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Un’altra Giornata per le vittime dell’amianto senza impianti per smaltire la fibra killer

Lo scorso anno il ministero dell’Ambiente ha sbloccato fondi da 385 milioni per le bonifiche e avviato una nuova commissione di esperti, ma senza discariche per smaltire in sicurezza i rifiuti l’unica valvola di sfogo è l’export




Neanche l’emergenza coronavirus, coi suoi 27mila morti solo in Italia, può fermare le altre crisi sanitarie che silenziosamente si portano via ogni anno migliaia di vite: oggi come ogni anno si commemora la Giornata mondiale delle vittime dell’amianto. Più che un’emergenza, una cronicità per il nostro Paese: a distanza di quasi 30 anni dalla legge 257/1992 che ne ha vietato l’utilizzo, i morti riconducibili all’amianto sono circa 6mila all’anno in Italia, e continueranno a crescere. Come ricorda il sottosegretario all’Ambiente con delega alle Bonifiche, Roberto Morassut, «il picco delle patologie ad esso correlate è previsto, secondo l’Osservatorio nazionale amianto (Ona), tra il 2025 e il 2030».

Del resto lungo lo stivale l’Ona stima la presenza di 40 milioni di tonnellate di materiali contenenti amianto che aspettano di essere bonificate e smaltite. «È una minaccia sia per gli adulti che per i bambini visto che la fibra killer si nasconde ovunque intorno a noi – spiega il Consiglio nazionale dei geologi – nelle scuole, negli ospedali, nelle biblioteche e persino negli edifici culturali». L’amianto è stato usato in una grande varietà di materiali da costruzione, e l’Ona ad esempio ne ha segnalato la presenza in 2.400 scuole, 1.000 biblioteche ed edifici culturali, 250 ospedali.

Il pericolo non sta nel materiale in sé, ma nel cattivo stato di conservazione dei manufatti che lo contengono come nel rilascio spontaneo di fibre in natura da parte di rocce naturalmente amiantifere; è l’esposizione a queste fibre invisibili che può causare mesotelioma, tumore del polmone, tumore della laringe, dello stomaco e del colon. Per questo è necessario realizzare sul territorio discariche dove poter smaltire in sicurezza i rifiuti contenenti amianto derivanti dalle bonifiche: senza questi impianti anche le bonifiche rimangono al palo, perché non sappiamo dove smaltirne i rifiuti. Ma se sul primo fronte si registrano timidi progressi, nessuno è stato ancora compiuto sul secondo.

«Lo scorso anno – ricorda Morassut – sono stati sbloccati i fondi per 385 milioni di euro, destinati alle regioni, per interventi di bonifica dall’amianto da realizzare entro il 2025 negli edifici pubblici, in particolare per la rimozione e lo smaltimento nelle scuole e negli ospedali». Ma le nuove discariche, che vengono spesso tacciate ingiustamente di essere parte del problema amianto anziché parte della soluzione, sul territorio rimangono un argomento tabù.

«In Italia sono ancora molti i materiali contenenti amianto che attendono di essere smaltiti o inertizzati e ci sono molti siti in cui devono ancora essere effettuate le bonifiche. C’è poi il problema – conferma Vincenzo Giovine, vicepresidente del Consiglio nazionale dei geologi – della mancanza di discariche regionali in cui smaltire i rifiuti che contengono questo minerale».

Una criticità evidenziata tra gli altri proprio dal ministero dell’Ambiente nel 2017, durante una conferenza organizzata dal M5S alla Camera, e all’interno dell’ultimo report dedicato da Legambiente all’eterna emergenza amianto. Anche il poco amianto bonificato prende in larga parte la via dell’estero, come testimoniano gli ultimi dati Ispra: la Germania è il Paese che riceve (profumatamente pagata) la quasi totalità del nostro export d’amianto, circa 100 mila tonnellate smaltite in miniere dismesse e in particolare in quella salina di Stetten, autorizzata a ricevere 250 tipologie di rifiuti utilizzate per la messa in sicurezza delle cavità che si generano a seguito dell’attività estrattiva.

