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In Irlanda una campagna scalda i motori per preparare i cittadini al sistema di deposito in arrivo

In partenza a brevissimo in Irlanda la campagna "Return For Change" lanciata dalla ong VOICE per garantire che la legislazione su un Deposit Return System (DRS) per i contenitori di bevande in fase di elaborazione sia abbastanza “potente” da fare davvero la differenza



La campagna si propone, a oltre un anno di anticipo dall’entrata in vigore di un sistema di deposito cauzionale in Irlanda, di preparare i cittadini al sistema in arrivo. Per informare sul suo funzionamento su come potrà contribuire a ridurre il problema dei rifiuti da imballaggio sprecati o dispersi nell’ambiente creando maggiore consapevolezza ambientale nei cittadini.

Anche in Irlanda come denuncia VOICE – acronimo che sta per “Voice of Irish Concern for the Environment”– con le restrizioni dovute al Covid-19 i problemi ambientale ed economici connessi ad un aumento dei rifiuti hanno raggiunto livello allarmanti, e in particolare per quanto riguarda imballaggi come i contenitori da asporto per cibo e bevande.

La ong ha stimato che nella sola Irlanda vengano immessi ogni anno circa 3 miliardi di bottiglie in plastica e oltre 582 milioni di lattine – di cui solo il 60-70% viene raccolto per il riciclaggio –, mentre il restante 30% circa finisce per essere smaltito in discariche/inceneritori o disperso nell’ambiente.

Ma una soluzione c’è: un moderno e solido sistema di DRS

Fortunatamente – precisa VOICE sul suo sito – una soluzione c’è come dimostrano le esperienze di successo già attive in Europa. La ong si dice felice che, dopo essersi spesa per quasi venti anni per l’adozione di un DRS in Irlanda il governo abbia finalmente intrapreso l’iter per l’approvazione del sistema, decisione arrivata anche sotto la spinta della direttiva europea Single Use Plastics, A guardare le esperienze dei paesi che hanno in vigore un DRS, scrive l’ong, l’obiettivo di raccolta del 90% al 2029 per le bottiglie in plastica previsto dalla SUP, non sarebbe un problema così come non lo sarebbe per le lattine.

VOICE – si legge ancora sul sito – accoglie con favore questa legislazione come un passo verso la promozione dell’uso efficiente delle risorse naturali e prevede che il sistema di deposito verrà implementato sino ad includere contenitori per bevande ricaricabili per consentire un’economia veramente circolare.

A che punto è l’iter legislativo per un DRS in Irlanda: obiettivo fine 2022

L’impegno di adottare un sistema di deposito per le bottiglie in plastica e lattine era stato anticipato dal governo sia nel programma “Our Shared Future” che nel “Waste Action Plan for a Circular Economy” con l’incarico conferito al Ministero all’Ambiente, Clima e Comunicazione di creare un quadro legislativo che potesse essere introdotto entro il terzo quadrimestre del 2022.

L’iter legislativo sul DRS ha superato la fase di consultazione pubblica lo scorso anno, con 364 osservazioni ricevute, che sono state recepite nella bozza di quadro legislativo pubblicata lo scorso primo aprile per raccogliere ulteriori osservazioni e pareri dai portatori di interesse (conclusasi il 7 maggio).
Le fasi della consultazione pubblica e della pubblicazione della bozza di quadro legislativo sono state precedute da una serie di incontri preliminari avvenuti tra i funzionari del Dipartimento all’ambiente con alcuni dei soggetti maggiormente interessati dal provvedimento tra cui: i produttori e rivenditori di bevande, gli operatori nel settore dei rifiuti ed esponenti del mondo ambientalista.

Quale modello per il deposito su cauzione

Il modello che esce dalla bozza – come si può leggere sul sito del governo – è quello di un sistema di deposito per contenitori di bevande che verrà gestito e finanziato dall’industria attraverso un operatore del sistema (senza scopo di lucro) che avrà la responsabilità di assistere l’Irlanda nel raggiungimento degli obiettivi particolarmente impegnativi delle direttive dell’UE in materia di rifiuti.

