L'idrogeno sarà convertito in ammoniaca liquida per l'esportazione. Si punta così a entrare nel futuro vasto mercato dei carburanti green.
L’Australia potrebbe ospitare un mega-centro per la produzione di idrogeno 100% verde da fonti rinnovabili grazie al progetto Western Green Energy Hub.
Con questo progetto, riporta S&P Global Platts citando il principale promotore dell’iniziativa, InterContinental Energy, si intende installare 50 GW di fonti rinnovabili su circa 15.000 km quadrati nello Stato del Western Australia.
Saranno 30 GW di eolico e 20 GW di fotovoltaico, secondo le informazioni diffuse dalla società, nata nel 2014 e basata a Hong Kong, il cui obiettivo è sviluppare enormi impianti per produrre carburanti puliti da energie rinnovabili.
Il progetto sarà costruito in diverse fasi puntando a produrre 3,5 milioni di tonnellate/anno di idrogeno verde al 2030, da convertire in circa 20 milioni di tonnellate di ammoniaca liquida a zero emissioni, destinata all’esportazione.
Al momento il consorzio Western Green Energy Hub, di cui fanno parte anche CWP Global e Mirning Green Energy, non ha diffuso informazioni più dettagliate su impianti e tecnologie, ad esempio sulle caratteristiche degli elettrolizzatori che produrranno H2 green da rinnovabili.
Sul loro sito web si legge che il costo totale stimato del progetto, uno dei più grandi al mondo in campo energetico, è di circa 70 miliardi di dollari.
Gli investitori puntano così a entrare nel futuro vasto mercato dei carburanti verdi di origine rinnovabile, da utilizzare nei trasporti (navi, camion) e nei processi industriali, nell’ambito delle politiche di decarbonizzazione su scala globale.
Ricordiamo che la stessa Unione europea scommette molto sull’idrogeno, e sui combustibili da esso derivati, per abbattere le emissioni di CO2 in determinati settori, come trasporti e industrie pesanti, dove è più difficile elettrificare direttamente i consumi energetici.
Bisognerà vedere se le super-iniziative come quella lanciata in Australia riusciranno a produrre idrogeno e/o ammoniaca a costi competitivi e quali saranno i mercati di esportazione.
fonte: www.qualenergia.it
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Il documento mira ad individuare i settori in cui si ritiene che questo vettore energetico possa diventare competitivo in tempi brevi ma anche verificare le aree d’intervento che meglio si adattano a sviluppare ed implementare l’utilizzo dell’idrogeno
Con l’intento di pianificare lo sviluppo dell’idrogeno nel trasporto marittimo, terrestre ed avviare contestualmente una visione integrata tra la logistica ed industria, la SNAM (Società Italiana Matanodotti, già gruppo ENI) è il principale soggetto coinvolto per avviare la transizione verso una politica energetica sostenibile. La società, che in Italia è impegnata da oltre 70 anni nel trasporto e stoccaggio di gas sotterraneo, ha creato nel 2019 l’unità di affari “business unit” sull’idrogeno, integrando la parte della sostenibilità nel settore dell’energia. Nello specifico l’idrogeno verde “green hydrogen” è completamente derivato da rinnovabili e quindi a “foot print” zero. Questo significa che una volta utilizzato non emette CO2 soddisfacendo a pieno titolo la prerogativa di combustibile CO2 free. L’idrogeno verde è ottenuto mediante il procedimento dell’elettrolisi per cui l’acqua viene separata in idrogeno e molecole di ossigeno.
Come qualunque altro gas, l’idrogeno consente una forma di stoccaggio e trasporto/trasferiento dell’energia molto efficiente rispetto a combustibili solidi o liquidi e l’interesse dei paesi europei verso la produzione ed i possibili utilizzi del “green hydrogen” sta crescendo ogni anno. Il settore marittimo dei trasporti ad esempio ha delle alte aspettative verso questo vettore energetico. Per la stessa ragione le hanno i settori industriali più energivori che necessitano di alte temperature per eseguire i loro processi produttivi, afferma l’Ing. Dina Lanzi di Snam responsabile dell’Unità di Affari “Idrogeno Tecnico” intervenuta al seminario “Idrogeno per la transizione energetica” patrocinato dalla Autorità del Sistema Portuale Mar Tirreno Settentrionale.
