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Cos'è e come funziona il deposito cauzionale per i rifiuti








Entrerà in vigore dopo il decreto attuativo che dovrebbe essere emanato il 5 dicembre. Ma “per oleare tutti gli ingranaggi, mettere in moto la macchina organizzativa e prendere il via ci vorranno

I microbi dello stomaco delle mucche sono mangia-plastica

Tra le plastiche che subiscono questa processo vi è il polietilene tereftalato (PET) utilizzato in bottiglie, imballaggi alimentari e tessuti sintetici













Interessante notizia divulgata nei giorni scorsi dalla stampa internazionale secondo cui alcuni scienziati hanno scoperto alcuni microbi nel liquido estratto dal rumine, la parte più grande dello stomaco di un ruminante (in cui rientrano i mammiferi ungulati come bovini e pecore), in grado di scomporre il cibo ingerito dall'animale.
Il rumine agisce da incubatore per questi microbi, che digeriscono o fermentano i cibi consumati da una mucca o da altri ruminanti, secondo l'Università del Minnesota. Da ciò, i ricercatori hanno pensato che alcuni microbi presenti nel rumine di una mucca avrebbero potuto digerire anche alcune plastiche come il poliestere. Questo in quanto, a causa delle loro diete erbivore, le mucche consumano un poliestere naturale prodotto dalle piante, chiamato cutina. E come poliestere sintetico, il PET condivide una struttura chimica simile a questa sostanza naturale. La cutina costituisce la maggior parte della cuticola, lo strato esterno ceroso delle pareti cellulari delle piante, per esempio può essere trovata in abbondanza nelle bucce di mele e pomodori, come affermato da Doris Ribitsch, senior scientist at the University of Natural Resources and Life Sciences in Vienna.

In particolare, una classe di enzimi chiamati cutinasi è in grado di idrolizzare la cutina, il che significa che si avvia una reazione chimica in cui le molecole d'acqua rompono la sostanza in particelle. Ribitsch e i suoi colleghi hanno isolato tali enzimi dai microbi verificando che le mucche potrebbero essere una fonte di simili microbi che divorano il poliestere.
In un nuovo studio pubblicato di recente i ricercatori hanno scoperto che i microbi del rumine della mucca potrebbero degradare non solo il PET ma anche altre plastiche come il tereftalato adipato di polibutilene (PBAT), utilizzato in sacchetti di plastica compostabili, e il polietilene furanoato (PEF), realizzato con materiali rinnovabili di origine vegetale.
Gli scienziati sono intenzionati a campionare i batteri mangia-plastica provenienti dal liquido del rumine e determinare quali enzimi specifici usano i batteri per abbattere la plastica. Se riuscissero a identificare gli enzimi in grado di essere potenzialmente utili per il il riciclo, potrebbero quindi ingegnerizzarli geneticamente in grandi quantità, senza la necessità di raccogliere tali microbi direttamente dallo stomaco della mucca. In questo modo, gli enzimi possono essere prodotti con facilità e in modo economico, per un utilizzo su scala industriale.
In questo senso, Ribitsch e il suo team hanno già brevettato un metodo di riciclaggio in cui i materiali tessili vengono esposti a vari enzimi in sequenza.


fonte: www.greencity.it



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Corepla sostiene ricerca su batteri mangia-plastica

Il consorzio cofinanzierà il progetto ideato da un team tutto al femminile dell’Università di Milano-Bicocca.











Corepla ha deciso di sostenere il progetto Micro-Val (MICROrganismi per la VALorizzazione di rifiuti della plastica) ideato da un team tutto al femminile dell’Università di Milano-Bicocca.

Si tratta del quarto progetto lanciato quest’anno da Biunicrowd, il programma di finanza alternativa dell’Ateneo, promosso per consentire a studenti, ex studenti, docenti, ricercatori e dipendenti di realizzare progetti innovativi e idee imprenditoriali attraverso campagne di raccolta fondi. Se la campagna raggiungerà almeno la metà dell’obiettivo fissato (9.500 euro), scatterà il cofinanziamento da parte del Consorzio. Obiettivo molto vicino, dato che ad oggi la raccolta supera già i 4.000 euro.

I fondi serviranno per la messa a punto del primo trattamento italiano di trasformazione e degradazione microbiologica della plastica a base di polietilene applicabile negli impianti di gestione dei rifiuti.

