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Perché Big Tech dovrebbe abbracciare la rivoluzione del "diritto alla riparazione"






















"A differenza di quasi tutti i dispositivi tecnologici che ho acquistato, il laptop Framework chiede di essere smontato"

A prima vista, il laptop Framework che ho usato la scorsa settimana non è ...

Terre rare: l’Afghanistan conserva un tesoro che vale 1000 miliardi















Il sottosuolo dell’Afghanistan è ricchissimo di terre rare e minerali del valore di 1000 miliardi di dollari. Una cifra da capogiro se si considera che la superficie di questo Paese non è molto vasta, poco più del doppio dell’Italia

L’Afghanistan conserva 60 milioni di tonnellate di rame, 2,2 miliardi di tonnellate di minerale di ferro, 1,4 milioni di tonnellate di terre rare come lantanio, cerio e neodimio, ma anche alluminio, oro, argento, zinco, mercurio e litio. È quanto stabilito dalle indagini aeree condotte dall’US Geological Survey.

Per fare un esempio, solo il deposito di carbonatite Khanneshin, nella provincia di Helmand, ha un valore di 89 miliardi di dollari.

Cosa sono le terre rare

Le cosiddette terre rare sono 17 metalli, sconosciuti fino a circa 100 anni fa, oggi fondamentali per l’industria tecnologica. La loro importanza è tale da avere un peso anche nei conflitti geopolitici, visto che la Cina ne controlla quasi interamente la produzione mondiale.

Il primo a scoprirle nel 1787 in un villaggio di Ytterby in un’isola dell’arcipelago di Stoccolma, fu il chimico e militare svedese Carl Axel Arrhenius. L’uomo notò un minerale nero mai visto prima, che ribattezzò itterbite. Toccò poi al prof. Johan Gadolin dell’Univeristà finlandese di Turku, circa 10 anni dopo, a capire che si trattava di un mix di ossidi di elementi mai analizzati prima, ai quali iniziò a riferirsi come terre rare. Dal campione nel 1803 si riuscirono a estrarre due elementi, l’ittrio e il cerio. Circa 100 anni dopo venne scoperto il il lutezio, 17esimo e ultimo elemento di quello strano miscuglio scoperto nell’800.

Come mai l’Afghanistan è così ricco di minerali?

La causa è da ricercare nell’urto violento del subcontinente indiano con l’Asia. La US Geological Survey ha iniziato ad ispezionare il Paese nel 2004.

Nel 2006, i ricercatori statunitensi hanno effettuato diverse ispezioni aree, che hanno permesso di accertare la ricchezza del sottosuolo dell’Afghanistan, al cui interno si trovano anche praseodimio, cerio, samario e gadolinio.

Nel 2010, i dati dell’USGS attirarono l’attenzione della Task Force della Difesa Usa, a cui è affidata la ricostruzione dell’Afghanistan. Quest’ultima ha stimato che le risorse minerarie del paese sono pari a 908 miliardi, mentre la stima del governo afghano è pari a 3000 miliardi.

L’AFGHANISTAN È UN PAESE MOLTO, MOLTO RICCO DI RISORSE MINERARIE – HA DETTO IL GEOLOGO JACK MEDLIN, PROGRAM MANAGER DEL PROGETTO USG.

Il governo afgano ha firmato qualche anno fa un contratto di 30 anni per 3 miliardi con il China Metallurgical Group, un’impresa mineraria statale con sede a Pechino, per sfruttare il deposito di rame di Mes Aynak. E non tutti sanno che sia gli Stati Uniti che l’Europa dipendono rispettivamente per l’80% e il 98% dalla Cina per la fornitura di terre rare, materiali senza i quali non sarebbe possibile produrre batterie al litio, pale eoliche e pannelli solari.

