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Perché Big Tech dovrebbe abbracciare la rivoluzione del "diritto alla riparazione"






















"A differenza di quasi tutti i dispositivi tecnologici che ho acquistato, il laptop Framework chiede di essere smontato"

A prima vista, il laptop Framework che ho usato la scorsa settimana non è ...

Piattaforme online per dare nuova vita ai nostri device digitali

Estendere il periodo di vita dei prodotti digitali non garantirebbe vantaggi solo dal punto di vista ambientale, ma anche economico: in questa direzione, un ruolo fondamentale può essere ricoperto dalle piattaforme di condivisione contenuti e le community digitali










Abbiamo case che ormai sono miniere di tecnologia tra computer, tablet, smartphone, smart tv e numerosi altri apparecchi elettronici che ci fanno compagnia giornalmente. Ma oltre a quelli funzionanti, ne abbiamo innumerevoli che sono abbandonati in fondo a un cassetto o in un ripostiglio perché ormai obsoleti o difettosi. Il loro destino è spesso la discarica, ma secondo un sondaggio dell’Eurobarometro, il 77% dei cittadini europei preferirebbe riparare i propri apparecchi non funzionanti prima di gettarli via. Spesso quello che più comunemente succede, a causa degli alti costi o dell’impossibilità di trovare pezzi di ricambio, è eliminare il vecchio per sostituirlo con il nuovo. Ma le barriere alla riparazione non si fermano all’aspetto economico. Quello che viene chiesto da consumatori e organizzazioni attente al tema è rendere disponibili e reperibili informazioni per poter riparare i propri prodotti autonomamente. Right to Repair rappresenta a livello europeo un osservatorio importante sul tema riparazione e si fa portavoce di comunità di riparatori, riparatori autonomi e cittadini che si battono per il diritto alla riparazione. Tra i punti più importanti della campagna portata avanti dalle organizzazioni aderenti è la richiesta di rendere accessibili al pubblico informazioni e componenti per permettere la riparazione a tutti, rivitalizzando il prodotto e permettendogli di avere una vita più lunga.

La spinta europea alla riparazione e i suoi vantaggi

Alla base della contestazione pubblica, il principio per cui chi possiede un prodotto dovrebbe avere la possibilità di ripararlo come preferisce. Ma se le informazioni non sono disponibili o, molto peggio, i prodotti sono creati per non essere riparabili, questo principio viene meno. I cittadini europei concordano ampiamente sul fatto che i produttori dovrebbero facilitare la riparazione dei device digitali e permettere la sostituzione di parti malfunzionanti: è il 79% degli intervistati secondo l’indagine Eurobarometro a ritenere necessario questo approccio. Quello che ci troviamo di fronte è quindi uno scenario in cui la tecnologia rappresenta un driver per la sostenibilità e per il miglioramento della vita umana, ma allo stesso tempo questi stessi prodotti elettronici che permettono l’avanzata della digitalizzazione si trasformano in un problema ambientale. Agli sgoccioli del 2020, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che pone le basi per garantire ai consumatori un diritto alla riparazione per cui aggiustare quello che non funziona diventi efficiente in termini di costi, ma anche un’alternativa solida alla produzione di rifiuti elettronici quando non necessario. Le misure approvate supportano un sistema in cui viene combattuta l’obsolescenza programmata, si promuove la necessità di informare il consumatore sulla riparabilità del prodotto e l’abolizione di ostacoli al riuso, alla riparazione e alla rivendita.

Uno studio portato avanti dall’istituto tedesco Öko-Institut, che contribuisce con le sue attività di ricerca a condividere conoscenze per preservare l’ambiente e le risorse naturali, ha riportato dati molto interessanti sulle apparecchiature che più comunemente utilizziamo: il risparmio che si può avere allungando la vita al proprio prodotto digitale non si ferma solo alla sfera ambientale, ma si estende a quella economica, portando quindi un vantaggio diretto al consumatore. Dai dati analizzati in Germania, utilizzare uno smartphone per un periodo quasi tre volte più lungo rispetto a quanto è ormai abitudine fare (due anni e mezzo) risulta poter portare un risparmio fino a 242 euro per singolo consumatore, includendo tra i costi del ciclo di vita anche quelli riguardanti possibili riparazioni o il consumo di energia. Un impatto positivo si può avere anche nel caso dei computer, per cui una vita di 10 anni permetterebbe di ridurre le spese fino a quasi 300 euro. “Tuttavia – sottolinea Stefano Epifani, presidente del Digital Transformation Institute – si deve considerare con attenzione la questione connessa all’obsolescenza programmata, bilanciando il risparmio conseguente all’allungamento del ciclo di vita del prodotto con il costo derivante dal ricorso a tecnologie potenzialmente obsolete, visto che esse in alcuni settori hanno un ciclo di vita intrinsecamente breve. Traguardare al decennio per il ciclo di vita di un prodotto come il Computer, ad esempio, implica una profonda riflessione di senso non tanto sui prodotti in sé, ma sul loro ruolo e sui modelli di sviluppo ad essi correlati”.

