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Francia, la corte di Lione conferma: il glifosato va ritirato dal mercato

Il glifosato non rispetta il principio di precauzione e quindi non può essere messo in commerio. A dirlo è la Corte d’appello amministrativa di Lione.



Un prodotto sanitario che non rispetta il principio di precauzione non può essere messo in commercio. È netta la presa di posizione della Corte d’appello amministrativa di Lione che, con una sentenza del 29 giugno, ha ribadito ciò che era già stato deciso nel 2019: il Roundup 360, erbicida a base di glifosato, dev’essere ritirato dal mercato.


Il tribunale amministrativo francese contro Monsanto

Era il mese di marzo del 2017 quando l’Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare, ambientale e della salute sul lavoro (Anses) ha dato il via libera al Roundup Pro 360, senza procedere a una nuova valutazione visto che la composizione era la stessa rispetto a un altro prodotto fitosanitario in commercio, il Typhoon. Così facendo, però, l’Anses avrebbe “commesso un errore di valutazione per quanto riguarda il principio di precauzione”.


Una manifestazione degli apicoltori contro il glifosato a Berlino © Adam Berry/Getty Images

Il prodotto infatti è a base di glifosato, il controverso erbicida sviluppato dalla multinazionale dell’agrochimica e delle sementi Monsanto, ormai di proprietà della casa farmaceutica Bayer. Una sostanza che, secondo gli studi dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) consultati dalla Corte, è “potenzialmente cancerogena per l’uomo”. Da qui la richiesta di ritirare dal mercato il Roundup Pro 360, espressa con la sentenza di primo grado del 2019 e ora ribadita in appello. Per il verdetto definitivo bisognerà attendere che si pronunci il Consiglio di Stato, visto che Bayer e Anses hanno fatto ricorso.

Si discute sul glifosato nell’Unione europea

“Questa importante decisione dovrebbe quindi portare al ritiro di tutte le autorizzazioni per la rivendita di prodotti non preceduti da una valutazione specifica, e più in generale di tutti i prodotti a base di glifosato, visti i numerosi dati scientifici che mostrano gli impatti sulla salute e sull’ambiente di tale erbicida”, sostiene Joel Spiroux de Vendômois, alla guida dello studio legale che sta portando avanti la causa.

L’Unione europea sembra però incamminarsi verso la direzione opposta. Il glifosato infatti è ammesso fino al 15 dicembre 2022 e in questi mesi ha preso il via l’iter necessario per confermare o meno l’autorizzazione. Come primo step, le autorità di quattro paesi membri (tra cui la Francia, oltre a Olanda, Svezia e Ungheria) hanno stilato una dettagliata valutazione da cui emerge che l’erbicida non è cancerogeno, mutageno né tossico per la riproduzione. Ma c’è un però: secondo quanto rivelato dalla stampa internazionale, tale decisione si basa su studi che, per la maggior parte, non rispettano gli standard qualitativi minimi. E non possono quindi essere ritenuti indipendenti né attendibili.

fonte: www.lifegate.it



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Glifosato, Bayer: un accordo da 10 miliardi di dollari per chiudere le cause legali

Glifosato. La multinazionale tedesca Bayer ha raggiunto accordi verbali per risolvere una parte sostanziale delle circa 125.000 cause per cancro per l’uso del diserbante Roundup.



La notizia arriva dall’agenzie giornalistica Bloomberg, parlando di fonti confidenziali e spiegando che sono tra 50.000 e 85.000 gli accordi in questione, che farebbero parte dei 10 miliardi di dollari con cui Bayer prevede di mettere fine a questa battaglia legale, ereditata con l’acquisto di Monsanto.

L’accordo, che per ora è solo verbale e che sarà firmato nelle prossime settimane, è stato da subito considerato rassicurante dal mercato che ha registrato un salto in su del 7,7% (a 62,1 euro) delle azioni Bayer alla Borsa di Francoforte.

Con il patteggiamento, la multinazionale tedesca punta a risolvere le azioni legali che potrebbero portare ulteriori danni economici per la multinazionale.

Sono già 125.000 in totale le cause intentate alla Bayer ed ereditate con l’acquisizione della Monsanto nel 2018.

Quella dei contenziosi che rischiano di finire nelle aule dei tribunali è diventata una priorità per Bayer e per questo l’ad, Werner Baumann, consapevole dei precedenti casi legali finiti male e costati già miliardi di dollari anche a causa del crollo del valore delle azioni della società, ha deciso di destinare 10 miliardi di dollari pur di scrivere la parola fine alla questione.