Quello che sta avvenendo in Europa ma anche in Italia è che sempre maggior interesse viene rivolto a supporto dell’idrogeno come principale vettore energetico, se ne parla infatti nel Next Generation EU nei progetti PCI (Projects of Common Interest). Di recente è stata creata una catena di valore “value chain” anche per l’idrogeno così come per la microelettronica, per le batterie del settore automotive, che mira a facilitare l’ingresso dell’idrogeno come vettore energetico nel mix energetico. Nel corso del 2020 sono state presentate le strategie industriali per l’uso dell’Idrogeno ed anche in Italia a fine novembre 2020 sono state presentate le linee guida. Per tali motivi i trasportatori europei stanno lavorando insieme per costruire e mettere a disposizione la rete gas a favore di un’economia ad idrogeno.
A tale proposito l’Ing Lenzi ricorda che il materiale con cui è realizzata l’infrastruttura di trasporto per il gas è compatibile per la maggior parte dei casi anche con l’idrogeno. Si procederà a realizzare interventi specifici di adeguamento alle centrali di compressione, particolare attenzione sarà posta sulle modifiche alle attrezzature di misura. Attualmente la maggior parte dei gasdotti che si è sviluppata nel corso degli anni, per la maggior parte dei casi, è già compatibile per il convogliamento dell’idrogeno. Inoltre l’attuale rete gas è in grado di trasportare una miscelazione di gas detto “blending” composta da idrogeno e gas naturale dando la possibilità a questo nuovo vettore di essere applicato in maniera massiva su diverse applicazioni e quindi trainare una logistica ed una catena di fornitura “supply chain” particolarmente favorevole e capace nel tempo di conseguire un considerevole abbassamento dei costi di produzione e rendendo in questo modo l’idrogeno più competitivo rispetto ai prezzi dei combustibili tradizionali.
L’integrazione dei trasportatori europei TSO (Transmission System Operator) diventerebbe una spina dorsale “Back-bone” ad idrogeno puro di 6000 km estensibile poi a 23.000 km al 2040. Punto di origine di questa dorsale europea dovrebbe essere il porto olandese di Rotterdam a dimostrazione del fatto che i porti sono un punto fondamentale per lo sviluppo dell’idrogeno e questo rivela anche come le infrastrutture possano operare da elemento volano e da facilitatore per avviare e consolidare le fasi della transizione. Circa il 75% della dorsale europea deriverebbe già da quella esistente mentre solo un 25% sarebbe di nuova realizzazione.
La SNAM, che dal 2019 ha formalizzato il suo impegno nel settore dell’idrogeno, con l’istituzione della “business unit”, ha deciso di operare su tre pilastri.
Per il primo si tratta di lavorare per rendere disponibili tutti gli asset della rete gas per l’idrogeno e quindi le condutture “pipelines”, ma anche centrali di compressione che vuol dire studi e collaborazioni con Baker-Hughes, con Ansaldo, con Solar e con altri soggetti per avere dei turbocompressori compatibili con l’idrogeno.
Il secondo pilastro della strategia è contribuire alla nascita di un sistema/schema regolatorio per predisporre le condizioni necessarie a rendere possibile la diffusione dell’idrogeno.
Il terzo pilastro si fonda sulle leve da attivare come soggetto facilitatore in modo che tutta la catena del valore riesca ad integrarsi e ad avere un approccio di sistema che permetta la diffusione del vettore nella maniera più veloce possibile.
