Scenari sull’impatto dei cambiamenti climatici sull’agricoltura, la zootecnica e la pesca in Europa. Ma la Corte dei conti boccia i metodi di spesa per il clima


















I cambiamenti climatici interessano diversi settori economici, tra cui agricoltura, zootecnica e pesca

 
A Malta, la Presidenza di turno del Consiglio dell’Ue ha organizzato una conferenza dei presidenti delle Commissioni parlamentari responsabili per gli affari economici ed ambientali, per discutere l’impatto socioeconomico dei cambiamenti climatici e il finanziamento delle misure da adottare. In occasione della conferenza, l’Ufficio studi di Camera e Senato ha realizzato un dossier sui vari settori economici investiti dai cambiamenti climatici, tra cui l’agricoltura, la zootecnica e la pesca.
In base agli ultimi dati forniti dall’Agenzia europea dell’ambiente, l’agricoltura nel 2012 contribuiva al 10% delle emissioni di gas serra provenienti dall’Ue, con una diminuzione del 24% rispetto al 1990, dovuta ad una diminuzione significativa del numero dei capi di bestiame, un più efficiente ricorso ai fertilizzanti e una migliore gestione del letame. Tuttavia, nel resto del mondo le cose vanno diversamente: tra il 2001 e il 2011, le emissioni globali provenienti dall’agricoltura e dal bestiame sono cresciute del 14%, soprattutto in molti paesi in via di sviluppo, a causa dell’accrescimento della produzione agricola complessiva.

















Tra il 2001 e il 2011 sono aumentate le emissioni globali provenienti da agricoltura e bestiame

Oltre a contribuire al cambiamento climatico, l’agricoltura ne subisce gli effetti, che in futuro potrebbero influenzarla sia a livello globale che all’interno dell’Unione europea. Si tratta infatti di un’attività molto sensibile al clima, alle precipitazioni e alle temperature medie, che determinano la produttività e la distribuzione spaziale delle colture, così come a siccità, inondazioni, ondate di calore, gelate e altri eventi estremi. Secondo la Commissione Ue, nell’Europa settentrionale il prolungamento della stagione vegetativa e del periodo in cui il suolo è libero dai ghiacci potrebbe favorire l’aumento della produttività agricola e consentire anche la coltivazione di nuovi prodotti. Tuttavia, potranno esserci impatti negativi come l’aumento di parassiti e patogeni e una minore presenza di sostanza organica nel suolo. Nell’Europa meridionale, invece, le ondate di calore estremo e la riduzione delle precipitazioni e dell’acqua disponibile potrebbero influire negativamente sulla produttività, e alcuni prodotti tipicamente estivi potrebbero dover essere coltivati in inverno, aumentando la volatilità dei prezzi.
La Commissione europea stima che il 30% delle perdite causate da organismi nocivi possa essere attribuita a nuovi parassiti e a nuovi patogeni e gli effetti dovrebbero essere più visibili verso il 2050, quando i cambiamenti climatici si intensificheranno. I terreni agricoli in zone costiere potranno diminuire notevolmente, a causa del potenziale aumento di allagamenti e di inondazione dei campi. Inoltre, l’intrusione di acqua salata nelle falde acquifere sotterranee potrà avere un impatto negativo sull’acqua per l’irrigazione e quindi sulla resa delle colture.




















La produzione agricola potrebbe risentire di eventi meteorologici estremi 

Il cambiamento climatico ha un impatto anche nel settore zootecnico, con mutamenti di produttività di pascoli e colture foraggere. Cambiamenti nei modelli di transumanza e di pascolo possono facilitare la diffusione di malattie, dovute a una maggiore concentrazione di animali per l’alimentazione o l’abbeveraggio in piccole aree. Nelle aree mediterranee, le temperature più calde e il deficit delle precipitazioni estive potranno accorciare il periodo del pascolo e diminuire la produzione di foraggio e la sua qualità. Nelle zone umide nord-occidentali, un moderato riscaldamento può, tuttavia, essere benefico per le attività zootecniche, nel breve-medio termine, grazie all’aumento della produttività dei pascoli. L’innalzamento della temperatura dell’acqua, inoltre, può agevolare l’insediamento di specie marine invasive, a danno delle risorse ittiche locali.
A fronte di questi possibili scenari c’è la realtà di come vengono spesi i fondi europei per il clima, che sono stati oggetto di una relazione critica della Corte dei conti europea dello scorso dicembre. L’Ue si è posta l’obiettivo di spendere a favore dell’azione per il clima almeno il 20% del proprio bilancio per il periodo 2014-2020, ma secondo la Corte dei conti è proprio nei settori dell’agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca che non si registra una svolta significativa in tale direzione.

fonte: www.ilfattoalimentare.it