Una bella lotta di influenza geopolitica, insomma, su questo martoriato Afghanistan.

fonte: www.greenme.it




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Sviluppo sostenibile, “Dall'idea all'impresa green”

Si è conclusa l'ultima edizione del contest “Dall'idea all'impresa green” promosso dall'incubatore d'imprese SeedUp. Premiata Krill Design, startup milanese che trasforma gli scarti organici in oggetti di ecodesign sostenibili al 100%













Ricicla.tv


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L’innovazione combatte spreco alimentare e nuove povertà

Dalle banche del cibo alla spesa sospesa. Come le iniziative solidali combattono lo spreco alimentare avvalendosi dell’innovazione tecnologica: semplificare i processi, incrociare i dati, digitalizzare eccedenze e bisogni garantendo tracciabilità e trasparenza grazie alla tecnologia blockchain




Università, startup, associazioni. La mobilitazione contro ogni forma di spreco alimentare è diventata un imperativo etico, sia dal punto di vista ambientale – più spreco genera più rifiuti da smaltire – che sociale. La pandemia ha creato condizioni di povertà assoluta come non si vedevano da molti anni: nel 2020 le persone in povertà assoluta in Italia hanno raggiunto i 5,6 milioni (un milione in più rispetto al 2019 secondo i dati ISTAT 2021). Nel periodo marzo-giugno 2020 le organizzazioni che si occupano di recuperare e ridistribuire il cibo in eccesso da mercati, negozi e dagli scaffali della grande distribuzione hanno avuto un aumento di richieste di aiuto del 50% soltanto in Europa.
Le banche del cibo

La prima banca del cibo (o food bank) fu fondata nel 1967 a Phoenix in Arizona da John Van Hengel; da allora la sua intuizione ha dato la spinta a organizzazioni che uniscono il fine umanitario alla lotta allo spreco alimentare. Le principali food bank europee aderiscono alla FEBA-European Food Banks Federation di cui fanno parte 24 organizzazioni nazionali; esiste inoltre una rappresentanza internazionale di cui fanno parte le organizzazioni di 30 Paesi, la rete GFB-The Global Food Banking Network. La Fondazione Banco Alimentare Onlus esiste in Italia dal 1989, e altri ne hanno seguito l’esempio a livello locale o nazionale.

Le banche del cibo collegano l’offerta di alimenti prossimi alla data di scadenza con la domanda delle organizzazioni non profit che gestiscono le mense per le persone in difficoltà. L’aumento dei richiedenti ha bisogno di un sistema che semplifichi i processi di redistribuzione incrociando i dati degli esercizi dove si genera lo spreco alimentare con quelli delle organizzazioni di aiuto sul territorio e delle persone in difficoltà.

“Dono ergo sum”

Un esperimento interessante in questa direzione è nato da un progetto di ricerca finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca di cui fanno parte le Università della Tuscia (Viterbo), di Roma Tre e di Trento. Il nome del progetto è “Dono ergo sum” (redistribuzione dello spreco di filiera durante e post pandemia a favore delle categorie di persone più vulnerabili in allineamento agli obiettivi di sviluppo sostenibile). Si tratta di una ricerca interdisciplinare che coniuga competenze manageriali, statistiche, ingegneristiche e di public policy; l’obiettivo è sviluppare un sistema integrato di monitoraggio, comunicazione e analisi – grazie alla tecnologia blockchain – per tracciare i flussi di cibo dalla produzione alla donazione fino al consumo finale. Partner tecnologico del progetto è la startup Recuperiamo srl.

Il monitoraggio, la produzione e l’analisi dei dati su scala locale saranno in grado di favorire lo scambio informativo a livello di filiera, supportare la redistribuzione e, in linea più generale, contribuire ad allineare gli attuali modelli di produzione e consumo agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda Onu 2030. Digitalizzare il recupero delle eccedenze e la loro distribuzione tramite le organizzazioni non profit che operano sul territorio rende il tutto più facile, veloce e sicuro.

Esistono anche piattaforme digitali che mettono in contatto gli utenti tra di loro per lo scambio gratuito di alimenti, ma in Italia stentano a decollare nonostante uniscano la riduzione dello spreco alimentare a una dimensione sociale che favorisce le relazioni all’interno delle comunità.

