Il Decreto tanto atteso previsto dagli articoli 123 e 124 del ddl Concorrenza, approvato ad agosto 2017, ha visto finalmente la firma del direttore generale del ministero dell’Ambiente lo scorso 1° febbraio. Ora c’è una legge dello Stato che parla di raccolte del ferro a fine benefico.
Il Decreto tanto atteso previsto dagli articoli 123 e 124 del ddl Concorrenza, approvato ad agosto 2017, ha visto finalmente la firma del direttore generale del ministero dell’Ambiente lo scorso 1° febbraio. Un grande risultato dopo l’impegno che il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, aveva preso anche da queste pagine. Nell’occasione aveva chiesto inoltre collaborazione nella stesura della legge, infatti la prima bozza del decreto parte proprio da Treviso.
Ora c’è una legge dello Stato che parla di raccolte del ferro a fine benefico. Nessuno più potrà ostacolarle.
Al comma 1 dell’articolo 5 del decreto 14 del 1° febbraio 2018 si legge: “Le associazioni di volontariato e le parrocchie che intendono svolgere attività di raccolta e trasporto occasionale di rifiuti non pericolosi costituiti da metalli ferrosi e non ferrosi di provenienza urbana operano d’intesa con i Comuni territorialmente competenti e previa iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali, il quale individua apposite modalità che consentano la temporanea iscrizione dei veicoli concessi in uso…”. Al comma 2: “Per raccolta e trasporto occasionale si intende l’attività svolta per non più di 4 giornate annue, anche non consecutive, e che non superi le cento tonnellate annue complessive”. Più chiaro di così...
Dopo l’uscita in Gazzetta Ufficiale del decreto, entro 30 giorni, l’Albo nazionale dirà le modalità di iscrizione semplificata. Modalità già concordate e mediate. Con il numero di iscrizione si potranno comunicare alcuni giorni prima le targhe dei veicoli che parteciperanno alla raccolta.
Chi in questi mesi ha tessuto la tela di questo risultato è il trevigiano Matteo Favero, per tanti anni collaboratore dell’on. Ermete Realacci. “Dobbiamo ringraziare innanzitutto il ministro Galletti - spiega - per aver rispettato la promessa fatta in occasione della sua visita in Contarina, lo scorso 6 maggio 2017. Ora, proprio grazie al decreto del ministero dell’Ambiente, le associazioni di volontariato e le parrocchie della diocesi di Treviso, così come quelle di tutta Italia, potranno, senza più alcun problema di interpretazione normativa o altri ostacoli, iscriversi nella modalità semplificata all’Albo nazionale gestori ambientali per la raccolta di ferro a fine benefico. Una questione importante di cui mi sono occupato personalmente, assieme al presidente della Commissione Ambiente di Montecitorio Ermete Realacci, che in Parlamento ha sostenuto con forza l’approvazione degli articoli 123 e124 del ddl Concorrenza fondamenta di questo decreto”.
Questo decreto supera le difficoltà sorte, a seguito dell’entrata in vigore delle norme del collegato ambientale alla legge 152, che hanno reso difficile, a volte impossibile, il proseguimento delle raccolte di materiali ferrosi, attività che consentono alle parrocchiali e associazioni missionarie di volontariato di finanziare numerosi progetti di solidarietà.
“Un risultato concreto - dice ancora Matteo Favero - a favore del territorio e di chi si impegna nella solidarietà. Il volontariato è infatti un elemento essenziale della convivenza e della coesione sociale. Mettersi in gioco per gli altri è uno degli elementi che mi caratterizza e che mi ha spinto inoltre ad accettare la candidatura nel Partito democratico alla Camera alle elezioni politiche del 4 marzo nel collegio uninominale interprovinciale Veneto 1 di Castelfranco, Paese, Vedelago, Noale, Scorzé, Martellago”.
I numerosi appelli, dalle pagine de La vita del popolo, a tutti i livelli, nazionale e regionale, perché si arrivasse ad aggiustare la normativa hanno trovato ascolto. L’affidamento alle associazioni di volontariato e alle parrocchie delle raccolte benefiche di rifiuti riciclabili, in un’ottica di promozione del volontariato e di collaborazione fra i soggetti pubblici e privati, resta un valore imprescindibile ed è scritto ora a chiare lettere anche in questo decreto.
