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Rifiuti al posto del carbone, è davvero una scelta ecologica?

Gli abiti non adatti alla vendita, presenti nel magazzino centrale della H&M, sono destinati ai forni della centrale cogenerativa di Vasteras, per produrre elettricità e calore















Bruciare gli abiti scartati dalla catena di negozi H&M per rimpiazzare i tradizionali combustibili fossili. Succede in Svezia dove una centrale combinata ha deciso di sostituire gradualmente l’utilizzo del carbone con alcuni “combustibili rinnovabili e riciclati”. Ci troviamo a Vasteras, a nord-ovest di Stoccolma. Qui l’impianto della Malarenergi AB, utility che possiede e gestisce lo stabilimento, ha accolto in questi giorni il suo ultimo carico di carbone. Il combustibile sarà utilizzato solo in caso di “emergenze meteorologiche” fino al 2020, anno a partire dal quale la centrale svedese dovrebbe eliminare qualsiasi fonte fossile dalla sua dieta.

In tre delle sue 5 caldaie già da tempo finiscono biomasse, biocarburanti, scarti cellulosici e dallo scorso anno anche vestiti usciti dal commercio, per produrre in assetto cogenerativo elettricità e teleriscaldamento. “Per noi si tratta di materiale combustibile”, spiega a Bloomberg, Jens Neren, responsabile delle forniture di carburante presso l’utility. “Il nostro obiettivo è utilizzare solo combustibili rinnovabili e riciclati”. Obiettivo che verrà raggiunto entro la fine di questo decennio, con la sostituzione delle due ultime unità.


In realtà nelle bocche dell’impianto finiscono anche rifiuti ottenuti dalle vicine città e in alcuni casi anche dalla Gran Bretagna (la società viene pagata per smaltirli). Nell’accordo stretto tra Malarenergi AB e il comune di Eskilstuna rientrano anche gli abiti non venduti presenti nel magazzino centrale della H&M, il colosso svedese del fast fashion. Nel 2017, l’impianto di Vasteras ha bruciato circa 15 tonnellate di vestiti scartati da H&M sulle 400.000 tonnellate di spazzatura gestite in totale sino a ora. La celebre catena d’abbigliamento ha specificato che tutti gli abiti inceneriti appartengono a lotti dichiarati “non sicuri” e quindi non adatti alla vendita. “È nostro obbligo legale  – ha spiegato la società – assicurarci che i vestiti che contengono muffe o che non rispettano le nostre rigorose restrizioni sui prodotti chimici siano distrutti”.

fonte: www.rinnovabili.it

Staccarsi dalla rete può essere economicamente conveniente?

Grazie a fotovoltaico, batterie e cogeneratori, essere al 100% indipendenti a livello energetico è assolutamente possibile, anche se relativamente caro. Ora però una nuova analisi mostra che, in certi casi e grazie alle detrazioni fiscali, sarebbe un'opzione economicamente meno folle di quanto si pensi.

















