Il progetto ReSIELP dovrà valorizzare le materie prime critiche
contenute nei pannelli e limitare i rifiuti al minimo per poter
recuperare fino al 100% dei moduli
La crescita dell’energia solare nell’ultimo decennio è stata a dir
poco fenomenale. Solo lo scorso anno, grazie alla gara tra USA e Cina,
il fotovoltaico è cresciuto del 50%. A fine 2016 la nuova capacità fv ha superato addirittura i 76 GW,
portando il totale cumulato ben oltre quota 300 GW. Una crescita così
importante pone anche una serie di sfide da non prendere sottogamba, tra
cui la gestione dei moduli fotovoltaici a fine vita.
Secondo i dati dell’Agenzia IRENA, di
questo passo, nel 2050 avremo di 78 milioni di tonnellate di vecchi
pannelli solari con cui fare i conti. Ma come il paradigma dell’economia circolare insegna, a quasi ogni “rifiuto” può essere concessa una seconda vita.
Una lezione che vale anche per i moduli
fotovoltaici a fine vita benché il loro riciclo non sia un compito
facile. Questo perché ogni pannello è costituito da materiali
estremamente diversi. C’è il vetro della copertura, l’alluminio della
struttura, il silicio delle celle (o qualsiasi altro semiconduttore
impiegato per realizzarle), i materiali sintetici impiegati per
incapsularle e sigillarle e una serie di metalli come il piombo e il
rame. Il corretto riciclaggio dei pannelli richiede che questi materiali
siano separati e recuperati con il minimo danno e la minima perdita, in
maniera da poterli reimpiegare in nuovi prodotti.
Quanto è possibile recuperare? In linea teorica fino al 100 per cento del peso, ma in Europa la normativa (la direttiva 2012/19/EU) si accontenta di una capacità di riciclo dell’85 per cento. Obiettivo che tutti gli Stati membri dovranno soddisfare entro agosto del 2018.
In vista della scadenza ormai prossima,
c’è chi ha dato il via in questi mesi a un nuovo progetto per il
recupero delle materie prime dei moduli fotovoltaici a fine vita.
Parliamo di ReSIELP (Recovery of Silicon and other materials from End-of-Life Photovoltaic Panels – pdf)
iniziativa di ricerca coordinata dal francese CEA e alla quale
partecipano, in Italia, ENEA, Università di Padova, le aziende ITO e
Relight e CETMA (Centro di Ricerche Europeo di Tecnologie, Design e
Materiali).
Con tre anni di tempo a disposizione e
un finanziamento di 2,5 milioni di euro dalla KIC Raw Materials, i
partner dovranno valorizzare le materie prime critiche contenute nei
pannelli e limitare i rifiuti al minimo per poter recuperare anche quel
restante 15 per cento non contemplato dalla normativa comunitaria.
Nell’ambito di Resielp, l’ENEA si
occuperà di valutare gli aspetti ambientali dei processi di recupero e
supportare la progettazione dell’impianto per il trattamento termico dei
pannelli e dei sistemi di trattamento dei reflui liquidi e gassosi.
L’obiettivo ultimo? Realizzare in Italia entro il 2020 un impianto pilota
(sorgerà nello stabilimento milanese della Relight) per recuperare
silicio, argento, rame, alluminio e vetro da pannelli fotovoltaici a
fine vita.
fonte: http://www.rinnovabili.it