Quanto sopra perché SNAM è una struttura votata al trasporto e che deve allo stesso tempo cercare di mettere in contatto la produzione con l’utilizzo. L’idrogeno servirà per l’industria delle raffinerie, per gli impianti di produzione di ammoniaca, per le celle a combustibile “fuell cells” che possono essere alimentate sia a gas naturale che in blending, ma è possibile anche a idrogeno puro. Gli impianti fuell cells possono essere utilizzati come co-generatori perché in grado di produrre gas e calore anche ad esempio in ambito portuale e per il settore dei trasporti. Quest’ultimo è uno dei settori dove SNAM sta investendo maggiormente. In particolare tutte le partnership che SNAM ha fatto con ALSTOM (Alsace-Thomson) e Ferrovie dello Stato mirano appunto ad entrare in questo settore per avviare all’elettrificazione delle tratte ferroviarie Diesel che in Italia sono ancora circa il 30/40%.
In Italia e più precisamente nel Lazio il più grande Centro di ricerca dell’Enea, nei pressi del lago di Bracciano, si occupa anche di Idrogeno. “Da diversi decenni l’utilizzo dell’idrogeno come vettore energetico e non solo come materia prima dell’industria di processo, è considerato come un possibile elemento chiave per la decarbonizzazione dei sistemi energetici”, scrivono i ricercatori del Dipartimento tecnologie energetiche e fonti rinnovabili. L’ente è impegnato nello sviluppo di processi e tecnologie relative all’intera catena del valore dell’idrogeno, è capofila in umerosi progetti europei e ricopre ruoli di rappresentanza in diverse iniziative e tavoli tematici nazionali ed internazionali.
L’attenzione verso l’idrogeno come vettore energetico è dovuta ad alcune sue interessanti caratteristiche: è leggero, più facilmente immagazzinabile a lungo termine rispetto all’energia elettrica, reattivo, ad alto contenuto di energia per unità di massa e può essere facilmente prodotto su scala industriale. La combustione, poi, non è associata alla produzione di anidride carbonica (CO2) e non comporta quindi emissioni climalternati dirette, ma produce solo una nuvola di vapore acqueo.
fonte: www.arpat.toscana.it
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L’università belga di KU Leuven ha presentato un dispositivo in grado di produrre 250 litri/giorno di idrogeno con un’efficienza del 15%. Stanno per partire i primi test sul campo.
A una prima occhiata sembra un comune pannello fotovoltaico, ma i ricercatori dell’università belga di KU Leuven preferiscono chiamarlo pannello a idrogeno.
Si tratta di un dispositivo che converte direttamente la luce solare in “gas rinnovabile” a zero emissioni di anidride carbonica.
Il gruppo di scienziati coordinato dal prof. Johan Martens ha sviluppato una tecnologia con enormi potenzialità.
Difatti, secondo i test effettuati in laboratorio, il pannello con una superficie pari a 1,6 metri quadrati è in grado di produrre in media 250 litri/giorno del prezioso gas, con un’efficienza del 15% che, spiega una nota dell’ateneo, costituisce un primato mondiale per un apparecchio di questo tipo, costruito senza impiegare metalli rari o altri materiali particolarmente costosi.
Per produrre l’idrogeno in modo totalmente “pulito” tramite l’elettrolisi, precisa poi la nota, bisogna convertire i raggi solari in elettricità con il fotovoltaico tradizionale (18-20% di efficienza media); poi quella stessa elettricità va ad alimentare un elettrolizzatore che divide l’acqua in idrogeno e ossigeno e in quest’ultimo processo si perde ancora moltissima energia.
Il pannello realizzato dal polo bio-scientifico di KU Leuven, invece, trasforma l’energia solare e il vapore acqueo in idrogeno senza passaggi intermedi; a questo risultato si è arrivati dopo dieci anni di sperimentazioni, partendo da un’efficienza davvero molto bassa (0,1%).
Il prossimo passo è testare la tecnologia in condizioni reali di utilizzo.
A livello teorico, spiega Martens, venti di questi pannelli potrebbero fornire elettricità e calore sufficienti per passare tutto un inverno in una casa ben isolata termicamente. Così la fase iniziale del progetto-pilota sul campo prevede l’installazione di venti pannelli a idrogeno in un’abitazione totalmente elettrificata (con un mix di fotovoltaico, solare termico e pompa di calore), nella cittadina rurale di Oud-Heverlee.