Per affrontare il cronico problema dell’amianto lo scorso anno il ministero dell’Ambiente ha istituito una commissione ad hoc, di cui si attendono a breve le conclusioni, ma le anticipazioni che filtrano dal dicastero non comprendono novità sul fronte impiantistico: «Confluiranno nel collegato ambientale con l’introduzione dello strumento sanzionatorio – anticipa nel merito Morassut – Saranno previsti un aumento delle pene per chiunque abbia contribuito a determinare o ad anticipare l’insorgenza di un tumore correlato all’esposizione all’amianto e la reclusione da tre a sei anni e la multa da 20.000 euro a 50.000 euro per chiunque commercia, estrae, produce amianto o prodotti contenenti amianto».

Chi bonifica, invece, dove smaltisce i rifiuti contenenti amianto? «Conferiamo l’amianto in Germania ma – dichiaravano già tre anni fa dall’Ispra – ci hanno fatto sapere che presto non lo accetteranno più e non esistono altre possibilità che creare dei luoghi di conferimento in Italia». Ancora una volta, occorre una presa di coscienza: è necessario dotarsi degli impianti di smaltimento per gestire secondo logica di sostenibilità e prossimità i rifiuti che noi stessi produciamo. Una lezione che sta impartendo anche Covid-19, colpendo duro (anche) sulla fragilità del sistema italiano di gestione dei rifiuti, fatta di carenze infrastrutturali, eccessiva burocrazia e decisioni politiche spesso rinviate, di cui continuiamo ogni giorno a pagare il conto.

fonte: www.greenreport.it


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Giornata per le vittime dell’amianto, se non si bonifica si continuerà a morire

Casale Monferrato sarà amianto-free entro il 2020. Ma in Italia restano almeno 2mila scuole e 300mila edifici contaminati e il numero delle oltre 21mila vittime è destinato a salire