In ogni caso sul piano ambientale utilizzare tv, smartphone, computer ed elettrodomestici come lavatrici o forni a microonde per periodi più lunghi porterebbe solo in Germania a un risparmio nell’emissione di CO2e (equivalente) pari a quasi 4 milioni di tonnellate all’anno. Questi numeri possono aiutare a riconoscere la legittimità delle richieste portate avanti da campagne come Right to Repair, che spingono anche a integrare il tema del diritto alla riparazione in dibattiti più ampli come Agenda 2030 ed i suoi obiettivi di sviluppo sostenibile. Poter utilizzare device tecnologici per un lungo periodo passa quindi per la possibilità di avere accesso a manuali di riparazione, parti di ricambio, scomponibilità dei prodotti, e l’eliminazione di barriere alla riparazione indipendente, ma anche per la possibilità di aggiornare i software senza limitazioni.

iFixit, condividi le tue conoscenze e diventa parte della community di riparatori

Fare affidamento sul digitale è certamente una delle chiavi per la sostenibilità; e iFixit rappresenta l’esempio di come le piattaforme di condivisione contenuti e community digitali possano rendere fruibili informazioni a supporto di attività che riducono l’impatto sull’ambiente. Questa piattaforma, di origini americane ma ormai punto di riferimento in tutto il mondo, rende disponibile gratuitamente manuali di riparazione per un grandissimo numero di apparecchiature elettroniche, facendo affidamento sul suo team di esperti ma anche sulla collaborazione della community nell’offrire un servizio sempre aggiornato e migliorato. L’obiettivo è quello di permettere la riparazione fai-da-te a consumatori, tecnici e aziende, con circa 70 mila manuali digitali offerti e la vendita di attrezzatura specifica a costi accessibili. iFixit Europe è una delle organizzazioni sostenitrici del gruppo Right to Repair e nasce con l’obiettivo di rendere accessibile le informazioni necessarie per la riparazione e quindi dare il diritto di scegliere come voler riparare i prodotti che possediamo.

iFixit ha sviluppato internamente un software su misura per la creazione collaborativa dei contenuti tecnici presenti nella piattaforma, rendendo poi a sua volta il software Dozuki un punto di riferimento per moltissime aziende alla ricerca di una soluzione digitale per la condivisione dei propri documenti. Questo strumento di comunicazione permette di gestire la documentazione tecnica da dover condividere, quindi i manuali di riparazione per iFixit, affiancandoli a video e immagini che facilitino la comprensione e a un sistema automatico di aggiornamento dei contenuti. Parliamo quindi di una piattaforma che rende le conoscenze tecniche fruibili a un vasto pubblico trasformandole anche in istruzioni multimediali. Le guide alla riparazione sono il focus di iFixit: è possibile reperire manuali di oltre 32 mila dispositivi elettronici, da pc a fotocamere, passando per gli elettrodomestici, ma anche auto e attrezzature mediche. La forza sta nella collaborazione degli utenti della piattaforma, che sono non solo fruitori del servizio ma anche creatori dei contenuti e hanno la possibilità modificare manuali già esistenti che hanno necessità di essere aggiornati. Per le apparecchiature elettroniche è richiesto di condividere informazioni chiare e definite sulla sostituzione delle componenti più sottoposte a danneggiamento, mentre in alcuni casi può essere importante creare manuali di smontaggio, il tutto sempre affiancato da immagini o video che facilitino il percorso anche ai meno esperti. Si possono migliorare guide prodotte da altri membri, modificando le immagini o i testi meno chiari, ma si può contribuire anche traducendo manuali sviluppati da utenti in altre parti del mondo. Il team di iFixit si occupa di revisionare tutti i contenuti e approvarli: tramite il software sviluppato i documenti verranno poi aggiornati automaticamente in tutti i formati disponibili sulla piattaforma. Il “mondo” iFixit utilizza il digitale per unire le persone in una community di riparatori che vuole dare slancio a un’attività a supporto della sostenibilità. Anche i professionisti del settore delle riparazioni hanno modo di creare un proprio profilo e condividere le conoscenze tramite guide specifiche sul campo in cui sono specializzati, e presentare i servizi da loro stessi offerti sul territorio e rappresenta un ottimo esempio di come la rete, nella sua accezione più amplia, possa contribuire a perseguire gli obiettivi di Agenda 2030 sfruttando leve sociali per sviluppare modelli virtuosi di sostenibilità ambientale.

