di residenti e, dove presente la tariffazione puntuale, da un parte variabile proporzionata alla effettiva produzione di rifiuti calcolata attraverso gli svuotamenti. A San Francisco il cittadino paga a svuotamento, ossia ogni settimana è previsto lo svuotamento dei tre contenitori conferendo alla Recology (l'azienda che si occupa della gestione dei rifiuti) un affitto mensile per i tre bidoni pari a 35,18 $ al mese (circa 31,53 €), che all'anno diventano 422.16$ (circa 378,40 €). Una tariffa mensile costituita da: 5,16$ (4,62 €) il costo fisso per il servizio, 25,90$ (23,21 €) per il noleggio del contenitore nero da 32 galloni (121 litri circa), 2,06$ (1,85 €) per il noleggio del contenitore blu da 121 litri e altri 2,06 $ per quello verde.
Una tariffa che può essere ridotta a 25,47 $ (22,83 €) al mese se il cittadino riesce a ridurre i rifiuti contenuti nel bidone nero. E questo può farlo facendosi consegnare dall'azienda un contenitore nero da 20 galloni (quasi 76 litri).
Queste sono le cifre relative ad una utenza che coinvolge fino a due famiglie. È scontato che in una città dalla forte densità demografica come San Francisco esistano più bidoni che servono interi condomini o grattacieli, ma la base per calcolare i costi è quella appena descritta.
I risultati di questo tipo di raccolta differenziata.
Chiariamolo subito, secondo la municipalità di San Francisco questo sistema ad oggi permette una percentuale di raccolta differenziata pari all'80%. Dal 40% del 2000 all'odierno 80% è stato un continuo e incessante crescendo che ha visto la produzione totale dei rifiuti indifferenziati calare dalle circa 900mila tonnellate del 2000 alle attuali 400mila. Questa metodologia di raccolta è per certi versi un mix tra il porta a porta e quella stradale. Del porta a porta raccoglie lo spirito del mettere in relazione il rifiuto con chi effettivamente lo produce e di conseguenza anche il costo. Dallo stradale prende esclusivamente la modalità di raccolta, perché i tre bidoni sono necessariamente posizionati per strada.
A molti potrebbe sembrare un sistema molto semplice e forse poco efficiente per la raccolta dei rifiuti in quanto prevede la differenziazione di sole due frazioni, l'organico e tutto il resto. Ma il segreto di San Francisco sta nel differenziare a valle, quasi a conclusione del ciclo dei rifiuti.
Come
sempre le verità sono due,
e a San Francisco non è tutto rosa e fiori. Infatti in molti
criticano apertamente le cifre sulla raccolta differenziata,
affermando
che il dato dell'80% è un dato
falsato perché ingloba molti materiali, che se pur differenziati
correttamente, nessuno ha mai considerato nel calcolo della raccolta
differenziata
come i rifiuti edili, e quindi il dato deve essere rivisto ad un più
contenuto 60%.
Che comunque è un buon risultato. Le
critiche ai dati sono contenute in molte ricerche e studi che
ridimensionano il dato, qui
un articolo che ne raccoglie i più importanti.
Inoltre altre critiche vengono mosse da Zero Waste San Francisco e California in merito ai costi troppo alti del sistema di differenziazione a valle dei rifiuti attraverso processi meccanici e manuali. Che spingono le associazioni a ripensare al sistema di raccolta sull'esempio delle migliori esperienze europee.
Ed è lo stesso Enzo Favoino, coordinatore del Comitato scientifico del Centro di ricerca Rifiuti Zero, a confermare quanto si legge sulle pagine internet delle associazioni ambientaliste californiane, tentando di dissuadere dal precipitoso paragone che vedrebbe la città di Torino seguire le orme di San Francisco con il suo nuovo piano rifiuti. “Siamo in contatto costante con Zero Waste California – dice Enzo Favoino - A San Francisco il sistema di raccolta si basa su tre diversi contenitori, organico multimateriale pesante e rifiuti residui. E quindi non su organico vetro e tutto il resto insieme come nel futuro piano della città di Torino (intervista rilasciata da Francesco Profumo a La Stampa del 24 dicembre 2015 – nda). A San Francisco c'è solo multimateriale e rifiuto residuo. Inoltre questi tre bidoni sono molto sull'uscio, una sorta di porta a porta. Gli stessi interlocutori statunitensi non sono soddisfatti del multimateriale raccolta perché comporta costi molto altri per una significativa separazione dei materiali e addirittura, c'è chi pensa di copiare e esportare in California il sistema Conai”.