Un altro esempio di innovazione in materia di lotta allo spreco alimentare è Regusto, un brand della startup Recuperiamo srl che si definisce un “marketplace della sostenibilità per ottimizzare i processi di donazione e vendita di prodotti alimentari e non”. Anche Regusto sfrutta la tecnologia blockchain per garantire tracciabilità e trasparenza: la piattaforma connette tra loro i soggetti coinvolti nella donazione e compravendita dei beni, e i dati relativi alle transazioni sono salvati all’interno di un registro pubblico.

La spesa sospesa

Tra le esperienze interessanti sul tema della lotta allo spreco alimentare con finalità sociali vogliamo segnalare l’iniziativa Spesasospesa di LAB00 Onlus. Il Manifesto di LAB00 si fonda su “sostenibilità, solidarietà e trasparenza al servizio della comunità per evitare gli sprechi alimentari” e agisce in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile 1 (Sconfiggere la povertà), 2 (Sconfiggere la fame), 8 (Lavoro dignitoso e crescita economica), 9 (Imprese, innovazione e infrastrutture), 10 (Ridurre le disuguaglianze), 11 (Città e comunità sostenibili) e 12 (Consumo e produzione responsabili) dell’Agenda 2030. Come funziona Spesasospesa? I cittadini donano denaro e le aziende donano cibo, con il denaro si acquistano beni di prima necessità e si coprono i costi logistici, i prodotti sono inviati ai centri di distribuzione presenti sul territorio che li consegnano ad associazioni non-profit convenzionate che a loro volta li distribuiscono alle famiglie bisognose. Spesasospesa si avvale della tecnologia blockchain della piattaforma Regusto per garantire tracciabilità e trasparenza.

fonte: www.rinnovabili.it


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Peggiora l’indice di transizione energetica dell’Italia

Peggiora l’ISPRED sotto i nuovi obiettivi climatici UE e la ripresa di consumi ed emissioni. Italia in ritardo su tecnologie low carbon



Scemato l’effetto lockdown dei primi mesi di pandemia, i consumi di energia in Italia sono tornati a crescere e con essi le emissioni. Una ripresa che unitamente ai nuovi obiettivi sul clima ha impresso un netto peggioramento all’ISPRED, ossia l’indice di transizione energetica nazionale. A calcolarlo è l’ENEA pubblicando, ogni tre mesi, i dati sull’andamento del sistema energetico italiano.

L’ultima analisi dell’agenzia arriva oggi e fa il punto sui trend di gennaio, febbraio e marzo 2021. Il primo dato a saltar all’occhio è la profonda discrepanza tra l’anno in corso e il 2020. Passata la prima fase emergenziale e iniziate le vaccinazioni per il Covid-19 l’economia globale ha potuto tirare un sottile sospiro di sollievo, forte anche dei grandi piani fiscali che accompagnano la ripresa. E se l’economia rialza la testa, anche i consumi energetici, petrolio in primis, tornano a crescere.

L’Italia non fa differenza: qui la domanda di energia primaria ha toccato quota 43 Mtep nel primo trimestre 2021 (+1,5% rispetto sul I trimestre 2020). Un valore, tuttavia, ancora inferiore del 5% rispetto ai livelli pre-coronavirus. La differenza – spiega l’ENEA – è quasi completamente riconducibile ai minori consumi di petrolio. Nel compenso sono aumentati i consumi di gas naturale (+5%), rinnovabili (+5%) e delle importazioni nette di elettricità (+6%). E anche del carbone (+17%, dati parziali) sebbene i valori siano ancora al di sotto del I trimestre 2019.