Il ministro all’ambiente Eamon Ryan, in occasione del lancio della consultazione pubblica sul modello di DRS per l’Irlanda, aveva così riassunto le motivazioni che hanno spinto il governo all’introduzione del sistema:

“Se vogliamo ottenere i benefici di un’economia circolare, dobbiamo adattare il nostro approccio a come utilizziamo e gestiamo le nostre risorse. Dobbiamo sforzarci di mantenere le risorse in circolazione il più a lungo possibile e l’introduzione di un DRS è un primo passo in questo percorso, permettendo di raccogliere e riciclare più bottiglie di plastica e lattine di alluminio. Un DRS ci aiuterà anche a ridurre la dispersione dei rifiuti e a garantire il raggiungimento di altri obiettivi dell’UE in arrivo in tema di rifiuti.”

E le bottiglie in vetro?

“Peccato che il sistema irlandese non includa le bottiglie di vetro”. Lo ha affermato Lars Krejberg Petersen, amministratore delegato di Dansk Retursystem, che è la società che gestisce il sistema di restituzione dei depositi in Danimarca, nel corso di un recente webinar ritenendo fondamentale che le bottiglie di vetro siano incluse in qualsiasi schema di deposito per l’Irlanda. “Nessuno (in Danimarca) si sognerebbe di togliere il vetro dallo schema. Il vetro non rappresenta una grande fonte di reddito… ma includerlo comporta comunque un enorme miglioramento ambientale”.

Effettivamente a leggere i numeri riferiti al 2020 del sistema danese non si può che provare una sottile invidia.

Nel 2020 è intercettato il 94% delle bottiglie di vetro, il 96% delle bottiglie in PET e il 91% delle lattine rispetto all’immesso al consumo. Una performance che ha permesso di riciclare complessivamente 64.000 tonnellate tra vetro, alluminio e plastica con un risparmio di circa 178.000 tonnellate di anidride carbonica.

Klaus Rehkopff, amministratore delegato di Danske ØlEntusiaster, l’associazione degli appassionati di birra danesi, nel corso della stessa occasione ha affermato che la Danimarca ha pochi problemi di littering grazie al suo sistema di deposito perché le persone smettono così di considerare le bottiglie come rifiuti. “Ieri sono passato davanti a un parco, dove molti giovani si erano seduti all’inizio della giornata. Non c’erano rifiuti lì, niente bottiglie, niente. Questo perché il vetro è nel sistema di deposito”.

Purtroppo il panorama desolante di contenitori che si presenta il giorno seguente alle serate della movida e altri eventi che attirano pubblico in Italia è invece una realtà che la più performante delle raccolte differenziate non potrà mai combattere, purtroppo.

Il video promozionale di VOICE sul DRS

Il sito di Return for Change non è ancora online ma VOICE ha diffuso un video per raccontare come funziona un sistema di deposito, con immagini messe disposizione da Carrickmacross Tidy Towns illustrando quali vantaggi ambientale ed economici comporta. Si tratta di un programma attivo dall’ottobre del 2019 basato su un sistema di raccolta premiante dei contenitori affine a quello cauzionale con l’emissione di buoni da scalare sulla spesa.

Le campagne di VOICE

VOICE, organizzazione onlus che si finanzia con il contributo dei suoi membri, un misto tra enti pubblici e privati è insieme a Friends of the Earth Ireland una delle associazioni che hanno da tempo sostenuto l’introduzione di un DRS in Irlanda.

Oltre ad avere creato in Irlanda un fronte di soggetti a favore del DRS ha all’attivo anche diverse campagne incentrate sulla prevenzione dei rifiuti e il riutilizzo tra cui: Sick of Plastic, We Choose to Reuse di BFRP, Zero Waste Communities e Conscious Cup Campaign mirata alla promozione delle tazze riutilizzabili.

