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Delibera 158 ARERA: Anci evidenzia criticità. L'analisi del testo
In data 7 maggio 2020, ARERA ha pubblicato sul proprio sito la delibera 158/2020/R/rif del 05 maggio 2020 recante “Adozione di misure urgenti a tutela delle utenze del servizio di gestione integrata dei rifiuti, anche differenziati, urbani ed assimilati, alla luce dell’emergenza da COVID-19”. Con tale delibera l’Autorità è intervenuta sulla materia dei corrispettivi applicabili alle utenze domestiche e non domestiche disciplinando le modalità per l’applicazione di riduzioni e agevolazioni tariffarie rivolte alle utenze maggiormente colpite dall’emergenza sanitaria e dai conseguenti provvedimenti nazionali e regionali.
Secondo la nota inviata ai vertici di ANCI nazionale dalla Conferenza dei presidenti delle ANCI Regionali, tale Delibera presenta una serie di criticità dal punto di vista operativo e, con molta probabilità, profili di illegittimità sul piano delle competenze e dei ruoli assegnati ai diversi soggetti coinvolti.
Nella nota si sostiene inoltre, con argomenti molto convincenti, che la delibera 158/2020 pregiudica di fatto l’applicazione da parte degli enti locali del disposto dell’art. 107, comma 5 del cd. Dl. Cura Italia (decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27), ovvero la possibilità per i Comuni, in deroga all’articolo 1, commi 654 e 683, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, di approvare le tariffe della TARI e della tariffa corrispettiva adottate per l’anno 2019, anche per l’anno 2020, provvedendo entro il 31 dicembre 2020 alla determinazione ed approvazione del piano economico finanziario del servizio rifiuti (PEF) per il 2020.
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fonte: esper.it
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Comunità energetiche in Piemonte, ecco le disposizioni attuative
La Dgr 8 marzo 2019, n. 18-8520 costituisce l'attuazione della Lr 12/2018 con cui lo scorso anno il Piemonte, primo (e finora unico) tra le Regioni italiane, aveva promosso con una legge ad hoc la creazione delle comunità energetiche, con l'obiettivo di agevolare la produzione e lo scambio su scala locale di energie generate principalmente da fonti rinnovabili, nonché l'efficientamento e la riduzione dei consumi energetici.
Attuando quanto previsto dalla Lr 12/2008, la nuova delibera disciplina:
• i criteri per l’adozione di un protocollo di intesa da parte dei Comuni che intendono proporre la costituzione di una comunità energetica, oppure aderire a una comunità energetica esistente;
• i criteri per la redazione del bilancio energetico, che le comunità energetiche sono tenute a redigere entro 6 mesi dalla loro costituzione;
• i criteri e le caratteristiche del documento strategico, che le comunità energetiche sono tenute a redigere entro 12 mesi dalla loro costituzione, contenente l’individuazione delle azioni che intendono intraprendere per la riduzione dei consumi energetici da fonti non rinnovabili e l'efficientamento dei consumi energetici (i risultati derivanti dall’attuazione del documento strategico verranno valutati dalla Regione);
• i criteri e le modalità per il sostegno finanziario regionale, in prima attuazione per l’anno 2019, alla fase di costituzione delle comunità energetiche, con particolare riguardo alla predisposizione dei progetti e della documentazione correlata alla costituzione delle comunità.
Riferimenti
• Dgr Piemonte 8 marzo 2019, n. 18-8520 - Disposizioni per l'attuazione della Lr 12/2018 sulle comunità energetiche e approvazione dei criteri per il sostegno finanziario per il 2019
in Nextville (Osservatorio di normativa energetica)
• Lr Piemonte 3 agosto 2018, n. 12 - Promozione dell’istituzione delle comunità energetiche
in Nextville (Osservatorio di normativa energetica)
fonte: http://www.nextville.it
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Economia circolare: il bluff culturale del riciclo che, per le Autorità competenti, continua a produrre rifiuti
Presentiamo l'editoriale di Paola Ficco pubblicato sul numero 239 di maggio 2016 della Rivista Rifiuti —
Bollettino di informazione normativa“

Tempus fugit! La delibera 27 luglio 1984 che reca anche i criteri per l’assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani sta per compiere 32 anni. Un’età più che adulta. Nel frattempo ci sono stati: 13 decreti legge sui rifiuti (i primi vagiti dei residui riutilizzabili e delle materie prime secondarie); un “Decreto Ronchi”; un “Codice ambientale” con le sue innumerevoli modifiche; decine e decine di decreti e decretini (che, a volte, hanno sfiorato, l’ablativo di argomento); giurisprudenza; leggi regionali; emergenze. Ma la delibera è sempre lì. Immobile e indifferente rispetto al fatto che le norme sostanziali che le sottendevano (tassa e tariffa, aree e rifiuti) cambiavano ad una velocità degna del migliore centometrista.