Micro-Val si articolerà in due fasi. Grazie al primo finanziamento, saranno condotte prove in laboratorio per a studiare le proprietà dei batteri mangia-plastica e a valutarne la loro efficacia per liberare la frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU) dalla componente di rifiuto indesiderato, costituita per lo più da polietilene (il 5% circa). Nella seconda fase, il team di ricerca verificherà la possibilità di applicare il trattamento biologico per uno scale-up in un impianto in collaborazione con un’azienda leader nel settore del recupero e il riciclo di rifiuti.
Il progetto prevede anche lo sviluppo di una APP per smartphone che fornirà consigli all’utente nello svolgimento della raccolta differenziata, permettendo a ogni cittadino di contribuire all’ambizioso obiettivo dei ricercatori.

Per sostenere il progetto: Micro-Val

VIDEO DI PRESENTAZIONE


fonte: www.polimerica.it


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Affidare l’economia circolare alle macchinette mangia plastica non è la soluzione

Ipersemplificare il problema puntando sulla cauzione per le bottiglie in Pet sposta solo il problema più a valle: la risposta sta a monte, nell’ecodesign



Mentre i vari think tank ambientalisti si arrabattano per organizzare convegni virtuali sulla sostenibilità post coronavirus, con l’incognita del rinvio della plastic tax all’orizzonte, il Corriere della Sera intervista chi ha trovato la quadratura del cerchio: «La svolta della sostenibilità, cominciamo dalle bottiglie» è il titolo dell’intervista a tutta pagina al presidente di Acqua Sant’Anna, Alberto Bertone, secondo il quale, appunto la soluzione è introdurre la cauzione sulla plastica.

Facciamo un passo indietro per far luce sul primo, gravissimo errore, che è di parallasse. Dire che introdurre la cauzione con le bottigliette mangia plastica è la soluzione equivale a ipersemplificare il problema e a guardare solo alla puntina dell’iceberg.

Le bottiglie di plastica infatti sono solo una delle poche tipologie di imballaggio che sono facilmente riciclabili e il cui riciclo vale davvero qualcosa, ovvero: riciclandole non si aiuta soltanto l’ambiente, ma si ottiene un plus economico. Per questo motivo l’industria del riciclo del Pet di cui sono fatte le bottiglie è un’industria che lavora a pieno regime e che nel nostro Paese è all’avanguardia.

Se per assurdo domani una bacchetta magica mettesse ad ogni angolo di strada una macchinetta mangia plastica con cauzione avremmo come conseguenza quella di cancellare e perdere milioni di investimenti che l’industria del riciclo ha fatto in questi anni negli impianti di selezione, perdendo anche centinaia di migliaia di posti di lavoro. Poco male, si dirà: tanto serviranno manutentori per le macchinette (ne servono parecchi, e potrei suggerire al Corriere della Sera di andare a intervistare qualche sustainability manager di centri commerciali dove le macchinette sono durate sì e no un anno), inservienti che facciano la spola continua tra macchinetta e scarrabili per portare i sacchi pieni di bottiglie, consulenti informatici per gestire la telemetria delle macchinette, tutor che spieghino pazientemente ai cittadini come farle funzionare, ecc.

Ma siccome le bacchette magiche non esistono, in questa fase (per la verità già da alcuni anni) le macchinette vengono messe qua e là ogni tanto, per iniziativa dei centri commerciali che le utilizzano come leve di marketing o da qualche comune che così potrà fregiarsi di essere ancora più plastic free (esisterà ancora questo slogan alla fine dell’emergenza coronavirus?). Essendo a macchia di leopardo e resistendo di solito un annetto o due prima di essere abbandonate (perché il marketing manager deve pur dimostrare di servire a qualcosa, e quindi avrà trovato qualcosa di nuovo, più stimolante e magari anche più utile) i sacchetti pieni di bottiglie vanno a finire nello stesso impianto di selezione dove vanno a finire tutti gli altri imballaggi di plastica raccolti nelle campane o porta a porta, senza quindi alcun risparmio di tempo o di energia.

Mi si dirà: “Eh ma da qualche parte bisogna pur cominciare, Roma non è stata fatta in un giorno e i soldi della cauzione ce li metterà lo Stato!” D’accordo. Ma a parte il fatto che dal punto di svista di un ambientalismo scientifico è diseducativo far credere al cittadino che una bottiglietta in Pet valga 30 centesimi anziché zero-virgolazeroqualcosa, io mi chiedo: se da qualche parte bisogna cominciare investendoci denaro pubblico, perché cominciare proprio da una parte di una parte di una parte del problema, che oltretutto è l’unica parte che vanta un’industria del riciclo (ancorché la quantità di bottiglie raccolte possa e debba aumentare, questo nessuno lo mette in dubbio) che funziona e che rende?