fonte: http://www.lavitadelpopolo.it/
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La sfida dei rifiuti a Roma al di là delle distorsioni pre-elettorali
Intervento di Paolo Hutter per ilfattoquotidiano.it


Ha di nuovo va fatto il giro dei media la questione dei rifiuti a Roma, ma le partigianerie politiche e le semplificazioni mediatiche producono effetti distorcenti. Come se il problema fosse quello di bruciare o no nell'inceneritore di Parma ex 5 stelle i rifiuti di Roma 5 stelle. Come se Raggi dovesse chiederlo a Pizzarotti, con tanto di variazioni se per telefono, per iscritto o di persona. In realtà in questi casi sono le Regioni che chiedono alle altre Regioni. ( E non è detto che andranno in Emilia) In molti articoli poi si sprecano le battute sugli anti inceneritoristi grillini che sarebbero incoerenti perchè poi hanno bisogno di chiedere ospitalità a inceneritori lontani. La sfida politica da campagna elettorale fa velo sulla sfida tra diversi punti di vista e interessi nel campo della gestione dei rifiuti. Le due sfide in parte sono intrecciate, in parte no. Parlando di Roma bisogna sempre ricordare che il sistema si reggeva sulla maxidiscarica di Malagrotta, chiusa dalla Giunta Marino.
Ci voleva un inceneritore o un'altra maxidiscarica per sostituire Malagrotta? In ogni caso, anche se la Regione e la Giunta Raggi avessero deciso di puntare su un impianto del genere, oggi non sarebbe ancora funzionante e la "esportazione" fuori Regione di una quota di rifiuti indifferenziati continuerebbe a essere inevitabile. Del resto il ministro Galletti, che in questi giorni si è aggiunto al coro di chi condanna il comune di Roma per la "esportazione" di rifiuti, l'anno scorso ha sostenuto lo Sblocca Italia, magnificando che andava a creare un sistema nazionale di smaltimento superando i localismi. La nuova amministrazione romana ha sposato la filosofia del movimento "Rifiuti Zero" e ha deciso di puntare tutte le sue carte sulla differenziata e inoltre su prevenzione e riduzione dei rifiuti e riuso.
La raccolta differenziata adesso ha superato il 44% e i rifiuti indifferenziati sono calati anche in termini assoluti, nonostante l'aumento dei consumi. Recentemente è stato sperimentato con successo nel quartiere del Ghetto un nuovo sistema ( coi sacchi dell'indifferenziato "chippati") che ha portato a superare in quella zona l'80 per cento di raccolta differenziata. Assessora all'Ambiente e Ama Roma hanno programmato di estendere il nuovo sistema a mezza città nel giro di due anni. Si stanno per inaugurare impianti di compostaggio che faciliteranno il flusso della raccolta differenziata dell'organico. Certo è difficile per una grande città superare il 70% e comunque resterebbe un 30%. Il nuovo Piano di Roma intende affrontare quel 30% con ulteriori operazioni di selezione, "estrusione" essiccamento e recupero. Senza discariche e inceneritori. I ritmi di questo prossimo anno 2018 saranno fondamentali per determinare se la sfida riesce, e la collaborazione dei cittadini sarà indispensabile. La collaborazione con un piano di progresso ambientalista, non con le alterne e contradditorie vicende di una Giunta o di 5 stelle.
fonte: www.ecodallecitta.it
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Differenziata, comuni scrivono al ministero dell’Ambiente: “Situazione critica, rischio del blocco della raccolta e rifiuti in strada senza interventi urgenti”
Il delegato Anci Ivan Stomeo e il presidente Decaro hanno scritto al
ministro Galletti per invocare misure urgenti: all'aumentare della
raccolta, il Corepla non riesce a smaltire la parte di plastica
eterogenea che va in combustione. Gli inceneritori sono in sovraccarico
per i rifiuti della capitale e del mezzogiorno e i comuni minacciano lo
stop della raccolta. Il consorzio da parte sua chiede di avere la
priorità nell'incenerimento. Ma a quel punto a ballare sarebbero le
tonnellate di rifiuti del Centro e del Sud
Nasce per riciclare la plastica, ma va in tilt quando si
bloccano gli impianti per bruciarla. È questa la situazione in cui è
impantanato il sistema che gira intorno al Consorzio Corepla: il suo obiettivo principale sarebbe dare seconda vita a bottiglie, flaconi e pellicole, ma oggi oltre il 40%
di questi imballaggi ancora finisce negli inceneritori o in discarica. E
ora che i forni, assediati dalla monnezza del Sud, hanno ridotto i
ritiri della plastica, gli impianti che lavorano gli imballaggi sono
pieni come un uovo e rischiano di non poter più ricevere i rifiuti dai
cassonetti della differenziata. In aumento per la stagione estiva e
perché la raccolta continua a crescere in tutta Italia. “O cerchiamo una
soluzione urgente, o ci ritroveremo con la plastica per strada”, dice a
ilfattoquotidiano.it il delegato Anci ai Rifiuti Ivan Stomeo, che insieme al presidente dell’associazione dei Comuni Antonio Decaro ha scritto una lettera al ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti
per lanciare l’allarme. Nel testo si descrive una situazione “di
estrema criticità” che potrebbe comportare “la necessità addirittura di
blocco della raccolta nei Comuni con gli evidenti e immaginabili
impatti”. E che dunque, per essere risolta, scrivono Decaro e Stomeo,
“richiede nell’immediato una misura d’urgenza”.