Entro il 2020 Casale Monferrato sarà libera dall’amianto”. Questa la promessa della sindaca Titti Palazzetti, nella città che ha pagato, con oltre tremila vittime, il prezzo più caro a eternit. Un modello di speranza, nel bel paese contaminato da 300mila siti e con 3mila vittime ogni anno, epidemia record tra le 15mila in Europa e le 100mila nel mondo. Così la Regione Piemonte si impegna, con il nuovo piano, a bonificare entro il 2025 gli oltre 100mila siti contaminati. Nelle giornate di studi per i sindaci liberi dall’amianto, in corso nella città piemontese, insieme alle iniziative di Afeva, verrà presentato anche un documento, coordinato dall’Anci, davanti ai rappresentanti del ministero dell’Ambiente, delle commissioni di inchiesta parlamentari sugli ecomafie e sugli infortuni sul lavoro. Così Casale Monferrato continua a marcare stretto il governo Renzi a beneficio di tutte le comunità contaminate d’Italia.
Il piano nazionale amianto non finanziato e le scuole da bonificare
E se nella giornata internazionale in ricordo delle vittime dell’amianto brilla per l’assenza il ministro della Salute, per contro non mancherà l’ex ministro Renato Balduzzi, colui che proprio a Casale l’8 aprile 2013  aveva presentato il Piano nazionale amianto. Piano che ancora giace senza finanziamenti in conferenza Stato-Regioni, mentre nella legge di Stabilità sono state messe in campo risorse per 45 milioni l’anno, dal 2015 al 2017. Fondi a pioggia, ma non ancora insufficienti, secondo Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente: “Chiediamo al Governo un impegno ancora maggiore sul tema dell’amianto su scala nazionale, per avviare da subito le bonifiche di tutti i siti industriali e la rimozione dell’amianto dagli edifici e dalle strutture ancora contaminate“. Come le oltre duemila scuole e i luoghi pubblici ad alta frequentazione. E i 6.913 stabilimenti industriali ancora da bonificare che, secondo la mappa del ministero dell’ambiente, non ancora aggiornata, sono invece 779.
Le indagini della commissione d’inchiesta sugli infortuni
E proprio dalla senatrice Camilla Fabbri, presidente della commissione d’inchiesta del Senato sugli infortuni sul lavoro, che ha fortemente voluto l’Assemblea nazionale amianto del 30 novembre scorso, arriva la sollecitazione alle stesse istituzioni centrali e regionali: “Per vincere la battaglia contro l’amianto occorre coordinamento e trasparenza – conferma la senatrice a Wired – per questo stiamo lavorando, come promesso, al testo unico sull’amianto che presenteremo entro il 30 novembre 2017, che dovrebbe riunire le oltre 400 norme regionali e nazionali sull’amianto”.
Intanto, continua l’attività di indagine della commissione, vedi l’audizione all’associazione italiana esposti amianto (AIEA) e Medicina Democratica, che ha portato nelle aule del Senato le testimonianze drammatiche degli ex-operai degli stabilimenti Enichem e Montefibre dell’area industriale di Ottana, a cui Inail ha negato il riconoscimento di esposizione all’amianto. Così come le ispezioni alle fabbriche contaminate, tra cui l’ex-Isochimica di Avellino, per spingere ad un’accellerazione delle bonifiche. “Su Isochimica sono stati stanziati fondi nella legge di stabilità e sarà audito anche il presidente della regione Campania”, sottolinea Fabbri, che annuncia un’altra iniziativa sul patrocinio gratuito a carico dello stato, in accordo con il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, per tutti  i cittadini che potranno costituirsi parte civile nei processi.
Il ritardo dei piani regionali e la mappatura nazionale incompleta
Se Casale Monferrato si conferma la buona pratica nazionale contro l’asbesto, da imitare e sostenere, per mappatura, bonifiche, smaltimento, cure mediche, (in attesa della prossima udienza del processo Eternit bis il 31 maggio), moltissimo rimane da fare negli altri comuni e nelle altre regioni italiane.
Secondo le stime di Wired, appunto, oltre 300mila edifici e siti sono ancora contaminati. Dato ricavabile sommando i dati di mappatura aggiornati di Piemonte e Lombardia nel 2015, sollecitati dalla nostra inchiesta un anno fa, e i dati della mappa ministeriale pubblicati a dicembre 2015, che riporta 41.350 siti contaminati. Secondo il censimento di Legambiente nel rapporto Liberi dall’amianto, Abruzzo, Calabria, Molise, Puglia, Sardegna sono ancora sprovviste di un Piano regionale approvato o in via di approvazione. Censimenti e mappature vanno a rilento in dieci regioni su venti.
Se non si bonifica, si continuerà a morire