Nel tempo si è trasformata in una vera e propria patrimoniale che si abbatte sulle imprese con la ferocia di un mastino, incaricato da un sistema difettoso e ormai agonizzante di ripianare i bilanci comunali.
È arrivato il tempo di ripensare a tutto questo e di sottrarre dalla tariffa (anche per la parte fissa) almeno le superfici adibite allo stoccaggio di materie prime, ai magazzini intermedi di produzione, ai magazzini adibiti allo stoccaggio dei prodotti finiti, nonché tutti i rifiuti che l’impresa invia a recupero. Il Dm sulla tariffa puntuale in corso di elaborazione sarebbe un buon banco di prova ma, da quanto si legge, si riaffermano i vecchi principi.
Con le imprese, dunque, l’ambiente non scherza. Basti pensare al Sistri e alla sua grottesca vicenda, oppure
all’economia circolare dove la mano destra non sa cosa fa la sinistra. Per il momento, in moltissime realtà locali (per fortuna non tutte) è un vero e proprio bluff culturale e gestionale.
Mi riferisco a tutte quelle regioni/province che non autorizzano processi di riciclo per farne derivare Mps o End of Waste ma sempre e solo rifiuti. L’inutilità del tutto, è evidente. Nonostante la Commissione Ue sia di diverso avviso, nonostante la Suprema Corte di Cassazione abbia stabilito che il Dm 5 febbraio 1998 si applica solo al recupero agevolato e nonostante l’articolo 214, comma 7, “Codice ambientale” stabilisca che quanto non può essere autorizzato in forma semplificata, deve esserlo in forma ordinaria, niente. Dal riciclo continuano ad esitare rifiuti! Il motivo? Tutti aspettano (futuribili) norme tecniche dal Ministero dell’ambiente. Non arriveranno mai e nel frattempo il riciclo resta una parola sempre più spesso priva di significato. Il Ministero dell’Ambiente sta “covando” da mesi una circolare che risolva l’impasse, ma tutto rimane ancora avvolto nel mistero, nonostante si giochi sulla pelle di migliaia di imprese. È questo uno dei fantastici risultati (sic!) del decentramento amministrativo in materia di gestione dei rifiuti e delle ricette miracolistiche volute da una legislazione sempre più criptica e misteriosa. L’Italia (anche) sotto questo profilo non è capace di futuro, quindi, non può permettersi una visione adulta (cioè fatta di responsabilità) delle cose, deve ricompattare le competenze al centro. Diversamente non ci sarà argine all’ inarrestabile alterazione della concorrenza e
alla disparità di trattamento tra imprese che fanno lo stesso lavoro ma hanno la ventura di risiedere in territori diversi della stessa Nazione. Questo perché abbiamo perso la sinestesia, cioè il sentire comune nel quale vive e di cui si nutre una società che ha senso comune.
E così mentre l’economia circolare rivendica a gran voce la sua capacità di cambiare il volto economico dell’Europa, in Italia il tempo diventa inaffidabile perché sembra passato ma non smette di tornare, mentre il futuro che deve arrivare si ferma capricciosamente su opinioni che, altrettanto capricciosamente, diventano verità.
Economia circolare, oggi solo una locuzione, votata al massimo ribasso possibile e forte solo dei messaggi emotivi trasmessi dalle associazioni di volontariato e senza fine di lucro; dove l’insegnamento produttivo e industriale, del lavoro specializzato e della crescita dei territori si perde in un faraonico abbozzo di un romanzo che non c’è. Che certamente avrebbe potuto ma che, per la bassa qualità dello sguardo di questa epoca, non sarà mai scritto.
