E’ quasi un ciclo perfetto quello che compiono le acque cittadine ad Aarhus, in Danimarca. La città si appresta a diventare la prima al mondo a soddisfare la domanda elettrica del suo servizio idrico grazie alle sue stesse acque nere.
Il merito è della centrale di trattamento dei reflui urbani Marselisborg,
oggetto di recenti migliorie che ne hanno fatto ben più di un impianto
di depurazione. Il sito tratta acque reflue e liquami domestici,
ricavando biogas dai fanghi di depurazione. Il
carburante alimenta un cogeneratore che, fino a ieri, destinava tutta
l’elettricità prodotta alle esigenze dello stesso impianto. I
miglioramenti apportati ne hanno incrementato l’efficienza e ora la
centrale produce il 150% dell’energia di cui ha bisogno
per il suo funzionamento. Cosa succede al surplus? Semplice: lo si
utilizza per far funzionare la rete idrica che porta acqua potabile a
200mila persone al giorno.
“Stiamo per essere il primo bacino di
utenza energeticamente neutro” spiega Mads Warming della Danfoss Power
Electronics, il fornitore tecnologico dell’utility idrica comunale.
La tecnologia non è nuova. Ma il suo
successo di Aarhus è attribuibile ad una combinazione di severe
normative ambientali mirate alla riduzione degli inquinanti negli
scarichi e ad un progetto infrastrutturale ad hoc, realizzato
appositamente per l’energia recuperata dall’impianto e per migliorare il
controllo della pressione nelle tubature. L’aggiornamento delle
strutture ha richiesto un investimento iniziale di circa 3 milioni di euro
che la società è convinta di poterlo recuperare in soli cinque anni
grazie ai risparmi sul fronte della manutenzione e gli introiti della
vendita di energia alla rete.
Sono già diverse le città che hanno
mostrato attenzioni particolari al progetto danese, ma Molly Walton,
analista dell’Agenzia Internazionale dell’Energia avverte: replicare
l’esperienza con questa resa sarà difficile. E questo non solo perché
raramente l’uso energetico nel settore idrico è quantificato in maniera
chiara. L’ostacolo più grande, oltre alla barriera psicologica degli
investimenti iniziali (la preoccupazione è che aumenti il costo
dell’acqua), rimane la composizione delle acque reflue: devono essere
composte dalla giusta percentuale di materiale organico per poter
recuperare abbastanza energia.
fonte: www.rinnovabili.it