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La sfida dei rifiuti a Roma al di là delle distorsioni pre-elettorali

Intervento di Paolo Hutter per ilfattoquotidiano.it
























Ha di nuovo va fatto il giro dei media la questione dei rifiuti a Roma, ma le partigianerie politiche e le semplificazioni mediatiche producono effetti distorcenti. Come se il problema fosse quello di bruciare o no nell'inceneritore di Parma ex 5 stelle i rifiuti di Roma 5 stelle. Come se Raggi dovesse chiederlo a Pizzarotti, con tanto di variazioni se per telefono, per iscritto o di persona. In realtà in questi casi  sono le Regioni che chiedono alle altre Regioni. ( E non è detto che andranno in Emilia)  In molti articoli poi si sprecano le battute sugli anti inceneritoristi grillini che sarebbero incoerenti perchè poi hanno bisogno di chiedere ospitalità a inceneritori lontani. La sfida  politica da campagna elettorale fa velo sulla sfida tra diversi punti di vista e interessi nel campo della gestione dei rifiuti. Le due sfide in parte sono intrecciate, in parte no. Parlando di Roma bisogna sempre ricordare che il sistema si reggeva sulla maxidiscarica di Malagrotta, chiusa dalla Giunta Marino. 
Ci voleva un inceneritore o un'altra maxidiscarica per sostituire Malagrotta? In ogni caso, anche se la Regione e la Giunta Raggi avessero deciso di puntare su un impianto del genere, oggi non sarebbe ancora funzionante e la "esportazione" fuori Regione di una quota di rifiuti indifferenziati continuerebbe a essere inevitabile. Del resto il ministro Galletti, che in questi giorni si è aggiunto al coro di chi condanna il comune di Roma per la "esportazione" di rifiuti, l'anno scorso ha sostenuto  lo Sblocca Italia, magnificando che andava a creare un sistema nazionale di smaltimento superando i localismi. La nuova amministrazione romana ha sposato la filosofia del movimento "Rifiuti Zero" e ha deciso di puntare tutte le sue carte sulla differenziata e inoltre su prevenzione e riduzione dei rifiuti e riuso. 
La raccolta differenziata adesso ha superato il 44% e i rifiuti indifferenziati sono calati anche in termini assoluti, nonostante l'aumento dei consumi. Recentemente è stato sperimentato con successo nel quartiere del Ghetto un nuovo sistema ( coi sacchi dell'indifferenziato "chippati") che ha portato a superare in quella zona l'80 per cento di raccolta differenziata. Assessora all'Ambiente e Ama Roma hanno programmato di estendere il nuovo sistema a mezza città nel giro di due anni. Si stanno per inaugurare impianti di compostaggio che faciliteranno il flusso della raccolta differenziata dell'organico. Certo è difficile per una grande città superare il 70% e comunque resterebbe un 30%. Il nuovo Piano di Roma intende affrontare quel 30% con ulteriori operazioni di selezione, "estrusione" essiccamento e recupero. Senza discariche e inceneritori. I ritmi di questo prossimo anno 2018 saranno fondamentali per determinare se la sfida riesce, e la collaborazione dei cittadini sarà indispensabile. La collaborazione con un piano di progresso ambientalista, non con le alterne e contradditorie vicende di una Giunta o di 5 stelle.

fonte: www.ecodallecitta.it

Paul Connett nella valle Galeria - Malagrotta. - 8 aprile 2016



Mentre l’Europa - il Parlamento europeo e molti suoi stati membri - stanno tornando indietro rispetto alle scelte del passato, che avevano puntato sull’incenerimento come forma di chiusura del ciclo dei rifiuti, l’Italia rilancia questa scelta sorpassata, antieconomica, penalizzante per i territori e i cittadini.

Un altro modo di gestire i rifiuti c’è; un modello virtuoso rispettoso dell’ambiente, non inquinante, più economico, che permette molte migliaia di posti di lavoro in più, che preserva risorse del pianeta per le nostre generazioni future.

È il percorso verso “Rifiuti Zero”.

Parliamo di questo percorso con l’ideatore della  strategia “Rifiuti Zero”, il professor Paul Connett che, di passaggio a Roma, ha accolto di buon grado l’invito di venire ad illustrare il cammino, i «Dieci passi verso Rifiuti Zero», nell’ambito del progetto di sensibilizzazione ambientale che l’Osservatorio ambientale partecipato della Valle Galeria sta attuando nelle scuole da diversi anni.

L’incontro formativo e il dibattito successivo sono aperti a tutti i cittadini.

