Usando scarti dell'industria agro-alimentare e del biodiesel
MILANO - Bucce d'arancia, acque reflue del lavaggio delle olive,
olio di palma o di semi di girasole: da ogni tipo di scarto
dell'industria agro-alimentare è possibile ricavare detergenti
ecosostenibili e bioplastiche, grazie ai batteri
'mangia-rifiuti' messi a punto dai giovani ricercatori della
start-up Agrobiotech di Catania.
Il loro progetto di ricerca è stato illustrato a 'BioInItaly Investment Forum & Intesa San Paolo StartUp Initiative', l'iniziativa organizzata da Assobiotec e Intesa San Paolo per presentare i migliori progetti biotech italiani a investitori da tutto il mondo.
''Il nostro obiettivo è dare una seconda vita agli scarti agro-alimentari e ai sottoprodotti dell'industria del biodiesel che devono essere smaltiti con costi per i produttori'', spiega Grazia Licciardello di Agrobiotec. Sfruttando l''appetito' di alcuni batteri naturalmente presenti nel suolo, i ricercatori intendono mettere a punto un processo di trasformazione efficiente e a basso costo per produrre principalmente biopolimeri, utili ad esempio per il packaging: ''potrebbero essere usati per creare vasetti di yogurt e confezioni per la frutta che migliorano la conservazione degli alimenti'', precisa Licciardello. Dal liquido di fermentazione prodotto dai batteri, invece, è possibile ricavare dei biosurfattanti tensioattivi con proprietà antimicrobiche. ''Queste molecole possono essere usate per produrre detergenti per la sanificazione di superfici o per la decontaminazione dell'acqua dagli idrocarburi - afferma la ricercatrice - o ancora come rimedi antifungini e antimicrobici per eliminare i microrganismi pericolosi dalle coltivazioni, ad esempio pomodori e zucchine''.
Il loro progetto di ricerca è stato illustrato a 'BioInItaly Investment Forum & Intesa San Paolo StartUp Initiative', l'iniziativa organizzata da Assobiotec e Intesa San Paolo per presentare i migliori progetti biotech italiani a investitori da tutto il mondo.
''Il nostro obiettivo è dare una seconda vita agli scarti agro-alimentari e ai sottoprodotti dell'industria del biodiesel che devono essere smaltiti con costi per i produttori'', spiega Grazia Licciardello di Agrobiotec. Sfruttando l''appetito' di alcuni batteri naturalmente presenti nel suolo, i ricercatori intendono mettere a punto un processo di trasformazione efficiente e a basso costo per produrre principalmente biopolimeri, utili ad esempio per il packaging: ''potrebbero essere usati per creare vasetti di yogurt e confezioni per la frutta che migliorano la conservazione degli alimenti'', precisa Licciardello. Dal liquido di fermentazione prodotto dai batteri, invece, è possibile ricavare dei biosurfattanti tensioattivi con proprietà antimicrobiche. ''Queste molecole possono essere usate per produrre detergenti per la sanificazione di superfici o per la decontaminazione dell'acqua dagli idrocarburi - afferma la ricercatrice - o ancora come rimedi antifungini e antimicrobici per eliminare i microrganismi pericolosi dalle coltivazioni, ad esempio pomodori e zucchine''.
fonte: www.ansa.it