fonte: www.ecodallecitta.it
La città di San Francisco con i suoi 852.469 abitanti (quasi come Torino) è la quarta città più grande della California e la seconda di tutti gli Stati Uniti come densità di popolazione dopo New York. Nel mondo è anche conosciuta per essere il luogo, non solo degli States, dove “il futuro arriva prima”. Infatti la storia della città è costellata di eventi e vicende che la vedono in prima linea non solo per quanto riguarda i diritti civili ma anche per l'attenzione, riservata da sempre, ai temi ambientali.
Non è una novità che la città di San Francisco si sia imposta, già nel 2010, l'obiettivo di essere la prima metropoli a Rifiuti Zero grazie all'introduzione del “Mandatory Recycling and Composting Ordinance”. Infatti il percorso intrapreso dalla città, verso una gestione dei rifiuti ottimale, comincia nel lontano 1989 con l'emanazione di alcune ordinanze che spingevano verso il dirottamento dei rifiuti dalla discarica verso altre forme di chiusura del ciclo dei rifiuti. Dall'obbligo di non depositare in discarica il 25% dei rifiuti del 1995 si è arrivati al del 100% nel 2020. Una legislazione che attraverso rigidi vincoli che coinvolgono tutti, dal normale cittadino all'industria passando per il commercio, è riuscita a dare un forte impulso alla creazione di una vera e propria filiera del riciclo e del recupero di materie prime seconde. Mentre per il 2020 l'obiettivo principale è quello di far diventare San Francisco una città a rifiuti zero, senza conferimenti in discarica e per rendere obsoleto e anacronistico anche l'utilizzo dell'inceneritore. Che se da un lato “termovalorizza” i rifiuti grazie al recupero di energia e calore, dall'altro risulta un ottimo escamotage per non affrontare seriamente il problema della produzione dei rifiuti e della loro riduzione. Senza dimenticare i seri problemi ambientali e non che un inceneritore comporta, sin dalle fasi di costruzione. Un pensiero quello sull'inceneritore che Ed Lee, Sindaco di San Francisco, ripete come un mantra fin dal giorno d'insediamento.
Come funziona la raccolta dei rifiuti a San Francisco?
Nella città del Golden Gate i cittadini hanno un sistema di raccolta dei rifiuti molto simile al porta a porta. Ogni abitazione ha a disposizione tre bidoncini: verde, blu e nero.
In quello verde è possibile depositare gli avanzi di cibo, gli scarti da giardino e i prodotti di carta sporchi, come tovaglioli usati, piatti, tazzine da caffè e imballaggi per alimenti d'asporto.
Nel bidone blu i cittadini possono conferire plastica, carta e cartone, vetro e metalli. Tutto insieme in un unico cassonetto, in sostanza quello che in Italia chiameremmo multimateriale pesante.
Mentre in quello nero tutto il resto, dal TetraPak alle ceramiche, dai tessuti ai cristalli delle auto. Insomma tutto il resto.
Definire i costi di questo sistema è molto complesso, però possiamo esplicitare con esattezza i costi per il cittadino di San Francisco.
La prima cosa da precisare è che la modalità di pagamento del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti è differente dalla nostra Tari. Se in Italia l'importo è determinato (per una abitazione) dalla superficie calpestabile dell'immobile e dal numero di residenti e, dove presente la tariffazione puntuale, da un parte variabile proporzionata alla effettiva produzione di rifiuti calcolata attraverso gli svuotamenti. A San Francisco il cittadino paga a svuotamento, ossia ogni settimana è previsto lo svuotamento dei tre contenitori conferendo alla Recology (l'azienda che si occupa della gestione dei rifiuti) un affitto mensile per i tre bidoni pari a 35,18 $ al mese (circa 31,53 €), che all'anno diventano 422.16$ (circa 378,40 €). Una tariffa mensile costituita da: 5,16$ (4,62 €) il costo fisso per il servizio, 25,90$ (23,21 €) per il noleggio del contenitore nero da 32 galloni (121 litri circa), 2,06$ (1,85 €) per il noleggio del contenitore blu da 121 litri e altri 2,06 $ per quello verde.
