Parte degli alberi abbattuti dalla violenta tempesta del 2018 hanno iniziato un processo di rinascita e trasformazione. Una seconda vita che oggi assume anche le forme di un nuovo progetto edilizio verde dedicato al social housing
A volte la sostenibilità riesce ad mettere radici anche nella distruzione. Ne è un esempio l’edificio in legno più alto d’Italia, progetto di greenbuilding nato dalle “macerie” della tempesta Vaia. Quando nel 2018, il maltempo ha investito il Triveneto con venti di scirocco che soffiavano a 200 km/h, l’impatto sull’ambiente è stato devastante. L’evento meteorologico ha provocato la distruzione di 42.500 ettari di foreste e lo schianto al suolo di milioni di alberi. In un panorama naturale completamente stravolto, uno dei problemi emersi nel post disastro è stato riuscire a gestire gli oltre 9 milioni di metri cubici di legname abbattuto.
Secondo gli esperti ci vorranno anni per rimuovere dai boschi tutto il legno caduto, ma è importante operare al massimo della velocità perché il materiale tende a deteriorarsi e a non essere più utilizzabile. Ma soprattutto rischia di divenire coltura per nuove infezioni parassitarie. Come quella del bostrico (Ips typographus L), minuscolo insetto che si sviluppa sulle piante deperienti ma è in grado di attaccare anche quelle sane, aumentando ulteriormente il danno forestale.
In realtà, molto si è già fatto. Attualmente spiega PEFC Italia, organismo garante della certificazione di gestione sostenibile del patrimonio forestale, quasi la metà di questo legname è stato esboscato. Nel dettaglio, circa il 60% del legno è stata recuperato e venduto e i lavori procedono a pieno ritmo. Ritmo tenuto alto grazie anche ad una serie di progetti virtuosi che puntano a sostenere le zone colpite
Un cuore sociale per l’edificio in legno più alto d’Italia
Tra questi rientra a pieno titolo anche l’edificio in legno più alto d’Italia, realizzato al 100% proprio con gli alberi abbattuti dalla tempesta Vaia. La costruzione sorgerà a Rovereto nell’area ex Marangoni Meccanica e sarà destinata all’edilizia sociale. Con i suoi 9 piani per 29 metri d’altezza, una volta completato l’immobile si guadagnerà di diritto il record nazionale. Il progetto comprende anche un altro edificio di 5 piani, realizzato allo steso modo con legname recuperato, previa ingegnerizzazione ad opera di X-Lam Dolomiti.
Entrambe le costruzioni portano la firma di Ri-Legno a cui è stata commissionata l’opera da Rovim Srl e Finint nell’ambito di un progetto di social housing. La scelta del materiale ha permesso di ridurre drasticamente l’impronta climatica dei due edifici, sia perché il legno ha un costo energetico di produzione e smaltimento molto più basso rispetto il calcestruzzo, sia perché costituisce un pozzo naturale di carbonio.
“Il risparmio di emissioni rispetto all’edilizia tradizionale è dell’ordine del 50-70%”, spiega Francesco Dellagiacoma, neo eletto presidente del PEFC Italia. “Quella che abbiamo di fronte è il futuro dell’edilizia; un elemento centrale del green deal cui l’Italia è chiamata a partecipare per contribuire all’obiettivo di ridurre le emissioni del 55% e contenere gli effetti della crisi climatica, come indicato dall’UE”. L’effetto climatico complessivo (stoccaggio + riduzione delle emissioni) è di 3.700 tonnellate di CO2 in meno; pari alle emissioni di 3 anni di tutte le persone che abiteranno nel complesso. Oltre al buon record verde, l’edificio in legno più alto d’Italia sarà caratterizzato anche da un importante valore aggiunto dal punto di vista sociale. Insieme al secondo palazzo ospiterà 68 famiglie, offrendo alloggi e servizi abitativi a prezzi contenuti.
fonte: www.rinnovabili.it
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Il documento del Green Building Council Italia analizza punto per punto strategie e strumenti da mettere in campo nel settore delle costruzioni per ridurre le emissioni di CO2 entro il 2050.
Un futuro sostenibile e a "emissioni zero" nel settore delle costruzioni, che rispetti una serie di parametri e di temi cardine. È quanto contenuto nel manifesto GBC Italia, un documento che traccia un chiaro piano programmatico con il quale invita il governo a riconoscere il ruolo centrale del settore delle costruzioni.
Il lavoro del Green Building Council Italia pone l’attenzione non solo su attività e strumenti da mettere in campo ma anche necessità normative per allinearsi ad un piano d’azione completo, monitorando le prestazioni degli edifici attraverso piattaforme pubbliche nazionali e promuovendo l’adozione dei protocolli energetico-ambientali in coerenza con gli obiettivi europei. L’obiettivo è ridurre al minimo le emissioni di CO2 entro il 2050. L’intero settore è infatti responsabile del 36% di tutte le emissioni, del 40% dei consumi di energia, del 50% dell’estrazione di materie prime nell’Ue, del 21% del consumo di acqua.