Un elemento che contraddistingue questa realtà è il suo e-commerce. Le guide di riparazione sono gratuite e per la maggior parte risultato delle conoscenze degli utenti, ma iFixit ha ideato toolkit specifici e componenti di cambio a costi accessibili che rendono completa l’esperienza di riparazione. È possibile acquistare attrezzi studiati per determinati device e marchi di produzione, ma anche elementi hardware che permettono di aggiornare le apparecchiature. Una piattaforma che quindi promuove non solo di allungare la vita a un prodotto che potrebbe essere considerato ormai obsoleto, ma anche di migliorare le sue prestazioni. Da apparecchiature elettroniche come problema per l’ambiente a prodotti rinnovati e performanti grazie a una piattaforma digitale che crede nella potenza della condivisione online delle conoscenze e nella riparabilità dei prodotti tecnologici di cui siamo circondati.

fonte: www.techeconomy2030.it


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Riparare le cose da sè, la storia dei manuali iFixit. “Fa bene all’ambiente e a se stessi”

Nata nel 2003 quasi per caso, l’azienda statunitense fattura circa 30 milioni di dollari. La portavoce Oliva Webb spiega come funzionano i celebri kit: “Abbiamo un team addetto specificamente allo sviluppo degli attrezzi che lavora a stretto contatto con gli ingegneri che scrivono le guide per creare gli attrezzi migliori”









“Insegnare al mondo come riparare ogni singola cosa”: è questa la mission dichiarata da iFixit, un sito su base wiki su cui trovare istruzioni, manuali e consigli per riparare gli apparecchi e le tecnologie che usiamo tutti i giorni. Nata nel 2003 dall’idea di due studenti della California Polytechnic State University, Kyle Wiens e Luke Soules, iFixit è oggi un’azienda con un fatturato che negli ultimi anni si è aggirato intorno ai 30 milioni di dollari.

Tutto comincia da un pc che cade

La storia inizia con Wiens che fa cadere e rompe il suo portatile Apple: abituato da sempre a riparare gli oggetti e a non farsi spaventare dalle tante piccole parti di un computer, l’allora studente cerca informazioni su come risolvere il problema ma non riesce a trovare nulla, finché una notte, nella stanza del dormitorio che condivide con Soules, decide di aprire e smontare completamente il laptop. Da lì i due iniziano a rendersi conto che c’è una precisa volontà da parte di Apple e altre aziende di tenere i consumatori all’oscuro, privandoli delle informazioni che consentirebbero loro di riparare e allungare la vita dei prodotti che hanno acquistato.

Ritenendo che i consumatori non dovrebbero essere costretti a scegliere tra buttare via i propri apparecchi o farli riparare a caro prezzo da chi li ha prodotti, da quel momento in poi i due iniziano a scrivere manuali per riparare computer Apple e di altri marchi per poi includere anche altre tecnologie, fino a creare una piattaforma su cui condividere i manuali con altri utenti.

Guida a oltre 60mila apparecchi

“L’idea è che riparare fa bene all’ambiente, perché evita la creazione di rifiuti, è economicamente vantaggioso, perché ci permette di non spendere su nuovi prodotti, e ci fa imparare nuove cose e stimola l’inventiva”, spiega a Economia Circolare la portavoce di iFixit, Olivia Webb. Oggi iFixit, che ha anche una versione in italiano, è la più grande e ricca risorsa online di manuali di riparazione, postati e continuamente aggiornati dagli utenti stessi. Sul sito si trovano guide alla riparazione di oltre 60mila apparecchi.