Staccarsi dalla rete, contrariamente a quanto si pensava, in certi casi e grazie alle detrazioni fiscali, potrebbe essere conveniente già con i prezzi attuali di fotovoltaico, batterie e cogeneratori.
A mostrarlo sono delle nuove simulazioni realizzate da RSE e Anie Energia, che si inseriscono nel dibattito su un tema che inquieta utility e regolatori, quello che nel mondo anglosassone chiamano “grid defection”, termine che noi possiamo tradurre con “fuga dalla rete.”
Il rischio paventato, infatti, è quello della cosiddetta “death spiral”, “spirale della morte”, cioè lo scenario nel quale un numero crescente di utenti decide di staccarsi dalla rete pubblica, lasciando così i costi di rete e di sistema sulle spalle di una platea più ristretta di consumatori, con un conseguente rialzo dei costi dell'elettricità retail, che spingerebbe altri ancora alla fuga dalla rete.
In Italia questo rischio appare per ora remoto: nonostante i prezzi del kWh in bolletta siano relativamente alti, abbiamo un sistema elettrico abbastanza affidabile (nonostante quanto successo in Centro Italia con le nevicate dello scorso inverno) e, dal punto di vista economico, al momento ha più senso autoprodurre solo una parte dell'energia che si consuma, continuando ad approvvigionarsi dalla rete per la quota residua.
È comunque interessante l'analisi di RSE e Anie (in allegato in basso), contenuta nel nuovo "Libro Bianco sui sistemi d'accumulo", dalla quale, come anticipato, emerge che chi consuma molta energia, già ora, grazie al contributo determinante delle detrazioni fiscali, puntando sull'autarchia energetica con FV, batterie e cogenerazione, non ci rimetterebbe molto rispetto a continuare ad acquistare l'elettricità dalla rete
L'analisi di RSE e Anie
L'analisi, a partire da profili reali di consumo elettrico e termico di diverse tipologie di utenti, ha simulato il funzionamento di differenti configurazioni impiantistiche in grado di soddisfare il 100% dei fabbisogni elettrici (e in alcuni casi anche termici), calcolando quindi il relativo COE, Cost Of Electricity, ossia il costo di generazione del kWh elettrico calcolato sull’intera vita utile dell’impianto.
Tale valore è stato quindi confrontato con il costo del kWh prelevato dalla rete, a parità di consumo annuo, con le tariffe vecchie e nuove, mentre per le soluzioni impiantistiche che producono anche calore (quelle che coinvolgono un cogeneratore) si è tenuto conto anche dei costi evitati per i consumi termici.
Quattro le configurazioni impiantistiche considerate (nella tabella i costi di investimento, per i dettagli si veda l'allegato in basso):
  1. solo micro-cogeneratore (CHP) per la produzione combinata di energia elettrica e calore (riscaldamento e acqua calda sanitaria).
  2. micro-cogeneratore (CHP) + accumulo elettrochimico (sia per il time shift dell’energia prodotta, sia per consentire al CHP di funzionare per un numero inferiore di ore ma ad un carico più elevato);
  3. impianto fotovoltaico con batteria;
  4. CHP + fotovoltaico + sistema d'accumulo
 






I risultati
La soluzione più conveniente, è emerso, è quella che combina tutte e tre le tecnologie: microcogenerazione, fotovoltaico e accumulo elettrochimico.
La configurazione fotovoltaico con batteria solamente applicando la detrazione del 50% e solo per consumi elettrici molto alti si avvicina ai costi da sostenere acquistando energia dalla rete, ma comporta in ogni caso una spesa maggiore.
Lo studio prende in esami sia casi di abitazioni di residenza che seconde case. Sulle seconde case, anche considerando la più conveniente configurazione CHP + FV + batteria, staccarsi dalla rete non è mai conveniente: per queste utenze, a prescindere dalla zona climatica dell’abitazione, i consumi risultano troppo ridotti a fronte degli elevati costi d’investimento.
Chi ha una casa che utilizza solo per le vacanze con consumi modesti (tra 450 e 900 kWh l'anno nelle ipotesi fatte) e vuole assolutamente che sia energeticamente indipendente, per risparmiare, comunque, dovrebbe optare per il solo cogeneratore, senza batteria (scelta peraltro poco climate friendly).
Anche per i residenti (grafico sotto), il conto della grid defection sembra sostenibile, seppure più salato rispetto all'acquisto dalla rete, solo per chi ha consumi consistenti.

















Come si vede, con la riforma delle tariffe elettriche degli utenti domestici (“nuove tariffe”, nel grafico), che elimina la progressività, l'autarchia energetica è ancora meno conveniente rispetto che con le vecchie tariffe, cancellate dal 1° gennaio 2017.
Affinché staccarsi dalla rete si avvicini alla convenienza economica senza incentivi almeno per chi consuma di più, i costi delle tecnologie dovrebbero calare di oltre il 20 o 40%.
Ma con le detrazioni ...
Se i risultati di cui abbiamo parlato non tengono conto di eventuali incentivi, i conti cambiano comprendendo nel calcolo le detrazioni fiscali del 50%, cui possono accedere tutte e tre le tecnologie (anche se per il CHP non c'è ancora un chiarimento esplicito).
Come cambia con lo sgravio fiscale il costo del kWh autoprodotto si vede nella tabella qui sotto:

 