All’origine e al termine di questa storia ci sono i rifiuti bruciati. Tanti. Su circa 1 milione di tonnellate di plastica buttata dai cittadini, infatti, agli inceneritori vanno quasi 400mila tonnellate.
I cittadini fanno la fatica di differenziare questi rifiuti e pagano
per trattarli, ma inutilmente. Una quantità cresciuta tra il 2015 e il
2016 a un ritmo doppio rispetto alla raccolta differenziata (14% contro 7%) e in maniera esponenziale in confronto al riciclo della plastica, aumentato del 2%.
Un sistema, spiega il presidente di Corepla Antonello Ciotti, “vittima
del suo successo: funziona come un orologio svizzero, ma entra in crisi
se qualcosa non va. Se quando gestivamo 200mila tonnellate di rifiuti
risolvere delle falle era più semplice, ora che siamo riusciti a portare
la raccolta a quasi 1 milione è più difficile”. Ma il punto è che il
settore è sempre più dipendente dai forni: nel cda del consorzio siede
anche il presidente di Herambiente Filippo Brandolini, che rappresenta
le grandi multiutility proprietarie degli impianti di incenerimento. Se
rallenta la combustione più che aprirsi una falla crolla un pilastro.
La lettera di Anci parte riferendosi alle “segnalazioni di congestionamento di alcuni impianti di trattamento della plastica”: “Inizialmente sembrava un puntuale e limitato problema di organizzazione logistica”, ma ha fatto “emergere un problema più strutturale”. Una situazione in cui i “disservizi delle multiutility che non stanno rispettando i contratti firmati con Corepla”, per usare le parole di Ciotti, si riverberano a cascata sugli stabilimenti fino a mettere in pericolo il servizio di raccolta.
Le difficoltà si registrano da nord a sud. “Siamo stati i primi a scrivere al consorzio segnalando questa situazione”, dice Marco Ravagnani,
presidente dell’associazione di impianti Assosele. Un’altra
associazione, Unirima, nella sua lettera parla di ritardi nei ritiri di
oltre sette giorni “in diverse località del territorio nazionale,
determinando gravi danni agli impianti, obbligati allo stoccaggio di
notevoli quantitativi di materiale facilmente infiammabile in una
stagione con temperature ben al di sopra delle medie”. Gli impianti
arrancano in Lombardia e Veneto. “Siamo in zona rossa, pieni di rifiuti che Corepla
non ritira. Se nei prossimi gironi la situazione non si sblocca saremo
costretti a sospendere la raccolta nel nostro bacino, in cui vivono
mezzo milione di persone”, spiega a ilfattoquotidiano.it il
direttore generale della veronese Serit, Alessandro Dall’Ora. E in
Toscana la situazione non è differente: diversi stabilimenti sono pieni
zeppi di rifiuti stoccati. “Oggi questa problematica è comune un po’ in
tutta Italia, ma confidiamo nel ruolo istituzionale di Corepla che si
sta impegnando per risolverla”, aggiunge più diplomatico il presidente
dello stabilimento Revet, in provincia di Pisa, Alessandro Canovai. E le cose vanno male anche in Piemonte, nonostante il direttore della piattaforma Demap e consigliere di amministrazione Corepla Michele Rizzello abbia cercato pubblicamente di sminuire.
Contattati da ilfattoquotidiano.it, dal ministero dell’Ambiente spiegano che Galletti nei prossimi giorni convocherà una riunione ad hoc con Anci e Corepla. “Siamo disponibili a lavorare insieme, il problema va risolto”, dice il delegato Stomeo. “Ho scritto alle Regioni Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna per spiegare la situazione di difficoltà e ho già parlato con le grandi multiutility proprietarie dei termovalorizzatori: da A2a e Hera abbiamo registrato delle aperture, la prima ci ha già indicato delle date, mentre Iren al momento rimane latitante”, aggiunge Ciotti. Il direttore di Fise Assoambiente, l’associazione che rappresenta le grandi aziende dei rifiuti, Elisabetta Perrotta, sostiene che servirebbero più inceneritori, “a fronte di una continua difficoltà degli operatori a sviluppare il necessario contesto impiantistico per preconcetti e luoghi comuni, oltre alle complessità autorizzative”. Per Ciotti, invece, “per risolvere il problema basterebbe che gli impianti di Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte esistenti destinassero alla plastica il 10% della loro capacità, dando la precedenza ai rifiuti plastici del loro territorio rispetto agli urbani provenienti da altre regioni”. È la proposta che Corepla farà al ministro, dimenticando però che nel risiko dei rifiuti a ballare, a quel punto, sarebbero le tonnellate di monnezza di Roma e Napoli. E per risolvere un problema se ne creerebbe un altro.
