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Contaminato da pesticidi il bacino del Po che rifornisce 20 milioni di persone




















Il bacino demografico dipendente dalle acque del Po, corrispondente a circa 20 milioni di persone, attinge da falde contaminate da pesticidi. Il dato allarmante giunge dall'Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).

A confermarlo è poi il rapporto European Waters secondo cui un terzo delle falde acquifere in Italia è in pessime condizioni: solo il 58% di quelle sotterranee sono in buono stato, contro la media Ue del 74%, di cui il 34% è considerato “povero”, ovvero bisognoso di interventi per migliorarne la struttura chimica.

Il caso più grave è rappresentato proprio dall’acqua del Po, arteria principale del Paese. “Quando i pesticidi giungono in falda, il processo di deterioramento si annulla, facendo sì che la contaminazione difficilmente possa essere rimossa”, spiega a Il Fatto Quotidiano Pietro Paris, responsabile della Sezione Sostanze Pericolose dell’Ispra.

“Dal bacino del Po si riforniscono circa 20 milioni di persone: vivendo, alimentandosi e facendo uso agricolo e industriale dell’acqua sotterranea”. “Abbiamo riscontrato – continua - valori altamente sopra i limiti, sia nel fiume sia nelle riserve del sottosuolo. Prendiamo il caso dell’atrazina, vietata in Italia dal 1992: la concentrazione di questo erbicida è contenuta in superficie, mentre i dati riguardanti la falda evidenziano un tasso superiore di ben quattro volte rispetto ai limiti di legge”.

“Nonostante i report dell’Ispra, siamo arrivati al punto che in molte regioni ci sono stati casi dove è stata distribuita a centinaia di migliaia di persone acqua rivelatasi poi contaminata da sostanze che in realtà non venivano nemmeno cercate”, commenta Augusto De Sanctis, attivista Forum H2O.

“I dati sui pesticidi sono solo la punta dell’iceberg di una situazione di vasta compromissione. Molte molecole nelle acque di falda non vengono neanche cercate: con il risultato di falde che presentano livelli di compromissione milioni di volte oltre i limiti di legge. Perché non si interviene? Semplice, i vincoli ferrei bloccherebbero le fabbriche, lo spargere dei pesticidi e la realizzazione di cave”.

“Del problema del Po, bisogna valutare quanti pesticidi vengono poi realmente analizzati e bloccati prima dell’uscita dai rubinetti. È chiaro che molti pesticidi, in forza di unioni in cocktail chimici, non possono essere individuati e di conseguenza rimossi – afferma Patrizia Gentilini, medico oncologo ed ematologo, nonché rappresentante Isde (Associazione medici per l’ambiente) – La situazione è drammatica, considerando la letteratura scientifica che riguarda l’esposizione cronica ai pesticidi: assorbendoli dall’acqua, dagli alimenti e dal contatto, siamo giunti oggi a parlare di esposoma, ovvero il fenomeno per cui entriamo in contatto con questi elementi sin dalla nascita. L’esposizione indebolisce i meccanismi di riparazione automatici dei danni al Dna, il che significa più vulnerabilità alle malattie tumorali, a quelle neurologiche, degenerative e, per i bambini, il rischio triplicato di autismo”.

fonte: http://www.informasalus.it

Cambiamenti climatici e acque sotterranee, convegno il 30 settembre a Bologna

Promosso da Regione Emilia-Romagna e Università di Bologna, il convegno vuole offrire un momento di approfondimento e dibattito su cambiamento del clima e ripercussioni sulla disponibilità di risorsa idrica, in particolare su possibili tecniche di ricarica delle falde.


















La lotta al cambiamento climatico è uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile Agenda Onu 2030 che la Regione Emilia-Romagna sta affrontando con azioni e programmi. Punto di forza dell’azione regionale è la Strategia regionale di adattamento al cambiamento climatico. Promosso dalla Regione Emilia-Romagna e da Alma Mater Studiorum Università di Bologna, il convegno vuole offrire un momento di approfondimento e dibattito su cambiamento del clima e ripercussioni sulla disponibilità di risorsa idrica, in particolare su possibili tecniche di ricarica delle falde
Interviene, tra gli altri, il direttore generale di Arpae Emilia-Romagna sull’Osservatorio regionale sui cambiamenti climatici e le strategie per la gestione sostenibile delle risorse idriche. 
Vai ad altre info e programma 


fonte: http://www.snpambiente.it

LA CAPITALE EUROPEA DEI TUMORI. Ferrara Amara















A Ferrara, una tranquilla cittadina di provincia della Pianura Padana, da molti anni ormai semplici cittadini si battono per far emergere uno crimine ecologico. Le percentuali di persone ammalate di tumore sono altissime, mentre le risposte delle varie amministrazioni comunali sono state a tratti molto ambigue, in altri momenti addirittura minacciose. Altissime concentrazioni di cvm nelle falde acquifere della città, addirittura di 166.000 mg/lt quando il limite è di 0,5 mg/lt, sono probabilmente solo la punta dell'iceberg di una nuova terra dei fuochi, che la stampa solo parzialmente ha trattato. Tutti gli approfondimenti su www.ferraraamara.it.




