Università, startup, associazioni. La mobilitazione contro ogni forma di spreco alimentare è diventata un imperativo etico, sia dal punto di vista ambientale – più spreco genera più rifiuti da smaltire – che sociale. La pandemia ha creato condizioni di povertà assoluta come non si vedevano da molti anni: nel 2020 le persone in povertà assoluta in Italia hanno raggiunto i 5,6 milioni (un milione in più rispetto al 2019 secondo i dati ISTAT 2021). Nel periodo marzo-giugno 2020 le organizzazioni che si occupano di recuperare e ridistribuire il cibo in eccesso da mercati, negozi e dagli scaffali della grande distribuzione hanno avuto un aumento di richieste di aiuto del 50% soltanto in Europa.
Le banche del cibo
La prima banca del cibo (o food bank) fu fondata nel 1967 a Phoenix in Arizona da John Van Hengel; da allora la sua intuizione ha dato la spinta a organizzazioni che uniscono il fine umanitario alla lotta allo spreco alimentare. Le principali food bank europee aderiscono alla FEBA-European Food Banks Federation di cui fanno parte 24 organizzazioni nazionali; esiste inoltre una rappresentanza internazionale di cui fanno parte le organizzazioni di 30 Paesi, la rete GFB-The Global Food Banking Network. La Fondazione Banco Alimentare Onlus esiste in Italia dal 1989, e altri ne hanno seguito l’esempio a livello locale o nazionale.
Le banche del cibo collegano l’offerta di alimenti prossimi alla data di scadenza con la domanda delle organizzazioni non profit che gestiscono le mense per le persone in difficoltà. L’aumento dei richiedenti ha bisogno di un sistema che semplifichi i processi di redistribuzione incrociando i dati degli esercizi dove si genera lo spreco alimentare con quelli delle organizzazioni di aiuto sul territorio e delle persone in difficoltà.
“Dono ergo sum”
Un esperimento interessante in questa direzione è nato da un progetto di ricerca finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca di cui fanno parte le Università della Tuscia (Viterbo), di Roma Tre e di Trento. Il nome del progetto è “Dono ergo sum” (redistribuzione dello spreco di filiera durante e post pandemia a favore delle categorie di persone più vulnerabili in allineamento agli obiettivi di sviluppo sostenibile). Si tratta di una ricerca interdisciplinare che coniuga competenze manageriali, statistiche, ingegneristiche e di public policy; l’obiettivo è sviluppare un sistema integrato di monitoraggio, comunicazione e analisi – grazie alla tecnologia blockchain – per tracciare i flussi di cibo dalla produzione alla donazione fino al consumo finale. Partner tecnologico del progetto è la startup Recuperiamo srl.
Il monitoraggio, la produzione e l’analisi dei dati su scala locale saranno in grado di favorire lo scambio informativo a livello di filiera, supportare la redistribuzione e, in linea più generale, contribuire ad allineare gli attuali modelli di produzione e consumo agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda Onu 2030. Digitalizzare il recupero delle eccedenze e la loro distribuzione tramite le organizzazioni non profit che operano sul territorio rende il tutto più facile, veloce e sicuro.
Esistono anche piattaforme digitali che mettono in contatto gli utenti tra di loro per lo scambio gratuito di alimenti, ma in Italia stentano a decollare nonostante uniscano la riduzione dello spreco alimentare a una dimensione sociale che favorisce le relazioni all’interno delle comunità.
Un altro esempio di innovazione in materia di lotta allo spreco alimentare è Regusto, un brand della startup Recuperiamo srl che si definisce un “marketplace della sostenibilità per ottimizzare i processi di donazione e vendita di prodotti alimentari e non”. Anche Regusto sfrutta la tecnologia blockchain per garantire tracciabilità e trasparenza: la piattaforma connette tra loro i soggetti coinvolti nella donazione e compravendita dei beni, e i dati relativi alle transazioni sono salvati all’interno di un registro pubblico.
La spesa sospesa
Tra le esperienze interessanti sul tema della lotta allo spreco alimentare con finalità sociali vogliamo segnalare l’iniziativa Spesasospesa di LAB00 Onlus. Il Manifesto di LAB00 si fonda su “sostenibilità, solidarietà e trasparenza al servizio della comunità per evitare gli sprechi alimentari” e agisce in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile 1 (Sconfiggere la povertà), 2 (Sconfiggere la fame), 8 (Lavoro dignitoso e crescita economica), 9 (Imprese, innovazione e infrastrutture), 10 (Ridurre le disuguaglianze), 11 (Città e comunità sostenibili) e 12 (Consumo e produzione responsabili) dell’Agenda 2030. Come funziona Spesasospesa? I cittadini donano denaro e le aziende donano cibo, con il denaro si acquistano beni di prima necessità e si coprono i costi logistici, i prodotti sono inviati ai centri di distribuzione presenti sul territorio che li consegnano ad associazioni non-profit convenzionate che a loro volta li distribuiscono alle famiglie bisognose. Spesasospesa si avvale della tecnologia blockchain della piattaforma Regusto per garantire tracciabilità e trasparenza.
fonte: www.rinnovabili.it
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