Se questa è la soluzione da attuare subito, Anci scrive che nel medio termine servirebbero politiche per ridurre i rifiuti e aumentare la riciclabilità degli imballaggi raccolti in modo differenziato ma che oggi hanno come unico sbocco l’inceneritore. “Più aumenta la raccolta, più crescono le plastiche eterogenee che oggi vanno a combustione. È fisiologico, ma siamo impegnati per ridurre questa quantità. Quest’anno investiamo 1 milione di euro in ricerca e sviluppo per assicurare nuova vita a imballaggi che oggi vanno ai termovalorizzatori, come bottiglie opache e vaschette”, assicura Ciotti. Dal primo gennaio 2018, il contributo ambientale che i produttori di contenitori in plastica pagano per il loro fine vita sarà differenziato. In teoria dovrebbe essere modulato sulla base della riciclabilità dell’imballaggio, ma le bottiglie opache, per esempio, pagheranno quanto quelle trasparenti. Nella speranza che gli investimenti in ricerca – 305mila euro nel 2016, meno di quanto speso per viaggi e trasferte e briciole a fronte dei 5 milioni di euro dei costi di comunicazione – diano presto dei risultati.
fonte: www.ilfattoquotidiano.it
La lettera di Anci parte riferendosi alle “segnalazioni di congestionamento di alcuni impianti di trattamento della plastica”: “Inizialmente sembrava un puntuale e limitato problema di organizzazione logistica”, ma ha fatto “emergere un problema più strutturale”. Una situazione in cui i “disservizi delle multiutility che non stanno rispettando i contratti firmati con Corepla”, per usare le parole di Ciotti, si riverberano a cascata sugli stabilimenti fino a mettere in pericolo il servizio di raccolta.
Contattati da ilfattoquotidiano.it, dal ministero dell’Ambiente spiegano che Galletti nei prossimi giorni convocherà una riunione ad hoc con Anci e Corepla. “Siamo disponibili a lavorare insieme, il problema va risolto”, dice il delegato Stomeo. “Ho scritto alle Regioni Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna per spiegare la situazione di difficoltà e ho già parlato con le grandi multiutility proprietarie dei termovalorizzatori: da A2a e Hera abbiamo registrato delle aperture, la prima ci ha già indicato delle date, mentre Iren al momento rimane latitante”, aggiunge Ciotti. Il direttore di Fise Assoambiente, l’associazione che rappresenta le grandi aziende dei rifiuti, Elisabetta Perrotta, sostiene che servirebbero più inceneritori, “a fronte di una continua difficoltà degli operatori a sviluppare il necessario contesto impiantistico per preconcetti e luoghi comuni, oltre alle complessità autorizzative”. Per Ciotti, invece, “per risolvere il problema basterebbe che gli impianti di Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte esistenti destinassero alla plastica il 10% della loro capacità, dando la precedenza ai rifiuti plastici del loro territorio rispetto agli urbani provenienti da altre regioni”. È la proposta che Corepla farà al ministro, dimenticando però che nel risiko dei rifiuti a ballare, a quel punto, sarebbero le tonnellate di monnezza di Roma e Napoli. E per risolvere un problema se ne creerebbe un altro.
Se questa è la soluzione da attuare subito, Anci scrive che nel medio termine servirebbero politiche per ridurre i rifiuti e aumentare la riciclabilità degli imballaggi raccolti in modo differenziato ma che oggi hanno come unico sbocco l’inceneritore. “Più aumenta la raccolta, più crescono le plastiche eterogenee che oggi vanno a combustione. È fisiologico, ma siamo impegnati per ridurre questa quantità. Quest’anno investiamo 1 milione di euro in ricerca e sviluppo per assicurare nuova vita a imballaggi che oggi vanno ai termovalorizzatori, come bottiglie opache e vaschette”, assicura Ciotti. Dal primo gennaio 2018, il contributo ambientale che i produttori di contenitori in plastica pagano per il loro fine vita sarà differenziato. In teoria dovrebbe essere modulato sulla base della riciclabilità dell’imballaggio, ma le bottiglie opache, per esempio, pagheranno quanto quelle trasparenti. Nella speranza che gli investimenti in ricerca – 305mila euro nel 2016, meno di quanto speso per viaggi e trasferte e briciole a fronte dei 5 milioni di euro dei costi di comunicazione – diano presto dei risultati.
fonte: www.ilfattoquotidiano.it
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Economia circolare, vince la best practice di Contarina a Treviso
Roma, (askanews) - Mentre Roma è alle prese con la crisi rifiuti, in un costante rimbalzo di responsabilità, c'è un'Italia che crede e approfitta, anche economicamente, delle potenzialità dell'economia circolare. Poco più di tre ore di treno dalla capitale ecco infatti un modello, di valore europeo, nella valorizzazione del bene rifiuto. Porta a porta, differenziata, riciclo. Parole d'ordine declinate a Treviso da Contarina, sistema che vede coinvolti 50 comuni del trevigiano compreso il capoluogo.