“In ciascuno dei punti citati nel documento – interviene Giuliano Dall'Ò, presidente GBC Italia - GBC Italia porta la conoscenza che deriva da esperienze maturate negli anni, non solo in Italia, ma anche a livello internazionale attraverso il World Green Building Council, la rete internazionale di cui GBC Italia è socio stabile, oppure attraverso le esperienze maturate nei progetti europei ai quali GBC Italia partecipa da sempre”. Le azioni necessarie, elencate nel documento, riguardano la decarbonizzazione, l’economia circolare, l’efficienza idrica, l’uso del suolo e biodiversità, la resilienza, il benessere e salubrità, la giustizia nella transizione.
Per GBC Italia, decarbonizzare il settore dell’edilizia significa passare della definizione di edificio a energia zero a edificio a "Zero Emissioni di CO2", rivedere il piano di riqualificazione del 3% annuo degli edifici pubblici e delle amministrazioni locali con una priorità agli edifici scolastici. Va incentivata la produzione e condivisione dell’energia rinnovabile all'interno dei distretti urbani e sviluppata una mobilità sostenibile. La deep renovation, ovvero riqualificazione profonda di edifici e condomini diventa uno strumento necessario, da gestire anche attraverso campagne di incentivi dedicati.
Di conseguenza diventa necessario il monitoraggio delle prestazioni degli edifici attraverso piattaforme pubbliche nazionali che rispondano ai protocolli energetico ambientali. Sul fronte dell’economia circolare la proposta è il reimpiego di componenti della decostruzione selettiva e la scelta di materiali ad alta percentuale di riciclato, implementando anche il riutilizzo del suolo destinato ad aree già edificate. Attraverso la tecnologia sarà poi possibile monitorare facilmente l’utilizzo e gli sprechi idrici ed evitarne i consumi eccessivi. Infine, tra le misure finanziarie proposte c’è quella di abilitare gli istituto di credito quali beneficiari della cessione del credito di imposta e la diffusione di Mutui verdi riservati alla deep renovation a nuovi edifici con una sostenibilità energetico-ambientale certificata.
Tra gli strumenti del cambiamento è analizzato il framework Level(s), sviluppato dalla Commissione europea: l'obiettivo è quello di arricchire il sistema di metriche di valutazione dell'edilizia sostenibile creando un approccio comune basato sull'integrazione degli attuali strumenti di certificazione e trasformando il settore dell’edilizia verso un approccio che consideri il ciclo di vita con riferimento all'agenda dell’UE sull'economia circolare. Level(s) utilizza indicatori affidabili basati su norme e strumenti relativi ad energia, materiali, acqua, salute e benessere, cambiamento climatico e valore del ciclo di vita. La portata totale degli impatti ambientali, sociali ed economici rende strategico il ruolo dell’edilizia all'interno del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030.
fonte: www.nonsoloambiente.it #RifiutiZeroUmbria - #DONA IL #TUO 5 X 1000 A CRURZ - Cod.Fis. 94157660542
Lo studio “Atlas” di Stefano Boeri Architetti e Comieco indaga soluzioni innovative di architettura che considerino gli spazi in base alla gestione dei rifiuti e della raccolta differenziata
Coniugare la gestione della raccolta dei rifiuti agli spazi della nostra casa del futuro, quindi far sì che l’architettura progetti ambienti che tengano conto degli spazi legati alla raccolta differenziata. Proprio di questo si è occupato Atlas, lo studio di Stefano Boeri Architetti e Comieco, il Consorzio nazionale recupero e riciclo degli imballaggi a base cellulosica che ha posto al centro il dialogo tra architettura e best practices in campo di gestione di rifiuti, analizzando esempi di città virtuosi e mettendo in luce su quali elementi è necessario lavorare.
Lo studio parte dai numeri legati all’urbanizzazione: se si stima che oggi sono oltre 7,5 miliardi le persone nel mondo, e che la previsione è che questa cifra raddoppi entro il 2030, anche i 4 miliardi di tonnellate di rifiuti prodotti ogni anno aumenteranno del 50% in 15 anni. In questo panorama è sempre più urgente partire dalla semplice domanda “dove butteremo i nostri rifiuti?” per ripensare ambienti domestici, edifici e quartieri anche in base alla produzione dei nostri scarti, sperando che la raccolta differenziata diventi una buona norma quotidiana e non una regola da seguire solo saltuariamente. “L’abitare del futuro non può prescindere dal tema della gestione e dello smaltimento dei rifiuti. Una necessità che va ripensata e integrata nella realtà domestica come un passo essenziale, nell’ottica di un approccio olistico alla sostenibilità” ha commentato l’architetto Stefano Boeri durante la presentazione dello studio nell’ambito del Fuori Salone di Milano 2018.