Venerdì 8 aprile, dalle ore 16,30, presso il Teatro dell’Istituto Comprensivo “Nando Martellini” di Massimina,  in Via Ildebrando della Giovanna, 125

fonte: Rete Nazionale dei Comitati Rifiuti Zero

Traffico di rifiuti, il pentito: “Abbiamo scaricato anche a Malagrotta a Roma”










Ambiente & Veleni
Intervista esclusiva a Nunzio Perrella, il boss che fece entrare la camorra nel business dello smaltimento illecito e ha cominciato a collaborare con la giustizia nel 1992. "I signori della monnezza facevano affari anche prima dell'arrivo della criminalità. E oggi sono ancora attivi". Nomi che poi hanno continuato a operare e incappare in disavventure giudiziarie. A cominciare dallo storico imprenditore della capitale. Il suo braccio destro replica: "Si trattava di conferimenti legittimi"

 “Abbiamo scaricato anche a Malagrotta nella discarica di Manlio Cerroni”. Nunzio Perrella è stato boss di camorra, si è pentito nel 1992 e dei traffici di rifiuti tossici sa tutto perché ha fatto entrare la camorra nel ciclo. Ora si racconta in esclusiva a ilfattoquotidiano.it e spiega come prima dell’ingresso dei clan c’erano già i signori dei rifiuti. “Questi facevano affari anche senza la presenza del crimine organizzato e con le stesse logiche. Al centro c’era Manlio Cerroni, uno dei capi del grande affare, al nord c’era Orazio Duvia, titolare della Pitelli, a La Spezia, al sud c’era la famiglia La Marca. Tutti erano collegati tra di loro, erano i signori della ‘monnezza’”.
Perrella smaltiva rifiuti a Pianura, quartiere napoletano, nella discarica di proprietà dei Di Francia e dei La Marca, poi punta su Roma. “Zio Mimì (Domenico La Marca) mi disse vai a scaricare a Malagrotta così risparmiavo sulla benzina. Ho scaricato rifiuti urbani, ma anche fanghi, gli altri trasportatori hanno scaricato anche ceneri, insomma, rifiuti pesanti”. 
Un elemento inedito, datato fine anni Ottanta, inizio Novanta, e mai contestato all’avvocato Cerroni. Cerroni, oggi, per altre vicende è sotto processo per traffico illecito di rifiuti. Orazio Duvia, invece, gestore della discarica Pitelli, a La Spezia, ribattezzata la collina dei veleni, è stato assolto dal reato di disastro ambientale dopo che gli altri reati erano finiti prescritti. Duvia era legato a Fernando “Nando” Cannavale, altro signore dei rifiuti, coinvolto nell’inchiesta Adelphi, titolare della Trasfermar, era deputato a curare i rapporti con la politica e a mediare nelle rotte nord-sud. Non solo. Duvia era in affari societari con i La Marca, questi ultimi, destinatari, con le loro sigle, di un’interdittiva antimafia. I La Marca erano in rapporti societari con Cerroni e i suoi uomini. Rapporti che emergono anche leggendo la recente interdittiva che ha colpito la Viterbo ambiente.
Proprio i La Marca sono stati condannati, per un reato minore, nel processo Adelphi a inizio anni novanta. Un dibattimento, Adelphi, che si origina proprio dalle dichiarazioni di Perrella, ma finisce tra prescrizioni e assoluzioni, lievi condanne. “Si poteva fermare tutto allora, ma finì con un nulla di fatto” racconta il pentito. Quell’organigramma, indicato dall’allora collaboratore, era, davvero, responsabile del saccheggio, come dimostreranno le inchieste che arriveranno oltre un decennio dopo.
Perrella da qualche anno è uscito dal programma di protezione. Ha confessato i suoi crimini, traffico di armi, droga, e poi i rifiuti e ha pagato per le sue colpe. Al termine del programma di protezione ha rimediato anche una condanna per evasione dai domiciliari. “Ho pagato anche per questo, per tutti i miei errori. Ma 22 anni dopo quelli che io ho denunciato sono ancora attivi. Non è giusto, di chi è la colpa?