Si tratta di una scelta vantaggiosa per la Bayer, dal momento che con l’acquisizione della Monsanto non solo ha ‘ereditato’ questi contenziosi ma le sue azioni hanno perso circa un terso del loro valore, bruciando oltre 30 miliardi di dollari.


In particolare, 8 miliardi di dollari andrebbero alle cause già in corso mentre i restanti altri 2 miliardi verrebbero riservati per le richieste future da parte di persone che hanno usato Roundup ma che potrebbero non aver ancora sviluppato il linfoma non Hodgkin.

fonte: https://www.teleambiente.it

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Glifosato, depositate in Francia 2.500 denunce

Sono ormai 2.500 le persone che hanno presentato denunce in Francia contro chi fabbrica pesticidi a base di glifosato e chi ne ha autorizzato la vendita.





Sono circa 2.500 le denunce presentate da altrettanti cittadini francesi che hanno ritrovato nelle proprie urine valori eccessivi di glifosato. Da anni ormai l’associazione Campagne Glyphosate (Campagna Glifosato) propone a dei volontari di effettuare delle analisi per verificare l’eventuale presenza della sostanza, a base del pesticida Roundup prodotto dalla Monsanto (oggi di proprietà di Bayer).


Effettuate 5.400 analisi su altrettanti cittadini francesi

“Abbiamo superato ormai le 5.400 analisi ed in quasi la metà dei casi ciò ha portato al deposito di esposti da parte delle persone interessate”, ha fatto sapere Dominique Masset, cofondatore della Campagna Glifosato. I procedimenti sono stati avviato contro tutti i dirigenti in attività delle aziende che fabbricano pesticidi a base di glifosato. Nonché contro gli organismi pubblici europei che ne hanno consentito l’immissione in commercio.


Alcuni dei cittadini francesi che si sono sottoposti ad analisi delle urine per verificare la presenza di glifosato © Campagne Glyphosate via Facebook

Le ultime denunce, in ordine di tempo, sono state depositate a La Rochelle, sulla costa atlantica, da 42 persone. Nell’atto, una sorta di piccola class-action, si parla senza mezzi termini di “attentato alla vita altrui”, di “truffa” e di “danno ambientale”. “Sporgo denuncia a mio nome contro dieci anni di inazione”, ha dichiarato Dominique Chevillon, presidente del Consiglio economico, sociale e ambientale della regione Nuova Aquitania.
Glifosato anche nelle urine di un eurodeputato ecologista

Anche il deputato europeo Benoît Biteau (del gruppo Europe Ecologie – Les Verts) e il presidente dell’associazione Nature Environnement, Patrick Picaud, si sono sottoposti ai test. E hanno ritrovato glifosato nelle loro urine, come già accaduto a centinaia di altri cittadini francesi. Tanto che anche il stesso ministro dell’Agricoltura Didier Guillaume ha parlato di dati “inquietanti”.

Benché al centro di un dibattito scientifico, il glifosato è stato infatti classificato dal Centro internazionale per la ricerca sul cancro (organismo dell’Organizzazione mondiale della sanità) come “probabilmente cancerogeno”. Ciò nel 2015. E da allora la sostanza non è mai stata eliminata dalla lista.

fonte: www.lifegate.it

La Germania mette al bando il glifosato a partire dal 2023

Il Consiglio federale tedesco ha approvato un programma di abbandono del controverso agente chimico diffuso in erbicidi e diserbanti: una decisione che potrebbe accelerare il processo di messa al bando dell’intera Ue




















La Germania vieterà l’uso dei prodotti a base di glifosato a partire dal 31 dicembre 2023: la misura è stata inserita nel “Programma d’azione per la protezione dagli insetti” approvato dal Consiglio federale tedesco. Una decisione che influirà inevitabilmente sulla posizione dell’Unione europea, chiamata a rivedere la concessione all’uso del glifosato su suolo comunitario a dicembre 2022.

Il programma tedesco prevede forti limitazioni già a partire dal prossimo anno: i diserbanti a base di glifosato dovrebbero essere vietati in serre, aree pubbliche, parchi, mentre per i coltivatori sono previste stringenti restrizioni. L’obiettivo è quello di ridurre del 75% la diffusione dei prodotti a base di glifosato entro metà 2023 per favorire il completo abbandono dall’inizio dell’anno successivo.

