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ReteOnu: Roma, 4 Aprile: Convegno sul futuro raccolta materiali ferrosi


Il futuro della raccolta dei materiali ferrosi nell’ottica del riutilizzo e dell’economia circolare

4 aprile 2019 – ore 10.00 – 17.00
Presso Comune di Roma – Dipartimento Politiche Sociali, Sussidiarietà e Salute
Viale Manzoni, 16 – Roma
Si terrà il prossimo 4 Aprile 2o19 a Roma, il convegno Il futuro della raccolta dei materiali ferrosi nell’ottica del riutilizzo e dell’economia circolare” promosso dal CONSORZIO EQUO insieme all’ Ufficio Speciale Rom, Sinti e Caminanti, Rete ONU, Croce Rossa Italiana – Comitato Area Metropolitana Roma Capitale, Associazione Italiana Recuperatori Metalli.
L’incontro ha lo scopo di evidenziare il percorso virtuoso di rispetto delle norme e della legalità nella raccolta di rottami ferrosi effettuati dalla comunità Rom.
La giornata vivrà di 2 momenti principali:
Parte prima: la realtà dei conferimenti di rifiuti speciali in impianti di recupero da parte di privati  – Assetto normativo e prospettive di riforma – Stato attuale e possibile evoluzione secondo il modello e la proposta  del consorzio Equo.
Parte seconda: il futuro della raccolta nell’ottica dell’economia circolare, del riuso e del riutilizzo
Per consultare il programma completo cliccare su: Locandina 4 aprile 2019 Il futuro della raccolta materiali ferrosi

fonte: http://www.reteonu.it

Raccolte di ferro: firmato finalmente il decreto!

Il Decreto tanto atteso previsto dagli articoli 123 e 124 del ddl Concorrenza, approvato ad agosto 2017, ha visto finalmente la firma del direttore generale del ministero dell’Ambiente lo scorso 1° febbraio. Ora c’è una legge dello Stato che parla di raccolte del ferro a fine benefico. 

















Il Decreto tanto atteso previsto dagli articoli 123 e 124 del ddl Concorrenza, approvato ad agosto 2017, ha visto finalmente la firma del direttore generale del ministero dell’Ambiente lo scorso 1° febbraio. Un grande risultato dopo l’impegno che il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, aveva preso anche da queste pagine. Nell’occasione aveva chiesto inoltre collaborazione nella stesura della legge, infatti la prima bozza del decreto parte proprio da Treviso.
Ora c’è una legge dello Stato che parla di raccolte del ferro a fine benefico. Nessuno più potrà ostacolarle.
Al comma 1 dell’articolo 5 del decreto 14 del 1° febbraio 2018 si legge: “Le associazioni di volontariato e le parrocchie che intendono svolgere attività di raccolta e trasporto occasionale di rifiuti non pericolosi costituiti da metalli ferrosi e non ferrosi di provenienza urbana operano d’intesa con i Comuni territorialmente competenti e previa iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali, il quale individua apposite modalità che consentano la temporanea iscrizione dei veicoli concessi in uso…”. Al comma 2: “Per raccolta e trasporto occasionale si intende l’attività svolta per non più di 4 giornate annue, anche non consecutive, e che non superi le cento tonnellate annue complessive”. Più chiaro di così...
Dopo l’uscita in Gazzetta Ufficiale del decreto, entro 30 giorni, l’Albo nazionale dirà le modalità di iscrizione semplificata. Modalità già concordate e mediate. Con il numero di iscrizione si potranno comunicare alcuni giorni prima le targhe dei veicoli che parteciperanno alla raccolta.
Chi in questi mesi ha tessuto la tela di questo risultato è il trevigiano Matteo Favero, per tanti anni collaboratore dell’on. Ermete Realacci. “Dobbiamo ringraziare innanzitutto il ministro Galletti - spiega - per aver rispettato la promessa fatta in occasione della sua visita in Contarina, lo scorso 6 maggio 2017. Ora, proprio grazie al decreto del ministero dell’Ambiente, le associazioni di volontariato e le parrocchie della diocesi di Treviso, così come quelle di tutta Italia, potranno, senza più alcun problema di interpretazione normativa o altri ostacoli, iscriversi nella modalità semplificata all’Albo nazionale gestori ambientali per la raccolta di ferro a fine benefico. Una questione importante di cui mi sono occupato personalmente, assieme al presidente della Commissione Ambiente di Montecitorio Ermete Realacci, che in Parlamento ha sostenuto con forza l’approvazione degli articoli 123 e124 del ddl Concorrenza fondamenta di questo decreto”. 
Questo decreto supera le difficoltà sorte, a seguito dell’entrata in vigore delle norme del collegato ambientale alla legge 152, che hanno reso difficile, a volte impossibile, il proseguimento delle raccolte di materiali ferrosi, attività che consentono alle parrocchiali e associazioni missionarie di volontariato di finanziare numerosi progetti di solidarietà.
“Un risultato concreto - dice ancora Matteo Favero - a favore del territorio e di chi si impegna nella solidarietà. Il volontariato è infatti un elemento essenziale della convivenza e della coesione sociale. Mettersi in gioco per gli altri è uno degli elementi che mi caratterizza e che mi ha spinto inoltre ad accettare la candidatura nel Partito democratico alla Camera alle elezioni politiche del 4 marzo nel collegio uninominale interprovinciale Veneto 1 di Castelfranco, Paese, Vedelago, Noale, Scorzé, Martellago”.
I numerosi appelli, dalle pagine de La vita del popolo, a tutti i livelli, nazionale e regionale, perché si arrivasse ad aggiustare la normativa hanno trovato ascolto. L’affidamento alle associazioni di volontariato e alle parrocchie delle raccolte benefiche di rifiuti riciclabili, in un’ottica di promozione del volontariato e di collaborazione fra i soggetti pubblici e privati, resta un valore imprescindibile ed è scritto ora a chiare lettere anche in questo decreto.