Benché l’Italia risulti uno degli stati europei con il tasso di riciclo più alto, che tocca il 45%, nel campo dell’architettura si può fare ancora tanto per l’economia circolare. E tra le diverse città prese in considerazione nello studio, Milano spicca come esempio virtuoso: con una popolazione di 1,3 milioni, i cittadini producono 496 kg/abitante di rifiuti, ma grazie ad un efficiente sistema di raccolta porta-a-porta si raggiunge oggi un tasso di riciclo di oltre il 52%. “A Milano abbiamo raggiunto eccellenti livelli di raccolta che ci attestano in cima alla classifica delle grandi città europee più virtuose – sottolinea l’Assessore all’Urbanistica, Verde e Agricoltura Pierfrancesco Maran – Questo è stato possibile non solo perché abbiamo introdotto importanti implementazioni, ma anche grazie alla sensibilità ambientale dei milanesi. Ecco perché le evoluzioni che verranno grazie alle possibili sinergie con l’architettura troveranno nella nostra città terreno fertile per la sperimentazione”.
Tra gli ambienti da ripensare c’è senza dubbio la cucina, dove solitamente i rifiuti sono separati, passando per il condominio, dove confluiscono. Ci sono poi una serie di best practices urbane proposte: borse componibili, composter a uso domestico, modelli di raccolta rifiuti condominiale, fino alle ecostation e i cassonetti a scomparsa pensati per il quartiere. C’è poi l’innovativo sistema pneumatico per i condomini, un meccanismo ad aria compressa che trasporta i rifiuti ad un centro di raccolta attraverso canne di caduta sotterranee singole e multiple.
“La carta è il materiale presente nella raccolta differenziata con la percentuale (22%) più alta dopo l’organico – ha dichiarato Carlo Montalbetti, Direttore Generale di Comieco – E se sono stati fatti passi da gigante nel riciclo degli imballaggi cellulosici (ad oggi siamo all’80%), possiamo ancora migliorare l’intera gestione dei rifiuti nelle città. Pensiamo solo al boom dell’ecommerce e alla quantità dei cartoni che ogni cittadino si trova in casa e deve differenziare: nel 2017 si stima che, in Italia, siano stati consegnati 150 milioni di pacchi da acquisti online. Le grandi metropoli si stanno attrezzando per gestire la “rivoluzione” del commercio elettronico, a partire da Milano, dove in base ai dati di Netcomm si contano 650.000 consegne ecommerce ogni mese (23.000 al giorno), a cui si aggiungono 1.500.000 consegne mensili della provincia”.
SOLO COL RISPARMIO ENERGETICO IN EDILIZIA SI POTRÀ EVITARE IL SURRISCALDAMENTO GLOBALE. IN CANADA È IN ATTO UNA RIVOLUZIONE NEL GREEN BUILDING MA NEL RESTO DEL MONDO SI PROCEDE CON LENTEZZA
La diffusione di sistemi di produzione energetica rinnovabile, con il fotovoltaico in prima linea, sta sicuramente contribuendo a tenere a bada il riscaldamento globale. Ma questi sforzi non sono sufficienti a garantire una reale miglioramento sul fronte delle emissioni inquinanti se non si agisce con maggiore determinazione nel risparmio energetico in edilizia.
L’inefficienza degli edifici potrebbe costarci l’Accordo di Parigi
È dagli edifici che dipende la più alta percentuale dei consumi energetici a livello mondiale ed è proprio la loro inefficienza che potrebbe costarci il rispetto dell’Accordo di Parigie quindi l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2 ° C. A dirlo è il recente report redatto dalProgramma delle Nazioni Unite per l’ambiente(Unep), con dati confermati dalla Global Alliance for Buildings and Constructions, secondo cui per raggiungere gli obiettivi climatici che i paesi firmatari si sono posti, l’efficienza energetica degli edifici dovrebbe aumentare del 30%entro il 2030 rispetto al 2015.
Risparmio energetico in edilizia: cosa fare
Per ottenere una maggiore efficienza energetica del costruito bisognerebbe agire su più fronti: sia riducendo il quantitativo di energia ed elettricità necessario per far funzionare le strutture, specie quelle che operano in modo continuato, pensiamo a ospedali o centri commerciali. Sia migliorando i processi e i materiali che con le loro emissioni nocive contribuiscono all’inquinamento atmosferico.
La transizione energetica passa per gli edifici
Secondo l’UNEP, gli edifici consumano un terzo dell’energia che viene prodotta a livello mondiale ed emettono il20% dei gas serra. Nel 2015, l’82% dell’energia consumata nel settore delle costruzioni è stata generata dai combustibili fossili. Sebbene si stia indubbiamente investendo in misure di risparmio energetico in edilizia, è necessario accelerare questo processo di transizione, soprattutto in vista dell’enorme espansione che interesserà le città di tutto il mondo per accogliere una popolazione in forte crescita.