La misura governativa arriva a poche settimane di distanza dall’annuncio della Deutsche Bahn, la compagnia pubblica che gestisce la rete ferroviaria tedesca, che programma di dimezzare entro il 2020 il consumo di diserbanti a base di glifosato per liberare rotaie e traversine dalle erbe infestanti.

Lo scorso giugno, il Governo austriaco ha proposto un disegno di Legge (approvato il mese successivo) per vietare i prodotti a base di glifosato a partire dal 2020. Nella stessa direzione si sono mossi anche 20 sindaci francesi che hanno proibito i diserbanti contenenti il discusso agente chimico nelle proprie municipalità, mentre lo scorso marzo, l’ormai ex Ministro dell’Ambiente francese De Rugy aveva prospettato il bando dei prodotti fitosanitari a base di glifosato entro il 2020.

L’Unione europea ha approvato l’uso dei diserbanti a base di glifosato fino alla fine del 2022, quando la concessione comunitaria verrà ridiscussa anche alla luce dei report scientifici forniti e collezionati grazie all’attività di un pool di esperti selezionati da 4 Paesi Ue, che da pochi mesi hanno sostituito proprio la Germania come principali referenti dell’Unione in materia.

Classificato come probabilmente cancerogeno dall’OMS nel 2015, il glifosato è ormai da anni al centro di un dibattito scientifico e legale: negli Stati Uniti, diverse sentenze di tribunali federali hanno condannato più volte la Monsanto, l’azienda che produce diserbanti a base di glifosato dagli anni ’40 acquisita nel 2018 dalla tedesca Bayer, a risarcire utenti colpiti da patologie neoplastiche a seguito del prolungato utilizzo del Roundup, uno degli erbicidi a base di glifosato più diffusi al mondo.

fonte: www.rinnovabili.it

Monsanto: nuovo sconto nei risarcimenti e nuova condanna sul Roundup

L’azienda biochimica dovrà versare 72 milioni di dollari invece che 2,05 miliardi di dollari a una coppia di agricoltori colpiti da linfoma non-Hodgkin a seguito dell’uso prolungato del Roundup.

















Sconto di pena per la Monsanto: il Tribunale superiore della Contea di Alameda, a Oakland, in California, ha ridotto a 86 milioni di dollari (rispetto agli iniziali 2,05 miliardi di dollari) il risarcimento imposto all’azienda biochimica da un precedente verdetto giudiziario in merito all’accusa di una coppia di agricoltori colpiti da linfoma non-Hodgkin a seguito dell’utilizzo per oltre 30 anni del diserbante a base di glifosato Roundup.

Il giudice Wilinifred Smith ha ritenuto sproporzionata e incostituzionale la cifra di 2 miliardi di dollari imposta alla Monsanto come danno punitivo nella causa contro i coniugi Alva e Alberta Pilliod. Smith ha ridotto gl’interessi compensativi imposti all’azienda biochimica e ha poi applicato la regola stabilita dalla Corte Suprema degli Stati Uniti che fissa il limite massimo nel rapporto tra risarcimento e danni puntivi in 9 a 1: in questa maniera, la somma dovuta dalla Monsanto è scesa a circa 72 milioni di dollari (con gli interessi puntivi fatti calare da 55 a 17 milioni di dollari e i danni punitivi da 2 miliardi a 55 milioni di dollari).
Allo stesso tempo, però, il Tribunale superiore della Contea di Alameda ha anche confermato la condanna per la Monsanto: Ci sono prove chiare e convincenti che la Monsanto si sforzò di impedire, scoraggiare o distorcere l’indagine scientifica”, si legge nella sentenza del giudice Smith.

Monsanto ha accolto con favore la riduzione del risarcimento ma ha annunciato comunque che ricorrerà in appello contro il verdetto di colpevolezza.
I legali dei coniugi Pilliod devono ancora comunicare se la coppia ha deciso di accettare la cifra ridotta imposta dal Tribunale di Alameda.