“Ok signor Sotutto. Qual è allora la soluzione?” Primo: non esiste mai una sola soluzione (la famigerata bacchetta magica!), esistono una serie di azioni che possono contribuire a migliorare la situazione complessiva aggredendo il problema vero, che non sono le bottiglie e non è nemmeno la plastica in senso lato, che peraltro in questi giorni di igienizzazione forzata all’ennesima potenza ha dimostrato tutta la sua imprescindibilità.

Limitandosi per motivi di spazio ed attenzione a ragionare dei soli imballaggi (che sono anch’essi una parte di una parte della questione), il problema è rappresentato dagli imballaggi che pur essendo raccolti in modo differenziato non possono essere riciclati, per una serie di motivi: per esempio perché sono fatti con materiali poliaccoppiati e non separabili, oppure perché sono fatti con polimeri non riciclabili, o infine perché sono fatti con materiali fintamente riciclabili: ovvero ecodesign. Ma che sia eco davvero, perché non basta mettere il prefisso eco o bio affinché una bottiglia lo sia per davvero, anche se magari poi si aggiunge il claim “la prima bottiglia al mondo biodegradabile e compostabile negli appositi siti di compostaggio industriale”.

A livello legislativo le armi per riorientare in senso ecologico il product design ci sono: per esempio tassando maggiormente gli imballaggi o i prodotti più difficili da riciclare. E se la plastic tax sembra destinata ad essere rinviata sine die per evitare l’ennesima mazzata sull’industria, la speranza la dobbiamo riporre sulla direttiva europea sugli imballaggi monouso, che si spera vengano tassati a prescindere dalla natura del polimero, ma piuttosto in base alla loro effettiva riciclabilità. E a quel punto non basterà avere il prefisso bio davanti a bottle.

fonte: www.greenreport.it


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Biglietti Atac gratis riciclando plastica: in un mese raccolte 100mila bottiglie

Spopola a Roma l'iniziativa sperimentale dell'azienda di mobilità capitolina. Ai viaggiatori un bonus di 5 centesimi per ogni bottiglia conferita.




Centomila bottiglie riciclate in poco più di un mese. A Roma l’iniziativa +Ricicli+Viaggi di Atac sta trovando riscontro positivo e piace ai viaggiatori. E raggiunge un primo traguardo importante, come ha dichiarato sul suo profilo social la sindaca di Roma Virginia Raggi:

La campagna +Ricicli+Viaggi è un vero e proprio successo: ben 100 mila le bottigliette riciclate nelle metro di Roma in poco più di un mese. Numeri che ci raccontano una formula vincente ed un’attenzione crescente nei confronti della sostenibilità ambientale. Con questa iniziativa tutti possono riciclare le bottiglie in PET utilizzando le speciali macchinette “mangia plastica” collocate in tre stazioni: Piramide metro B, San Giovanni metro C e fermata Cipro metro A. Un gesto a favore dell’ambiente, una buona pratica per tutti.

Il 23 luglio scorso l’azienda di mobilità romana aveva presentato questa iniziativa, prima del suo genere in Italia. Un progetto sperimentale, della durata di 12 mesi, che permette ai viaggiatori di acquisire un bonus di 5 centesimi per ogni bottiglia riciclata – compresa tra 0,25 e 2 litri – inserita in una delle tre macchine compattatrici installate da Coripet, consorzio per il riciclo del PET, nelle stazioni di Piramide metro B, San Giovanni metro C e fermata Cipro metro A.
Biglietti Atac gratuiti a Roma per chi ricicla la plastica

Il bonus viene quindi accumulato nel borsellino virtuale delle app B+ (che permette di acquistare ed utilizzare i titoli del trasporto pubblico di Roma con lo smartphone) o MyCicero e Tabnet, quasi in tempo reale. I viaggiatori possono così accumulare punti senza limiti e utilizzarli direttamente per l’acquisto di uno o più biglietti e di abbonamenti mensili (Bit 100 minuti, 24/48/72h e abbonamento mensile).

