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Francia, la corte di Lione conferma: il glifosato va ritirato dal mercato

Il glifosato non rispetta il principio di precauzione e quindi non può essere messo in commerio. A dirlo è la Corte d’appello amministrativa di Lione.



Un prodotto sanitario che non rispetta il principio di precauzione non può essere messo in commercio. È netta la presa di posizione della Corte d’appello amministrativa di Lione che, con una sentenza del 29 giugno, ha ribadito ciò che era già stato deciso nel 2019: il Roundup 360, erbicida a base di glifosato, dev’essere ritirato dal mercato.


Il tribunale amministrativo francese contro Monsanto

Era il mese di marzo del 2017 quando l’Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare, ambientale e della salute sul lavoro (Anses) ha dato il via libera al Roundup Pro 360, senza procedere a una nuova valutazione visto che la composizione era la stessa rispetto a un altro prodotto fitosanitario in commercio, il Typhoon. Così facendo, però, l’Anses avrebbe “commesso un errore di valutazione per quanto riguarda il principio di precauzione”.


Una manifestazione degli apicoltori contro il glifosato a Berlino © Adam Berry/Getty Images

Il prodotto infatti è a base di glifosato, il controverso erbicida sviluppato dalla multinazionale dell’agrochimica e delle sementi Monsanto, ormai di proprietà della casa farmaceutica Bayer. Una sostanza che, secondo gli studi dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) consultati dalla Corte, è “potenzialmente cancerogena per l’uomo”. Da qui la richiesta di ritirare dal mercato il Roundup Pro 360, espressa con la sentenza di primo grado del 2019 e ora ribadita in appello. Per il verdetto definitivo bisognerà attendere che si pronunci il Consiglio di Stato, visto che Bayer e Anses hanno fatto ricorso.

Si discute sul glifosato nell’Unione europea

“Questa importante decisione dovrebbe quindi portare al ritiro di tutte le autorizzazioni per la rivendita di prodotti non preceduti da una valutazione specifica, e più in generale di tutti i prodotti a base di glifosato, visti i numerosi dati scientifici che mostrano gli impatti sulla salute e sull’ambiente di tale erbicida”, sostiene Joel Spiroux de Vendômois, alla guida dello studio legale che sta portando avanti la causa.

L’Unione europea sembra però incamminarsi verso la direzione opposta. Il glifosato infatti è ammesso fino al 15 dicembre 2022 e in questi mesi ha preso il via l’iter necessario per confermare o meno l’autorizzazione. Come primo step, le autorità di quattro paesi membri (tra cui la Francia, oltre a Olanda, Svezia e Ungheria) hanno stilato una dettagliata valutazione da cui emerge che l’erbicida non è cancerogeno, mutageno né tossico per la riproduzione. Ma c’è un però: secondo quanto rivelato dalla stampa internazionale, tale decisione si basa su studi che, per la maggior parte, non rispettano gli standard qualitativi minimi. E non possono quindi essere ritenuti indipendenti né attendibili.

fonte: www.lifegate.it



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Glifosato, Bayer: un accordo da 10 miliardi di dollari per chiudere le cause legali

Glifosato. La multinazionale tedesca Bayer ha raggiunto accordi verbali per risolvere una parte sostanziale delle circa 125.000 cause per cancro per l’uso del diserbante Roundup.



La notizia arriva dall’agenzie giornalistica Bloomberg, parlando di fonti confidenziali e spiegando che sono tra 50.000 e 85.000 gli accordi in questione, che farebbero parte dei 10 miliardi di dollari con cui Bayer prevede di mettere fine a questa battaglia legale, ereditata con l’acquisto di Monsanto.

L’accordo, che per ora è solo verbale e che sarà firmato nelle prossime settimane, è stato da subito considerato rassicurante dal mercato che ha registrato un salto in su del 7,7% (a 62,1 euro) delle azioni Bayer alla Borsa di Francoforte.

Con il patteggiamento, la multinazionale tedesca punta a risolvere le azioni legali che potrebbero portare ulteriori danni economici per la multinazionale.

Sono già 125.000 in totale le cause intentate alla Bayer ed ereditate con l’acquisizione della Monsanto nel 2018.

Quella dei contenziosi che rischiano di finire nelle aule dei tribunali è diventata una priorità per Bayer e per questo l’ad, Werner Baumann, consapevole dei precedenti casi legali finiti male e costati già miliardi di dollari anche a causa del crollo del valore delle azioni della società, ha deciso di destinare 10 miliardi di dollari pur di scrivere la parola fine alla questione.

Si tratta di una scelta vantaggiosa per la Bayer, dal momento che con l’acquisizione della Monsanto non solo ha ‘ereditato’ questi contenziosi ma le sue azioni hanno perso circa un terso del loro valore, bruciando oltre 30 miliardi di dollari.