A metà luglio, un altro tribunale californiano aveva ridotto da oltre 80 milioni di dollari a poco più di 25 milioni di dollari il risarcimento dovuto da Monsanto a un agricoltore affetto da linfoma non-Hodgkinche aveva contestato all’azienda biochimica la mancata comunicazione dei rischi connessi all’uso del Roundup. Anche in quel caso, il tribunale di revisione aveva confermato la colpevolezza della Monsanto e aveva rigettato la richiesta di annullamento del processo.
Già la scorsa estate, un tribunale californiano aveva ridotto da 289 a 78,5 milioni di dollari il risarcimento dovuto da Monsanto al giardiniere scolastico Dewayne Johnson cui era stato diagnosticato la stessa patologia del coniugi Pilliod.

Nei soli Stati Uniti sono oltre 13.400 le cause intentate contro la multinazionale biochimica, di cui buona parte nel solo Stato della California. A metà agosto è previsto l’inizio del primo processo al di fuori dei confini californiani: il nuovo procedimento giudiziario avrà luogo nel Missouri, a Saint Louis, in una regione tradizionalmente nota negli Stati Uniti per sentenza particolarmente onerose a carico delle grandi aziende.

fonte: www.rinnovabili.it

L'erbicida più odiato del mondo. Il glifosato è morto. Evviva l'alternativa












Il glifosato è morto. La notizia è arrivata il 14 giugno ed è passata pressoché inosservata, dimostrando lo scollamento tra la realtà e lo storytelling giornalistico. Il glifosato è stato l’Orco dell’ambientalismo globale per decenni. Il dibattito sulla sua pericolosità ha riempito giornali, convegni, campagne di sensibilizzazione, scioperi e manifestazioni, come pure le aule di tribunale. Che provochi il cancro non è ancora un’evidenza per la scienza ma lo è già per i giudici che hanno inflitto sanzioni durissime ai produttori.
Prima a Monsanto, ora a Bayer. La quale, avendo comprato la multinazionale più criticata del pianeta e il suo portafoglio, Roundup compreso, prima ha provato a cancellare il marchio Monsanto dalle confezioni e adesso si è resa conto che l’ombra mediatica dell’erbicida più odiato del mondo rischia di travolgerla. La notizia, appunto, è che la Bayer sta studiando un nuovo formulato per sostituire il glifosato.
L’ha comunicato nello stesso giorno in cui Deutsche Bahn, le ferrovie di Stato tedesche, annunciavano che non avrebbero più utilizzato questa sostanza per ripulire i loro binari dalle erbacce. «Vogliamo trovare qualcosa di efficace che ci permetta di fare manutenzione sulla nostra rete ferroviaria di 33mila km in maniera ecosostenibile e senza usare il glifosato» ha detto il responsabile dell’infrastruttura di DB al settimanale 'WirtschaftsWoche'. Se non che DB è il più grande consumatore di glifosato in Germania: ne compra 65 tonnellate all’anno. All’annuncio di DB, Bayer ha preso atto del finale di partita: game over.
Il glifosato sarà abbandonato al suo destino. Il 14 giugno, mentre il ministro dell’Ambiente tedesco Svenja Schulze annunciava che «proibiremo l’uso di glifosato in Germania», Bayer ha stanziato 5 miliardi di euro nei prossimi dieci anni per lo sviluppo di diserbanti alternativi. Una dichiarazione che ha depresso il titolo in Borsa, dimostrando – se ve ne fosse ancora bisogno – che una martellante campagna mediatica vale più della scienza e degli stessi giudici e che Bayer non si attende più alcuno sconto né dalla prima né dai secondi. E neanche dall’Europa, dove il gruppo di valutazione sull’autorizzazione all’uso del glifosato, malgrado l’atteggiamento ondivago dei francesi, potrebbe molto presto spianare la strada al bando di questa sostanza. Né potrebbe essere diversamente, visto l’esito delle ultime elezioni europee: il cielo sopra Berlino è sempre più grünen. Il glifosato è morto, evviva l’alternativa.

