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Codice rosso per i ghiacciai italiani: in 30 anni ridotta del 70% la massa glaciale dei ghiacciai alpini

Torna la Carovana dei ghiacciai di Legambiente e Comitato Glaciologico Italiano per monitorare lo stato di salute dei ghiacciai alpini e del Calderone




Legambiente e il Comitato Glaciologico Italiano (CGI) denunciano che è ormai «Codice rosso per i ghiacciai italiani minacciati sempre più dalla crisi climatica. Entro la fine del secolo la maggior parte di essi, secondo studi scientifici, potrebbe scomparire ed entro il 2050 quelli al di sotto dei 3.500 metri saranno destinati molto probabilmente alla stessa sorte. Le temperature medie degli ultimi 15 anni non ne permettono la sopravvivenza».

Nell’ultimo secolo i ghiacciai alpini hanno perso il 50% della loro area. Di questo 50%, il 70% è sparito negli ultimi 30 anni. Preoccupa anche lo stato di salute del Calderone, un ghiacciaio appenninico quasi del tutto scomparso e declassato a “glacionevato”, cioè un accumulo di ghiaccio di ridotta superficie, di limitato spessore e senza un moto di deflusso verso valle del ghiaccio. La campagna glaciologica 2020, coordinata dal CGI, ha confermato «La tendenza trentennale di marcata contrazione delle masse glaciali del nostro paese. Una tendenza che appare in accelerazione negli ultimi 15 anni, seppure con modalità e velocità differenziate nei vari settori alpini monitorati». Altro aspetto che emerge riguarda la frammentazione dei ghiacciai. In seguito alla deglaciazione i ghiacciai si stanno frammentando da un corpo glaciale in più parti separate.

Cigno Verde e CGI sono pronti a partire con la seconda edizione della Carovana dei ghiacciai, la campagna itinerante che dal 23 agosto al 13 settembre monitorerà lo stato di salute di 13 ghiacciai alpini e del glacionevato del Calderone, nel massiccio del Gran Sasso. Legambiente spiega che «Si partirà con i ghiacciai dell’Adamello (Lombardia e Trentino) per proseguire in Alto Adige con quelli della Val Martello nel Parco dello Stelvio e quindi il ghiacciaio del Canin in Friuli Venezia Giulia. Si scenderà poi sull’Appennino, per osservare il glacionevato del Calderone, in Abruzzo, tra i più meridionali d’Europa per poi risalire nel nord-ovest alpino con i ghiacciai del massiccio del Gran Paradiso (Piemonte e Valle D’Aosta) e concludere la campagna il 13 settembre presso il Forte di Bard (AO)».

La campagna è stata inserita nella piattaforma All4Climate – Italy che raccoglie tutti gli eventi dedicati alla lotta contro i cambiamenti climatici che si svolgeranno quest’anno in vista della COP26 di Glasgow. Durante ogni tappa, Legambiente e CGI realizzeranno monitoraggi scientifici ad alta quota per osservare le variazioni storiche dei ghiacciai e le trasformazioni glaciali. Il CGI, principale riferimento in Italia per gli studi dell’ambiente glaciale e partner scientifico della Carovana dei ghiacciai, condividerà le sue esperienze di ricerca ed un patrimonio di dati secolare custodito nell’archivio del Comitato all’università degli studi di Torino. Marco Giardino, segretario del Comitato Glaciologico Italiano, ricorda che «Sin dal 1911, il CGI promuove e coordina campagne glaciologiche annuali, e grazie al lavoro di operatori glaciologici volontari e ad un protocollo scientifico stabilito dal Comitato è stato possibile documentare storicamente lo stato dei ghiacciai italiani e quantificare le fluttuazioni delle fronti glaciali per più di un secolo. Un patrimonio di conoscenze indispensabile anche per disegnare anno dopo anno gli scenari futuri dell’ambiente d’alta quota nel nostro Paese».

Le due organizzazioni sottolineano che «Il monitoraggio in questione, oltre a permettere di documentare l’impatto della crisi climatica, consentirà anche valutarne gli effetti sul territorio. La deglaciazione, infatti, coinvolge il deflusso delle acque e il suo stoccaggio così come gli ecosistemi alpini nella loro globalità. Già adesso si osservano i primi effetti concreti su acqua potabile, raccolti, irrigazione, servizi igienico-sanitari, energia idroelettrica e stazioni sciistiche».