Un esempio, che grazie a un'idea di Matteo Favero ha visto sul territorio più riciclone d'Italia arrivare in visita il ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti. Obiettivo: conoscere e approfondire le ricette vincenti del sistema Contarina e del Centro di Valorizzazione e Riciclo dei materiali.
Nel territorio servito da Contarina si riesce infatti a riciclare il doppio della media europea, producendo cinque volte meno rifiuti residui: la raccolta differenziata ha, infatti, raggiunto l'85% grazie all'applicazione della tariffa puntuale, tariffa media poco sopra i 100 euro. Il ministro Galletti:
"Questa esperienza ci dice che è possibile fare la raccolta porta a porta con una percentuale elevatissima di differenziata, siamo all'85%, avendo una tariffa dei rifiuti più bassa della media nazionale e regionale. Sfatiamo allora il mito che fare la raccolta porta a porta costi di più. Ci dice anche che l'economia circolare conviene, perchè il materiale non mandato in discarica, che è un costo, ma rivenduto come materia prima seconda diventa un ricavo. E' l'elemento base dell'economia circolare, avere meno rifiuti conviene non solo dal punto di vista ambientale ma anche economico".
E' l'affermazione della filosofia dell'economia circolare nella sua massima espressione, come conferma Franco Zanatta, Presidente di Contarina SPA:
"Considerare il rifiuto non più come una cosa da bruciare o nascondere ma qualcosa che può diventare una risorsa che inserita nel processo produttivo ci rende molto più competitivi come sistema paese".
Intanto competitivo è certamente il trevigiano. Il merito in primis va agli amministratori che hanno sposato il progetto Contarina. Floriana Casella, deputata PD di Maserada:
"Amministratori che hanno saputo guardare avanti, lo dimostra questa realtà come altre in questa provincia. C'è stata una classe poltica seppure territoriale che ha saputo far tesoro, insieme a gente moralmente sana. Che è importante".
Tornando alla visita del ministro Galletti, alla soddisfazione locale per l'eccellenza raggiunta si aggiunge anche la disponibilità ad essere di supporto all'implementazione su tutto il territorio italiano. Lo ribadisce la parlamentare Pd Simonetta Rubinato, già amministratrice nel trevigiano.
"Sono felice che il ministro abbia fatto molte domande per capire, anche nell'ottica di poter esportare il modello, che poi va tarato sulle diversità delle realtà di questo paese lungo e complicato".
fonte: http://stream24.ilsole24ore.com/
Ancora troppo timidi gli obiettivi europei al 2030 nell'attuale contesto
Perché la Commissione europea deve alzare gli obiettivi su energia e
clima al 2030? E perché il ministro Galletti, invece di lamentarsi
pubblicamente per i target assegnati, dovrebbe proporre politiche più
incisive soprattutto su edilizia e trasporti? L'editoriale di Gianni
Silvestrini.

Sono tre le componenti che determinano l’evoluzione globale delle emissioni climalteranti: l’opinione pubblica, le “disruptive” technologies e il ruolo delle istituzioni.
L’attenzione dei cittadini
varia da paese a paese, ma le informazioni che arrivano dalla comunità
scientifica e gli impatti sempre più evidenti dei cambiamenti climatici
determinano, al netto dei tentativi di confusione negazionista, una
crescente spinta verso politiche più incisive.
Le soluzioni dirompenti,
dal fotovoltaico agli accumuli, dall’eolico ai Led, continuano a
macinare record e a spiazzare le tecnologie dominanti. La tendenza a
prestazioni sempre migliori e a forti riduzioni dei prezzi rappresenta
una formidabile carta che tiene comunque aperta la strada della
rivoluzione climatica.
Sul fronte politico,
dopo il momento magico registratosi alla COP21, la fase attuale è
invece molto delicata. Un esempio viene dalla netta presa di posizione
del nuovo presidente delle Filippine, il populista Rodrigo Duterte, che
si è chiaramente smarcato dall’Accordo sul Clima siglato a Parigi.
Ma la preoccupazione maggiore viene dalla campagna elettorale statunitense.
Il partito repubblicano ha infatti attaccato l’IPCC, vuole smantellare
il ministero dell’ambiente, l’EPA, ipotizza un rilancio del carbone. Una
vittoria di Trump incrinerebbe dunque drammaticamente l’impegno
internazionale sul clima.