fonte: www.avvenire.it

La morte che semina Monsanto

«L’abbassamento riflette la nostra previsione che i numeri del credito di Bayer saranno più deboli nei prossimi due anni per la forte crescita nel livello del debito (più di 30 miliardi di dollari) dopo il closing dell’acquisizione da 63 miliardi di dollari di Monsanto”, spiegava nel giugno scorso l’agenzia di rating Standard & Poors, (fonte Il Sole 24 ore). Trenta miliardi di dollari, almeno. Malgrado la cancellazione del marchio Monsanto al momento della fusione con Bayer, la causa del crollo finanziario – che ha poi condotto in novembre il colosso farmaceutico tedesco ad annunciare il taglio del 10% della sua forza lavoro – sono gli ormai più di 13 mila procedimenti legali legati all’utilizzo dell’erbicida assassino, il glifosato, in agricoltura. L’ultima sentenza condanna la multinazionale a pagare 2 miliardi di dollari. Ne arriveranno molte altre. La Bayer-Monsanto è accusata di aver provocato il cancro conoscendo i pericoli cui andavano incontro i consumatori dei suoi prodotti. Silvia Ribeiro ricostruisce il quadro della vicenda sulla base delle inchieste e delle prove emerse: dalla corruzione di scienziati e giornalisti alle protezioni “a prescindere” della Casa Bianca. Ma in Europa e in Italia per produrre quello che arriva sulle nostre tavole si continua a usare il glifosato? Sì, un decreto ministeriale del 2016 del governo italiano chiarisce che per ora il divieto per uso agricolo è limitato al terreni costituiti da sabbia e vale solo prima di trebbiare. Il resto è liberissimo di farci ammalare. Fino a quando?



Sono già più di 13 mila le cause legali iniziate contro la Monsanto (adesso proprietà della Bayer) per aver causato il cancro ai querelanti o ai loro familiari con l’utilizzo dell’erbicida glifosato, sapendo dei pericoli che implicava e senza informare dei rischi le persone esposte. Sono, per la maggioranza, persone che hanno utilizzato l’agrotossico sia nel loro lavoro agricolo, che nel giardinaggio o nei parchi. Nel 2015, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato che il glifosato è cancerogeno per gli animali e probabile cancerogeno sugli umani.

Il primo processo vinto da una vittima, nell’agosto del 2018, è stato quello di D. Lee Johnsson, un giardiniere che per due anni ha utilizzato il glifosato in una scuola, a seguito del quale ha contratto il crancro linfoma no-Hodgkin. Un giudice di San Francisco ha condannato la Monsanto-Bayer a pagare 289 milioni di dollari in prima istanza, ma dopo che Bayer è ricorsa in appello, sono stati concordati 78 milioni. In un altro processo, nel marzo 2019, è stato sentenziato che la Monsanto-Bayer deve pagare 80 milioni di dollari a Edwin Hardeman per essere responsabile della sua malattia. In Oakland, si sta per concludere un terzo processo simile, avviato dai coniugi Pilliod contro la Monsanto. Hanno 70 anni ed entrambi soffrono di cancro. Ci si aspetta che ci sia nuovamente una sentenza multimilionaria a favore delle vittime (La sentenza è poi arrivata: condanna al pagamento di 2 miliardi di dollari, ndt).

Nel frattempo, in Europa, la Monsanto ha perso per la terza volta, nell’aprile 2019, il processo avviato dall’agricoltore francese Paul François, che soffre di danni neurologici a seguito dell’utilizzo dell’erbicida Lasso, con un altro componente agro-tossico.

Bayer, che ha concluso l’acquisizione della Monsanto nel 2018, ha perso finora più di 30 miliardi di dollari per la diminuzione del valore delle sue azioni, a causa dell’impatto negativo delle sentenze nei processi sul glifosato. Il 26 aprile 2019, il 55 per cento degli azionisti di Bayer, ha votato contro le strategie del management, capeggiato da Werner Baumann, che ha difeso l’acquisto della Monsanto.

Il glifosato, creato dalla Monsanto nel 1974, è uno degli erbicidi più usati al mondo. Si vende con molte marche, Faena, Rival, RoundUp, Ranger e altre. Le quantità applicate sono aumentate in modo esponenziale con la diffusione delle coltivazioni transgeniche resistenti agli erbicidi.L’aumento del suo uso ha prodotto resistenza in più di 25 tipi di erbe infestanti, creando un circolo vizioso in cui si applica sempre più glifosato. Sono state trovate quantità elevate di residui di glifosato negli alimenti, nelle fonti di acqua e nei test di urina, sangue e latte materno in diversi paesi e continenti, fondamentalmente nei maggiori produttori di transgenici.

In tutti i casi dei processi menzionati, i giudici si sono espressi a favore delle vittime perché hanno scoperto che la Monsanto sapeva dei rischi e non lo ha spiegato nelle etichette né nella strategia di vendita dei prodotti. Il punto è centrale, poiché l’argomento della Monsanto è che le agenzie di regolamentazione, come l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente (EPA nel suo acronimo in inglese), definiscono il glifosato come un erbicida a basso rischio.

