Nel mio inguaribile ottimismo mi ritrovavo tra coloro che lo consideravano fondamentale aver raccolto l’adesione di tutti i paesi e l’avere indicato il target dei 2 °C.
La vera cartina di tornasole del successo doveva però venire nel 2020, cinque anni dopo la firma, quando i paesi erano chiamati ad innalzare gli obiettivi presentati a Parigi.
Come si sa, il Covid ha fatto slittare a novembre 2021 la COP 26, ma la molla dell’ambizione era scattata. L’Europa, ancora una volta apripista, aveva lanciato la doppia mossa di portare dal 40 al 55% la riduzione delle emissioni al 2030 e quella ancora più ardita della neutralità climatica al 2050.
La vera bomba è scoppiata però a settembre quando alle Nazioni Unite la Cina ha dichiarato di voler puntare alla neutralità carbonica al 2060; il paese come biglietto da visita esibisce i ben 72 GW di eolico e i 48 GW solari installati lo scorso anno.
A seguire decine di paesi, ad iniziare dal Giappone, si sono impegnati a divenire carbon neutral a metà secolo. La triangolazione tra Usa, Europa e Cina (il 42% delle emissioni globali) lascia ben sperare su un’accelerazione delle politiche.
L’elezione di Biden, porterà a grandi risultati sia a livello internazionale che internamente, a partire dalla corsa delle rinnovabili necessaria per raggiungere, o avvicinarsi, al target di una elettricità carbon free nel 2035.
Ma sappiamo che lo sforzo sarà gigantesco.
Facendo riferimento al 1990, la UE parte con un taglio delle emissioni del 24%, negli Stati Uniti la riduzione è stata invece molto limitata, mentre nella Cina le emissioni sono schizzate alle stelle quasi quadruplicando il valore iniziale.
La buona notizia è che negli ultimi tre anni la crescita globale delle emissioni si è arrestata. Il taglio del 6,7% della CO2 nel 2020 a causa del Covid deve inoltre farci riflettere che, per raggiungere gli obiettivi di Parigi, dovremmo continuare a ridurre, questa volta in maniera virtuosa, le emissioni con una velocità poco inferiore a quella dello scorso anno…
Sembrerebbe un traguardo impossibile. Ma alcuni esempi ci indicano come la combinazione tra drastici tagli dei costi delle tecnologie green, volontà politica e spinta dal basso possono ottenere risultati incredibili.
Sole e tulipani
Partiamo dall’Olanda, dove lo scorso anno sono stati installati 2,9 GW, oltre il triplo rispetto all’Italia. Ma non è tanto la potenza installata a fare notizia, quanto la causa dell’accelerazione degli ultimi anni.
Nel 2015 un tribunale aveva accolto la richiesta di un’associazione, appoggiata dagli ambientalisti, che riteneva insufficiente l’obiettivo governativo di ridurre le emissioni climalteranti nel 2020 del 14-17% rispetto ai livelli del 1990.
La battaglia giudiziaria è andata avanti a lungo, finché nel 2019 la Corte suprema ha stabilito che il Governo doveva proteggere i diritti umani dei suoi cittadini e ridurre le emissioni di almeno del 25% entro la fine del 2020.
Questo conflitto legale ha indotto il governo a darsi una mossa, investendo tra l’altro 3 miliardi per le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica, limitando l’uso del carbone.
La corsa delle installazioni solari ha così consentito di raggiungere 10 GW, poco meno della metà della potenza fotovoltaica italiana, su una superficie pari a meno di un settimo della nostra.
E, secondo la Netherlands Environmental Assessment Agency, il fotovoltaico potrebbe raggiungere i 36 GW nel 2030.
Boom fotovoltaico in Vietnam
Ancora più impressionante è la dinamica che si è registrata nel Vietnam. Nel solo dicembre 2020, sono stati infatti installati 6,7 GW fotovoltaici, ovvero i due terzi della potenza solare totale della Francia.
La massiccia escalation è il risultato di una decisione politica dell’aprile 2020 che ha assegnato ai progetti solari sui tetti una tariffa feed-in di 0,084 $ per kWh per 20 anni. E la corsa è partita portando ad un boom decisamente maggiore di quello verificatosi in Italia nel 2010-11 con un incentivo cinque volte più alto.
Il fotovoltaico ha così già superato l’obiettivo di 12,5 GW al 2025 che il Governo aveva in mente solo un paio di mesi fa. Parafrasando Hemingway, le rinnovabili prendono il sopravvento prima lentamente, poi tutto in una volta.
Non stupisce che, in parallelo, il Vietnam stia drasticamente riducendo le previsioni di nuove centrali a carbone.
Emissioni CO2 negli UK sui livelli di… 130 anni fa
Un altro esempio di rapidissima riduzione delle emissioni climalteranti viene dal Regno Unito.
La produzione di CO2 nel 2019 (quindi prima del Covid) è stata infatti del 45% più bassa di quella del 1990, tornando ai livelli del 1888. Tra i motivi ci sono l’abbandono del carbone e la crescita dell’eolico offshore.
Ma la sfida da affrontare è ardua…
Queste sono alcune delle tante storie di successi. La realtà è però decisamente complessa, le resistenze sono forti, il tempo a disposizione poco.
Insomma, il percorso che abbiamo di fronte è estremamente difficile, ma si può affrontare.
I milioni di giovani che nel 2019 hanno invaso le strade di molti paesi esprimono un’esigenza, una volontà di accelerare i cambiamenti.
“Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza“, scriveva Antonio Gramsci.
Un appello che si adatta anche allo sforzo necessario nei prossimi anni e decenni per affrontare l’emergenza climatica.
fonte: www.qualenergia.it
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