Per festeggiare il risultato raggiunto, mercoledì scorso l’azienda di trasporti ha quindi premiato con 50 biglietti omaggio i primi passeggeri che, a partire dalle 11, si sono recati nelle stazioni di San Giovanni, Piramide e Cipro per il conferimento nelle ecocompattatrici.

fonte: www.greenstyle.it

Plastica: forbici molecolari per distruggerla, ricreati i super-batteri

Nuova e più efficiente struttura per i batteri mangia-plastica, la novità dalla Germania: i rifiuti potranno essere scoposti e usati per nuovi oggetti.















Distruggere la plastica grazie a dei super-batteri. Alcuni ricercatori tedeschi hanno messo a punto delle cosiddette forbici molecolari, “strumenti” in grado di attaccare i materiali plastici rendendoli biodegradabili. Alla base della novità due enzimi scoperti nel 2016, come riferito dai ricercatori della University of Greifswald e dell’Helmholtz-Zentrum-Berlin sulla rivista scientifica “Nature Communications“.
Si tratta, come spiegato dai ricercatori, di una struttura appositamente studiata per migliorare la creazione di varianti di batteri mangiaplastica in grado di consumare il materiale in maniera più efficiente.
Alla base dell’innovazione la scoperta fatta nel 2016 presso il Kyoto Institute of Technology, dove gli studiosi nipponici hanno individuato gli enzimi capaci di degradare la plastica: il Petase e Mhetase. Come dichiarato da Uwe Bornscheuer, ricercatrice presso l’Helmholtz-Zentrum-Berlin:
Scoprire la struttura dei due enzimi ci permetterà di programmare, produrre e descrivere delle varianti biochimiche molto più attive di quelle naturali.
I due enzimi scoperti in Giappone sono stati ora riprodotti in laboratorio dai ricercatori tedeschi, aprendo la porta a una più agevole gestione dei rifiuti plastici. In prima battuta a intervenire è il Petase, che frammenta la plastica, mentre il Mhetase mette in atto la scomposizione finale in acido tereftalico e glicole di etilene. Grazie a questi due elementi sarà possibili produrre nuovi materiali senza il ricorso a fonti fossili.

fonte: www.greenstyle.it

Più butti più guadagni. Arriva il cassonetto eco che premia chi è virtuoso

Dopo Cash for trash, nella provincia di Padova, è la volta di Paandaa, il dispositivo offre detrazioni sulla Tari e bonus ai cittadini e un alleggerimento della raccolta porta a porta alle amministrazioni comunali 



Un cassonetto che riconosce l’utente e lo premia se ricicla. È l’idea di Paandaa House il cassonetto multimediale dedicato alla raccolta di plastica e polietilene ad alta densità che funziona attraverso l’inserimento della tessera sanitaria. Il dispositivo registra e tiene traccia delle quantità di materiale da avviare al recupero conferite e trasforma l’impegno del singolo in benefici fiscali e commerciali. Attraverso accordi con le amministrazioni comunali, Paandaa può offrire infatti detrazioni sul pagamento della TARI ed emettere buoni sconto legati a marchi partner.

Una raccolta differenziata di qualità
Ma come nasce il progetto? «Attualmente c’è la necessità di lavorare il materiale che proviene dalla raccolta differenziata ai fini di una ulteriore selezione spiega Vincenzo Mazzola, ideatore insieme a Domenico Carcione di Paandaa - questo comporta un dispendio di energia e una perdita di valore economico. Da qui l’idea di migliorare la qualità dei rifiuti differenziati con una macchina in grado di garantire a monte la separazione dei materiali». Di facile gestione, il cassonetto può essere controllato da remoto e invia un alert se ha bisogno di essere svuotato. Il sistema può inoltre essere dotato di un kit fotovoltaico formato da pannelli solari e batterie di accumulo, in grado di garantirne il funzionamento anche durante le ore notturne. 

L'esempio nordeuropeo
Paandaa è un circuito di raccolta sponsorizzato: ogni dispositivo è dotato di uno schermo attraverso il quale è possibile fare pubblicità e diffondere messaggi agli utenti che riceveranno coupon promozionali (per ogni singolo rifiuto inserito viene emesso uno scontrino del valore di 0,05 centesimi da spendere presso gli esercizi commerciali convenzionati). Iniziative simili esistono soprattutto nel Nord Europa, dove ad esempio i cassonetti rilasciano biglietti della metro o erogano cibo per i cani randagi.