Tuttavia, nel corso dei processi, la Monsanto ha dovuto fornire dei documenti interni che provano che fin dall’inizio aveva propri studi che dimostravano il potenziale cancerogeno del glifosato e che malgrado ciò, per decenni si è dedicata a scrivere articoli che brillavano come se fossero scientifici, negando la tossicità del glifosato. Poi concordava con diversi autori, presunti scienziati, affinché li pubblicassero a loro nome senza menzionare la Monsanto.

Diversi di questi articoli sono stati elencati dall’EPA per determinare che il glifosato era quasi innocuo per la salute. L’organizzazione US Right To Know ha pubblicato sul suo sito dedicato ai processi contro la Monsanto, documenti declassificati fino al 2019, con prove e nomi di diversi autori e articoli falsificati.



In un recente articolo su The Guardian, Nathan Donley e Carey Gillam denunciano che la Monsanto non ha mai realizzato studi epidemiologici sull’uso del glifosato per vedere il suo potenziale cancerogeno ma ha invece destinato enormi somme di denaro (fino a 17 milioni di dollari in un anno) per fare campagne propagandistiche, pagare articoli di opinione di giornalisti di parte e agire come ghostwriter di articoli scientifici che affermano che il glifosato è innocuo o non comporta grandi rischi. Tutto questo è aumentato dopo la dichiarazione dell’OMS nel 2015.

Donley e Gillam rendono note anche le e-mail della Monsanto con il consulente di “strategia e intelligence politica” Hakluyt, nel luglio 2018, che rivelano che la Casa Bianca afferma che “proteggerà la Monsanto” in qualsiasi caso e, nonostante gli studi che dimostrano la tossicità, non voteranno nuove norme.

Le prove per cui si deve proibire il glifosato, sono schiaccianti. Diverse città statunitensi e alcune latinoamericane lo hanno già stabilito. Il problema non investe solamente questo agrotossico e non riguarda solo Monsanto-Bayer. Tutte le multinazionali dell’agrobusiness utilizzano strategie simili per vendere veleno a scapito della salute e dell’ambiente. Occorre avanzare nell’eliminazione di tutti gli agrotossici.

Articolo pubblicato su La Jornada con il titolo El veneno que nos legó Monsanto.

fonte: Comune-info.net

Glifosato. La storia di Martin, studente che mangia bio ed è comunque contaminato

Martin, studente francese, ha un tasso di glifosato nelle urine 31 volte superiore al massimo consentito. Eppure è attento a ciò che mangia.

















“Ero sicuro che le analisi delle mie urine avrebbero evidenziato la presenza di glifosato, ma non mi aspettavo di certo che i livelli fossero questi”. A parlare è Martin, 26 anni, originario di Tolosa, in Francia, e studente di sociologia dell’ambiente. Come molti altri militanti ecologisti transalpini, negli ultimi mesi si è sottoposto a controlli per identificare la presenza del pesticida – considerato “probabilmente cancerogeno” dall’Organizzazione mondiale della sanità nel luglio del 2015.

In 44 sporgono denuncia contro il glifosato

Ciò che sorprende è che nel suo caso il livello è 31 volte più alto rispetto ai limiti autorizzati. Nonostante sia vegetariano. E nonostante, come molti altri militanti, faccia particolare attenzione a ciò che mangia: “Cerco di privilegiare al massimo i cibi biologici, nonostante le difficoltà che incontrano gli studenti. Avevo l’impressione di fare sufficientemente attenzione…”, ha aggiunto il ragazzo, secondo quanto riportato dalla stampa francese.
glifosato francia
Un tribunale francese ha ritirato l’autorizzazione alla commercializzazione del Roundup Pro 360, a base di glifosato © Remy Gabalda/Afp/Getty Images
Assieme a lui, a sottoporsi alle analisi – in presenza di un ufficiale giudiziario – sono state 44 persone. Che hanno depositato una nuova denuncia per “attentato alla vita altrui”, per “truffa aggravata” e per “compromissione dell’ambiente”. Il tutto nel quadro della campagna “Ho trovato del glifosato nelle mie urine. E tu?”.
Già nello scorso mese di settembre, 60 cittadini dell’Ariège – dipartimento francese della regione Occitania, situato al confine con la Spagna – hanno deciso di depositare un esposto presso il tribunale. Nel loro caso si sono ritrovati con in media 1,43 nanogrammi per millilitro nei campioni prelevati, il che rappresenta 14 volte la dose massima autorizzata nell’acqua potabile.