Di tappa in tappa, nel corso della Carovana dei ghiacciai verranno organizzati anche incontri, mostre, escursioni per conoscere il territorio montano. Come lo scorso anno, sarà anche previsto uno speciale momento di raduno, il “saluto al ghiacciaio”. Gli eventi al chiuso (convegni e conferenza) saranno a numero programmato, si potrà partecipare iscrivendosi per tempo consultando le tappe su https://www.legambiente.it/campagna/carovana-dei-ghiacciai/

Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente, evidenzia che «Mentre l’Italia brucia soffocata da una grave emergenza incendi, i ghiacciai delle nostre montagne continuano a soffrire. Tutto ciò accade in un’estate caratterizzata sempre più da eventi estremi. Per comprendere meglio le cause e gli effetti di una tendenza apparentemente irreversibile anche quest’anno Legambiente monitorerà l’ambiente montano insieme al Comitato Glaciologico con la Carovana dei ghiacciai, una campagna che ha la capacità di raccontare in maniera tangibile gli effetti della crisi climatica sul territorio a partire proprio dai ghiacciai, indicatori sensibilissimi del cambiamento climatico».

Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente e coordinatrice della campagna, aggiunge: «La stessa IPCC, l’Intergovernmental Panel on Climate Change, che recentemente ha denunciato l’intensificazione e l’irreversibilità degli effetti dei cambiamenti climatici elenca le Alpi tra le aree strategiche più importanti in cui è fondamentale acquisire dati per elaborare strategie di adattamento. Strategie sulle quali Legambiente da anni sta riflettendo chiedendo che vengano messe in campo misure e politiche ambiziose così come su quelle della mitigazione sul clima per arrivare a emissioni nette pari a zero al 2040, in coerenza con l’Accordo di Parigi».

La prima tappa di Carovana dei Ghiacciai, che rientra nella campagna ChangeClimateChange, sarà sui ghiacciai dell’Adamello (Lombardia e Trentino) dal 23 al 25 agosto. Il 23 agosto ci sarà dalle ore 17.00 alle 19.00 la conferenza “Il futuro dei ghiacciai dell’Adamello” presso il Musil di Cedegolo (Bs), moderata Vanda Bonardo, responsabile Alpi Legambiente, e che vedrà intervenire Valter Maggi, vicepresidente Comitato Glaciologico Italiano; Marco Giardino, segretario Comitato Glaciologico Italiano; Carlo Baroni, coordinatore Alpi Centrali Comitato Glaciologico Italiano; Franco Capitanio, Consigliere Centrale CAI; Guido Calvi, direttore del Parco dell’Adamello; Amerigo Lendvai, Servizio Glaciologico Lombardo. Martedì 24 agosto ci sarà l’escursione al ghiacciaio dell’Adamello e a seguire Flash Mob Change Climate Change, momento dedicato al silenzioso e prezioso lavoro che svolgono i ghiacciai. Riflessioni, brani e poesie a cura di Paola Turroni. Mercoledì 25 agosto ore 10.30 la conferenza stampa – Sala dell’Unione dei Comuni Ponte di Legno (Bs).

Il viaggio della Carovana dei ghiacciai si potrà seguire anche sulla pagina facebook di Legambiente Alpi dove verranno postate news, foto, video, interviste. Hashtag della campagna: #Carovanadeighiacciai #Changeclimatechange. Tutte le iniziative saranno organizzate nel rispetto dei protocolli Covid.

fonte: www.greenreport.it



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Ci sono micro-plastiche nella calotta glaciale più grande d’Europa

Trovate in un’area incontaminata del ghiacciaio Vatnajokull in Islanda. Le microplastiche possono influenzare lo scioglimento e il comportamento areologico dei ghiacciai, “contribuendo all’innalzamento del livello dei mari in seguito allo scioglimento dei ghiacci”
















Sono state trovate micro-plastiche in un’area incontaminata del ghiacciaio Vatnajokull in Islanda, la più grande calotta glaciale d’Europa. E’ la prima volta che accade, e il ritrovamento è stato descritto in un articolo pubblicato su ‘Sustainability’, da parte degli scienziati dell’Università di Reykjavik, dell’Università di Goteborg, e dell’Ufficio meteorologico islandese.

Le microplastiche – viene spiegato – possono influenzare lo scioglimento e il comportamento areologico dei ghiacciai, “contribuendo all’innalzamento del livello dei mari in seguito allo scioglimento dei ghiacci”.

Il gruppo di ricerca ha identificato le particelle plastiche classificandole in varie dimensioni, grazie alla microscopia ottica e alla spettroscopia Raman (la spettroscopia Raman o spettroscopia di scattering Raman è una tecnica di analisi dei materiali basata sul fenomeno di diffusione di una radiazione elettromagnetica monocromatica da parte del campione analizzato). Lo studio sulle micro-plastiche si è concentrato principalmente sulla discussione degli effetti della contaminazione in mare; e finora sono state condotte poche ricerche sulla presenza nelle calotte glaciali terrestri. Particelle polimeriche sono state trovate nelle Alpi italiane, nelle Ande ecuadoriane e negli iceberg alle Svalbard.