Silvia Ricci

fonte: economiacircolare.com

 

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Eolico offshore, primo impianto Atlantico in Irlanda

Eolico offshore, il primo impianto atlantico in Irlanda: una grande centrale a carbone verrà riconvertita in un Green Energy Hub.









Un nuovo progetto di eolico offshore, in via di realizzazione in Irlanda, è pronto a conquistare un singolare traguardo: quello del primo impianto dell’Atlantico. È quanto hanno confermato le autorità irlandesi negli ultimi giorni, nell’annunciare la conversione di una grande struttura oggi impiegata per la produzione di energia da fonti fossili.

Il progetto è decisamente ambizioso e vedrà un investimento multi-miliardario. L’obiettivo è infatti non solo di realizzare l’impianto eolico offshore, ma anche di trasformare l’attuale centrale a carbone in un vero e proprio “Green Energy Hub”.

L’annuncio è arrivato dall’irlandese Electricity Supply Board (ESB) che, lo scorso venerdì, ha annunciato una importante rivoluzione per la centrale a carbone di Moneypoint, nel Clare. L’impianto è il più esteso del Paese per la produzione di energia elettrica, nonché l’unico a carbone.

In un’ottica di riduzione delle emissioni di anidride carbonica e di maggiore tutela dell’ambiente, nei prossimi anni la centrale dirà definitivamente addio al combustibile fossile, per convertirsi nell’hub verde più grande della nazione. Al largo delle coste del Claire sorgerà infatti un impianto eolico offshore da 1.4 GW, il primo presente nell’Atlantico. E si prospetta già una produzione di energia efficiente e continua, poiché sul versante europeo questo oceano segna perennemente correnti d’aria molto veloci.

Il Green Energy Hub si occuperà invece di sviluppare e implementare altre energie alternative, come il solare, ma soprattutto di idrogeno. Verranno infatti costruiti impianti per la produzione di idrogeno e siti di stoccaggio dello stesso. Il progetto richiederà circa 10 anni per poter essere realizzato e sarà in grado di alimentare ben 1.6 milioni di abitazioni irlandesi, inclusi i consumi futuri in aumento data la maggiore diffusione delle auto elettriche. Man mano che la disponibilità di energia verde risulterà in crescita, l’Irlanda ridurrà le importazioni di petrolio, carbone e gas naturale.

Fonte: ElecTrek


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Rediscovery Centre: il centro per il riuso di Dublino che lotta contro spreco e disoccupazione

Ai margini della città di Dublino, una vecchia centrale termica è stata trasformata in un centro per il riuso aperto alla cittadinanza. Un luogo nato per accogliere le imprese sociali della zona che volevano contribuire attivamente alla lotta contro lo spreco e la disoccupazione. "Abbiamo voluto dare il nostro contributo"








Ai margini della città di Dublino, nel quartiere Ballymun, la vecchia centrale termica è stata trasformata in un centro per il riuso aperto alla cittadinanza, noto come “Rediscovery Centre”. Un luogo nato per accogliere le imprese sociali della zona, alla ricerca di una sede in cui poter lavorare insieme al servizio della comunità locale.

Nel 2004 l’intero quartiere ha subito un processo di rigenerazione edilizia che ha spinto molti abitanti a trasferirsi e le imprese sociali del Rediscovery Centre si sono occupate di raccogliere la grande quantità di mobili e pezzi d’arredamento destinati a finire in discarica. “Il quartiere Ballymun era in una fase di profonda trasformazione, abbiamo voluto dare il nostro contributo impedendo che quest’enorme quantità di oggetti andasse sprecata”, racconta Gráinne Lambert, responsabile marketing ed eventi del Rediscovery Centre.