fonte: http://www.lavitadelpopolo.it/

Sala Consilina, i bambini danno l’esempio per la raccolta differenziata con il progetto Non Rifiutiamoci

È un invito che gli adulti non possono trascurare quello che arriva dai bambini di Sala Consilina grazie al progetto Non Rifiutiamoci, grazie al quale i bambini di tutte le età sono diventati difensori dell’Ambiente, e portavoce, nelle loro famiglie e con il resto della cittadinanza, dell’importanza di un corretto riciclo dei rifiuti.

















L’iniziativa messa in campo dalla libreria Ex Libris Cafè di Polla, in collaborazione con l’azienda Metalfer, prevede di favorire la lettura attraverso il riciclo dei rifiuti: ferro, rame e alluminio in cambio di libri. Già lo scorso anno l’Istituto Comprensivo Giovanni Camera di Sala Consilina aveva aderito all’iniziativa, in via sperimentale, con una delle sue classi. Quest’anno, grazie alla disponibilità del dirigente scolastico Pietro Mandia e all’impulso della docente coordinatrice Antonia Cardella, il progetto ha coinvolto tutti i plessi scolastici dell’Istituto salese e i bambini di tutte le età: dalle primarie, alle elementari e alle medie. Presso l’aula magna delle primarie di Via Matteotti si è svolto uno dei momenti più partecipati del progetto Non Rifiutiamoci, a dimostrazione del coinvolgimento fin dalla più piccola età dei giovanissimi salesi sui temi ambientali. Il prossimo 30 maggio le quantità di ferro, rame e alluminio raccolte saranno conferite direttamente al deposito Metalfer in località S. Antuono di Polla, ed in base ai risultati raggiunti le biblioteche scolastiche potranno arricchirsi di nuovi libri forniti dalla Ex Libris. Nel comtempo i bambini e i ragazzi coinvolti hanno preso a cuore i temi ambientali, e dimostrano di avere molto da insegnare ai più grandi sull’ecologia e sulla difesa del nostro pianeta.



fonte: http://www.italia2tv.it

Bici in cartone e materiali di recupero: si chiama Urban GC1













Una eco-bici realizzata con cartone riciclato e materiali plastici e ferrosi di recupero. Questa è Urban GC1, la due ruote ideata dall’ingegnere meccanico Alberto González e lanciata sulla piattaforma di crowdfunding Kickstarter dalla Greencode, startup con base in Messico nata quattro anni fa.

Urban GC1 ha quasi raccolto i 250 mila pesos messicani (equivalenti a poco più di 11.500 euro) indicati come necessari per trasformare il progetto in una vera e propria due ruote sostenibile. Secondo quanto riportato dagli ideatori su Kickstarter il telaio in cartone riciclato viene impermeabilizzato grazie a una vernice a base di polistirene.