In questo contesto, la Commissione Europea
ha formulato la proposta sulla ripartizione tra i vari paesi degli
obiettivi di riduzione al 2030 delle emissioni nei comparti del
trasporto, edilizia, agricoltura e industria non energivora: Effort Sharing Decision (ESD) (vedi QualEnergia.it).
La prima riflessione critica riguarda le timidezze nella rivisitazione dell’obiettivo sulle emissioni, o perlomeno nel non prevedere chiaramente un suo adeguamento nel tempo.
La
stessa Commissione sta infatti valutando gli impatti di un aumento dei
targets su rinnovabili ed efficienza, al momento entrambi su valori
modesti del 27% al 2030. Se questi obiettivi verranno innalzati,
automaticamente il taglio delle emissioni climalteranti potrebbe
incrementarsi dal 40% fino ad arrivare al 50% rispetto al 1990 (vedi grafico sotto).
Questo innalzamento dell’obiettivo al 2030, oltretutto, è imposto dall’andamento delle emissioni climalteranti che
si è ridotto molto più rapidamente delle previsioni, tanto che nel 2014
i settori europei coinvolti nell’ESD erano del 13% sotto i valori del
2005, quando il taglio da raggiungere al 2020 era del 10%.
Alla
luce di questo andamento, l’obiettivo al 2030, come si vede dalla
figura successiva, risulta decisamente modesto. Peraltro, la
rivisitazione degli impegni al 2030 si impone dopo gli ambiziosi
obiettivi sul lungo termine contenuti nell’Accordo di Parigi.
Nel
grafico l'andamento storico delle emissioni climalteranti europee nei
settori ESD (in nero) e obiettivi di riduzione al 2020 e 2030 (in
rosso).
Ma veniamo all’obiettivo italiano al 2030.
Nella ripartizione tra i vari paesi, che dovrebbe consentire un taglio
europeo in questi comparti del 30% rispetto al 2005, l’Italia si è vista
attribuire una riduzione del 33%, leggermente superiore rispetto alla
media generale.
Per capire la valenza
di questo obiettivo, ricordiamo che nel periodo 2005-2015 la riduzione
delle emissioni nei settori non ETS è stata del 21%. Va però evidenziato
il fatto che, depurando questo dato dagli impatti della crisi economica, la riduzione risulta molto inferiore, come evidenziato in questo grafico sulle emissioni nazionali di gas serra (Ispra, 2015).
Ma
come si traduce il taglio del 33% sui livelli del 2005 nel prossimo
quindicennio? I comparti coinvolti dovrebbero vedere una riduzione delle
emissioni del 16% da oggi al 2030.
Si tratta di un obiettivo che si potrà raggiungere con politiche molto più attive delle attuali sul fronte dell’edilizia e dei traporti.
Al
tempo stesso, è evidente che in questi comparti si possono ottenere
risultati ben più significativi. Invece di lamentarsi, come ha fatto il ministro Galletti
secondo una liturgia che ricorda quella utilizzata da alcuni ministri
all’epoca del Protocollo di Kyoto, il governo dovrebbe intercettare le straordinarie opportunità che una seria politica di riduzione delle emissioni può offrire nel rilanciare l’economia e ridare fiato all’occupazione.
fonte: www.qualenergia.it
Arrivano dodici nuovi inceneritori. Il ministero ha fretta: 'Non c'è impatto sull'ambiente"
Lo Sblocca Italia ha reso "strategica" la costruzione di nuovi impianti, togliendo potere alle Regioni e velocizzando i tempi. Per non rischiare di rimettere mano al progetto, il dicastero guidato da Galletti vuole evitare studi più approfonditi. Sostenendo che non serve. Perché non si possono stimare gli effetti della combustione del 30 per cento di spazzatura in più
Con un obiettivo che, anche a non voler pensar male, sembra chiaro: evitare di sottoporre il documento a una Valutazione ambientale strategica (Vas), una più ampia e approfondita analisi che richiederebbe uno studio più dettagliato e, soprattutto, di essere sottoposto per 60 giorni alle osservazioni di associazioni, comitati di cittadini ed enti locali. Incluse le Regioni, che avendo le competenza in tema di rifiuti spesso hanno alzato le barricate, mentre d'ora poi non potranno che "conformarsi al programma" deciso dall'esecutivo e "provvedere alla localizzazione sul territorio delle nuove infrastrutture". Cioè senza poter battere ciglio o quasi.