La ripresa ha ovviamente fermato il calo della CO2 registrato lo scorso anno. Nel dettaglio, le emissioni del settore energetico sono stimate sui livelli di gennaio e febbraio 2020, con un incremento marginale. Ma domanda energetica e dati emissivi sono solo due delle cause del peggioramento dell’indice di transizione energetica. La ragione principale del calo dell’ISPRED sta anche nei nuovi obiettivi climatici 2030 decisi in sede UE (legge europea sul clima). Obiettivi che hanno scombussolato anche la traiettoria di crescita delle fonti rinnovabili.

“Tutto ciò comporta un sostanziale allontanamento della traiettoria di decarbonizzazione del sistema”, spiega Francesco Gracceva, il ricercatore ENEA che coordina l’Analisi. “Un altro segnale negativo si registra sul fronte sicurezza, dove permangono la forte criticità nel settore della raffinazione e gli alti costi per la gestione in sicurezza del sistema elettrico. Sul lato prezzi, invece, si conferma la positiva riduzione della forbice fra l’Italia e il resto d’Europa per l’elettricità e per il gas naturale, sia all’ingrosso che al dettaglio”.

fonte: www.rinnovabili.it


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L'adozione della tecnologia come servizio alimenterà l'economia circolare. Ecco come.

 


La bandiera è stata piantata. Nel suo discorso sullo stato dell'Unione del 2020, la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen ha proposto un aumento dell'obiettivo di riduzione delle emissioni per il 2030 dell'UE dal 40% al 55%. È un obiettivo necessario se l'UE vuole rispettare i suoi impegni dell'accordo di Parigi e il suo obiettivo di ridurre le emissioni di carbonio dell'UE a zero netto entro il 2050.

Il passaggio a un'economia più circolare in cui la crescita economica è disaccoppiata dall'uso intensivo delle risorse e dalla produzione di rifiuti, secondo il piano d'azione per l'economia circolare della Commissione europea, darà un notevole contributo al raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050.

In tutto il settore c'è l'opportunità di apportare un cambiamento profondo al modo in cui i prodotti sono progettati, fabbricati, forniti e consumati. E il modello di business "prodotto come servizio" deve essere il nostro obiettivo finale.

As-a-service come viene inteso

L'as-a-service non solo rende la nostra economia più circolare rompendo i modelli stabiliti di domanda e offerta non corrispondenti; ha anche il potenziale per generare significative opportunità di crescita per qualsiasi settore e industria nel suo complesso.

È un allontanamento radicale da un modello di business mercificato in base al quale le aziende vendono un prodotto e considerano il proprio lavoro svolto. Al contrario, il produttore mantiene la proprietà e la responsabilità del prodotto durante tutto il suo ciclo di vita. Il cliente ha il pieno utilizzo del prodotto per tutto il tempo necessario, pagando solo i risultati, invece che il prodotto stesso o la sua manutenzione.

Il produttore, a sua volta, è responsabile della costruzione di un prodotto di qualità che dura nel tempo ed è efficiente dal punto di vista energetico e dei materiali. È anche il loro ruolo riprendere il prodotto e prepararlo (o i suoi componenti) per il riutilizzo.

As-a-service è un'iterazione della culla alla culla concetto di design sviluppato alla fine del 20 ° secolo dal professor Michael Braungart, un chimico tedesco e reputato pensatore ambientale, e da William McDonough, un architetto americano e campione di sostenibilità.

Ho avuto il piacere di sentire William McDonough parlare durante l'evento globale per i clienti di HPE nel 2018. Ha sottolineato che dalla culla alla culla, una misura riconosciuta a livello mondiale di prodotti più sicuri e sostenibili realizzati per l'economia circolare, significa che le aziende vanno oltre l'essere "meno cattive" riducendo il loro impatto ambientale e sforzandosi così di essere una forza positiva.

Tali sforzi includono l'ottimizzazione dei prodotti durante il processo di progettazione e produzione al fine di renderli risorse materiali per la loro prossima vita utile come nuovi prodotti. Tutto molto stimolante.