Il boss colletto bianco
Dai capannoni Fiat al grande traffico illecito di rifiuti, dalla cocaina alle armi, dall’edilizia al sacco ambientale. I settori di business di Perrella erano diversi. Davanti all’attuale capo della direzione nazionale antimafia Franco Roberti, all’epoca pubblico ministero, coniò la frase che racconta, meglio di ogni altra, il business della spazzatura domestica e soprattutto industriale: “Dotto’ la monnezza è oro”. Aggiunse pure: “E la politica è una monnezza”. Perrella racconta le origini: “Io ero un colletto bianco del crimine organizzato. Io ero amico di Antonio Bardellino, Mario Iovine, Umberto Ammaturo ed ero agli ordini di Giuseppe Pedana, detto Peppe ‘a braciola. Io ho iniziato gestendo bische clandestine”. I primi affari li muove con l’edilizia. “Facevamo coperture impermeabili, asfalti stradali. Ero subappaltatore di una società di Vicenza. Abbiamo fatto tutti i capannoni della Fiat così come abbiamo realizzato il Cis di Nola”. I rifiuti arrivano più tardi.
Il grande affare
Era la fine degli anni ottanta. Bisognava scaricare la monnezza del centro-nord Italia e le discariche campane avevano chiuso i cancelli, c’era bisogno dell’aiuto della camorra. Il cognato chiede a Perrella un aiuto per conto di Mariano Fornaciari, titolare della Italrifiuti. “Con la Italrifiuti – aggiunge Perrella – guadagnavo 150 milioni di lire al mese”. Italrifiuti vinceva gli appalti mentre le discariche erano autorizzate attraverso il pagamento degli enti di controllo. Il boss, oggi pentito, inizia a scaricare a Pianura presso la discarica gestita dalla Di.fra.bi, di proprietà dei La Marca e Di Francia. “Abbiamo smaltito gli urbani, i rifiuti assimilati, quelli speciali, altri smaltivano anche tossici. Le carte si inventavano, c’erano le autorizzazioni di Raffaele Perrone Capano, assessore provinciale che era a disposizione, a libro paga. Senza soldi, non si faceva niente. Lui mi disse ‘non facciamo rompere il giocattolo’”. Perrone Capano, arrestato nel 1993, finisce sotto processo, ma ne esce pulito per intervenuta prescrizione dei reati, a fine anni novanta torna a fare il professore alla Federico II di Napoli. “La Di.fra.bi era la madre, lì è iniziato tutto”. E i rifiuti tossici: “Li gestiva Giambattista Toninelli, imprenditore del nord, venivano 30, 40 camion al giorno. C’erano tutti i rifiuti che producono gli industriali del Nord”. Perrella, però, precisa: “Il resto d’Italia non sta meglio, la mia organizzazione ha smaltito ovunque”.
Sugli smaltimenti Francesco Rando, storico braccio destro di Cerroni, spiega che un comparto della discarica era autorizzata, dal 1984, a ricevere anche rifiuti tossico-nocivi. Quanto al racconto di Perrella, Rando spiega che “Italrifiuti (una delle società di Perrella, ndr) non figura nell’anagrafico clienti a partire dal 1984″, ma non esclude comunque che “possano essere stati conferiti legittimamente a Malagrotta rifiuti provenienti da altre regioni d’Italia trasportati da Italrifiuti per conto di altre imprese”.
Perrella sul punto non teme smentite: “Ho scaricato a Malagrotta prima con Italrifiuti e poi 3F-Ecologia come dimostrano i documenti in mio possesso”. Infine, i rapporti con la Di.fra.bi. Rando li limita all’acquisto del 50% della Ines sud da parte di Secor (gruppo Cerroni) precedentemente detenuto da La Marca Enterprise srl.