Mentre tutta Europa vira verso la raccolta differenziata, a fine 2014 col decreto Sblocca Italia il governo Renzi ha promosso gli inceneritori a "insediamenti strategici di preminente interesse nazionale": una formulazione che vuol dire zero voce in capitolo (o quasi) per le amministrazioni locali, tempi dimezzati per gli espropri, concessioni più rapide, fondi ad hoc e via dicendo. Esattamente la stessa filosofia seguita, tre articoli di legge più giù, per l'estrazione e lo stoccaggio di idrocarburi, che non a caso aveva portato a inserire nelle pieghe del provvedimento l'ormai celebre "emendamento Tempa rossa" (poi ritirato e inserito nella Stabilità un anno dopo ) che ha portato alle dimissioni del ministro Federica Guidi.
Per raggiungere l'autosufficienza secondo il governo l'Italia deve bruciare annualmente un altro milione e 800 mila tonnellate di rifiuti (il 27 per cento in più) e servono quindi 8 nuovi inceneritori rispetto ai 40 già in funzione e ai 6 ancora in costruzione. Tutti da dislocare al centro e al Sud, dato che il Nord già copre il suo fabbisogno. L'esecutivo ha deciso anche dove dovranno sorgere: Umbria, Marche, Lazio, Campania, Abruzzo, Puglia, Sardegna e due in Sicilia (che però vorrebbe realizzarne sei di dimensioni minori, portando così a 12 il numero complessivo degli impianti).
Ma ecco qui quella che appare come un'autentica trovata: siccome saranno le singole Regioni a decidere dove costruirli, secondo il Rapporto preliminare del ministero dell'Ambiente non si può stabilire quanto il Piano "incida direttamente sulle componenti ambientali". E "non possono essere puntualmente determinati e calcolati effetti significativi sull'ambiente", a cominciare dal "superamento dei livelli di qualità ambientale". Tutti elementi, per il dicastero guidato da Gian Luca Galletti, che potranno essere valutati solo una volta che le Regioni avranno deciso dove realizzare con precisione gli inceneritori. Quindi per ora non serve nessun ulteriore approfondimento. Come dire: intanto andiamo avanti, poi se ne parla.
Di fatto, si tratta di una mezza verità: perché se è vero che non si può stabilire l'impatto in uno specifico territorio, bruciare un terzo di rifiuti in più qualche ricaduta ambientale la avrà pure. E, se non altro a livello aggregato, qualche stima è possibile realizzarla.
Chi lo ha fatto, con una calcolatrice e un po' di buona volontà, è stato il Forum dei movimenti per l'acqua, che partendo da uno studio dell'Arpa-Emilia Romagna sugli inceneritori di ultima generazione ha quantificato che il surplus di incenerimento comporterà ogni anno la produzione di 450 mila tonnellate in più di scorie e ceneri, 2 mila tonnellate di ossidi di azoto, 545 chili di mercurio e altrettanti del velenoso tallio. Senza dimenticare 110 tonnellate in più di polveri sottili, 1,1 grammi di diossine e furani e 1 milione e mezzo di tonnellate di anidride carbonica, quell'anidride carbonica che l'Italia si è impegnata a ridurre nell'ultima conferenza sul clima .
Numeri che, inseriti in un Rapporto, potrebbero far storcere il naso. Magari sollevando ricorsi amministrativi o malcontento a livello locale che potrebbe rimettere tutto in discussione. Meglio piuttosto definire non quantificabili le ricadute sull'ambiente. Tanto un rimedio per costruire, una volta che i lavori sono partiti, si trova sempre. Anche il governo Berlusconi classificò "di interesse strategico" l’inceneritore di Acerra quando era ancora solo allo stato progettuale. Poi, davanti alle proteste, lo elevò a sito militare. E così, come poi accaduto anche in Val di Susa, a proteggere il cantiere con mezzi blindati e mitra spianati arrivò l’esercito.
fonte: http://espresso.repubblica.it
Sblocca Italia e rifiuti: l’Umbria vota sì
La presidente Catiuscia Marini: «Il Governo ha accolto la richiesta delle Regioni di tener conto di accordi interregionali»
A dare l’annuncio è stato il ministro dell’ambiente, Gian Luca Galletti. Tutte le Regioni, ha detto Galletti, «hanno detto sì, tranne Lombardia e Campania, alle norme dell’articolo 35 dello Sblocca Italia, nella parte riguardante la realizzazione di una rete nazionale di termovalorizzatori che copra il fabbisogno delle Regioni ancora scoperte in relazione al trattamento dei rifiuti».
L’Umbria approva La cosa, c’è da scommetterci provocherà nuove alzate di scudi da parte degli ambientalisti, anche se la versione offerta dalla presidente della regione Umbria, Catiuscia Marini è improntata alla positività: «Il Governo ha accolto la richiesta delle Regioni di tener conto di accordi interregionali per la valutazione della nuova impiantistica di termovalorizzazione e questa condizione positiva che è stata richiesta con forza dall’Umbria permetterà alla nostra Regione di portare avanti l’attuazione del Piano di rifiuti, accelerando ancor più la raccolta differenziata, arrivando così al superamento delle discariche».