Secondo Hlynur Stefansson, primo autore dell’articolo, la comprensione della distribuzione della plastica microscopica e dei suoi effetti a breve e lungo termine sulla dinamica del ghiaccio è di “vitale importanza”. “I risultati confermano che le micro-plastiche sono distribuite nell’atmosfera. Non comprendiamo abbastanza bene i percorsi delle particelle nel nostro ambiente. La plastica viene trasportata dalla neve e dalla pioggia. Dobbiamo saperne di più sulle cause. I campioni che abbiamo prelevato provengono da una posizione molto remota e incontaminata nel ghiacciaio Vatnajokull, senza un facile accesso, quindi è improbabile che la causa sia l’inquinamento diretto dall’attività umana”.

Ma in base a quanto emerso con lo studio “abbiamo anche bisogno di sapere molto di più sugli effetti a breve e lungo termine della microplastica sulla dinamica del ghiaccio”, e soprattutto se esiste un “contributo allo scioglimento dei ghiacciai. Perché in questo caso potrebbe giocare un ruolo fondamentale nell’innalzamento del livello dei mari. Le particelle […] si degradano molto lentamente in un ambiente freddo, dove possono accumularsi e persistere per un tempo molto lungo. Alla fine, verranno rilasciati insieme all’acqua disciolta del ghiaccio, contribuendo all’inquinamento dell’ambiente marino. Per questo – conclude – è molto importante mappare e comprendere la presenza e la dispersione di micro-plastiche nei ghiacciai su scala globale”.

fonte: www.rinnovabili.it


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I pesticidi sono arrivati fino ai ghiacciai alpini e minacciano gli insetti delle terre alte

Uno studio dell’università di Milano-Bicocca ha evidenziato il ruolo dei ghiacciai come accumulatori di contaminanti utilizzati per l’agricoltura in Pianura Padana.

Neppure in alta montagna, tra il silenzio e i ghiacciai, dove l’orografia ha impedito all’uomo di estendere il suo dominio anche su quegli ambienti, gli insetti sono al sicuro dall’impatto antropico. Nei torrenti glaciali alpini un gruppo di ricercatori ha infatti rinvenuto tracce di pesticidi che minaccerebbero le larve di alcune specie di invertebrati.




















La ricerca, realizzata dal gruppo di ecotossicologia di Milano-Bicocca, in collaborazione con il gruppo di glaciologia, ha raccolto e analizzato campioni di acqua di fusione da sei ghiacciai alpini: Lys nel gruppo del Monte Rosa, Morteratsch nel Massiccio del Bernina, Forni nel gruppo dell’Ortles Cevedale, Presena nel gruppo della Presanella, Tuckett nel gruppo del Brenta e Giogo Alto nel gruppo del Palla Bianca-Similaun © Ingimage

Come i pesticidi sono arrivati in montagna

Lo hanno scoperto i ricercatori dell’università di Milano-Bicocca che, nello studio Analisi spazio-temporale e caratterizzazione del rischio di pesticidi in acque di fusione dei ghiacciai alpini, hanno evidenziato la stretta correlazione tra l’uso di pesticidi nelle aree agricole italiane limitrofe alle Alpi e le quantità ritrovate nella massa glaciale. I pesticidi, sostiene lo studio, sono arrivati sull’arco alpino trasportati dagli agenti atmosferici, insinuandosi poi nei ghiacciai.

Dalla Pianura Padana alle Alpi

L’obiettivo della ricerca, pubblicata sulla rivista Enviromental Pollution, era quello di verificare la presenza nei ghiacciai alpini di alcuni pesticidi largamente usati in Pianura Padana dal 1996 a oggi, come l’insetticida clorpirifos e l’erbicida terbutilazina. Per farlo gli scienziati del gruppo di ecotossicologia e del gruppo di glaciologia, guidati da Sara Villa, ricercatrice in ecologia, e Valter Maggi, docente di geografia fisica e geomorfologia, hanno analizzato una carota di ghiaccio prelevata dal ghiacciaio del Lys, nel massiccio del Monte Rosa, e campioni di acqua di fusione da sei ghiacciai alpini.
Come i pesticidi arrivano sulle Alpi
Il grafico realizzato dai ricercatori illustra il viaggio dei pesticidi, dalla pianura alle Alpi © Università di Milano-Bicocca

Ghiaccio avvelenato

Dai campioni prelevati è emerso che insetticidi ed erbicidi hanno ormai contaminato tutto l’arco alpino, “confermando così il ruolo dei ghiacciai come accumulatori di contaminanti trasportati in atmosfera”, si legge nello studio. Le concentrazioni di clorpirifos presenti nelle acque di fusione di alcuni ghiacciai, uno dei pesticidi più usati al mondo, di cui una recente ricerca ha evidenziato la tossicità e l’impatto negativo sullo sviluppo neurologico e sul cervello nei soggetti esposti alla sostanza in fase prenatale e neonatale, sono risultate superiori di quasi cento volte rispetto al valore soglia.