Nello Trocchia

fonte: www.ilfattoquotidiano.it

Rifiuti Roma, 7 arresti: c’è il patron di Malagrotta Cerroni. Indagato Marrazzo

L'accusa: associazione a delinquere. Il patron della discarica contestata era definito "il Supremo". Misure cautelari anche nei confronti dell'ex presidente della Regione Landi e del funzionario da 10 incarichi Fegatelli. All'ex governatore contestato l'ok al termovalorizzatore di Albano
Manlio Cerroni

Sette persone sono state arrestate dai carabinieri del Noe di Roma nell’ambito dell’inchiesta sulla gestione dei rifiuti del Lazio. Tra questi anche l’imperatore dei rifiuti di Roma, “l’ottavo re” che ha vissuto negli anni di centrodestra e centrosinistra come il padrone, il monopolista nella gestione del pattume sia nella capitale che nel Lazio: Manlio Cerroni, proprietario dell’area della discarica di Malagrotta, è finito ai domiciliari. Un’inchiesta, quella della Procura di Roma, che scompagina un sistema di potere giocato in forza del controllo della catena di comando a rischio di lasciare la Città eterna inondata di rifiuti. Sistema che ha fatto comodo alla politica, incapace di scelte e di governare il ciclo.
Con Cerroni agli arresti domiciliari altre 6 persone: imprenditori, ma anche funzionari pubblici. Si tratta in questo caso dei dirigenti regionali Luca Fegatelli (“l’uomo dei 10 incarichi”) e Raniero De Filippis. Agli arresti Francesco Rando, uomo di fiducia dell’avvocato e gestore della Pontina Ambiente. Rando gestisce anche la E.giovi srl che, insieme al Consorzio Co.la.ri., è tra le aziende principali dell’avvocato che fatturano in media 150 milioni di euro all’anno. Non è l’unico collaboratore di Cerroni coinvolto nell’inchiesta: anche altri due storici assistenti dell’avvocato sono finiti ai domiciliari, Pino Sicignano (direttore della discarica di Albano Laziale) e Piero GioviAssociazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti e truffa sono tra i reati contestati a vario titolo agli indagati. La Guardia di Finanza di Roma ha nel frattempo sequestrato beni mobili ed immobili per 18 milioni di euro. 
La “piramide” guidata da Cerroni “il Supremo”
Secondo l’ordinanza firmata dal gip si trattava di un “sodalizio criminale” “in grado di condizionare l’attività dei vari enti pubblici coinvolti nella gestione del ciclo dei rifiuti nel Lazio, a partire dalla Regione”. L’esistenza e il funzionamento di questo gruppo era costituito da soggetti privati (Cerroni, Landi, Rando, Giovi, Sicignano), pubblici funzionari (il deceduto Arcangelo Spagnoli, Fegatelli) e politici (tra cui il deceduto Mario Di Carlo, Giovanni Hermanin de Reichfield e Romano Giovannetti, quest’ultimo segretario particolare dell’ex assessore Pietro di Paolantonio) è stata nel tempo monitorata e ricostruita grazie a intercettazioni, testimonianze, acquisizioni di documenti e perizie. Cerroni, indicato dagli inquirenti come dominus delle iniziative del gruppo, era soprannominato nel gruppo come “il Supremo“.
Subito sotto Cerroni, nella piramide organizzativa, si trovava Landi, organizzatore – secondo i magistrati – in grado di condizionare l’attività dei vari enti pubblici coinvolti nella gestione del ciclo dei rifiuti nel al fine di consentire al gruppo imprenditoriale riconducibile a Cerroni di realizzare e mantenere un sostanziale monopolio nella gestione dei rifiuti solidi urbani prodotti dai Comuni.
Indagato anche l’ex governatore Marrazzo
E nello scandalo dell’immondizia finisce anche Piero Marrazzo. L’ex presidente della Regione Lazio è accusato di falso in atto pubblico per l’ok dato alla realizzazione del termovalorizzatore di Albano Laziale da parte del consorzio Coema, il cui “dominus” secondo la Procura è Cerroni. Un’ordinanza illegittima, dicono i magistrati, perché il commissario straordinario per l’emergenza rifiuti – Marrazzo appunto – aveva cessato i suoi poteri il 30 giugno del 2008, mentre il documento fu emanato il 22 ottobre. D’altra parte il provvedimento fu annullato dal Tar del Lazio nel 2010 e questa decisione fu poi confermata anche dal Consiglio di Stato. Cerroni viene definito dagli inquirenti “ispiratore del provvedimento”.
L’inchiesta da VelletriNe ha fatta di strada Cerroni, una vita in sella dai tempi della sindacatura nel piccolo paese di Pisoniano, in provincia di Roma, anni Cinquanta – quando si faceva immortalare vicino a Giulio Andreotti – fino all’ascesa da imprenditore. Cerroni ha costruito un impero controllando la mega discarica di Malagrotta che per 30 anni ha ingoiato i rifiuti di Roma, di Fiumicino e della città del Vaticano. Società in tutta Italia e anche all’estero, un patrimonio sconfinato e impianti costruiti in mezzo mondo. Ora l’epilogo dei domiciliari.