In particolare, 8 miliardi di dollari andrebbero alle cause già in corso mentre i restanti altri 2 miliardi verrebbero riservati per le richieste future da parte di persone che hanno usato Roundup ma che potrebbero non aver ancora sviluppato il linfoma non Hodgkin.

fonte: https://www.teleambiente.it

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FSC, aperta consultazione sugli indicatori per l’uso di pesticidi altamente pericolosi

L’organizzazione ha aperto una consultazione pubblica sugli indicatori generici internazionali per l’uso di pesticidi altamente pericolosi. I contributi serviranno alla modifica della prima bozza dello standard FSC-STD-60-004a FSC



















Per mezzo di una relazione compilata e diffusa nei giorni scorsi, la Corte dei Conti europea ha evidenziato limiti, lacune e mancanze circa l’azione intrapresa dagli Stati membri per la regolamentazione dell’uso di pesticidi altamente pericolosi e prodotti fitosanitari. Il testo evidenziava in particolare la necessità di maggiori controlli e migliori indicatori di rischio comuni a tutta l’Unione. 
Un passo importante in tal senso è stato mosso da FSC, organizzazione internazionale non governativa nata per promuovere la gestione responsabile di foreste e piantagioni. L’organizzazione punta nel dettaglio all’implementazione della nuova Politica FSC sui pesticidi attraverso una consultazione pubblica sulla prima bozza dello standard “FSC-STD-60-004a FSC sugli indicatori generici internazionali per l’uso di pesticidi altamente pericolosi”. 

Approvata dal Comitato Esecutivo di FSC International a marzo 2019 ed entrata in vigore nell’agosto dello stesso anno, la nuova politica fornisce un elenco dei pesticidi altamente pericolosi e classificati in tre distinte categorie di rischio: pesticidi proibiti da FSC, pesticidi il cui uso è fortemente limitato e pesticidi il cui uso è limitato. I pesticidi proibiti da FSC non possono essere mai utilizzati se non in caso di emergenza, mentre quelli altamente pericolosi il cui uso è fortemente limitato o limitato possono essere utilizzati solo in base a diversi criteri. La valutazione dev’essere ovviamente proporzionata alla scala, all’intensità e al rischio delle attività di gestione (“Variabili di Esposizione”). 
Poiché la Valutazione del Rischio permette di selezionare l’opzione di controllo meno impattante dal punto di vista ambientale e sociale, si rende anche in questo caso necessario lo sviluppo di nuovi indicatori generici internazionali. Tali indicatori sono formulati da un gruppo di lavoro, composto da membri del gruppo di lavoro sulla Politica sui Pesticidi (cominciato nel 2016) ed esperti tecnici nel campo dei pesticidi, in particolare negli audit, nello sviluppo dello standard e nella gestione forestale.
La consultazione pubblica – spiega FSC incoraggiando tutti i portatori d’interesse a collaborare per fornire le proprie impressioni – serve per raccogliere input fondamentali alla modifica della bozza. Lo si potrà fare fino al 20 aprile accedendo alla sezione dedicata sul sito internet. 
FSC International ha inoltre annunciato l’avvio di uno studio per lo sviluppo di ulteriori indicatori generici internazionali applicabili per l’utilizzo di pesticidi chimici, che saranno poi adattati al contesto nazionale di riferimento e inclusi nello Standard Nazionale di Gestione Forestale FSC. Una volta sviluppati i nuovi indicatori – chiarisce l’associazione – FSC Italia provvederà a informare le aziende certificate per adeguare il proprio sistema di gestione integrata degli agenti patogeni.

fonte: www.rinnovabili.it

Coop dice no al glifosato: un passo avanti a difesa dell’ambiente. La cooperativa mette al bando quattro pesticidi controversi da frutta e verdura


