A gennaio un tribunale di Lione ha messo in discussione il prodotto

L’obiettivo è esercitare pressione affinché l’uso del glifosato – sostanza alla base del prodotto Roundup della Bayer (ex Monsanto) – venga vietato in ragione di un principio di precauzione. Intanto, il 15 gennaio, il tribunale amministrativo francese di Lione ha deciso di annullare l’autorizzazione alla commercializzazione del Roundup Pro 360.
giudici hanno ritenuto che l’Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare, ambientale e del lavoro (Anses) abbia “commesso un errore di valutazione in materia di principio di precauzione”. Ciò nel marzo del 2017, quando concesse il proprio via libera all’uso del prodotto. Si tratta, tuttavia, ancora soltanto di una sentenza di primo grado.
fonte: www.lifegate.it

Morgan Freeman apicoltore, il suo ranch in Mississippi è diventato un santuario per le api















a Nelson Mandela a Dio, sul grande schermo a Morgan Freeman è capitato davvero di interpretare chiunque. Una carriera brillante, che gli ha permesso di ottenere innumerevoli riconoscimenti, ma soprattutto la stima e l’affetto del pubblico di tutto il mondo.
-Morgan Freeman-Foto-
L’ultimo progetto della star hollywoodiana, però, ha poco a che fare con il cinema e si svolge decisamente lontano dal set. Si tratta di un’opera affascinante, responsabile e generosa che riguarda la tutela dell’ambiente e in particolare delle apiinsetti fondamentali per l’equilibrio della natura e per la sopravvivenza delle specie, uomo compreso.
L’idea è nata nel 2014, quando Morgan Freeman, collaborando con un gruppo di attivisti, ha deciso di avviare la costruzione di ben ventisei alveari nel suo ranch nei pressi di Charleston, nello stato del Mississippi.
Oggi, la sua tenuta ospita migliaia di esemplari di api. L’attore, infatti, ha dato vita ad un vero e proprio santuario, un habitat ideale per favorire una vita serena e proficua a questi insetti straordinari, che purtroppo già da molto tempo affrontano la minaccia dell’estinzione.
-Morgan Freeman-Immagine-
A loro è riservato un giardino che si estende per circa 124 acri e che conta piante di magnolia, di trifoglio, di lavanda e fiori adatti all’apicoltura, curati con amore dagli esperti giardinieri ingaggiati da Freeman. Tutto il necessario per rinnovare la magia dell’impollinazione e diffondere la vita.
Nell’oasi di Morgan Freeman, le colonie di api non sono soltanto protette, ma controllate e sostenute nella crescitatenendo ben presente il numero preoccupante di esemplari morti negli ultimi anni a causa dei pesticidi e dei cambiamenti climatici.


La moria delle api è una vera e propria tragedia per l’ambiente e ciò rappresenta la ragione per cui l’attore ha voluto compiere qualcosa in prima persona per dar loro e al pianeta un’occasione in più.
È stato spesso lo stesso Morgan Freeman a raccontarsi nelle vesti di “beekeeper“. Qualche anno fa, ai microfoni del The Tonight Show di Jimmy Fallon, il protagonista di A spasso con DaisyLe ali della libertà e Invictus, ha dichiarato di prendersi personalmente cura delle sue api, di parlare con loro e di non aver nemmeno bisogno degli indumenti da apicoltore, tanto stretto è il rapporto di fiducia instaurato con esse.
-Foto-Morgan Freeman-
Sempre a difesa di questi insetti, a cui nel suo ranch ha dato un posto sicuro per reperire cibo e svolgere le loro attività, in diverse occasioni Morgan Freeman si è schierato apertamente contro Monsanto, sottolineando la responsabilità di corporation agricole e governi in quella che egli stesso ha definito “la spaventosa perdita delle colonie di api”.
Un Morgan Freeman inedito, che la maggior parte di noi non conosce, rivelatosi un attento paladino dell’ambiente e un uomo che, nella sua grandezza, ha deciso di dare il suo piccolo contributo nel preservare i processi più basilari su cui si fonda il nostro intero pianeta. Una bella lezione da cui tutti noi possiamo trarre esempio.
fonte: http://www.ehabitat.it/