L’inchiesta è partita nel 2009, condotta dai carabinieri del Noe di Roma agli ordini del colonnello Ultimo e del capitano Pietro Rajola Pescarini. La Procura di Velletri, pm Giuseppe Travaglini, aveva chiesto gli arresti, ma il gip nell’aprile 2012 ha trasferito gli atti per competenza alla Procura capitolina. Sotto accusa era finita la gestione del polo industriale di Albano Laziale, dove Cerroni, con la Pontina Ambiente, gestisce una discarica e un Tmb, impianto di produzione del cdr, le balle dei rifiuti da incenerire. Secondo l’accusa veniva prodotto cdr in misura inferiore rispetto a quanto veniva poi fatto pagare ai Comuni conferitori, con risparmio per il privato che spendeva di meno per smaltirlo in discarica, che in tanto si esauriva prima, piuttosto che per incenerirlo. I Comuni pagavano per un servizio che non ricevevano procurando così un vantaggio alla società di Cerroni. L’inchiesta per competenza si è spostata a Roma, i pm Alberto Galanti e Maria Cristina Palaia sotto la guida del procuratore Giuseppe Pignatone, hanno chiesto le misure cautelari, accolte dal gip Massimo Battistini.
Il funzionario a disposizione
Se c’è l’imprenditoria non può mancare il funzionario regionale, anche lui ai domiciliari, si tratta di Luca Fegatelli. Notizie riguardo l’indagine, che oggi ha portato all’esecuzione delle misure cautelari, erano già state pubblicate eppure Fegatelli, anche quando Nicola Zingaretti è stato eletto presidente della Regione, è rimasto in sella con una sfilza di incarichi (ilfattoquotidiano.it ne contò 10). Tra questi anche quello di direttore dell’agenzia regionale per i beni confiscati. Fegatelli è stato dirigente della direzione regionale energia e rifiuti fino al 2010 prima di passare a capo del dipartimento istituzionale e territorio, ruolo che oggi ricopre. Per gli inquirenti è stato a disposizione del gruppo imprenditoriale, è risultato il vero regista, l’uomo chiave della strategia “cerroniana” in Regione. Insieme a Cerroni ai domiciliari finiscono i suoi uomini di sempre, i fedelissimi che da anni sono stati ai vertici della galassia di imprese dell’avvocato.
Poi c’è Raniero De Filippis. Prima direttore del dipartimento del territorio (dal 2007 al 2010), poi attualmente alla guida della direzione regionale ambiente e politiche abitative. De Filippis, con Fegatelli, fu tra i “fortunati” che vide il suo incarico prorogato da Renata Polverini in extremis del suo mandato da governatrice (che stava esaurendosi sotto i colpi degli scandali). E lo stesso funzionario si è “distinto” anche per la coincidenza di avere come collega – funzionario in Regione Lazio – il nipote Alessandro. Anche De Filippis è stato confermato da Zingaretti nonostante tutto. Nonostante la Corte dei Conti lo avesse condannato a risarcire la Regione accertando un danno erariale di 750mila euro. E nonostante nel 2002 avesse già patteggiato 5 mesi per abuso d’ufficio e falso ideologico per vicende legate ad una comunità montana di cui era stato commissario liquidatore.
L’assessore al telefono
Ai domiciliari anche Bruno Landi, ex presidente della Regione Lazio negli anni Ottanta, craxiano di ferro, presidente di FederLazio Ambiente, che ha ricoperto diversi ruoli nelle società dell’avvocato da Viterbo a Latina. Landi è stato il punto di contatto con il mondo della politica. Quella politica che ha sempre acconsentito alle richieste dell’avvocato per lo spettro della spazzatura in strada e l’incapacità dei partiti di avviare un ciclo di gestione dei rifiuti. Negli atti, l’informativa dei carabinieri del Noe inviata alla Procura di Velletri, anche una telefonata con l’attuale assessore regionale Michele Civita (estraneo all’inchiesta), quando era assessore in Provincia. Conversazioni che raccontano il ruolo e il potere di Cerroni. Era il 2010. I carabinieri scrivono nell’informativa: “L’assessore, sebbene in un primo momento sembra tenere testa alle pretese dell’avvocato, alla fine soccombe dietro la paura di creare un problema igienico-sanitario simile a quello vissuto dalla città di Napoli, così come paventato dal Cerroni stesso”. Un potere e un ruolo che hanno affascinato anche Goffredo Sottile (pure lui estraneo all’indagine), ultimo commissario per l’emergenza rifiuti a Roma, che anche in pubblico aveva espresso apprezzamenti per l’avvocato. Nonostante l’indagine in corso a carico di Cerroni – nota già dallo scorso anno – Sottile ha insistito per affidargli la gestione della nuova discarica che avrebbe servito Roma dopo Malagrotta. Ipotesi poi tramontata. Tramontata come la rete di potere dell’anziano avvocato.

fonte: www.ilfattoquotidiano.it