Continuando nel suo impegno per un’agricoltura meno inquinante, Coop ha da poco avviato l’eliminazione dalla filiera ortofrutticola di quattro pesticidi da tempo sotto attacco per i possibili effetti sulla salute e il loro impatto ambientale, nella lista compare il glifosato. Obiettivo del progetto, che coinvolge oltre 7 mila aziende agricole, è arrivare entro tre anni all’eliminazione completa di questi pesticidi. Già da maggio però sono disponibili nei punti vendita, nonostante le difficoltà dovute al clima, le ciliegie coltivate senza l’uso dei prodotti incriminati (oltre al glifosato, sono in via di eliminazione terbutilazina, S-metolaclor e bentazone). Presto saranno disponibili altri prodotti, tra cui meloni, uva e clementine. Nei successivi tre anni queste pratiche agronomiche dovrebbero essere allargate a tutti i prodotti ortofrutticoli a marchio Coop.
Si tratta di un segnale importante da parte di un’azienda attenta all’ambiente, visto che il nostro è tra i primi paesi in Europa per il consumo di pesticidi per ettaro coltivato, con conseguenze pesanti soprattutto per quanto riguarda la contaminazione delle acque superficiali e sotterranee.“Il prodotto a marchio Coop – si legge in una nota  diffusa dall’azienda – vanta da tempo un ridotto contenuto di pesticidi, inferiore del 70% rispetto al residuo ammesso dalle leggi”.
La lotta al glifosato, in particolare, è da tempo un simbolo dell’impegno per un’agricoltura più sicura. Stiamo parlando dell’erbicida più diffuso al mondo, che rappresenta da solo circa il 70% del consumo totale di pesticidi: sintetizzato negli anni ’50 e commercializzato dalla Monsanto negli anni ’70 con il nome Roundup, dal 2001 è in libera vendita, essendo scaduto il brevetto. Il glifosato agisce bloccando l’azione di un enzima essenziale per il metabolismo delle piante, un processo diverso da quello presente negli animali, il che ha indotto a considerarlo scarsamente tossico per l’uomo, anche se questa sicurezza è stata smentita da numerose ricerche e la questione rimane controversa. Nel 2015 il glifosato è stato classificato come probabile cancerogeno per l’uomo dallo IARC, l’Agenzia europea di ricerca sul cancro, mentre altre due agenzie internazionali (il gruppo FAO/OMS sui pesticidi e l’Agenzia europea per le sostanze chimiche, l’ECHA, si sono successivamente espresse per la non cancerogenicità della sostanza. Secondo l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (AIRC), “il caso del glifosato rappresenta, al momento attuale, un buon esempio di sospetta cancerogenicità non sufficientemente dimostrata, nei confronti della quale le istituzioni hanno deciso di mettere in atto il principio di precauzione: non vietarne del tutto l’uso (mossa che potrebbe avere effetti negativi sulla produzione agricola) ma istituire limiti e controlli nell’attesa di ulteriori studi.”
Dalla ricerca però continuano ad arrivare segnali di allarme: vari studi collegano il glifosato alla moria di api che sta destando crescente preoccupazione a livello internazionale, mentre una recente ricerca sui ratti pubblicata sulla rivista Nature mostra che questa sostanza  interferisce a livello genetico con il sistema riproduttivo causando pesanti mutazioni transgenerazionali.
pesticidi
Coop ha deciso di bandire quattro pesticidi dalle filiere produttive ortofrutticole, compreso il glifosato
Anche per gli altri pesticidi eliminati non ci sono notizie rassicuranti: la terbutilazina è un erbicida selettivo simile all’atrazina (oggi vietata) che è stato classificato come sostanza pericolosa per l’uomo e per l’ambiente dall’Agenzia europea per le sostanze chimiche, mentre alcune ricerche segnalano che il bentazone potrebbe causare sterilità.
Per eliminare questi pesticidi garantendo la produttività,  si punta sull’agricoltura di precisione promuovendo tecnologie che permettano di risparmiare acqua, energia e tempo. Le principali alternative al glifosato sono interventi meccanici o pellicole biodegradabili per liberare il terreno dalle infestanti, l’utilizzo di erbicidi alternativi da verificare nel tempo (molecole che secondo i dati ISPRA non si ritrovano nelle acque superficiali e profonde come isoxaben, oryzalin, cycloxyim, propaquizafop), e una sperimentazione di nuove tecniche come l’elettro-diserbo”. A queste iniziative si aggiungono altre strategie come la lotta integrata.
A medio/ lungo termine, intanto, la sorte del glifosato sembra segnata: in alcuni paesi come Germania e Austria si sta parlando di proibirlo secondo notizie recenti la Bayer, che ha acquisito la Monsanto, ha recentemente stanziato 10 miliardi di euro per lo sviluppo di diserbanti alternativi.
fonte: www.ilfattoalimentare.it

La morte che semina Monsanto

«L’abbassamento riflette la nostra previsione che i numeri del credito di Bayer saranno più deboli nei prossimi due anni per la forte crescita nel livello del debito (più di 30 miliardi di dollari) dopo il closing dell’acquisizione da 63 miliardi di dollari di Monsanto”, spiegava nel giugno scorso l’agenzia di rating Standard & Poors, (fonte Il Sole 24 ore). Trenta miliardi di dollari, almeno. Malgrado la cancellazione del marchio Monsanto al momento della fusione con Bayer, la causa del crollo finanziario – che ha poi condotto in novembre il colosso farmaceutico tedesco ad annunciare il taglio del 10% della sua forza lavoro – sono gli ormai più di 13 mila procedimenti legali legati all’utilizzo dell’erbicida assassino, il glifosato, in agricoltura. L’ultima sentenza condanna la multinazionale a pagare 2 miliardi di dollari. Ne arriveranno molte altre. La Bayer-Monsanto è accusata di aver provocato il cancro conoscendo i pericoli cui andavano incontro i consumatori dei suoi prodotti. Silvia Ribeiro ricostruisce il quadro della vicenda sulla base delle inchieste e delle prove emerse: dalla corruzione di scienziati e giornalisti alle protezioni “a prescindere” della Casa Bianca. Ma in Europa e in Italia per produrre quello che arriva sulle nostre tavole si continua a usare il glifosato? Sì, un decreto ministeriale del 2016 del governo italiano chiarisce che per ora il divieto per uso agricolo è limitato al terreni costituiti da sabbia e vale solo prima di trebbiare. Il resto è liberissimo di farci ammalare. Fino a quando?