Dalla culla alla culla modella la visione del futuro di HPE. In un'importante trasformazione del nostro modello di business, ci siamo impegnati a rendere il nostro intero portafoglio disponibile come servizio entro il 2022. Consideriamo l'as-a-service un modo per costruire un coinvolgimento più duraturo con i nostri clienti, per gestione del prodotto che stanno utilizzando e per far avanzare in modo significativo la sostenibilità nell'IT.

Per il mondo IT, ci sono tre principali risultati sostenibili:


1. L'eliminazione dell'overprovisioning; una pratica comune in cui le aziende "overbuy" IT


Nel data center medio, il 25% delle risorse del computer non svolge un lavoro utile e le risorse rimanenti funzionano a una piccola frazione della loro capacità . Ciò significa costi più elevati e un consumo inutile di energia, spazio e raffreddamento.


2. Organizzazioni liberate dall'essere incatenate al proprio kit IT per l'intero ciclo di vita


Le apparecchiature IT possono essere aggiornate rapidamente alle tecnologie più recenti e più efficienti dal punto di vista energetico. Le inefficienze delle apparecchiature obsolete significano che il 65% dell'energia utilizzata dall'IT nei data center viene utilizzata per elaborare solo il 7% del lavoro .


3. Recupero delle risorse IT al termine del loro utilizzo


HPE Financial Services ha investito in importanti progressi per prolungare la durata delle apparecchiature IT ritirate e per riutilizzare e ricostruire i componenti per una seconda vita. Non solo le organizzazioni recuperano il valore residuo delle loro risorse (quasi 1,6 miliardi di dollari sono stati reinvestiti nei budget dei nostri clienti negli ultimi cinque anni), ma anche i servizi di ristrutturazione come HPE Asset Upcycling , che prendono le risorse IT di qualsiasi marchio, riducono le emissioni di anidride carbonica emissioni e tenere i rifiuti elettronici fuori dalle discariche.


Per dare un'idea della scala, nel 2020 abbiamo elaborato oltre 3,1 milioni di unità di tecnologia: 1,7 milioni di apparecchiature per data center come server, risorse di archiviazione e di rete e 1,4 milioni di risorse sul posto di lavoro come notebook, laptop, tablet e stampanti.


Quasi il 90% di questa apparecchiatura viene rimessa in vendita e restituita all'uso attivo; il resto viene riciclato responsabilmente. Dal 2018, forniamo anche ai clienti il ​​proprio rapporto sull'economia circolare, descrivendo in dettaglio i risparmi sull'impatto ambientale come l'energia risparmiata, la CO2 evitata e i rifiuti tenuti dalle discariche attraverso il riciclaggio.


È motivante per i nostri team collaborare con i clienti, dalle grandi aziende alle piccole e medie imprese, per aiutarli ad accelerare la loro trasformazione digitale con strategie di gestione IT innovative e sostenibili.


Una tendenza globale


I semi dell'as-a-service vengono piantati in diversi settori. Philips vende "la luce come servizio" ai clienti. L'azienda cita cifre di risparmio fino all'80% nel consumo di energia.


Kaeser Kompressoren vende aria compressa come servizio. Desso, un fornitore globale di tappeti per uso commerciale, progetta i tappeti secondo il principio dalla culla alla culla, il che significa che l'azienda può affittare le sue quadrotte, occupandosi dell'installazione, della manutenzione, della restituzione e del riciclaggio.


È importante non sottovalutare il cambiamento di paradigma che il passaggio all'as-a-service comporta per un'azienda, idealmente come parte di una più ampia strategia di business e trasformazione digitale che incorpora la sostenibilità come indicato nella guida del Forum per le imprese: Bridging the Digital and Sustainability Goals .

Immagine: Bridging Digital and Environmental Goals, WEF, 2021


Ad esempio, richiede una trasformazione del processo di progettazione e sviluppo. Il design dei prodotti e la scelta dei loro componenti devono renderli più durevoli e adatti alla riparazione, al ricondizionamento e, in ultima analisi, al riciclaggio.