Dalle donazioni alla formazione

Il centro inizialmente si occupava soltanto del restauro dei mobili di seconda mano, ma a poco ha iniziato ad espandersi anche ad altri tipi di attività come il riciclo delle tinture e delle vernici, la riparazione e rivendita di biciclette e il riutilizzo di capi d’abbigliamento. “Abbiamo cominciato con le donazioni individuali, e a poco a poco siamo riusciti a stringere accordi stabili anche con i centri di riciclo che ormai ci inviano periodicamente le biciclette o le vernici da rigenerare. Ad oggi siamo ancora molto piccoli e dobbiamo selezionare attentamente il tipo di prodotti perché abbiamo forze limitate, ma speriamo di poterci espandere molto presto”.

Il centro per il riuso di Ballymun è anche uno spazio di formazione e condivisione con all’interno una caffetteria, un grande shop di smercio dei prodotti e numerose aule studio e conference room in cui ogni giorno si tengono workshop, corsi e incontri con la cittadinanza.

“Abbiamo capito che era necessario agire anche dal punto di vista sociale – continua Gráinne – e ci siamo attivati nella formazione e nel reinserimento lavorativo di molte persone che per vari motivi non riuscivano più a trovare un impiego”.

I programmi di formazione del Rediscovery Centre col tempo sono stati estesi a tutte le fasce di età, grazie a un programma di attività diversificato, pensato sia per i più piccoli che per gli studenti della scuola secondaria: “L’aspetto formativo per noi è di estrema importanza e abbiamo cercato di specializzarci nella divulgazione di buone pratiche adatte a tutte le età. Ogni volta che un ragazzo torna a casa e racconta alla famiglia ciò che ha appreso noi ampliamo la nostra comunità e rendiamo senso comune la cultura del riuso“.

Una bambina durante le attività di formazione al Rediscovery Centre di Dublino
La lezione del Covid: economia circolare significa capacità di adattamento

Il centro collabora con le istituzioni cittadine e il ministero per l’ambiente su numerosi progetti ed è ormai un’eccellenza internazionale nell’ambito della formazione nel settore del riuso, con percorsi di training individuale cuciti su misura, aperti a chiunque voglia contribuire alla lotta allo spreco e alla disoccupazione. “Siamo il centro nazionale per l’economia circolare in Irlanda e lavoriamo con molti partner europei partecipando a numerose iniziative volte ad accelerare la transizione ad un’economia pienamente circolare, con programmi di azione concreti che mirano allo sviluppo di una risposta collettiva alla crisi climatica”, afferma la ceo del Rediscovery Centre Sarah Miller.

Il grande sostegno ricevuto dalla comunità europea e dalla cittadinanza ha permesso, infatti, di promuovere ampie campagne di sensibilizzazione per la tutela dell’ambiente: “Il cambiamento inizia dal basso. Per questo abbiamo recentemente supportato una grande protesta contro l’uso eccessivo di imballaggi in plastica, chiedendo ai consumatori di lasciare alla cassa il packaging inquinante, un’azione concreta che ha spinto le imprese a prediligere prodotti con un minor impatto ambientale”, ricorda Gráinne.

Con l’esplosione della pandemia Covid-19 non il lavoro del centro è andato avanti e molte delle attività di training e formazione sono state trasferite online: “Abbiamo creato nuovi programmi di tutoring a distanza e abbiamo aperto un catalogo online con tutti i nostri prodotti. Anche se all’inizio eravamo preoccupati di dover sospendere le attività in presenza, siamo subito riusciti ad adattarci. In fondo far parte di un’economia circolare significa essenzialmente questo -conclude-, sapersi adattare all’ambiente circostante senza danneggiarlo”.

fonte: economiacircolare.com


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Emergenza climatica, dopo il Regno Unito arriva l’Irlanda

L’Irlanda è diventata il secondo paese a dichiarare l’emergenza climatica, dopo l’intervento britannico all’inizio di questo mese.

