Glifosato: tracce di pesticida anche nel cibo per cani e gatti


















Il glifosato anche negli alimenti per cani e gatti. A dirlo sono i ricercatori della Cornell University di Ithaca che, in nuovo studio, pubblicato su Environmental Pollution hanno analizzato alcune marche di cibo per Fido e Fuffi e c’hanno trovato dentro il pesticida Roundup della Monsanto più venduto al mondo.
Il glifosato è ormai dappertutto: nella pasta, nella birra, perfino nei pannolini dei nostri bambini e adesso si scopre, attraverso l’urina, che anche i nostri amici a quattro zampe non sono immuni.
I ricercatori hanno fatto esaminare 18 varietà di cibo per gatti e cani e in tutti sono state trovate tracce di glifosato. Secondo i dati del team guidato da Anthony Hay, i valori variavano da 80 a 2mila microgrammi di glifosato per chilogrammo. I 18 alimenti erano tutti miscele di ingredienti vegetali e di carne, mentre un prodotto era certificato senza OGM.
"È difficile trovare un prodotto che non contenga il glifosato, perfino in quelli per cuccioli", afferma Anthony Hay, professore di microbiologia.
I valori misurati comunque inferiori ai limiti per un uomo.
"Se un essere umano dovesse mangiare questo cibo ogni giorno, la quantità di glifosato sarebbe ancora al di sotto degli attuali livelli di sicurezza. Mentre non sembra esserci alcun rischio immediato, c'è ancora incertezza sulle conseguenze croniche delle basse dosi", spiega Hay.
Il glifosato com’è finito nel cibo per animali? Probabilmente attraverso le verdure e i cerali che sono contenuti nel prodotto, infatti più fibra conteneva un mangime, maggiore era il glifosato.
I risultati, quindi, mostrano che i residui di erbicidi provengono da materiale vegetale. Il glifosato, come sappiamo, è stato classificato come "probabilmente cancerogeno" dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS).
Attualmente sul piano degli animali domestici non ci sono abbastanza dati, il team ha stimato che l’esposizione media di un cane o un gatto al glifosato sarebbe pari allo 0,7%.
Cosa deve sapere il proprietario di un cane o gatto?
"Probabilmente non c’è nessun rischio immediato, ma a livello cronico è ancora da valutare. È difficile trovare un prodotto che non contenga il glifosato”, chiosa Hay. 
I ricercatori adesso passeranno allo step due, quello di capire se questi livelli di glifosato influiscono sulla salute dei nostri amici a quattro zampe.
fonte: www.greenme.it

Glifosato: da rifare il processo che ha condannato Monsanto















Si ritorna a parlare del glifosato e del suo presunto legame con l’insorgenza dei tumori. Nella vicenda era stata coinvolta anche l’azienda Monsanto, che in base ad una sentenza emessa dal Tribunale di San Francisco è stata condannata a pagare quasi 290 milioni di dollari a titolo di risarcimento.

Secondo i giudici la somma spetterebbe a un giardiniere che ha utilizzato nel corso di due anni uno dei pesticidi prodotti dall’azienda proprio a base di glifosato. Adesso si apprende che il processo sarebbe da rifare e ben presto la vicenda giudiziaria verrà ripresa in mano.

È stato l’intervento di un giudice della Corte Superiore di San Francisco a voler prendere in considerazione di nuovo il processo, che si caratterizzerebbe per insufficienza di prove. Il magistrato ha sostenuto che non ci sarebbero prove certe che riguardano il legame tra l’uso del glifosato e le malattie.


Quindi, se verrà riaperto veramente il processo, l’azienda produttrice degli erbicidi potrebbe vedere ridotta anche la sua multa, che potrebbe passare da 290 milioni di dollari a 34. Se la vicenda giudiziaria verrà riesaminata e la giuria questa volta prenderà una decisione favorevole nei confronti di Monsanto, assumerebbero altre dimensioni i processi che anche altre persone hanno deciso di intraprendere nei confronti della multinazionale.
Il giardiniere che ha intentato la causa nei confronti di Monsanto è affetto da un tumore al sistema linfatico. Per il momento l’azienda produttrice dei prodotti a base di glifosato non ha voluto commentare ciò che si sta profilando.
fonte: www.greenstyle.it