
La Svezia (nove milioni di abitanti) ha in funzione trentadue
inceneritori alimentati con rifiuti, che producono contemporaneamente
calore ed elettricità.
Con il calore prodotto in questo modo, il 20% della popolazione svedese
riscalda le proprie case, durante il lungo e freddo inverno che
caratterizza le loro latitudini e l'elettricità copre i consumi di
250.000 abitazioni.
Un esempio di successo, una scelta da esportare negli altri paesi d'Europa, compreso il nostro?
Così sembrerebbe, vista la rinnovata euforia degli inceneritoristi
nostrani, dopo il regalo che gli ha fatto il governo Renzi che, con il
decreto "sbloccaitalia", ha promosso i termovalorizzatori a scelta
stretegica nazionale.
Ma chi plaude al modello svedese e auspica il proliferare di
termovalorizzatori in tutte le regioni italiane, non racconta tutta la
storia.
Ad esempio, quanti sanno che nel 2006, con già trenta inceneritori in funzione, il governo svedese aveva deciso di
tassare la termovalorizzazione dei rifiuti urbani?
In base alle
dichiarazione del Ministro delle Finanze svedese,
questa tassazione a carico della componente "fossile" dei rifiuti
(plastiche miste), aveva l'obiettivo di incentivare la raccolta
differenziata e il riciclo dei materiali e i trattamenti biologici degli
scarti organici, finalizzati a produrre compost, metodi ritenuti
migliori, ai fini della conservazione di risorse e del risparmio
energetico.
Nel 2010 la tassa sull'incenerimento è stata abolita in quanto, in base
alle dichiarazioni ufficiali, si è ritenuto che questa scelta non sia
stata utile per il raggiungimento degli obiettivi prefissati dal
governo, in particolare quella di favorire il riciclo dei materiali. Ma
anche questa scelta merita di essere meglio analizzata.
In quell'anno, in realtà, la Svezia riciclava e compostava il 49% dei
suoi scarti, un risultato di tutto rispetto, specialmente se confrontato
con il 33% di riciclo e compostaggio registrati in Italia.
Inoltre, sempre nel 2010, il governo svedese, per
promuovere il riciclo della frazione organica,
introduceva l'esenzione di tasse sulla vendita e l'immissione in rete
di biometano prodotto con la raffinazione del biogas (miscela di metano
ed anidride carbonica) prodotto dalla fermentazione anaerobica degli
scarti organici.
Infine, nel 2012 l'AgenziaSvedese per l'Ambiente elaborava un nuovo
piano nazionale per la gestione dei Materiali Post Consumo, in accordo
con le indicazioni della Unione Europea.
In questo Piano, il trattamento delle frazioni organiche prevedeva che
almeno il 50% degli scarti di cibo fosse trattato con tecniche
biologiche (compostaggio) per uso agricolo del compost prodotto e che il
40% di questi scarti fosse utilizzato anche per produrre biometano da
usare per l'autotrazione o da immettere nella rete di distribuzione del
gas.
Sono importanti scelte politiche che i nostrani amici degli inceneritori si guardano bene di segnalare.
Dal 2005, la quantità di rifiuti che la Svezia incenerisce (49%) e avvia
al riciclo (49%) è sostanzialmente costante mentre si è costantemente
ridotta la frazione di scarti avviati a discarica, arrivata all'1% della
produzione, nel 2010.
I trattamenti biologici delle frazioni organiche, raccolte in modo
differenziato nel 60% dei comuni svedesi, sono in costante crescita e,
nel 2011, il 15% di tutti i rifiuti svedesi erano trattati con
compostaggio e digestione anaerobica, valori confrontabili con quelli
italiani.
La Figura 1 mostra l'andamento dei trattamenti adottati in Svezia, a partire dal 1976, per la gestione dei propri scarti.