Un produttore di lavatrici ha avviato un progetto per fornire lavatrici di alta qualità come servizio a persone che avrebbero difficoltà a permettersi l'intero costo di acquisto. Ciò ha comportato una significativa riprogettazione dei loro modelli, ma uno studio di terze parti ha mostrato il potenziale vantaggio: i clienti risparmierebbero circa un terzo per ciclo di lavaggio e il produttore guadagnerebbe circa un terzo in più.


In un periodo di 20 anni, sostituire l'acquisto di cinque macchine di bassa qualità con una macchina di alta qualità as-a-service risparmierebbe quasi 180 kg di acciaio e oltre 2,5 tonnellate di emissioni di carbonio.


Complessità di una configurazione as-a-service


Le aziende devono disporre di sistemi gold standard per riprendere i prodotti e prepararli per la loro prossima vita. Le capacità di HPE non si sono sviluppate dall'oggi al domani: con HPE Financial Services abbiamo sviluppato la nostra attività di ristrutturazione negli ultimi 20 anni.


Investiamo continuamente in talenti per accogliere qualsiasi tecnologia, dal data center allo spazio di lavoro, e persino la stampa 3D e le risorse di calcolo ad alte prestazioni. Oggi possediamo e gestiamo i più grandi centri di ristrutturazione di produttori di IT al mondo, che raccolgono risorse da oltre 50 paesi.


Ancora più complesso è il cambiamento dei flussi di entrate dai ricavi delle vendite tradizionali ai ricavi ricorrenti, che riduce i ricavi a breve termine e aumenta quelli a lungo termine. Ciò, a sua volta, influisce sulle vendite, sugli incentivi e sulla motivazione dei partner, sulla rendicontazione finanziaria e sulle relazioni con gli investitori.


Non è una sfida da poco coinvolgere venditori, partner commerciali, analisti e investitori con questo cambiamento di mentalità. Ma dobbiamo affrontare queste sfide e farlo con un senso di urgenza.


Naturalmente, le aziende non possono farlo da sole. La conversione dell'industria in as-a-service può essere accelerata con le giuste politiche governative. Le politiche destinate a spingere l'industria a raggiungere gli obiettivi climatici dovrebbero, ove opportuno, favorire il passaggio a modelli basati sui servizi e sui consumi. E quindi, si può solo sperare che l'ambizione della CE, come affermato nel suo Piano d'azione per l'economia circolare, di "incentivare il prodotto come servizio" si traduca in progressi significativi e concreti.


Secondo il Circularity Gap Report 2021 , l'economia globale era solo dell'8,6% "circolare" nel 2020 , in calo deludente rispetto al 9,1% di due anni prima. Lanciato a Davos, il rapporto esplora le cause delle emissioni di gas serra e come le strategie di economia circolare possono contribuire al raggiungimento degli obiettivi dell'accordo di Parigi.


Per realizzare un'economia più circolare e raggiungere gli obiettivi climatici fissati dai governi e dalla società civile, dobbiamo identificare le opportunità: la sostenibilità può guidare i risultati aziendali e viceversa. E il valore può essere creato con un minore utilizzo di materiale. Per questo, i modelli di business as-a-service sono un importante passo avanti.


È tempo di un cambiamento serio.

fonte: www.weforum.org


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iOS 14 dona un cuore nuovo ai vecchi iPhone

La prossima versione del sistema operativo mobile di Apple è compatibile con gli iPhone 6s, presentati cinque anni fa. Così l’azienda di Tim Cook risponde alle accuse di obsolescenza programmata
















La nuova versione di iOS 14, il sistema operativo di Apple annunciata alla Conferenza degli sviluppatori WWDC e che sarà disponibile per tutti gli utenti in autunno, tra le altre cose funzionerà anche su telefoni di un lustro fa. Apple infatti ha annunciato che saranno compatibili con iOS 14 i telefoni di Cupertino a partire dall'iPhone 6s. Cioè, l'ultima versione del sistema operativo potrà girare (gratuitamente) sui modelli di smartphone commercializzati a partire dal settembre 2015, poco meno di cinque anni fa. E non è una anomalia, perché anche iPadOS 14, la versione tablet del sistema operativo, funzionerà sugli iPad Air 2 (in commercio da ottobre 2014) e iPad Mini 4 e successivi (da settembre 2015) e iPad Pro (da settembre 2015).