Dopo il Regno Unito tocca all’Irlanda dichiarare l’emergenza climatica, secondo Paese al mondo a far entrare il termine “climate emergency” nelle stanze legislative.
La richiesta era contenuta in un emendamento del partito repubblicano Fianna Fáil alla relazione parlamentare sull’azione climatica nazionale ed è stata approvata all’unanimità. L’atto chiede alla Camera bassa irlandese «di esaminare come il Governo del Paese possa migliorare la propria risposta alla questione della perdita di biodiversità».

Si tratta di un importante passo avanti per la lotta climatica nonostante sia le dichiarazioni irlandesi che quelle britanniche siano in gran parte simboliche e non costringano i governi a intraprendere azioni specifiche per aumentare la biodiversità o perseguire ulteriori tagli delle emissioni rispetto a quanto pianificato in precedenza.
Felicitazioni dalla sinistra indipendentista del Sinn Fein e dai Verdi«Si tratta di una decisione storica», ha dichiarato l’esponente ecologista Edmond Ryan, che ha poi aggiunto: «bisogna fare in modo di sostenere la giusta presa di posizione da parte del Governo».
L’assunzione di responsabilità nei confronti della questione sarebbe da imputare alla pressione di Extinction Rebellion che, da settimane, realizzava azioni e convocava manifestazioni tanto in Inghilterraquanto in Irlanda al fine di «chiedere al Governo un concreto impegno sulla crisi climatica ed ecologica». Gli attivisti della sezione irlandese, inoltre, hanno dichiarato di non voler “abbassare la guardia”, nonostante la positiva notizia, e chiama a raccolta simpatizzanti e militanti in vista della prossima azione.

fonte: www.rinnovabili.it

Se l’inceneritore fa da sponsor a scuola

Capita spesso, in Italia, di sentir lodare il modello scolastico anglosassone, meno segnato di quello italiano da preoccupazioni, magari un po’ “ideologiche”, sulle partnership con il mondo delle imprese private. Un buon esempio di questo tipo di relazione pragmatica e non viziata dal timore di chissà quali ingerenze ci arriva dal racconto della nostra corrispondente dall’Irlanda. La scuola pubblica di sua figlia non riesce a tirare avanti con i soli 150 euro l’anno per studente concessi dal governo, così le speranze del personale e dei genitori sono riposte in una somma ingente che potrebbe arrivare dalla multinazionale Covanta, che gestisce l’inceneritore situato proprio di fronte alla scuola e che sarà operativo da settembre. Covanta è nota per aver dovuto chiudere uno dei suoi impianti in Canada, visto che generava una quantità di diossina nell’aria 13 volte superiore al limite consentito dalle leggi canadesi. Quando si dice che pecunia olet
 
 
 
 
 