La riduzione della Tari
Con 130 macchine installate in Italia, l’obiettivo di Paandaa è dare vita a un modello di business Green&Win e i benefici sono diversi: conoscere le abitudini di riciclo con la possibilità di ideare misure mirate; ottenere una più efficacie gestione dei rifiuti tramite un maggiore impegno dei cittadini e un coinvolgimento anche dei meno sensibili grazie agli incentivi; diffondere promozioni; alleggerire l’impegno pubblico nella gestione della raccolta differenziata in cambio di sgravi fiscali attraverso una riduzione della quota variabile Tari, fino a un valore massimo del 30%, come previsto dalla normativa. «La quantità dei rifiuti differenziati aumenta, con un ritorno economico importante legato alla qualità, giacché la plastica conferita in questi speciali cassonetti rientra nel flusso C di Corepla, il cui valore attuale è di 394,75 euro a tonnellata» commenta Carcione. Le Paandaa House misurano 2 x 2 metri e la loro azione può essere estesa ad altre tipologie di rifiuto come vetro, latta e alluminio. Paandaa è un sistema in franchising e chiunque può scegliere di ospitare uno di questi speciali punti di raccolta. Sarà la rete a occuparsi del ritiro dei rifiuti e del loro conferimento alle industrie di trasformazione, riconoscendo a chi ospita i cassonetti una percentuale sugli introiti pubblicitari e sulla plastica e l’alluminio recuperati.


fonte: http://corriereinnovazione.corriere.it

Torino, 16 dicembre: dibattito 'Macchinette mangia-bottiglie e altre raccolte incentivanti'

Eco dalle Città organizza per venerdì 16 dicembre 2016 dalle ore 15 presso The Gate Porta Palazzo (piazza della Repubblica, 6/E) un incontro pubblico sul riciclo degli imballaggi in plastica













'Macchinette mangia-bottiglie e altre raccolte incentivanti'
Dibattito sul riciclo degli imballaggi in plastica

Tra i partecipanti:

Michele Rizzello, direttore Assosele (Associazione delle aziende di selezione e valorizzazione degli imballaggi Multimateriali)

Marco Marocco, Vicesindaco della Città Metropolitana di Torino

Federico Mensio, presidente della Commissione consiliare Ambiente del Comune di Torino

Agata Fortunato, Osservatorio Metropolitano Rifiuti 

Paolo Hutter, presidente dell'associazione Eco dalle Città
Per condividere l'evento su Facebook: https://www.facebook.com/events/354049328282995/


fonte: http://www.ecodallecitta.it/ 

Batteri 'mangia-rifiuti' producono detergenti e bioplastica

Usando scarti dell'industria agro-alimentare e del biodiesel

 © ANSA 
MILANO - Bucce d'arancia, acque reflue del lavaggio delle olive, olio di palma o di semi di girasole: da ogni tipo di scarto dell'industria agro-alimentare è possibile ricavare detergenti ecosostenibili e bioplastiche, grazie ai batteri 'mangia-rifiuti' messi a punto dai giovani ricercatori della start-up Agrobiotech di Catania.

Il loro progetto di ricerca è stato illustrato a 'BioInItaly Investment Forum & Intesa San Paolo StartUp Initiative', l'iniziativa organizzata da Assobiotec e Intesa San Paolo per presentare i migliori progetti biotech italiani a investitori da tutto il mondo.

''Il nostro obiettivo è dare una seconda vita agli scarti agro-alimentari e ai sottoprodotti dell'industria del biodiesel che devono essere smaltiti con costi per i produttori'', spiega Grazia Licciardello di Agrobiotec. Sfruttando l''appetito' di alcuni batteri naturalmente presenti nel suolo, i ricercatori intendono mettere a punto un processo di trasformazione efficiente e a basso costo per produrre principalmente biopolimeri, utili ad esempio per il packaging: ''potrebbero essere usati per creare vasetti di yogurt e confezioni per la frutta che migliorano la conservazione degli alimenti'', precisa Licciardello. Dal liquido di fermentazione prodotto dai batteri, invece, è possibile ricavare dei biosurfattanti tensioattivi con proprietà antimicrobiche. ''Queste molecole possono essere usate per produrre detergenti per la sanificazione di superfici o per la decontaminazione dell'acqua dagli idrocarburi - afferma la ricercatrice - o ancora come rimedi antifungini e antimicrobici per eliminare i microrganismi pericolosi dalle coltivazioni, ad esempio pomodori e zucchine''.

fonte: www.ansa.it