Sono già più di 13 mila le cause legali iniziate contro la Monsanto (adesso proprietà della Bayer) per aver causato il cancro ai querelanti o ai loro familiari con l’utilizzo dell’erbicida glifosato, sapendo dei pericoli che implicava e senza informare dei rischi le persone esposte. Sono, per la maggioranza, persone che hanno utilizzato l’agrotossico sia nel loro lavoro agricolo, che nel giardinaggio o nei parchi. Nel 2015, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato che il glifosato è cancerogeno per gli animali e probabile cancerogeno sugli umani.

Il primo processo vinto da una vittima, nell’agosto del 2018, è stato quello di D. Lee Johnsson, un giardiniere che per due anni ha utilizzato il glifosato in una scuola, a seguito del quale ha contratto il crancro linfoma no-Hodgkin. Un giudice di San Francisco ha condannato la Monsanto-Bayer a pagare 289 milioni di dollari in prima istanza, ma dopo che Bayer è ricorsa in appello, sono stati concordati 78 milioni. In un altro processo, nel marzo 2019, è stato sentenziato che la Monsanto-Bayer deve pagare 80 milioni di dollari a Edwin Hardeman per essere responsabile della sua malattia. In Oakland, si sta per concludere un terzo processo simile, avviato dai coniugi Pilliod contro la Monsanto. Hanno 70 anni ed entrambi soffrono di cancro. Ci si aspetta che ci sia nuovamente una sentenza multimilionaria a favore delle vittime (La sentenza è poi arrivata: condanna al pagamento di 2 miliardi di dollari, ndt).

Nel frattempo, in Europa, la Monsanto ha perso per la terza volta, nell’aprile 2019, il processo avviato dall’agricoltore francese Paul François, che soffre di danni neurologici a seguito dell’utilizzo dell’erbicida Lasso, con un altro componente agro-tossico.

Bayer, che ha concluso l’acquisizione della Monsanto nel 2018, ha perso finora più di 30 miliardi di dollari per la diminuzione del valore delle sue azioni, a causa dell’impatto negativo delle sentenze nei processi sul glifosato. Il 26 aprile 2019, il 55 per cento degli azionisti di Bayer, ha votato contro le strategie del management, capeggiato da Werner Baumann, che ha difeso l’acquisto della Monsanto.

Il glifosato, creato dalla Monsanto nel 1974, è uno degli erbicidi più usati al mondo. Si vende con molte marche, Faena, Rival, RoundUp, Ranger e altre. Le quantità applicate sono aumentate in modo esponenziale con la diffusione delle coltivazioni transgeniche resistenti agli erbicidi.L’aumento del suo uso ha prodotto resistenza in più di 25 tipi di erbe infestanti, creando un circolo vizioso in cui si applica sempre più glifosato. Sono state trovate quantità elevate di residui di glifosato negli alimenti, nelle fonti di acqua e nei test di urina, sangue e latte materno in diversi paesi e continenti, fondamentalmente nei maggiori produttori di transgenici.

In tutti i casi dei processi menzionati, i giudici si sono espressi a favore delle vittime perché hanno scoperto che la Monsanto sapeva dei rischi e non lo ha spiegato nelle etichette né nella strategia di vendita dei prodotti. Il punto è centrale, poiché l’argomento della Monsanto è che le agenzie di regolamentazione, come l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente (EPA nel suo acronimo in inglese), definiscono il glifosato come un erbicida a basso rischio.

Tuttavia, nel corso dei processi, la Monsanto ha dovuto fornire dei documenti interni che provano che fin dall’inizio aveva propri studi che dimostravano il potenziale cancerogeno del glifosato e che malgrado ciò, per decenni si è dedicata a scrivere articoli che brillavano come se fossero scientifici, negando la tossicità del glifosato. Poi concordava con diversi autori, presunti scienziati, affinché li pubblicassero a loro nome senza menzionare la Monsanto.

Diversi di questi articoli sono stati elencati dall’EPA per determinare che il glifosato era quasi innocuo per la salute. L’organizzazione US Right To Know ha pubblicato sul suo sito dedicato ai processi contro la Monsanto, documenti declassificati fino al 2019, con prove e nomi di diversi autori e articoli falsificati.



In un recente articolo su The Guardian, Nathan Donley e Carey Gillam denunciano che la Monsanto non ha mai realizzato studi epidemiologici sull’uso del glifosato per vedere il suo potenziale cancerogeno ma ha invece destinato enormi somme di denaro (fino a 17 milioni di dollari in un anno) per fare campagne propagandistiche, pagare articoli di opinione di giornalisti di parte e agire come ghostwriter di articoli scientifici che affermano che il glifosato è innocuo o non comporta grandi rischi. Tutto questo è aumentato dopo la dichiarazione dell’OMS nel 2015.