La Toscana La presidente, poi, spiega che «in questa direzione sarà importante la definizione di accordi con la Regione Toscana con la quale già oggi su questo tema esiste una positiva collaborazione. Il risultato raggiunto impone un atteggiamento concreto e collaborativo delle amministrazioni comunali affinché gli obiettivi di raccolta differenziata stabiliti dal Piano si realizzino concretamente».
Il ministro Per il ministro Galletti, comunque, «abbiamo raggiunto un buon risultato con questo articolo si rompe il principio dell’autosufficienza dello smaltimento dei rifiuti a livello regionale e si crea una rete unica di smaltimento a livello nazionale. Questo ci aiuta molto ad impostare un lavoro serio e ci serve anche per contrastare le infrazioni comunitarie cui l’Italia è esposta».
Qui di seguito l'intervista rilasciata dalla Presidente Marini lo scorso gennaio
Umbria e piano regionale rifiuti, Marini: «Differenziato al 70% entro due anni»
fonte: http://www.umbriaon.it
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FARE VERDE RINUNCIA AL PATROCINIO DEL MINISTERO DELL’AMBIENTE PER LA MANIFESTAZIONE “IL MARE D’INVERNO”: “DAL MINISTRO TROPPE SCELTE CONTRO L’AMBIENTE, PEGGIO DI ATTILA”
Associazione di
Protezione Ambientale riconosciuta dal Ministero dell’Ambiente ai sensi
dell’art.13 della L.349/86
Sede Nazionale:
via Trequanda, 25 – 00146 Roma –
e.mail: segreteria@fareverde.it - Cell. 3477671827 - sito web:
www.fareverde.it
FARE VERDE RINUNCIA AL PATROCINIO DEL
MINISTERO DELL’AMBIENTE PER LA MANIFESTAZIONE “IL MARE D’INVERNO”: “DAL MINISTRO TROPPE SCELTE CONTRO L’AMBIENTE,
PEGGIO DI ATTILA”
Si svolgerà senza il Patrocinio del Ministero dell’Ambiente la XXV edizione de
“Il mare d’inverno”, l’operazione di
pulizia delle spiagge che Fare Verde realizza annualmente l’ultima domenica
di gennaio, per ricordare che
l’inquinamento delle coste italiane dura 12 mesi l’anno anche se fa notizia
solo con la bella stagione, quando il mare serve ai bagnanti.
Per Fare Verde è inaccettabile che un Ministro deputato alla tutela dell’Ambiente proponga la realizzazione di inceneritori a terra e di trivelle petrolifere in mare. Per questo FARE VERDE ha deciso quest’anno di non chiedere il Patrocinio del Ministero per la sua storica iniziativa di volontariato.
Domenica 31 gennaio,
l’associazione pulirà le spiagge in
12 regioni italiane con la collaborazione dei cittadini e il patrocinio della Commissione Europea –
Rappresentanza per l’Italia, della Provincia di Udine/Provincie di Udin e di
numerose Amministrazioni locali, ma senza il marchio del Minambiente.
L’elenco completo delle spiagge è su www.fareverde.it.
Con questa scelta Fare Verde vuole far arrivare al Ministro
Galletti l’ennesimo messaggio forte, nella speranza che cambi la linea sua e
del Governo sulle tematiche ambientali. Dopo le trivelle petrolifere, è
arrivata la proposta di costruire 9 nuovi inceneritori di rifiuti. Se si
aggiunge la decisione del Governo di soppressione
del Corpo Forestale dello Stato, si può dire che il passaggio di Attila avrebbe fatto meno danni di Renzi e Galletti.
Alle critiche Fare Verde fa
seguire proposte concrete. La pulizia delle spiagge, infatti, sarà l’occasione
per fare un censimento delle forme di inquinamento più diffuse e proporre
soluzioni, come la reintroduzione del “vuoto
a rendere”, per ridurre la quantità di rifiuti prodotti. I rifiuti raccolti
saranno differenziati per essere avviati al riciclaggio ed evitare la
distruzione di materie prime sempre più costose attraverso l’incenerimento o il
sotterramento in discarica.
Le tecnologie per una economia
verde e capace di futuro sono già ampiamente disponibili. Domenica 31 gennaio,
i cittadini faranno la loro parte rimuovendo rifiuti di ogni genere dalle nostre
spiagge e avviandoli al riciclaggio. Fare
Verde si augura che anche il Ministro voglia cominciare a fare la sua parte
tutelando l’Ambiente invece di danneggiarlo con scelte anacronistiche e
insostenibili.
Roma, 28 gennaio 2016
Associazione ambientalista Fare Verde.
Per maggiori informazioni (numero
da non pubblicare):
tel. 333.2985873,
ufficiostampa.fareverde@gmail.com.
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