L’auto elettrica è pronta a conquistare una fetta più consistente del mercato? Cosa dobbiamo aspettarci per il 2019 e oltre?
Stando agli ultimi dati diffusi dall’Unrae (Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri), a settembre di quest’anno le vetture elettriche hanno segnato un +168% di nuove immatricolazioni carrispetto allo stesso mese del 2017.
Nei primi nove mesi del 2018, le vendite di veicoli da ricaricare alla presa di corrente sono cresciute del 150% nel confronto con lo stesso periodo di un anno fa, con più di 3.500 modelli commercializzati, di cui 489 a settembre.
Auto immatricolate e quote di mercato per le diverse alimentazioni (fonte: Unrae, dati a settembre
2018 con variazioni percentuali sul 2017).
Tuttavia, la quota complessiva di mercato delle auto plug-in in Italia è ancora insignificante, nell’ordine dello 0,2% su base annua, qualcosina di più se si guarda al solo mese di settembre (0,4%).
Restano, infatti, numerose barriere all’acquisto: non solo il costo in media più elevato nel paragone con un veicolo tradizionale benzina/diesel, ma anche la mancanza di una rete capillare di colonnine per caricare le batterie, mentre il governo finora non ha definito quel piano nazionale di sostegno alla mobilità elettrica che, molto probabilmente, potrebbe sbloccare la situazione.
Un po’ come ha fatto la Norvegia con la sua politica d’incentivi per le vetture a zero emissioni, che ora viaggiano stabilmente intorno al 40% del mercato del nuovo.
Ne parliamo con Carlo Iacovini (partner della società di consulenza Clickutility on Earth)
Partiamo dal previsto boom dell’auto elettrica: il 2019 sarà davvero l’anno buono per l’Italia?
Da parecchio tempo sentiamo dire che “questo sarà l’anno della svolta” per la diffusione dell’auto elettrica, ma l’Italia spesso arriva in ritardo sull’innovazione tecnologica, per poi inseguirla. Il nostro paese offre delle condizioni ideali per lo sviluppo della mobilità elettrica, perché ha un tasso di motorizzazione tra i più elevati del continente, con molte città di medie dimensioni dove l’inquinamento atmosferico è un problema.
Le vendite di modelli 100% elettrici restano a meno dell’1% del totale. Come lo spiega?
Il mercato privato in questa fase è molto polarizzato. Da una parte, ci sono i modelli premium con dotazioni tecnologiche all’avanguardia; parliamo di vetture sportive e SUV, dove il prezzo non è il fattore decisivo per l’acquisto. Nel 2019 usciranno nuove proposte full-electric di marchi come Audi e Mercedes, mentre Jaguar ha già lanciato l’I-Pace e anche in Europa dovrebbe arrivare la Tesla Model 3, che sarà più economica della Model S, ma non certo un’auto per tutte le tasche. Modelli di categoria superiore che faranno da traino all’uscita di veicoli meno costosi, creando una sorta di “branding” intorno all’auto elettrica, affermando che è bella, fa tendenza ed è piacevole da guidare.
E dall’altra parte cosa troviamo?
C’è il segmento delle city car, le piccole vetture pensate per gli spostamenti brevi in città, dove non servono batterie troppo capienti. Poi nel breve periodo c’è un ampio potenziale per la diffusione dell’elettrico nelle flotte di car sharing, così come nelle società di logistica, che stanno iniziando a utilizzare furgoncini a zero emissioni per consegnare le merci nel cosiddetto “ultimo miglio”.
Quanto tempo ci vorrà per creare un mercato “di massa”?
Ci arriveremo probabilmente tra 2020 e 2025, quando anche i prezzi delle batterie saranno ulteriormente diminuiti e le case automobilistiche riusciranno a fare delle economie di scala, producendo grandi volumi di veicoli elettrici.
Quindi cosa manca per favorire l’abbandono dei motori a combustione interna?
Serve un quadro normativo nazionale con incentivi all’acquisto per l’auto elettrica; ad esempio uno sconto sull’Iva o un bonus da spendere direttamente dal concessionario. Poi bisogna velocizzare e semplificare le procedure per installare le colonnine di ricarica sul suolo pubblico e anche privato, perché oggi possono richiedere dei mesi.
Si inizia a parlare di future applicazioni Vehicle to Grid (V2G), dove le batterie delle auto sono in grado di comunicare in modo bidirezionale con la rete elettrica. Quali prospettive ci sono?
Non è ancora un “business case”. In Italia, per il momento, non è consentito sperimentare questa tecnologia, mentre ci sono dei progetti-pilota in Danimarca e negli Usa. Il Vehicle to Grid sarà un’opportunità soprattutto per le aziende che controllano un certo numero di colonnine: potranno vendere non solo la ricarica di kWh agli automobilisti, ma anche determinati servizi al gestore della rete elettrica, come la copertura dei picchi di domanda grazie all’energia accumulata e resa disponibile dalle batterie dei veicoli.
fonte: www.qualenergia.it