Donley e Gillam rendono note anche le e-mail della Monsanto con il consulente di “strategia e intelligence politica” Hakluyt, nel luglio 2018, che rivelano che la Casa Bianca afferma che “proteggerà la Monsanto” in qualsiasi caso e, nonostante gli studi che dimostrano la tossicità, non voteranno nuove norme.

Le prove per cui si deve proibire il glifosato, sono schiaccianti. Diverse città statunitensi e alcune latinoamericane lo hanno già stabilito. Il problema non investe solamente questo agrotossico e non riguarda solo Monsanto-Bayer. Tutte le multinazionali dell’agrobusiness utilizzano strategie simili per vendere veleno a scapito della salute e dell’ambiente. Occorre avanzare nell’eliminazione di tutti gli agrotossici.

Articolo pubblicato su La Jornada con il titolo El veneno que nos legó Monsanto.

fonte: Comune-info.net

Glifosato. La storia di Martin, studente che mangia bio ed è comunque contaminato

Martin, studente francese, ha un tasso di glifosato nelle urine 31 volte superiore al massimo consentito. Eppure è attento a ciò che mangia.

















“Ero sicuro che le analisi delle mie urine avrebbero evidenziato la presenza di glifosato, ma non mi aspettavo di certo che i livelli fossero questi”. A parlare è Martin, 26 anni, originario di Tolosa, in Francia, e studente di sociologia dell’ambiente. Come molti altri militanti ecologisti transalpini, negli ultimi mesi si è sottoposto a controlli per identificare la presenza del pesticida – considerato “probabilmente cancerogeno” dall’Organizzazione mondiale della sanità nel luglio del 2015.

In 44 sporgono denuncia contro il glifosato

Ciò che sorprende è che nel suo caso il livello è 31 volte più alto rispetto ai limiti autorizzati. Nonostante sia vegetariano. E nonostante, come molti altri militanti, faccia particolare attenzione a ciò che mangia: “Cerco di privilegiare al massimo i cibi biologici, nonostante le difficoltà che incontrano gli studenti. Avevo l’impressione di fare sufficientemente attenzione…”, ha aggiunto il ragazzo, secondo quanto riportato dalla stampa francese.
glifosato francia
Un tribunale francese ha ritirato l’autorizzazione alla commercializzazione del Roundup Pro 360, a base di glifosato © Remy Gabalda/Afp/Getty Images
Assieme a lui, a sottoporsi alle analisi – in presenza di un ufficiale giudiziario – sono state 44 persone. Che hanno depositato una nuova denuncia per “attentato alla vita altrui”, per “truffa aggravata” e per “compromissione dell’ambiente”. Il tutto nel quadro della campagna “Ho trovato del glifosato nelle mie urine. E tu?”.
Già nello scorso mese di settembre, 60 cittadini dell’Ariège – dipartimento francese della regione Occitania, situato al confine con la Spagna – hanno deciso di depositare un esposto presso il tribunale. Nel loro caso si sono ritrovati con in media 1,43 nanogrammi per millilitro nei campioni prelevati, il che rappresenta 14 volte la dose massima autorizzata nell’acqua potabile.

A gennaio un tribunale di Lione ha messo in discussione il prodotto

L’obiettivo è esercitare pressione affinché l’uso del glifosato – sostanza alla base del prodotto Roundup della Bayer (ex Monsanto) – venga vietato in ragione di un principio di precauzione. Intanto, il 15 gennaio, il tribunale amministrativo francese di Lione ha deciso di annullare l’autorizzazione alla commercializzazione del Roundup Pro 360.
giudici hanno ritenuto che l’Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare, ambientale e del lavoro (Anses) abbia “commesso un errore di valutazione in materia di principio di precauzione”. Ciò nel marzo del 2017, quando concesse il proprio via libera all’uso del prodotto. Si tratta, tuttavia, ancora soltanto di una sentenza di primo grado.
fonte: www.lifegate.it

Fiorella Belpoggi. 5 anni bastano per provare che il glifosato è cancerogeno

Il glifosato è stato autorizzato fino al 2022, ora è tempo di accelerare sulla ricerca scientifica per provare quanto sia dannoso per la salute umana e della Terra. L'intervista a Fiorella Belpoggi dell'istituto Ramazzini di Bologna.