Una tariffa che può essere ridotta a 25,47 $ (22,83 €) al mese se il cittadino riesce a ridurre i rifiuti contenuti nel bidone nero. E questo può farlo facendosi consegnare dall'azienda un contenitore nero da 20 galloni (quasi 76 litri).
Queste sono le cifre relative ad una utenza che coinvolge fino a due famiglie. È scontato che in una città dalla forte densità demografica come San Francisco esistano più bidoni che servono interi condomini o grattacieli, ma la base per calcolare i costi è quella appena descritta.
I risultati di questo tipo di raccolta differenziata.
Chiariamolo subito, secondo la municipalità di San Francisco questo sistema ad oggi permette una percentuale di raccolta differenziata pari all'80%. Dal 40% del 2000 all'odierno 80% è stato un continuo e incessante crescendo che ha visto la produzione totale dei rifiuti indifferenziati calare dalle circa 900mila tonnellate del 2000 alle attuali 400mila. Questa metodologia di raccolta è per certi versi un mix tra il porta a porta e quella stradale. Del porta a porta raccoglie lo spirito del mettere in relazione il rifiuto con chi effettivamente lo produce e di conseguenza anche il costo. Dallo stradale prende esclusivamente la modalità di raccolta, perché i tre bidoni sono necessariamente posizionati per strada.
A molti potrebbe sembrare un sistema molto semplice e forse poco efficiente per la raccolta dei rifiuti in quanto prevede la differenziazione di sole due frazioni, l'organico e tutto il resto. Ma il segreto di San Francisco sta nel differenziare a valle, quasi a conclusione del ciclo dei rifiuti.
Inoltre altre critiche vengono mosse da Zero Waste San Francisco e California in merito ai costi troppo alti del sistema di differenziazione a valle dei rifiuti attraverso processi meccanici e manuali. Che spingono le associazioni a ripensare al sistema di raccolta sull'esempio delle migliori esperienze europee.
Ed è lo stesso Enzo Favoino, coordinatore del Comitato scientifico del Centro di ricerca Rifiuti Zero, a confermare quanto si legge sulle pagine internet delle associazioni ambientaliste californiane, tentando di dissuadere dal precipitoso paragone che vedrebbe la città di Torino seguire le orme di San Francisco con il suo nuovo piano rifiuti. “Siamo in contatto costante con Zero Waste California – dice Enzo Favoino - A San Francisco il sistema di raccolta si basa su tre diversi contenitori, organico multimateriale pesante e rifiuti residui. E quindi non su organico vetro e tutto il resto insieme come nel futuro piano della città di Torino (intervista rilasciata da Francesco Profumo a La Stampa del 24 dicembre 2015 – nda). A San Francisco c'è solo multimateriale e rifiuto residuo. Inoltre questi tre bidoni sono molto sull'uscio, una sorta di porta a porta. Gli stessi interlocutori statunitensi non sono soddisfatti del multimateriale raccolta perché comporta costi molto altri per una significativa separazione dei materiali e addirittura, c'è chi pensa di copiare e esportare in California il sistema Conai”.
fonte: www.ecodallecitta.it
San Francisco: divieto alle bottiglie di plastica e zero-waste entro il 2020
Leggo che il governo Renzi ha deciso con lo Sblocca Italia di costruire almeno 12 inceneritori. Non li potrò mai chiamare termovalorizzatori, perché non c’è niente da valorizzare. Sono inceneritori perché bruciano mondezza, e dunque inceneriscono. In Italia ce ne sono 42 già in funzione, sei autorizzati e adesso, con i nuovi dodici in Piemonte, Liguria, Veneto, Umbria, Marche, Campania, Abruzzo, e Puglia arriveremo a sessanta impianti in tutto lo stivale.
Ecco allora cosa accade a San Francisco, la città più verde d’America. Per evitare di generare immondizia hanno deciso di vietare la vendita di bottiglie di plastica tout court. L’inquinamento da plastica è uno dei più grandi problemi ambientali perché non si degrada su tempi brevi e spesso finisce negli inceneritori. Il 90% degli uccelli ha mangiato plastica e il 60% ne ha dei pezzi in corpo. Abbastanza plastica è buttata via ogni anno da circondare il pianeta ben quattro volte. E peggio ancora, la metà della plastica viene usata una sola volta. E il reciclaggio? Sì, in teoria, ma spesso c’è qualcosa che va storto, è costoso smaltirla ed è difficile veramente differenziare per bene. Meglio evitare gli sprechi dall’inizio. Per fare un esempio in Italia la stampa dell’Alto Adige riporta che almeno la metà della plastica che si dovrebbe reciclare viene bruciata. La metà, in Alto Adige.