Il team di iFixit continua a produrre e pubblicare manuali soprattutto di prodotti elettronici, ma sul sito si trovano contributi anche su oggetti di uso domestico (dallo scarico del bagno ai vetri delle finestre), automobili, biciclette, elettrodomestici e molto altro. Tutti i contenuti sono aperti al contributo degli utenti che diventano parte di una comunità di fixer che condivide informazioni all’interno del forum, risponde alle domande degli altri utenti e si scambia informazioni sui prodotti. Mentre i manuali di riparazione sono tutti disponibili gratuitamente, il sito ha anche uno store online sul quale sono in vendita kit e attrezzi utili per effettuare ogni tipo di riparazione.

“Abbiamo un team addetto specificamente allo sviluppo degli attrezzi – ci ha detto ancora Webb – che lavora a stretto contatto con gli ingegneri che scrivono le guide per creare gli attrezzi migliori: con oltre 15 anni di esperienza nello smontare e sistemare telefoni, computer, eccetera, sanno esattamente qual è il miglior modo per ‘entrare’ in questi apparecchi. I nostri kit sono quindi composti dagli attrezzi migliori per ogni esigenza. Abbiamo sia kit generici che kit per specifiche riparazioni, per esempio per sostituire lo schermo del telefono”.

Le battaglie per il diritto alla riparazione

Lo store è disponibile per gli USA, il Canada, l’Europa e l’Australia e rappresenta la principale fonte di entrate di iFixit. L’azienda vende poi i suoi kit a marchio iFixit anche attraverso canali terzi.

Nel corso dei suoi 18 anni di vita, il sito è cresciuto, si è arricchito di contenuti e ha oggi un miliardo e duecento milioni di utenti. Ma il lavoro fatto da iFixit nel corso degli anni non ha prodotto solo una comunità di fixer che sanno come mettere le mani negli apparecchi che utilizzano, bensì ha contribuito alla diffusione di una crescente sensibilità per il diritto alla riparazione.

Quando un’azienda lancia un nuovo telefono, un computer o una piattaforma di gioco, per esempio, il team di iFixit scompone il prodotto, pubblica video e immagini dei suoi componenti e una recensione sulla sua riparabilità ed è molto critico nei confronti di quei marchi che tendono a limitare al minimo le possibilità di intervento del consumatore sul prodotto. Allo stesso tempo, la comunità legata al sito è coinvolta in campagne per spingere le aziende a creare prodotti più riparabili, mentre l’advocacy team interno al gruppo lavora a contatto diretto con le istituzioni per creare un sistema di leggi che assicuri il diritto del consumatore alla riparazione e limiti la segretezza da parte delle aziende.

“Il diritto alla riparazione sta attraversando un momento entusiasmante – commenta Olivia Webb – e iFixit è da sempre in prima linea nella battaglia per il diritto alla riparazione e nello sforzo di far passare leggi che lo garantiscano. Negli USA la nostra azione si è concentrata su leggi a livello statale, perché è molto difficile far passare leggi a livello federale su questi temi. Quest’anno abbiamo avuto un numero record di stati che hanno proposto leggi sul diritto alla riparazione e in Massachusetts una proposta di legge è arrivata più lontano di quanto non fosse mai successo prima ed è stata votata alla camera. Poi nelle elezioni di novembre, in quello stesso stato è passata un’altra legge specifica sulla condivisione di dati per riparare le auto elettriche”.

Come abbiamo raccontato anche noi di EconomiaCircolare.com, le aziende produttrici si oppongono a questa spinta legislativa obiettando problemi di sicurezza, privacy e trademark. “Ma a livello di privacy – fa notare Webb – credo sia più sicuro sostituire da sé la batteria del proprio telefono piuttosto che portarlo a riparare in un negozio e metterlo nelle mani di uno sconosciuto. Il nostro obiettivo non è entrare nei software o cambiarli, ma semplicemente allungare la vita dei prodotti”.

Non sorprende dunque che l’idea non piaccia a quelle aziende che lanciano ogni anno un nuovo telefono, studiato per rendere obsoleto il modello dell’anno precedente.

fonte: economiacircolare.com

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