Ecco il nuovo iOS 14, così cambierà l'iPhone

In assoluto cinque o sei anni magari non sembrano molto tempo, ma dal punto di vista tecnologico sono un’era geologica. E il punto qui non è tanto che gli apparecchi in questione funzionino ancora (ci mancherebbe altro) ma che siano capaci di utilizzare l'ultima versione del sistema operativo. I sistemi operativi sono il cuore degli apparecchi tecnologici e noi percepiamo la novità in parte sulla linea e le dimensioni (peso incluso) dei dispositivi, ma soprattutto sulle loro capacità e funzionalità. I sistemi operativi di Apple vengono rilanciati ogni anno con nuove funzionalità e nuove tecnologie. Nel 2015 fu la volta di iOS 9, la prima versione del sistema operativo disponibile fin da agosto in versione beta pubblica. Miglioramenti a Siri e al Centro Notifiche, nuova app News (mai arrivata da noi), modalità serale con luminosità ridotta Night Shift e infine il 3D Touch, la possibilità di premere con forza lo schermo per far comparire sulle icone la scorciatoia ad alcune delle possibili funzioni (mandare un nuovo messaggio, creare una nuova mail).

Il trailer di presentazione dell'iOS 14 Apple



Invece le funzionalità che l'acquirente di un iPhone 6s potrà utilizzare non erano neanche immaginabili cinque anni fa, e trasformano il vecchio telefono sostanzialmente in uno nuovo. È il contrario dell'obsolescenza programmata, quello di cui molti si lamentano e per la quale sono state fatte in passato (e sicuramente verranno fatte anche in futuro) cause alle grandi aziende produttrici di tecnologia. La pratica è sbagliata e giustamente sanzionata, non fraintendiamo, tuttavia alle volte accade anche il contrario, e vale la pena di notarlo.

fonte: www.lastampa.it



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Il robot granchio amico dell'ambiente. "Pulirà il mare dalla plastica"

Silver 2 può esplorare i fondali marini è frutto della collaborazione fra gli esperti di robotica della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa e i biologi marini della Stazione Anton Dohrn di Napoli



Si chiama SILVER 2 il robot sub in grado di attraversare terreni accidentati e irregolari, senza modificare i fondali. Può avvicinarsi ai bersagli in sicurezza e con precisione, muovendosi silenziosamente, nel pieno rispetto dell'ecosistema marino. La macchina, nata nei laboratori dell'Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, in collaborazione con la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, è descritta sulla rivista internazionale Science Robotics.


Dohrn, un robot granchio per esplorare i fondali: potrà anche raccogliere plastica




La soft robotica per difendere l'ambiente

Figlio di un approccio bio-ispirato che ha permesso di applicare al robot i principi di locomozione tipici di animali bentonici come il granchio (organismo che sfrutta l'interazione con il fondale marino per muoversi), SILVER 2 può non solo esplorare fondali e ambienti vulnerabili ancora poco conosciuti, ma in un futuro molto vicino sarà anche in grado di pulire il mare dalla plastica affondata.

SILVER 2 è stato sviluppato dal team di Marcello Calisti, ricercatore dell'Istituto di BioRobotica e uno dei più stretti collaboratori di Cecilia Laschi, pioniera della soft robotics, grazie all'applicazione dei principi della flessibilità robotica in campo marino. Il robot-granchio è in grado di muoversi prendendo di mira "bersagli" viventi e non viventi, che si tratti di bottiglie di plastica o di artefatti archeologici, strutture sommerse o organismi come i coralli o i pesci, il tutto senza interferire con l'habitat marino. Le sue sei zampe articolate e molleggiate gli permettono di muoversi agilmente sul fondale, avanzando con saltelli (anche laterali) e, grazie alla flessibilità delle sue gambe subacquee, può sfiorare il fondo del mare per raccogliere sabbia o altro materiale che serve per studiare e conoscere meglio le caratteristiche dei fondali.