 
La possibilità per i privati di contribuire al finanziamento di determinate scuole è un punto della “Buona Scuola” che ha giustamente sollevato critiche e perplessità. Se un’impresa contribuisce economicamente al funzionamento di una scuola, quest’ultima perderà necessariamente un po’ della sua indipendenza e si vedrà condizionata nelle sue scelte da quelle dell’ente donatore. Mentre questo sistema comincia a farsi strada in Italia, qui dove mi trovo, in Irlanda, è una prassi ormai consolidata e accettata. Con implicazioni molto serie.
Ad una recente riunione a scuola di mia figlia – scuola pubblica, tengo a precisare – ho scoperto che i soli fondi statali non riescono a coprirne i costi. Il Ministero dell’Istruzione infatti provvede solamente con 150 euro annuali a studente, lasciando di fatto ai genitori l’onere di provvedere alla restante somma necessaria al funzionamento della scuola. Questo si traduce in organizzazione di attività di autofinanziamento e contribuzione ad un fondo cassa – tutte cose che si fanno anche nelle scuole italiane, seppur discutibili. Significa però anche partecipare a bandi per fondi concessi da imprese private, molto spesso multinazionali. Nel caso specifico della nostra scuola, le speranze del personale scolastico e dei genitori sono riposte in una somma ingente che potrebbe essere concessa dalla multinazionale nordamericana Covanta, impresa che gestisce l’inceneritore situato proprio di fronte alla scuola, operativo a partire da settembre prossimo.
Sul suo sito, l’impresa ci tiene a precisare che non si tratta di un inceneritore, bensì di una Energy-from-Waste Facility, e sempre sul suo sito pubblicizza fondi a beneficio delle comunità “ospitanti”, ovviamente per ripulirsi l’immagine e forse la coscienza. Infatti, quando l’inceneritore entrerà in funzione non vi sarà nessun controllo regolare e indipendente delle emissioni; sarà l’impresa stessa a pubblicare sul suo sito dati mensili che, come affermano organizzazioni ambientaliste contrarie al progetto, sarebbero troppo poco frequenti per fornire un quadro preciso e trasparente della qualità dell’aria. Inoltre, Covanta è famosa per aver dovuto chiudere uno dei suoi impianti in Canada poiché la quantità di diossina nell’aria dovuta alle sue emissioni aveva superato di 13 volte il limite consentito dalle leggi canadesi.
Tornando alla nostra scuola, dopo aver ottenuto il finanziamento, cosa succederà? Sarà libera di protestare in caso di forte inquinamento dell’aria? Potrà ergersi a difesa della salute dei bambini dopo aver accettato una somma così ingente dalla stessa impresa che mette la loro salute in pericolo? Credo di no, e credo anche che questa sia la ragione principale dell’esistenza del bando. Un modo per l’impresa di zittire la protesta prima ancora che la sua attività abbia inizio; un modo per comprare l’acquiescenza di preside, insegnanti e genitori.
Di fronte alle disposizioni della “Buona Scuola” mi chiedo dunque perché i vari governi italiani ormai da anni si ostinino a voler replicare sistemi scolastici fallimentari da tanti, troppi punti di vista. Trovo questa rincorsa ad imitare il sistema anglosassone molto pericolosa. Basti pensare agli eventi recenti, Brexit nel Regno Unito e la vittoria di Donald Trump negli Stati Uniti, per porsi serie domande sulla validità, non solo dei sistemi economici di quei paesi, ma anche di quelli educativi e valoriali.

Laura Fano
fonte: comune-info.net

L'Irlanda dice addio alle fossili: è il primo paese al mondo
















E’ una mossa storica: l’Irlanda potrebbe essere il primo Paese al mondo a disinvestire totalmente dalle fonti fossili. In Parlamento è infatti passata con la maggioranza dei voti la Fossil Fuel Divestment Bill.
La legge in questione, passata alla Dáil, la camera bassa del Parlamento, è di fatto la prima nel suo genere e consente di svincolare da petrolio, carbone e gas qualcosa come 8 mld di euro.
Da Trócaire, il direttore esecutivo Éamonn Meehan, dichiara:
Il sistema politico irlandese finalmente ha preso coscienza di quello che la maggior parte già sa: dobbiamo combattere i cambiamenti climatici spegnendo le fonti fossili e bloccando la crescita delle industrie che alimentano la crisi”.
Di sicuro, come ribadisce anche Meehan, anche la semplice presentazione di una legge simile rappresenta un messaggio potente verso il resto del mondo, proprio in un momento storico in cui una figura che persino nega i cambiamenti climatici è arrivata alla Casa Bianca.
“Il supporto della maggioranza dei vontanti nell’Assemblea irlandese è un momento storico per i movimenti irlandesi di lotta ai cambiamenti climatici e ispirerà altri Paesi a seguirci”, aggiunge Meehan.
E speriamo che siano molti i leader politici e gli attivisti del mondo a scendere in campo più incisivamente nella lotta contro il riscaldamento globale del Pianeta, la stessa lotta che nelle scorse settimane Donald Trump ha cancellato dalle pagine online della Casa Bianca e continua ad ignorare.

fonte: www.greenbiz.it