Come si nota, per consumi consistenti la scelta autarchica, già con i costi attuali delle tecnologie, comporta una spesa equiparabile a quella da sostenere continuando ad affidarsi alla rete pubblica.
Questo è vero non solo per la più competitiva combinazione cogenerazione – fotovoltaico con batteria, ma anche per l'opzione FV + sistema d'accumulo.
Il fotovoltaico con batteria, va detto, anche nei casi più favorevoli e con la detrazione, ha comunque un costo del kWh di circa 7 centesimi superiore a quello della bolletta. Ciò ovviamente nell'ipotesi di dimensionare l'impianto per coprire il 100% dei consumi in ogni stagione, mentre con un dimensionamento adeguato e senza staccarsi dalla rete, invece, i costi del kWh da FV in Italia sono già ben al di sotto di quelli del kWh dalla rete.
E in futuro?
In futuro, mettendo in conto i cali previsti per i costi di fotovoltaico e batterie, e gli aumenti dell'energia elettrica in bolletta, staccarsi dalla rete potrebbe dunque essere una scelta basata anche su valutazioni economiche, oltre che da motivazioni etico-politiche, come il desiderio di indipendenza o di contare solo su fonti pulite (nel caso FV+batteria).
D'altra parte, l'opzione della grid defection ha anche un altro grosso handicap, a parte quello economico che come abbiamo visto potrebbe essere in via di superamento: staccarsi dalla rete esporrebbe il cliente al rischio di restare senza corrente ad esempio in caso di guasto del motore del CHP o degli inverter d’impianto.
Insomma, in un contesto come il nostro, in cui il servizio offerto dalla rete elettrica è capillare e relativamente affidabile, è poco probabile che un numero rilevanti di utenti possa optare per l'autoproduzione totale.
Questo nonostante i risultati dell'analisi di RSE e Anie, che mostra che staccarsi dalla rete, in certi casi e grazie alle detrazioni, già ora sarebbe un'opzione economicamente meno folle di quanto si pensi.

fonte: www.qualenergia.it

Alimentare i servizi idrici con l’energia dei reflui, in Danimarca si può

Aarhus diventerà la prima città al mondo a rifornire i propri cittadini d’acqua potabile utilizzando solo l’energia prodotta dai liquami domestici













E’ quasi un ciclo perfetto quello che compiono le acque cittadine ad Aarhus, in Danimarca. La città si appresta a diventare la prima al mondo a soddisfare la domanda elettrica del suo servizio idrico grazie alle sue stesse acque nere.
Il merito è della centrale di trattamento dei reflui urbani Marselisborg, oggetto di recenti migliorie che ne hanno fatto ben più di un impianto di depurazione. Il sito tratta acque reflue e liquami domestici, ricavando biogas dai fanghi di depurazione. Il carburante  alimenta un cogeneratore che, fino a ieri, destinava tutta l’elettricità prodotta alle esigenze dello stesso impianto. I miglioramenti apportati ne hanno incrementato l’efficienza e ora la centrale produce il 150% dell’energia di cui ha bisogno per il suo funzionamento. Cosa succede al surplus? Semplice: lo si utilizza per far funzionare la rete idrica che porta acqua potabile a 200mila persone al giorno.
“Stiamo per essere il primo bacino di utenza energeticamente neutro” spiega Mads Warming della Danfoss Power Electronics, il fornitore tecnologico dell’utility idrica comunale.


La tecnologia non è nuova. Ma il suo successo di Aarhus è attribuibile ad una combinazione di severe normative ambientali mirate alla riduzione degli inquinanti negli scarichi e ad un progetto infrastrutturale ad hoc, realizzato appositamente per l’energia recuperata dall’impianto e per migliorare il controllo della pressione nelle tubature. L’aggiornamento delle strutture ha richiesto un investimento iniziale di circa 3 milioni di euro che la società è convinta di poterlo recuperare in soli cinque anni grazie ai risparmi sul fronte della manutenzione e gli introiti della vendita di energia alla rete.

Sono già diverse le città che hanno mostrato attenzioni particolari al progetto danese, ma Molly Walton, analista dell’Agenzia Internazionale dell’Energia avverte: replicare l’esperienza con questa resa sarà difficile. E questo non solo perché raramente l’uso energetico nel settore idrico è quantificato in maniera chiara.  L’ostacolo più grande, oltre alla barriera psicologica degli investimenti iniziali (la preoccupazione è che aumenti il costo dell’acqua), rimane la composizione delle acque reflue: devono essere composte dalla giusta percentuale di materiale organico per poter recuperare abbastanza energia.

fonte: www.rinnovabili.it