"SILVER 2 - commenta Giacomo Picardi, prima firma dello studio e dottorando del PhD in BioRobotica - è attualmente comandato a distanza da un operatore attraverso una interfaccia grafica che permette di vedere ciò che vede il robot e decidere direzione e tipologia di locomozione. Attraverso l'interfaccia inoltre è possibile visualizzare le caratteristiche dell'ambiente sottomarino, come pressione o temperatura rilevati dai sensori di bordo".

SILVER 2 è stato sviluppato all'interno del Centro di ricerca sulle tecnologie del mare e la Robotica marina, laboratorio dell'Istituto di BioRobotica con sede a Livorno, grazie a due progetti finanziati da Arbi Dario S.p.A. e dalla National Geographic Society. La ricerca sul prototipo sta andando avanti e l'integrazione con un manipolatore consentirà la raccolta della plastica depositata in fondo al mare. Un passo importante che va nella direzione di proteggere l'ecosistema marino dall'inquinamento e di preservare molte specie animali.

"Quando si pensa all'esplorazione del mare - spiega Calisti - vengono in mente sottomarini o veicoli simili che nuotano fino ad arrivare in prossimità degli oggetti di interesse, tipicamente sul fondale. Noi abbiamo pensato di ribaltare il concetto: andare direttamente sul fondale, con un robot con delle gambe, per interagire in maniera più delicata ed efficace. Le difficoltà di percepire l'ambiente marino impediscono di usare gli algoritmi tradizionali che sono usati per i robot terrestri: ma con il nostro approccio bio-ispirato, siamo riusciti ad unire sia l'efficacia che la delicatezza della locomozione. La nostra ambizione è di collaborare con le tecnologie che esistono attualmente per creare un intero ecosistema di robot subacquei che possano prendersi cura, esplorare e mantenere l'ambiente marino e le attività ad esso connesse. In questo, siamo stati molto contenti di lavorare con biologi, geologi e oceanografi che hanno visto sempre con interesse il nostro approccio non convenzionale".

fonte: www.repubblica.it

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Il Museo delle Tecnologie dell’Antropocene














Il mese scorso, appena prima di questa emergenza sanitaria, ho visitato il “Museum of Anthropocene Technology” (MAT) a Laveno Mombello. È un piccolo museo creato da Frank Raes, che fino a poco tempo fa lavorava presso il Joint Research Centre della Commissione Europea a Ispra. Lì ha diretto le ricerche sull’inquinamento atmosferico e sui cambiamenti climatici. Da 10-15 anni Frank è attivo sulla comunicazione della crisi climatica e il MAT è il suo modo di continuare questo lavoro.
Da tempo si dice che la sfida del cambiamento climatico debba essere affrontata nella sua dimensione profonda, sistemica, coinvolgendo le scienze umanistiche, per stabilire connessioni con i diversi aspetti della nostra cultura. Nelle stanze del MAT ho trovato questo. Non solo un racconto dell’antropocene a partire dalle tecnologie che ne hanno determinato e caratterizzato lo sviluppo. Anche una rete di connessioni, fra le Città Invisibili di Italo Calvino e gli scritti più recenti di Bruno Latour, il Quinto rapporto IPCC e il fallout radioattivo di Chernobyl, le schede dei personal computer e la riproduzione della molecola del glucosio o della CO2.
Pur se non possiamo visitarlo in questi giorni, ho chiesto a Frank di presentarci il museo, per permetterci di iniziare alcune riflessioni, un altro piccolo modo per “socializzare a distanza”. Questo è il suo racconto.
fonte: https://www.climalteranti.it