La Figura evidenzia come il principale risultato delle politiche
Svedesi, che fin dal 2000 aveva introdotto pesanti tasse per la messa in
discarica di residui con alto potere calorifico e delle frazioni
organiche, abbia fortemente ridotto l'uso della discarica, a favore del
recupero energetico tramite combustione, ancora oggi il principale
sistema di smaltimento.
Quello che non sembra funzionare in Svezia è il riciclo dei materiali che, nel 2006, smette di crescere e negli anni successivi mostra una tendenza alla riduzione.
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FIG 2: gestione dei rifiuti urbani svedesi dal 1975 al 2012 |
Quest' andamento merita di essere correttamente interpretato.
Infatti ci potrebbe essere anche un altro motivo per spiegare la
decisione di abolire, nel 2010, la tassa sull'incenerimento dei rifiuti:
gli svedesi stavano riciclando più del previsto e in questo modo
lasciavano a "bocca asciutta" i loro inceneritori.
Insomma, un'eccessivo riciclaggio degli scarti con elevato potere
calorifico (carta, plastica) avrebbe costretto al freddo molti svedesi,
in quanto i 32 inceneritori non avrebbero avuto a disposizione tutto il
combustibile necessario per affrontare i freddi inverni del Nord.
Pertanto, a causa delle sue scelte energetiche, avviate negli anni '80,
incentrate sulla produzione di calore ed elettricità dai rifiuti,
la
Svezia, da qualche anno, si trova nella singolare condizione di dover
importare rifiuti se vuole continuare a fornire calore ai suoi abitanti.
Attualmente, la Svezia importa 813 mila tonnellate all'anno di rifiuti
da utilizzare nei suo inceneritori con recupero di calore ed energia
elettrica.
Il maggiore fornitore di rifiuti è la vicina Norvegia (152.000
ton/anno), ma rifiuti arrivano anche da altri paesi europei, compresa
l'Italia.
La Norvegia paga per questo servizio e, in sovrappiù, si accolla lo
smaltimento delle ceneri prodotte con i suoi rifiuti. Ceneri tossiche, a
causa della loro pesante contaminazione da metalli pesanti e diossine
che la Svezia rimanda al mittente, guardandosi bene dal doverle
inertizzare e smaltire nel proprio territorio.
E ovvio che anche la Norvegia abbia il suo tornaconto in questo scambio,
trovando più economico per lei far fare il lavoro "sporco" e costoso ai
suoi vicini, senza accollarsi il pesante costo finanziario della
costruzione e gestione di inceneritori.
Per il momento questa gestione funziona e, grazie ai rifiuti propri ed
altrui, gli Svedesi stanno al caldo ma i tecnici del settore sanno che
non potrà continure così.
Sempre più paesi, insieme alla Unione Europea, stanno scoprendo come sia
più conveniente, ambientalmente, ma anche dal punto di vista energetico
e occupazionale, riciclare e compostare i propri materiali di scarto e
avviarli in nuovi processi produttivi finalizzati all'uso delle materie
recuperate.
E obiettivi di riciclo dei materiali superiori al 70% sono tecnicamente ed economicamente praticabili.
Pertanto, prima o dopo, quando gli investimenti dei termovalorizzatori
saranno stati ammortizzati, gli Svedesi, per riscaldarsi, dovranno
inventarsi qualche altra soluzione.
Riscaldarsi, bruciando "corone svedesi" non è proprio una furbata!
Invece l'Italia, senza la palla al piede di un grande parco di
termovalorizzatori da tenere in funzione, può più facilmente avviare la
scelta virtuosa dell'economia circolare, fondata sul riciclo dei
materiali.
Nonostante quello che il Governo Renzi pensi, l 'Economia Circolare è la
vera scelta strategica, di interesse nazionale, in grado di garantire
nuove e stabili opportunità di lavoro, elevati risparmi energetici,
bassi impatti ambientali e sanitari.
Una scelta che certamente la Svezia ci invidierà.
fonte: federico-valerio.blogspot.it/