E se tutto andrà bene, i ricercatori installeranno altri pannelli su un terreno vicino per collegarli alle abitazioni in cui vivono altre famiglie. L’obiettivo è valutare il funzionamento di questa soluzione tecnologica nel corso delle stagioni garantendo un adeguato accumulo energetico: l’idrogeno generato in estate sarà stoccato in serbatoi per essere utilizzato d’inverno.
Per il momento, i ricercatori non si sbilanciano in previsioni sui possibili costi commerciali del pannello né sui tempi per un’eventuale produzione su vasta scala del dispositivo. Vedremo se questo prototipo diventerà un nuovo strumento su cui contare nella transizione energetica.
Ricordiamo che in questi mesi in Europa è montato il dibattito sul ruolo da assegnare al gas nella progressiva de-carbonizzazione del mix energetico; si sta parlando molto di carburanti sinteticiricavati dalle fonti rinnovabili, come per l’appunto l’idrogeno con sistemi P2G di grandi dimensioni (Power-to-Gas: vedi qui).
L’obiettivo
è quello di portare su strada 27.000 veicoli a idrogeno entro il 2025 e
ben 8 milioni e mezzo al 2050, affiancati da 23.000 autobus a fuel cell
e riforniti da 5.000 stazioni di approvvigionamento
Anche l‘idrogeno ha un posto di primo piano nel programma di sviluppo italiano dei combustibili alternativi.
A raccontare come e perché questo vettore energetico può ridisegnare la
mobilità nazionale a medio e lungo termine è stato a Catania,
Alberto Dossi, Presidente del Comitato di Indirizzo Strategico di
Mobilità Idrogeno Italia (MH2IT).
L’occasione è stata quella offerta dal convegno “Smart&Slow: la visione della mobilità del futuro”,
una due-giorni di studio promossa da ANCI, Ministero dell’Ambiente e
Comune di Catania. Ed è proprio nel segno del futuro che Dossi ha
presentato la proposta del Piano Nazionale per la Mobilità a Idrogeno.
Il comitato MH2IT è un organismo che riunisce i principali soggetti del
settore e che ha affiancato le autorità competenti nella redazione del
documento che il Governo presenterà alla Commissione Europea entro
novembre, come previsto dalla Direttiva 2014/94/UE sullo sviluppo del
mercato dei combustibili alternativi.
“Questo risultato è stato possibile grazie ad
un’iniziativa spontanea costruita dal basso dal mondo industriale – ha
spiegato Dossi – e che ha coinvolto il mondo istituzionale, la ricerca e
tutti i portatori d’interesse di questo settore. Mobilità Idrogeno
Italia infatti è nata un anno fa per affrontare tutte le questioni
tecniche, regolamentari e finanziarie ed è riuscita a ottenere dal
Ministero dello Sviluppo Economico il mandato ufficiale per
l’elaborazione del Piano Nazionale di Sviluppo delle Infrastrutture per
il Rifornimento di Idrogeno nei Trasporti, ora in approvazione alla
Presidenza del Consiglio dei Ministri, prima della presentazione alla UE
il prossimo novembre”.
Il risultato è nelle pagine del Piano Mobilità Idrogeno Italia: l’obiettivo è quello di portare su strada 27.000 veicoli a idrogeno entro il 2025 e ben 8 milioni e mezzo al 2050, affiancati da 23.000 autobus a fuel cell e riforniti da 5.000 stazioni di approvvigionamento.
Il documento si focalizza sul trasporto
stradale e fa una stima dell’entità del finanziamento necessario anche
per le altre applicazioni nei veicoli industriali, nel trasporto
ferroviario e navale. Elemento determinate, la produzione di idrogeno per la quale il Piano analizza tutte le tecnologie esistenti e commercialmente valide, dallo steam reforming di gas naturale e biometano all’elettrolisi dell’acqua da rinnovabili.
La strategia che disegna per
procedere verso il duplice obiettivo temporale è chiara: inizialmente,
per minimizzare i rischi finanziari e introdurre la tecnologia, prevede
un approccio captive fleet, con introduzione di flotte per le
autovetture e gli autobus in grado di assicurare un adeguato fattore di
carico per ciascuna stazione di rifornimento.