Dopo la decisione di rinnovare per altri cinque anni l’autorizzazione all’utilizzo dell’erbicida glifosato sul territorio europeo, abbiamo raggiunto Fiorella Belpoggi, dottoressa che da 40 anni lavora nel mondo della ricerca scientifica e ora è alla guida del centro di ricerca sul cancro “Cesare Maltoni” che fa capo all’istituto Ramazzini di Bologna.

fiorella belpoggi

La dottoressa Fiorella Belpoggi dell’Istituto Ramazzini di Bologna


Prima della votazione del Comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi (Paff), Belpoggi ha deciso di anticipare i risultati di uno studio pilota perché così le diceva la sua coscienza. Perché era giusto che il ministro italiano dell’Agricoltura Maurizio Martina “sapesse” l’importanza del momento visto che un’esposizione di soli tre mesi al glifosato è già “in grado di alterare alcuni parametri biologici di rilievo che riguardano soprattutto marker correlati allo sviluppo sessuale, alla genotossicità e all’alterazione della flora batterica intestinale”. Questo è il parere di una persona, non solo consapevole, ma anche scevra da pregiudizi.
Anzitutto, ci piacerebbe sapere cosa pensa della decisione di rinnovare l’autorizzazione all’utilizzo del glifosato per 5 anni, rispetto ai 10 proposti inizialmente dalla Commissione. È soddisfatta?
Soddisfatta è una parola grossa. Diciamo che cinque anni potrebbero essere sufficienti sia per restringere l’uso del glifosato e dei suoi formulati, in osservanza del principio di precauzione, che a cercare di cambiare il sistema che regola le autorizzazioni dei pesticidi in Europa. Inoltre, la nostra volontà sarebbe quella di produrre, attraverso una nuova ricerca scientifica a lungo termine, dati più solidi e significativi, che permettano una valutazione più certa del composto. Fra cinque anni non vorremmo ritrovarci al punto di partenza, cioè nell’incertezza e nell’impossibilità di bandire il composto per la carenza di dati adeguati.



Per il phase out totale pensa siano sufficienti cinque anni? Già si parla di due anni extra da considerare per lo smaltimento delle scorte nel caso in cui il glifosato venisse vietato davvero in Europa nel 2022…
Si, penso che cinque anni non solo possano, ma debbano essere sufficienti per caratterizzare in maniera definitiva il rischio correlato al glifosato, ma anche per rivedere le regole che governano la quantificazione del rischio in Europa, a partire dalle linee guida sugli interferenti endocrini. Oltre che prevedere la possibilità che gli studi, per dimostrare la sicurezza di un nuovo prodotto, non vengano finanziati dall’industria, ma coordinati e vigilati da un ente terzo, come l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, che li affidi a istituzioni scientifiche indipendenti.
Perché ha scelto di diffondere alcuni risultati dello studio pilota che ha condotto l’istituto Ramazzini prima della pubblicazione ufficiale della ricerca? In che modo pensa che questa scelta abbia influito sul voto dell’Italia?
Devo essere sincera. Visto che la dose studiata è stata quella ritenuta sicura per i cittadini statunitensi, sono rimasta sorpresa quando ho ricevuto i nostri dati, elaborati dall’Università di Bologna, che presentavano differenze significative in alcuni parametri specifici degli animali trattati rispetto a quelli di controllo.
Lo studio “pilota”, propedeutico allo studio a lungo termine, è stato finalizzato all’ottenimento di informazioni generali relative alla possibile tossicità del glifosato e del formulato Roundup (prodotto dalla Monsanto, ndr) in diversi periodi della vita: neonatale, infanzia e adolescenza. E soprattutto a identificare possibili marcatori biologici espositivi. Come detto, glifosato e Roundup sono stati testati entrambi a una sola dose, corrispondente alla dose giornaliera ammessa di glifosato attualmente consentita negli Stati Uniti (acceptable daily intake) pari a 1,75 mg/kg/bw.
Alla luce dei risultati ottenuti, possiamo anticipare che il glifosato ed il Roundup, anche a dosi ritenute sicure e per un periodo espositivo relativamente breve – corrispondente all’incirca ad uno studio di tossicità a 90 giorni, cioè, in termini di età equivalente nell’uomo, dalla vita embrionale ai 18 anni di età – sono in grado di alterare alcuni parametri biologici di rilievo che riguardano soprattutto marcatori correlati allo sviluppo sessuale, alla genotossicità e all’alterazione della flora batterica intestinale.


glifosato in italia

Filari di un vigneto in provincia di Verona © Massimo Colombo
Lo studio di altri parametri importanti, come la trascrittomica per la ghiandola mammaria, rene e fegato, così come lo studio dell’assetto ormonale nel sangue e le alterazioni cromosomiche dello sperma, sono ancora in corso. Lo studio “pilota”, proprio per le sue caratteristiche e finalità, non chiarisce le incertezze relative alla cancerogenicità del glifosato sollevate dalle diverse agenzie, ma sicuramente mette in evidenza effetti sulla salute altrettanto gravi, che potrebbero manifestarsi anche con patologie oncologiche a lungo termine e che, considerando anche la diffusione planetaria di questo erbicida, potrebbero affliggere un numero enorme di persone. Per questa ragione abbiamo sentito la responsabilità di comunicare i nostri dati (che peraltro sono già stati sottoposti alla richiesta di pubblicazione) sia al nostro ministro dell’Agricoltura che ai mezzi d’informazione in diversi convegni pubblici, oltre che ai cittadini. Non so quanto i nostri dati possano aver influenzato la decisione a livello europeo, certo è che per la credibilità e responsabilità sociale dimostrata in 40 anni di attività, i nostri dati non passano inosservati.
Come verrà condotto lo studio globale e cosa necessita per partire, ad esempio in termini di finanziamenti e di coordinamento con altri partner scientifici internazionali?
Lo studio integrato e globale sul glifosato necessita prima di tutto di fondi che l’istituto Ramazzini conta di raccogliere tramite una campagna mondiale di crowdfounding. In termini di collaborazioni, avendo necessità di studiare molti aspetti della tossicità del glifosato (microbioma, interferenza endocrina, neurotossicità) avremo a disposizione una solida rete di collaborazioni scientifiche, sia nazionali che internazionali. Il coordinamento generale sarà affidato all’istituto Ramazzini.