MePiu



Rifiuti radioattivi, siamo seduti su una bomba: nel Bresciano l'enorme discarica che sta inquinando la falda acquifera

Nel Bresciano c’è la più grande discarica radioattiva d’Italia. I veleni hanno raggiunto la falda acquifera e oltre 86mila tonnellate di rifiuti radioattivi si trovano in aziende e discariche. Eppure il fenomeno rimane in larga parte sommerso.

















Una lunga inchiesta, quella di Milena Gabanelli e Pietro Gorlani che su Corriere.it, raccontano della bomba ecologica del Nord est, facendo una mappa dei rifiuti che si trovano nel cuore industriale del Paese, ovvero Lombardia e Veneto.
In Lombardia- si legge nell’inchiesta- sono state fuse in fonderie e acciaierie fonti di Cesio 137, di Radio 226 e di Cobalto 60, arrivate quasi sempre dall’Est Europa.
“Erano nascoste in involucri di piombo infilati dentro i camion di rottami, in modo da sfuggire ai controlli. Una volta finiti nei forni hanno contaminato gli impianti di abbattimento fumi, le polveri, i lingotti di acciaio e di alluminio”.
Caso emblematico è quello della discarica Metalli Capra di Capriano del Colle, la più grande discarica radioattiva d’Italia, con ben 82500 tonnellate di scorie al Cesio 137 che si trovano in un parco agricolo. Sempre in un parco urbano c’è l’ex Cagimetal, con 1800 tonnellate di scorie sempre contenenti Cesio. In molti casi, invece, i rifiuti radioattivi sono rimasti nelle acciaierie e per evitare disastri ecologici, la prefettura di Brescia ha realizzato bunker in cemento armato per stoccare le polveri.
E andiamo in Lombardia, dove ancora non sono state messe in sicurezza le 370 tonnellate di scorie che si trovano dentro la fonderia Premoli a Rovello Porro, nel Comasco. Mentre le istituzioni locali sostengono che non bisogna allarmarsi- sostiene la Gabanelli- l’Arpa Lombardia parla di “cumuli di veleni e fusti corrosi conservati in pessimo stato, vicinissimi alle abitazioni ed al torrente Lura, che in caso di esondazione provocherebbe una catastrofe ecologica”.
rifiuti radioattivi
“La messa in sicurezza delle scorie radioattive viene pagata da tutti gli italiani con accise presenti nelle bollette della luce. Lo Stato fino ad oggi ha riservato tutte le risorse (3,7 miliardi) alla gestione e allo smantellamento delle quattro ex centrali nucleari, dei cinque reattori di ricerca e dei quattro impianti sperimentali, il cui potere radioattivo è 40 mila volte superiore ai siti a bassa radioattività”, spiega la Gabanelli.
Ma dopo quasi 20 anni, non si è nemmeno a metà strada e i rifiuti radioattivi sono in tutto il paese.
fonte: www.greenme.it

Ispra: troppi pesticidi in un fiume su quattro e nella metà dei laghi italiani


















La salute delle acque che scorrono in superficie e sotto, nelle falde del nostro paese, continua ad essere incerta e per certi versi preoccupante. Tra gli inquinanti una parte importante spetta ai pesticidi, come il glifosato. A dirlo è l’annuario dei dati ambientali dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), appena pubblicato insieme al Rapporto ambiente. Tra i temi affrontati nei report ci sono anche agricoltura, energia, trasporti, biodiversità, clima, inquinamento atmosferico, consumo di suolo, e rifiuti. In che condizioni versano le nostre acque? Solo il 43% dei fiumi e il 20% dei laghi raggiungono l’obiettivo di qualità per stato ecologico (equilibrio dell’ecosistema); mentre 1 fiume su 4 e più della metà dei laghi (52%) non raggiungono l’obiettivo di qualità per lo stato chimico (presenza di pesticidi e sostanze chimiche).




Le zone più contaminate 

Colpisce il dato relativo alla contaminazione da pesticidi. L’Ispra spiega: “Inquinati 370 punti di monitoraggio (23,8% del totale) di acque superficiali, con concentrazioni superiori ai limiti di qualità ambientali; nelle acque sotterranee, 276 punti (8,6% del totale) registrano tale superamento. Permangono, tuttavia, sensibili differenze tra le regioni, dovute a un monitoraggio degli inquinanti ancora disomogeneo sul territorio nazionale”. E in effetti, mentre il picco di acque pulite spetta alla Sardegna, il maggior numero di punti con superamenti degli standard di qualità si registrano nelle aree della pianura padano-veneta (arco di tempo 2010-2014). “Tale stato è legato ovviamente alle caratteristiche idrologiche del territorio in questione e al suo intenso utilizzo agricolo – spiega Ispra – ma dipende anche dal fatto che le indagini sono più complete e rappresentative nelle regioni del Nord. D’altra parte, l’aumentata copertura territoriale e la migliore efficacia del monitoraggio sta portando alla luce una contaminazione signi cativa anche al Centro-Sud”.