Secondo gli analisti nei prossimi 40 verranno edificati circa 230 miliardi di metri quadrati. Cifre che spaventano ma che possono anche rappresentare un enorme potenziale, dal momento in cui gran parte dell’edilizia sarà di nuova costruzione e l’obiettivo che ci si dovrebbe porre globalmente è quello del rispetto di elevati standard di sostenibilità, basso impatto ambientale ed efficienza energetica.
La sfida si giocherà nei paesi in via di sviluppo
Il problema è che gran parte del costruito si concentrerà nei paesi in via di sviluppo, quelli maggiormente interessati dal boom demografico, e nella maggior parte di queste aree non esistono ancora delle rigide prescrizioni per quanto riguarda il risparmio energetico in edilizia. E’ in questi paesi che si dovrà promuovere l’efficienza, perché, secondo il rapporto dell’Unep, migliorare gli standard edilizi nei paesi più ricchi non sarà sufficiente per garantire il rispetto degli obiettivi stabiliti con l’Accordo sul clima parigino.
Canada in prima linea sul green building
Se c’è un paese che negli ultimi anni sta concentrando tutti i suoi sforzi nel trasformare il settore delle costruzioni in un comparto veramente green è sicuramente il Canada. A guardare tutti i progetti che si stanno realizzando o che sono stati pianificati per il futuro si può tranquillamente dire che sia in atto una rivoluzione architettonica.
Grattacieli in legno, edifici microclimatici
Il Canada è la patria indiscusso dei grattacieli in legno, con il noto Brock Commons, un edificio di 53 metri realizzato a Vancouver, che detiene ancora il primato di edificio in legno più alto del mondo, ma che presto verrà superato dai 71 metri della Terrace House, che porta la firma di Shigeru Ban e verrà realizzata sempre a Vancouver. Ma anche di alcune sperimentazioni di edilizia sostenibile innovativa e microclimatica, come quella dell’Etobicoke Civic Centre, in fase di realizzazione nella città di Toronto.
Progetti innovativi di passive house
Il vero risparmio energetico in edilizia si otterrà però molto probabilmente grazie a una serie di progetti Passive House, che sono in corso di attuazione, in fase progettuale o semplicemente di proposta.A gennaio, ad esempio, aprirà ufficialmente le porte a VancouverThe Heights, un condominio di sei piani dotato di 85 unità abitative, realizzato seguendo i principi di progettazione passiva.
Efficienza energetica del costruito, la rivoluzione canadese
È il più grande progetto di passive house realizzato in Canada, ma molto probabilmente non deterrà il primato per molto tempo, perché sono molti gli edifici ultra efficienti che dovrebbero essere realizzati negli anni a venire. D’altra parte, per riuscire a rispettare l’impegno, sottoscritto con l’Accordo di Parigi, di ridurre le emissioni nocive del 30% rispetto ai livelli del 2005, il Canada non può far altro che intervenire in modo molto deciso sul comparto edile.
In città come Toronto e Vancouver gli edifici sono i più grandi generatori di gas a effetto serra, rappresentando rispettivamente il 53 e il 56% delle emissioni nocive, stando a dati del 2014. Dal momento in cui entrambe le città hanno stabilito di voler ridurre drasticamente, se non eliminare del tutto, le emissioni prodotte dai nuovi edifici entro il 2030, non si può far altro che invertire decisamente la rotta, puntando alla massima sostenibilità ed efficienza energetica.
Torri passive, due progetti innovativi
Il primo passo è quello di abbandonare la tradizione edilizia delle case unifamiliari, molto in voga in un paese come il Canada caratterizzato da superfici molto estese, promuovendo soluzioni condominiali e grattacieli. Con un focus particolare sulla progettazione passiva, l’unica che possa realmente garantire un evidente risparmio energetico in edilizia. In questo senso, siamo certi certi che il Canada diventerà un modello a livello internazionale per le realizzazioni Passive House su larga scala. Oltre al condominio The Heights, a gennaio 2018 verrà lanciato un bando per la progettazione di una residenza dell’Università di Toronto, che comprenderà due torri, una di otto piani e l’altra di 10, realizzate seguendo principi di casa passiva.
Ancora più ambizioso è il progetto di due sviluppatori, Asia Standard e Landa Global Properties, che stanno investendo nel progetto di due torri passive di 43 e 48 piani, per la città di Vancouver. In questo caso, si è ancora nelle fasi iniziali, ma i primi modelli sembrano confermare la fattibilità per l’applicazione di principi di progettazione passiva a dei grattacieli così alti.