Ecco allora che arriva San Francisco con la sua decisione monumentale: vietare la vendita di bottiglie di plastica per ridurre l’enorme spreco associato alla loro vendita. Il divieto verrà attuato in maniera graduale da qui al 2020. E’ un divieto che già esiste in 14 parchi nazionali d’America e anche in varie università della East Coast, ma questa è la prima volta che una città intera vieta le bottigliette. La multa sarà di mille dollari per chi vende le bottiglie, e ci saranno incentivi per usare bottiglie riusabili, in vetro per esempio.
Sarà l’ecatombe? No. Il presidente della commissione per l’ambiente di San Francisco, Joshua Arce, dice che questo sarà un nuovo passo verso il loro obiettivo di zero immondizia
entro il 2020. La sperimentazione è già stata portata avanti per anni,
con eventi pubblici senza bottigliette ed è andato tutto bene, secondo
Arce. Il divieto è “another step forward on our zero-waste goal”.
Cosa hanno da dire i colossi della plastica che producono le
bottigliette, fra cui la potentissima American Beverage Association di
cui fanno parte Coca-Cola e Pepsi? Dicono che è un tentativo “malinformato” della città di risolvere i loro problemi per il beneficio degli “avidi” reciclatori. Sono comici quasi quanto i petrolieri!A San Francisco sono vietate da anni le buste di plastica, e pure i contenitori di polistirolo, divieti che hanno poi adottato anche in altre città, fra cui Los Angeles. Per non parlare del vuoto a rendere che esiste in tutto lo stato della California dal 1987. A San Francisco dal 1996 (da vent’anni!) hanno programmi di partnership fra ristoranti da un lato e orti, vigneti e aziende agricole dall’altro, coordinato dalla città e grazie al quale gli avanzi vengono mandati al compostaggio e poi usati per concimare i campi. Ovviamente il tutto non è fatto a casaccio, ma ci sono esperti agronomi, viticoltori e biologi a creare il compostaggio ottimale. Il risultato è di così alta qualità che la domanda di questo concime “naturale” è sempre in eccesso rispetto all’offerta. E tutto a chilometro zero: i ristoranti comprano ortaggi, verdure e vini localmente e gli avanzi tornano ai campi.
Nel 2006 la città di San Francisco ha reso obbligatorio il riuso di tutti i materiali per l’edilizia. E cioè se rinnovi o abbatti un edificio non puoi mandare niente in discarica. Cosa devi farci? Separare il tutto in cantiere e mandare metalli, legno, cemento, cartone a impianti specializzati nel loro riuso. Ci sono anche centri specifici che si occupano di rifiuti misti, più difficili da separare. Il tutto è a spese del costruttore. Chi viola la legge rischia multe e processi penali, oltre che la revoca dei permessi edilizi.
Il compostaggio è obbligatorio dal 2009. E sì, ci sono controlli e multe. Ogni mese la città organizza programmi per le scuole e per la cittadinanza su come riciclare e fare il compostaggio al meglio. I raccoglitori per l’umido sono dappertutto e ogni piccolo passo che si attua verso lo zero waste, viene pubblicizzato con orgoglio. Da quando è passata l’ordinanza nel 2009 il business del riciclaggio è aumentato notevolmente, portando anche lavoro.
E quindi, è una comunità intera che lo vuole questo zero waste, dal sindaco ai cittadini. Nessuno neanche menziona la parola inceneritore qui. Per ora il tasso di riciclaggio a San Francisco è dell’80% ed entro il 2020 si vuole avere il recupero totale di immondizia. Cioè non si vuole mandare niente in discarica. Niente. Tantomeno incenerire.
San Francisco ha 850,000 abitanti e zero inceneritori. Se ci riescono loro a riciclare l’80% della loro immondizia e a programmare per il zero-waste nel 2020, ci possono riuscire tutti. Italia compresa.
Qui le immagini della San Franisisco green e zero-waste
fonte: www.ilfattoquotidiano.it
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