Il glifosato in Toscana
In generale, fortunatamente, nelle acque superficiali, il valore del superamento degli standard registra un aumento pressochè regolare in tutto l’arco temporale considerato (2010-2014), raggiungendo il suo valore massimo nel 2014 (21,3%), mentre nelle acque sotterranee tra il 2010-2014 il valore del superamento è pressochè stabile (circa il 7%). In particolare, l’Arpa Toscana ha rilevato la presenza di glifosato nelle acque regionali, identificando tra quelle superficiali, ben cinque tra fiumi e invasi con concentrazione media di Glifosato superiore allo standard di qualità ambientale: Invaso Penna, fiume Arno Valdarno Inferiore, fiume Greve Valle, fosso Reale – Torrente Rimaggio e fosso Serpenna. Dati critici anche nella zona a vocazione “vivaistica” in provincia di Pistoia dove, in alcuni torrenti, sono state trovate concentrazioni medie annue ben superiori allo standard di qualità ambientale.

Prodotti fitosanitari e avvelenamento

In Italia, nel 2014 si sono verificati 614 casi di avvelenamento acuto legati ai prodotti fitosanitari. Il monitoraggio condotto dall’ISS afferma che la maggior parte dei casi (84%) non è correlata a effetti gravi e che le sostanze attive più frequentemente coinvolte includono metam sodio, glifosato, metomil, solfato di rame, clorpirifos metile e dimetoato. Tutte le informazioni e i report sono scaricabili al sito www.isprambiente.gov.it. Per effettuare ricerche statistiche sugli indicatori vedi anche http://annuario.isprambiente.it
fonte: https://ilsalvagente.it

Tonnellate di sostanze chimiche nell’acqua di Milano

I depuratori non trattengono numerose sostanze chimiche che dagli scarichi industriali, zootecnici o umani finiscono nell’acqua del capoluogo lombardo


















Un cocktail di farmaci e sostanze chimiche, droghe, nicotina e caffeina viaggia nella corrente dei fiumi di Milano. Lo ha scoperto uno studio condotto dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri in collaborazione con il Servizio Idrico di MM (ex Metropolitana Milanese). La ricerca, condotta con il finanziamento della Fondazione Cariplo, si è concentrata sui cosiddetti “nuovi inquinanti” che finora non vengono compresi nelle statistiche ufficiali sulla qualità dell’acqua, ma che invece sono sempre più interessanti per un corretto monitoraggio scientifico.
I nuovi inquinanti vanno dai farmaci alle droghe, dai disinfettanti ai prodotti chimici per la cura della persona, da sostanze perfluorurate e plastificanti fino a caffeina e nicotina. La ricerca sul sistema acquifero milanese ha preso in esame gli ultimi 5 anni, per arrivare a conclusioni preoccupanti: ogni giorno la popolazione del capoluogo lombardo immette nei corsi d’acqua 6,5 kg di farmaci, 1,3 kg di disinfettanti e di sostanze chimiche utilizzate per la cura della persona, 200 g di sostanze perfluorurate, 600 g di plastificanti, 400 g di droghe di abuso, 13 kg di nicotina e caffeina.


L’analisi si è svolta sulle acque fognarie e quelle di falda, da cui deriva l’acqua potabile. In tutto, hanno cercato la presenza di 80 sostanze che, come ha spiegato Sara Castiglioni, che dirige l’Unità di biomarkers ambientali dell’Istituto Mario Negri, «Tutte queste sostanze vengono utilizzate quotidianamente in quantità elevate e possono essere immesse nell’ambiente tramite gli scarichi urbani. Parte del carico di inquinanti deriva dai depuratori che ricevono le acque fognarie prodotte dalla città di Milano contenti inquinanti in notevoli quantitativi. I depuratori contribuiscono a ripulirli prima del loro scarico nell’ambiente ma solo parzialmente e molti inquinanti, in particolare i farmaci, le droghe e i prodotti chimici utilizzati per la cura della persona permangono nelle acque trattate e sono riversati in canali e fiumi con ripercussioni sugli ecosistemi. A ciò si aggiungono anche altre fonti di inquinamento, tra cui gli scarichi diretti delle attività zootecniche ed industriali».
Per Ettore Zuccato, capo del Laboratorio di tossicologia alimentare dell’Istituto, «la contaminazione dei fiumi impatta sull’ambiente ma anche sull’uomo, dato che l’inquinamento dei fiumi è correlato a quello delle falde acquifere. Fortunatamente al momento il trasporto di inquinanti sembra riguardare più la falda superficiale e meno la profonda, da cui si ottiene l’acqua per il consumo umano e quindi ad oggi la qualità dell’acqua può definirsi buona».
Questo non esclude, tuttavia, un futuro inquinamento anche delle falde profonde, con ripercussioni possibili sulla salute umana. Per evitare i rischi peggiori, è necessario regolamentare più rigidamente gli scarichi in ambiente e fare un salto tecnologico nel settore della depurazione, con costosi investimenti per filtrare sostanze che oggi non riescono a trattenere.

fonte: www.rinnovabili.it