Pensa che la campagna internazionale che si batte per lo stop al glifosato potrà aprire la guerra su più fronti contro il cocktail di pesticidi (e quindi per un’agricoltura sostenibile) che molto spesso ha effetti ancor più gravi sulla salute pubblica, come documentato in Argentina?
La consapevolezza scientifica che sia necessario studiare non solo i principi attivi ma anche, e soprattutto, i formulati commerciali dei diversi composti, è ormai consolidata e il problema è prioritario. Per arrivare a una valutazione efficace del rischio, l’unico modo è studiare quello che è presente nell’ambiente generale, ovvero cocktail di composti chimici – spesso – a basse dosi. Credo che il nostro studio pilota, così come la campagna di crowdfunding per lo studio integrato, possano costituire solide basi per una migliore analisi del rischio; va tenuto conto per esempio che nel nostro studio, a parità di dose, il glifosato ha avuto effetti statisticamente significativi soprattutto nella miscela di Roundup.
Quanto glifosato viene usato in Italia? Il fatto di non coltivare sementi ogm in qualche modo ci protegge dagli effetti peggiori?
È uno degli erbicidi più utilizzati a livello mondiale. Negli Stati Uniti è presente in oltre 750 prodotti dedicati alle coltivazioni intensive, in particolare quelle ogm che ne hanno incorporato la resistenza, agli orti e al giardinaggio. Nel 2013 la produzione mondiale di glifosato ha raggiunto circa 700mila tonnellate e il trend purtroppo nei prossimi anni è destinato a crescere e si stima che entro il 2020 la richiesta raggiunga un milione di tonnellate. In Italia il glifosato viene usato in molte coltivazioni (non ogm) come erbicida totale non selettivo, fitotossico cioè per tutte le piante.
È bene ricordare comunque che non tutte le sementi impiegate in Italia per la produzione degli alimenti commerciali sono di provenienze italiana. Una cospicua fetta arriva dal mercato estero che ha normative e limiti di legge diverse dai nostri. Dal rapporto 2016 dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale è emerso come le acque superficiali e sotterranee siano inquinate dall’acido aminometilfosfonico, principale metabolita e molto simile nella struttura chimica al glifosato, aumentando così le possibili fonti a cui l’uomo potrebbe essere esposto.
Cosa può fare una persona per proteggersi dall’esposizione al glifosato?
Il glifosato viene usato ovunque in agricoltura, ma anche nell’ambiente generale: nei parchi, nei giardini, sulle ferrovie. Questo nonostante l’Italia sia uno dei primi paesi europei ad aver regolato e limitato l’uso. La scelta di prodotti non trattati con pesticidi può abbassare i rischi, ma non li può eliminare completamente visto che i fiumi e le acque irrigue contengono residui di glifosato e di tanti altri pesticidi.
Eliminare il rischio di imbattersi nel glifosato è impossibile e ci vorranno decenni per liberarcene anche nel caso venisse bandito proprio perché il glifosato può essere presente negli alimenti d’importazione, come quelli che arrivano dal Canada che contengono grano duro fortemente contaminato durante il processo di essiccazione che viene eseguito in modo artificiale con il glifosato.
fonte: www.lifegate.it

Il rinnovo al glifosato lo ha deciso un Ministro tedesco















Se il glifosato è nuovamente al sicuro da ogni divieto, autorizzato in Europa per altri cinque anni, è per iniziativa personale del Ministro dell’Agricoltura tedesco. Sconfessando la posizione del governo, che puntava sull’astensione, Christian Schmidt ha lasciato di stucco Angela Merkel, del suo stesso partito. La decisione unilaterale del Ministro, che ha dato indicazione agli esperti tedeschi di votare a favore, ha mostrato tutta la debolezza della cancelliera in questa fase e spaccato il governo. Mentre infatti tenta di costruire faticosamente una nuova alleanza dopo le elezioni di settembre, Merkel vede allargarsi la frattura con i socialdemocratici che attualmente reggono l’esecutivo. Il Ministro dell’Ambiente, Barbara Hendricks, viene dall’altro schieramento ed è su tutte le furie per il colpo di testa del suo omologo con delega all’agricoltura.
Schmidt ha giustificato il suo voto, sostenendo che la Commissione Europea avrebbe avuto l’ultima parola sulla questione e avrebbe «in ogni caso votato a favore del rinnovo». Ma un conto è addossare la colpa a Bruxelles, un altro è mostrare la volontà esplicita degli stati membri – e in particolare della Germania – di estendere l’uso di un diserbante sospettato di essere cancerogeno.