Le gomme sono piene, evitando il pericolo di foratura e limitando il problema delle vibrazioni. Per il freno si è scelto invece di ricorrere al “freno a contropedale”, più indicato secondo González e il suo team per questo genere di bicicletta.
Il prototipo mostrato su Kickstarter è soltanto una versione sperimentale, mentre quella che verrà poi avviata alla produzione risulterà di larghezza ridotta (-30%, da 17,2 a 12 centimetri) mentre miglioreranno alcuni dettagli come l’estetica del manubrio o lo spessore delle ruote.
Una volta avviata alla produzione sarà possibile assemblare 800 Urban GC1 al mese. Diversi i colori a disposizione di ciclisti e cicloamatori, per un mezzo che costerà 2.999 pesos messicani (circa 138 euro). Attenzione all’ambiente anche per gli imballagi: la scatola che conterrà l’eco-bici sarà di cartone riciclato e conterrà istruzioni su come trasformarla in un oggetto utile anziché in un rifiuto.

fonte: www.greenstyle.it

Riciclo delle navi: anche l’Italia inquina e sfrutta il lavoro minorile

Nel 2016 ben 668 imbarcazioni, cioé l’87% di tutta la stazza lorda smantellata globalmente, sono state smontate illegalmente sulle spiagge dell’Asia meridionale















Le navi europee giunte a fine vita continuano a essere smantellate illegalmente sulle spiagge dell’Asia meridionale. Il fenomeno è globale e in crescita durante il 2016: l’anno scorso ben 668 imbarcazioni, cioé l’87% di tutta la stazza lorda smantellata globalmente, sono state smontate sulle zone intertidali di paesi che non rispettano standard minimi di protezione ambientale e sono noti per lo sfruttamento del lavoro minorile. In Europa, i paesi che fanno più uso di questa pratica sono Germania e Grecia, ma anche l’Italia non è estranea al riciclo delle navi condotto in maniera sospetta.
Lo afferma nel suo report annuale la NGO Shipbreaking Platform, una coalizione globale di 19 associazioni in difesa dell’ambiente, dei diritti umani e del lavoro, che opera per porre fine allo smaltimento inquinante e pericoloso delle imbarcazioni a fine vita.

“L’industria navale non é capace di assicurare pratiche sostenibili di riciclaggio – commenta Patrizia Heidegger, direttore esecutivo della NGO – L’anno passato abbiamo assistito non solo ad un aumento sul mercato di pratiche di smantellamento pericolose e inquinanti, ma abbiamo visto addirittura un numero record di vascelli di proprietà europea (UE) sulle spiagge dell’Asia meridionale : uno stupefacente 84% di tutti i vascelli a fine vita è finito in India, Pakistan, Bangladesh. I loro cantieri sulle spiagge sono ben noti, non solo per non rispettare le norme internazionali di protezione ambientale, ma anche per non rispettare i diritti fondamentali dei lavoratori e le norme del diritto internazionale sul commercio dei rifiuti”

Germania e Grecia maglia nera nel riciclo delle navi

Gli armatori tedeschi hanno portato 97 vascelli sulle spiagge dell’Asia meridionale, su un totale di 99 navi vendute per essere demolite. In pratica il 98% di tutte le navi tedesche obsolete é finito su una spiaggia. Di queste, ben il 40 % è finito in Bangladesh, dove secondo Shipbreaking Platform si trovano i cantieri con le peggiori condizioni di lavoro e di smaltimento. Tra gli armatori coinvolti figurano Hansa Mare, Alpha Ship, F.Laeisz e Peter Doehle, Dr Peters, Köning & Cie, Norddeutsche Vermöge e Rickmers.
Ma in termini assoluti è la Grecia a finire in cima alla lista dei paesi meno attenti a un corretto riciclo delle navi. Atene ha fatto arrivare sulle spiagge dell’Asia meridionale 104 navi in tutto. Da quando, nel 2009, la ONG ha cominciato a raccogliere dati, le società navali greche sono sempre state in cima alla lista dei proprietari che scelgono uno smantellamento antiecologico e rischioso.

Basta un “cash buyer”