Paola Ficco
fonte: www.reteambiente.it
Bollettino di informazione normativa“
Tempus fugit! La delibera 27 luglio 1984 che reca anche i criteri per l’assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani sta per compiere 32 anni. Un’età più che adulta. Nel frattempo ci sono stati: 13 decreti legge sui rifiuti (i primi vagiti dei residui riutilizzabili e delle materie prime secondarie); un “Decreto Ronchi”; un “Codice ambientale” con le sue innumerevoli modifiche; decine e decine di decreti e decretini (che, a volte, hanno sfiorato, l’ablativo di argomento); giurisprudenza; leggi regionali; emergenze. Ma la delibera è sempre lì. Immobile e indifferente rispetto al fatto che le norme sostanziali che le sottendevano (tassa e tariffa, aree e rifiuti) cambiavano ad una velocità degna del migliore centometrista.
Nel tempo si è trasformata in una vera e propria patrimoniale che si abbatte sulle imprese con la ferocia di un mastino, incaricato da un sistema difettoso e ormai agonizzante di ripianare i bilanci comunali.
È arrivato il tempo di ripensare a tutto questo e di sottrarre dalla tariffa (anche per la parte fissa) almeno le superfici adibite allo stoccaggio di materie prime, ai magazzini intermedi di produzione, ai magazzini adibiti allo stoccaggio dei prodotti finiti, nonché tutti i rifiuti che l’impresa invia a recupero. Il Dm sulla tariffa puntuale in corso di elaborazione sarebbe un buon banco di prova ma, da quanto si legge, si riaffermano i vecchi principi.
Con le imprese, dunque, l’ambiente non scherza. Basti pensare al Sistri e alla sua grottesca vicenda, oppure
all’economia circolare dove la mano destra non sa cosa fa la sinistra. Per il momento, in moltissime realtà locali (per fortuna non tutte) è un vero e proprio bluff culturale e gestionale.
Mi riferisco a tutte quelle regioni/province che non autorizzano processi di riciclo per farne derivare Mps o End of Waste ma sempre e solo rifiuti. L’inutilità del tutto, è evidente. Nonostante la Commissione Ue sia di diverso avviso, nonostante la Suprema Corte di Cassazione abbia stabilito che il Dm 5 febbraio 1998 si applica solo al recupero agevolato e nonostante l’articolo 214, comma 7, “Codice ambientale” stabilisca che quanto non può essere autorizzato in forma semplificata, deve esserlo in forma ordinaria, niente. Dal riciclo continuano ad esitare rifiuti! Il motivo? Tutti aspettano (futuribili) norme tecniche dal Ministero dell’ambiente. Non arriveranno mai e nel frattempo il riciclo resta una parola sempre più spesso priva di significato. Il Ministero dell’Ambiente sta “covando” da mesi una circolare che risolva l’impasse, ma tutto rimane ancora avvolto nel mistero, nonostante si giochi sulla pelle di migliaia di imprese. È questo uno dei fantastici risultati (sic!) del decentramento amministrativo in materia di gestione dei rifiuti e delle ricette miracolistiche volute da una legislazione sempre più criptica e misteriosa. L’Italia (anche) sotto questo profilo non è capace di futuro, quindi, non può permettersi una visione adulta (cioè fatta di responsabilità) delle cose, deve ricompattare le competenze al centro. Diversamente non ci sarà argine all’ inarrestabile alterazione della concorrenza e
alla disparità di trattamento tra imprese che fanno lo stesso lavoro ma hanno la ventura di risiedere in territori diversi della stessa Nazione. Questo perché abbiamo perso la sinestesia, cioè il sentire comune nel quale vive e di cui si nutre una società che ha senso comune.
E così mentre l’economia circolare rivendica a gran voce la sua capacità di cambiare il volto economico dell’Europa, in Italia il tempo diventa inaffidabile perché sembra passato ma non smette di tornare, mentre il futuro che deve arrivare si ferma capricciosamente su opinioni che, altrettanto capricciosamente, diventano verità.
Economia circolare, oggi solo una locuzione, votata al massimo ribasso possibile e forte solo dei messaggi emotivi trasmessi dalle associazioni di volontariato e senza fine di lucro; dove l’insegnamento produttivo e industriale, del lavoro specializzato e della crescita dei territori si perde in un faraonico abbozzo di un romanzo che non c’è. Che certamente avrebbe potuto ma che, per la bassa qualità dello sguardo di questa epoca, non sarà mai scritto.
Paola Ficco
fonte: www.reteambiente.it
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