 

Le associazioni ambientaliste chiedono le dimissioni di Schmidt, poiché ha violato la fiducia del governo contravvenendo alla posizione sempre assunta in precedenza. Anche Angela Merkel si è dissociata, dicendo in una conferenza stampa che il voto favorevole del Ministro «non corrispondeva alla posizione concordata dal governo».
glifosatoDi certo, però, questa inversione a U sembra favorire Monsanto, che preferiva un rinnovo dell’autorizzazione al glifosato prima della formazione di un nuovo governo in Germania. La partita dell’azienda, dunque, è vinta su tutta la linea. Perfino la potente cancelliera tedesca ha dovuto subire lo schiaffo, che fra l’altro pesa e non poco nei colloqui che con difficoltà sta cercando di portare avanti con i socialdemocratici dopo il tramonto della coalizione con le destre e i Verdi. Questi ultimi possono permettersi ora di picchiare duro, come dimostra la dichiarazione del presidente del gruppo parlamentare, Anton Hofreiter: «La decisione di ieri non è stata solo un affronto a milioni di persone, ma anche al più importante partner europeo della Germania: il presidente francese Emmanuel Macron».

fonte: www.rinnovabili.it

Il Parlamento UE chiede lo stop al glifosato entro 5 anni

Passa una risoluzione dal forte valore politico, che costringe la Commissione Europea a cambiare la sua proposta: rinnovare il glifosato non più per 10, ma per 5-7 anni

















Come risponderanno i governi europei? Francia e Italia hanno già annunciato che voteranno contro la riautorizzazione per 10 anni proposta dalla Commissione Europea, ma potrebbero rivedere i loro piani. La Germania è probabile che si asterrà, perché il partito di Angela Merkel vuole salvare il tentativo di alleanza con i Verdi. Con questi equilibri, si profila l’assenza di una maggioranza qualificata nel comitato fitosanitario permanente, il gruppo di esperti nominati dagli stati membri che domani dovrà decidere sul piano di Bruxelles. Rimane aperta dunque la possibilità che nessuna decisione venga presa domani, e che tutto venga nuovamente rinviato di qualche settimana per ragionare a bocce ferme sul da farsi.






In cinque anni, il glifosato dovrebbe sparire dall’agricoltura europea. Lo ha chiesto la maggioranza degli eurodeputati, riuniti nella plenaria di Strasburgo. Con 355 voti favorevoli, 204 contrari e 111 astensioni, il Parlamento UE ha approvato una risoluzione che chiede la messa al bando entro il 2022 del diserbante sospettato di effetti cancerogeni. Il testo aggiunge due anni alle tempistiche originariamente indicate dal documento passato in commissione Ambiente (ENVI) la scorsa settimana. Vengono inoltre caldeggiate alcuni divieti già dal dicembre 2017: l’uso di glifosato da parte di agricoltori non professionisti, i trattamenti nei pressi di scuole, parchi pubblici, parchi giochi o giardini, l’uso come essiccante prima della raccolta (pre-harvest), l’uso agricolo dove i sistemi integrati di gestione dei parassiti sono sufficienti per la gestione delle erbacce.
La risoluzione non ha alcun valore vincolante, ma rappresenta un potente segnale politico ai governi degli stati membri, chiamati a dare un parere entro domani sulla proposta originaria della Commissione Europea, che prevedeva il rinnovo dell’autorizzazione al glifosato per 10 anni. Il voto del Parlamento Europeo non può essere completamente ignorato, e la nuova autorizzazione, se ci sarà, dovrà coprire un periodo più breve. Forse è per questo che la Commissione ha deciso di presentare già oggi, subito dopo il voto a Strasburgo, una nuova proposta di rinnovo per 5-7 anni.

Le lobby dei pesticidi hanno inviato una lettera a tutti i parlamentari europei, sollecitando un voto “non basato sulle emotività”, ottenendo due anni di sconto sul piano originario di phase out del glifosato. La proposta della Commissione potrebbe aggiungerne altri due, avvicinandosi ai 10 anni originariamente dichiarati. Sullo sfondo, e neppure tanto, rimangono gli scandali dell’Agenzia europea per la sicurezza alimentare, rea di aver copiato passaggi chiave della sua valutazione da un testo scritto dalla Monsanto, le class action contro la multinazionale accusata di aver causato malattie mortali agli agricoltori USA, una petizione da 1,4 milioni di firme che chiede di fermare il glifosato e tutta la lunga storia dei Monsanto Papers. Ingredienti per un mix esplosivo, che sta alle istituzioni europee non far detonare.

fonte: www.rinnovabili.it