Nel 2013 l’UE ha approvato un regolamento che impone precisi standard di riferimento a tutta la filiera europea coinvolta nel settore del riciclo navi e definisce i requisiti cui gli operatori si devono attenere. Quello dei rifiuti provenienti dalle navi giunte a fine vita è un flusso significativo nel quale confluiscono numerose sostanze pericolose: se da una parte, infatti, l’acciaio è il principale materiale estratto, dall’altra nelle operazioni di riciclo sono coinvolte anche altre sostanze, quali l’amianto e i metalli pesanti per esempio, le cui caratteristiche impongono adeguati standard di sicurezza per i lavoratori e precisi requisiti per le procedure seguite dalle strutture autorizzate allo smantellamento delle navi.
Regolamento che viene disatteso regolarmente. Come e perché? Per aggirare le norme basta rivolgersi a un cash buyer. In pratica la nave a fine vita viene venduta a un intermediario, che si occuperà di smantellarla. La responsabilità della compagnia finisce con questa transazione – almeno questa è la difesa usata da ogni armatore – e ciò che accade in seguito dipende dal cash buyer. Ma l’intermediario ha gioco facile a camuffare la nave. Questi trafficanti di rottami procurano alle navi da rottamare, per il loro ultimo viaggio, una nuova bandiera di comodo, per esempio di Palau, Comora, Tuvalu e poi rivendono le navi a chi offre il prezzo migliore per l’acciaio, anche se sono i cantieri peggiori.
Nel 2017, in linea con la Convenzione di Hong Kong, l’UE dovrebbe pubblicare un elenco di cantieri in tutto il mondo dotati di attrezzature per il riciclaggio, che seguono standard elevati per la protezione dell’ambiente e la sicurezza dei lavoratori. Questo elenco é una novità assoluta nel suo genere e sarà un punto di riferimento per un riciclaggio sostenibile delle imbarcazioni. D’altronde lo scorso gennaio l’associazione europea degli armatori (ECSA) lamentava la ristrettezza della vecchia versione della lista, che include solo cantieri navali situati in Europa. Secondo l’ECSA, la loro capacità di smaltimento copre solo un terzo del tonnellaggio totale da smaltire. Perciò l’associazione preme affinché altri cantieri, anche situati in paesi terzi, siano inseriti in lista.



E l’Italia?

Anche l’Italia non fa eccezione e si segnala per pratiche scorrette nel riciclo delle navi. Mentre l’anno scorso in Senato approdava un ddl per riciclare le navi e porre fine a quella che è una vera e propria emergenza a livello nazionale – nei nostri mari vi sono 31 mila relitti di navi maggiori, anche nelle aree protette, ovvero 42 mila tonnellate di vetroresina più tutto il ferro e l’acciaio – l’NGO Shipbreaking Platform teneva traccia degli smantellamenti irregolari e sospetti.

“Nel 2016 – si legge nel rapporto – undici navi appartenenti ad armatori italiani sono state smantellate nel mondo. Gli armatori Finaval S.p.A. di Navigazione, Novamar Limited S.N.C. e Siremar Compagnia Delle Isole S.p.A. hanno optato per le strutture di riciclaggio di Aliaga, in terra turca, a cui hanno venduto complessivamente tre navi. Al contrario, le aziende Vittorio Bogazzi, SAIPEM e Cafiero Mattioli hanno arenato cinque imbarcazioni sulle spiagge asiatiche meridionali. Grimaldi Group, in chiara violazione del Regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 14 giugno 2006 relativo alle spedizioni di rifiuti, ha fatto demolire due imbarcazioni in India”