Insetti in pericolo

In tutto il mondo gli invertebrati stanno scomparendo ad un ritmo catastroficoil 40 per cento delle specie, secondo uno studio pubblicato lo scorso febbraio, è a rischio estinzione. Una delle principali cause del declino globale di questi piccoli e preziosi animali è proprio il massiccio uso di pesticidi, tipico dell’agricoltura intensiva. Gli insetticidi e gli erbicidi rinvenuti sulle Alpi, secondo la ricerca dell’università di Milano-Bicocca, mettono a rischio, in particolare, le larve della famiglia di insetti acquatici dell’ordine dei Ditteri nematoceri, tra cui le specie Diamesa cinerella e Diamesa zernyi. Il rilascio di pesticidi nell’acqua di fusione dei ghiacciai può inoltre comportare rischi per gli ecosistemi acquatici posti a valle, fino ad arrivare al mare.
Ghiacciaio alpino
Lo studio ha dimostrato come i pesticidi utilizzati in maniera massiccia per l’agricoltura in Pianura Padana abbiano un impatto negativo sugli ecosistemi alpini © Ingimage

Valutare il reale impatto dei pesticidi

Alla luce di queste scoperte è necessario regolamentare con maggiore consapevolezza l’uso dei pesticidi, per proteggere la nostra salute e la qualità dell’acqua degli (ex) incontaminati ecosistemi alpini. “L’entità della contaminazione e la sua distribuzione spaziale – ha spiegato Antonio Finizio, ecotossicologo dell’ateneo milanese – evidenziano l’esigenza di aggiornare le procedure di valutazione del rischio ecologico che considerino anche il trasporto atmosferico a media distanza, attualmente trascurato, ma di fondamentale importanza per la concessione dell’autorizzazione ministeriale relativa alla messa in commercio del prodotto fitosanitario, al fine di proteggere le comunità acquatiche alpine”.
fonte: www.lifegate.it

Quest'iceberg gigante si è staccato dall'Antartide, ed è 5 volte più grande di Manhattan


















Un iceberg circa 5 volte più grande di Manhattan si è staccato dall'imponente ghiacciaio Pine Island nell'Antartide occidentale nelle ultime ore. Un'ulteriore prova del costante e veloce ritiro di questa massa di ghiaccio.
Come molti altri ghiacciai dell'Antartide, Pine Island si sta ritirando sempre più velocemente. Anche se quello che si è staccato non è un iceberg da primato, di certo non il più grande del mondo, è il sesto a spezzarsi da quella piattaforma dal 2001. La prova della continua instabilità dei ghiacciai circondati dai mari in alcune parti del continente ghiacciato.
A settembre, lungo il ghiacciaio Pine Island era apparsa una spaccatura di circa 30 km. Poco dopo, si è staccata una porzione di circa 300 kmq.
Stef Lhermitte, geoscienziata della Delft University of Technology dei Paesi Bassi che segue da vicino il ghiaccio dell'Antartico, ha twittato che il fronte del ghiacciaio, dove il ghiaccio incontra il mare, si è ritirato di circa 5 chilometri verso l'entroterra rispetto agli ultimi decenni.
E la spiegazione c'è. Le masse ghiacciate come Pine Island fanno maggiormente i conti col riscaldamento degli oceani dovuto all'aumento globale delle temperature. L'acqua marina più calda ne provoca lo scioglimento non solo dall'esterno ma anche dall'interno, facendo sì che gli iceberg si stacchino con maggiore frequenza rispetto al passato.
A causa della una combinazione del riscaldamento dall'oceano sottostante e delle temperature dell'aria superiori, è più probabile che il ghiaccio interno collassi, facendo crescere i livelli marini.
Determinare la quantità delle future perdite di ghiaccio dall'Antartide è molto difficile. Una recente ricerca pubblicata su Nature Climate Change, ha rilevato che le perdite di ghiaccio dall'Antartide sono aumentate negli ultimi 25 anni e che il 40% del contributo al livello del mare nel continente si è verificato negli ultimi 5.
L'Antartide ha perso 1,883 miliardi di tonnellate di ghiaccio tra il 2007 e il 2017, una quantità ben più elevata rispetto a quanto stimato dagli scienziati in un rapporto pubblicato nel 2013.
Secondo i ricercatori, il fatto che il ghiaccio dell'Antartide venga corroso anche dall'interno non farà che velocizzarne la scomparsa.
"All'inizio degli anni 2000 era circa ogni 6 anni, ma la frequenza di distacchi è aumentata dal 2013. Gli iceberg risultanti si disintegrano anche più rapidamente" sostiene Lhermitte.
Un circolo vizioso le cui conseguenze sono ben note.
fonte: www.greenme.it