fonte: www.rinnovabili.it

Legge ‘Green Economy': che pasticcio sui rottami ferrosi

rottami ferrosi
Con i suoi 23,7 milioni di tonnellate di acciaio prodotte nel 2014 (dati Federacciai), l’industria siderurgica italiana si è piazzata al secondo posto in Europa, preceduta solo dalla Germania. Com’è stato possibile, visto che i nostri cugini teutonici possono disporre di notevoli giacimenti di minerale di ferro e noi, invece, di materie prime siamo così poveri che lo sanno anche i muri? La risposta è: grazie ai rifiuti. L’acciaio, infatti, è riciclabile al 100%. Questo significa che la filiera può essere alimentata quasi interamente dai soli scarti. La siderurgia italiana, nello specifico, si regge proprio sul flusso di rottami ferrosi che ogni anno finisce nelle fornaci elettriche da nord a sud del Paese. Cosa che fa dei rottami una merce ambita. Anche da chi è disposto a tutto pur di procurarsela e metterla sul mercato.
Secondo stime dell’Airmet (Associazione Italiana Recuperatori Metalli), ogni anno in Italia 6 milioni di tonnellate di rottami metallici (circa il 30-35% del rottame conferito agli impianti di recupero) sono raccolti in forma ambulante. Da robivecchi e svuotacantine, certo, ma anche da chi, dietro queste due attività, nasconde pratiche illecite sotto il profilo fiscale ed ambientale. Come la raccolta non autorizzata, lo smantellamento e infine la vendita sul mercato parallelo dei rottami derivanti da apparecchiature elettriche ed elettroniche fuori uso, ad esempio. Imprese poco trasparenti o gruppi di individui senza scrupolo alcuno, se non quello di realizzare un rapido e non tassabile profitto, prendono in carico per quattro soldi rifiuti elettrici che i produttori non vogliono (o non possono, avendoli prodotti in regime di evasione fiscale) smaltire correttamente. Li ‘cannibalizzano’ delle loro componenti più preziose (rame e metalli) spesso dandoli alle fiamme, e poi smaltiscono quel che resta in discariche abusive. La ‘Terra dei Fuochi’ è servita.
Entrerà in vigore domani l’ex collegato ambientale alla Legge di Stabilità 2014, meglio noto con il nome di legge sulla ‘Green Economy’, approvata lo scorso 22 dicembre a Montecitorio. Una legge salutata dai più come la ‘svolta verde’ che l’Italia stava da tempo aspettando. Tra le tante misure in materia di gestione dei rifiuti (ecotassa, sostegno alla raccolta differenziata, incentivi per i prodotti da materia riciclata) ce n’è però una che, così com’è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale, potrebbe mettere in crisi proprio il settore del recupero dei rottami ferrosi e non ferrosi. Nel tentativo di arginare il commercio illegale di questa particolare frazione di rifiuto, il legislatore rischia di combinare un vero e proprio pasticcio. Vediamo perchè.
L’articolo 30 della legge reca misure in materia di ‘Raccolta e trattamento dei rifiuti di rame e di metalli ferrosi e non ferrosi’ e modifica l’articolo 188 del Codice dell’Ambiente, il decreto legislativo 152 del 2006. Nel dispositivo, oltre a sancire che raccolta e trasporto dei rottami ferrosi e non ferrosi sono attività che non possono essere svolte in forma ambulante (gli ‘apecar’ stracolmi di ferraglia sono ufficialmente fuorilegge) si precisa che ‘il produttore iniziale o altro detentore dei rifiuti di rame o di metalli ferrosi e non ferrosi che non provvede direttamente al loro trattamento deve consegnarli unicamente ad imprese autorizzate‘.
Fin qui tutto bene. Solo le imprese iscritte all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali possono infatti operare nel campo della raccolta ed avvio a recupero o smaltimento dei rifiuti. Il vero problema invece viene fuori continuando nella lettura del dispositivo. Per il legislatore, infatti, tra le imprese autorizzate, quelle cioè cui il produttore o detentore deve fisicamente consegnare i rifiuti, figurano anche quelle deputate alla ‘bonifica dei siti o alle attività di commercio o di intermediazione senza detenzione dei rifiuti’, così come ‘un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti’. In tutti e tre i casi il legislatore rischia di propiziare un vero e proprio illecito, amministrativo ed ambientale.
Come potrebbe infatti un’impresa iscritta all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali nella categoria riservata agli operatori delle bonifiche occuparsi di raccogliere e trasportare a trattamento i rottami ferrosi? Le due attività, infatti, hanno ben pochi punti di contatto e non è detto che i bonificatori posseggano le autorizzazioni necessarie o i mezzi (scarrabili per la raccolta ed aree di stoccaggio per il deposito dei rifiuti, ad esempio) sufficienti ad effettuare operazioni di raccolta e trasporto. Peggio ancora per le imprese iscritte nella categoria del ‘commercio ed intermediazione senza detenzione': quel ‘senza detenzione’ significa proprio che per questo tipo d’impresa l’ipotesi di una presa in consegna dei rifiuti – di qualunque tipo essi siano – è fisicamente e giuridicamente da escludersi. Il legislatore, però, sembra essersene dimenticato. Ma non è tutto.
Oltre alle imprese di bonifica ed intermediazione, al produttore di rifiuti in rame, ferrosi e non ferrosi, la nuova legge riconosce la possibilità di consegnare gli stessi anche ad ‘un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti’, provvedendo egli stesso – sembra suggerire il legislatore – alle operazioni di raccolta e trasporto. Anche se, per farlo, il produttore iniziale dovrebbe disporre di autorizzazioni e mezzi che non ha. Le disposizioni contenute nell’articolo 30 rischiano insomma di mettere a subbuglio l’intero comparto del recupero dei rottami ferrosi, scatenando un vero e proprio caos burocratico o, peggio ancora, aprendo pericolosi spiragli a traffici e smaltimenti illeciti. Triste ironia, per una legge che invece puntava a sortire l’effetto opposto.
«Siamo alla ‘barbarie legislativa’. È il legislatore che scrive le normative sulla salvaguardia dell’ambiente ad essere, ora più che mai, colpevole di inquinare l’ambiente – denuncia Nicola Grillo, ingegnere ambientale e presidente di Airmet – nel momento in cui ci si adopera per incentivare e semplificare il riutilizzo/riciclaggio di tutti quei materiali che hanno un valore economico positivo certo, sembra che per i metalli si vada nella direzione opposta. Cui prodest?»

fonte: http://www.riciclanews.it