Intanto però, l’amianto ha causato 21.483 vittime accertate da Inail, solo per mesotelioma, tra il 1993 e il 2012 di cui ben 4.215 in Lombardia, a cui si aggiungono le persone che si sono ammalate nel frattempo. Dati sottostimati, ricordiamolo: secondo l’Aiom, associazione italiana di oncologia medica, sono almeno tremila vittime l’anno, una ogni otto ore, almeno tre persone al giorno. Prima si bonifica, quindi, prima calerà il numero delle persone esposte e di conseguenza il numero di coloro che potrebbero ammalarsi.
Perché l’amianto, oltre essere causa del tumore maligno marker, il mesotelioma, è causa di almeno altri dieci tipi di tumore alle vie respiratorie e agli organi interni, come accertato dallo Iarc. Tanto che la stessa Inail ha ammesso che andrebbe estesa l’attività di sorveglianza epidemiologica anche alle altre neoplasie amianto-correlate. E come emerge dal V rapporto Renam di Inail, pubblicato dopo mesi di sollecitazioni da parte di Wired, il 30 novembre 2015, l’esposizione di tipo ambientale o ignota, è in aumento,  fino al 23,1% con picchi al 30%, come in Lombardia.
Il doppio ruolo di Inail
Eppure, perdura il continuo braccio di ferro tra gli ex-lavoratori esposti all’amianto e l’ente pubblico reputato, anche con la riforma di Tito Boeri, presidente dell’Inps, all’accertamento dell’esposizione alla fibra, requisito per accedere ai benefici pensionistici e alle indennità per la minore aspettativa di vita. Un ultimo caso emblematico, quello dell’ex-operaio della Breda di Sesto San Giovanni, Silvestro Cappelli, colpito di tumore alla laringe, raccolto dal Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro.
L’Inail si è sempre rifiutata di riconoscere al lavoratore la malattia professionale, nonostante avesse certificato nel 2006 la sua esposizione all’amianto, costringendolo ad andare in causa per far valere i suoi diritti. Nell’udienza di primo grado, il tribunale di Monza, nei giorni scorsi, ha riconosciuto l’eziologia professionale fra cancro alla laringe e l’esposizione all’amianto con il 60% di danno biologico, condannando l’Inail al risarcimento e alla costituzione di una rendita.
Il presidente della Repubblica non risponde, il papa accoglie
Un braccio di ferro continuo, come ribadisce da Bologna, Salvatore Fais, ex esponente sindacale delle Officine grandi riparazioni, che è arrivato a scrivere per la seconda volta, al presidente della repubblica, Sergio Mattarella, senza ottenere però nessuna risposta. “Eppure i dati ufficiali dell’Emilia Romagna dicono che fino a giugno del 2015 i decessi per mesotelioma in regione sono stati 2.588, di cui solo 853 per cause professionali”. Bisogno di giustizia che ha spinto le delegazioni degli ex esposti e familiari delle vittime dell’amianto dalla Sicilia, dalla Basilicata e dalla Lombardia a chiedere e ottenere un’audizione a papa Francesco. I lavoratori venuti a contatto con l’asbesto nei luoghi di lavoro in Italia sono stati oltre 560mila. Per solo 1.500 di essi, sono in corso 50 processi, in tutta Italia.
Vigilare sullo smaltimento e sulle discariche
Come ricorda, sempre Giorgio Zampetti: “Bisogna completare il censimento e gestire con attenzione i sistemi e gli impianti per il trattamento e lo smaltimento dei materiali contenenti amianto“. Lo smaltimento rimane, infatti, l’altro anello debole della catena, essendo solo 24 gli impianti autorizzati (a marzo 2015) a ricevere materiali contenenti amianto distribuiti in solo 11 Regioni (Sardegna, Piemonte, Toscana, Emilia, Lombardia e Basilicata, Abruzzo, Friuli, Liguria, Puglia e la Provincia autonoma di Bolzano), ma con volumetrie a disposizione sempre in costante calo. Su 414mila tonnellate di rifiuti contenenti amianto ben 254mila tonnellate sono stati esportati principalmente in Germania e poi in altri paesi esteri (dati Ispra 2015).
E se di questo passo “ci vorranno 85 anni per smaltire i 32 milioni di tonnellate di cemento amianto“, citando il presidente dell’Inps Boeri, occorre vigilare attentamente sulla filiera dello smaltimento per evitare l’infiltrazione delle ecomafie e lo smaltimento illecito nell’ambiente. È avvenuto nell‘Emilia Romagna post terremoto, con le scuole ricostruite con i rifiuti contaminati dall’amianto dalle aziende in odor di ‘ndragheta, stava avvenendo a Bari, per la bonifica del sito di interesse nazionale Fibronit, appalto riaggiudicato ad altre aziende, dopo il ricorso al Tar, contenzioso che ha bloccato i lavori per quattro anni. Così in Piemonte, dove falsi addetti di Arpa hanno contattato i proprietari di immobili nel biellese e nel vercellese tanto che la stessa Agenzia regionale ha dovuto diramare un avviso pubblico per allertare i cittadini su possibili truffe.
“Ci sono molte situazioni anche di dimensioni più piccole, oltre i grandi siti di interesse nazionale sparse per la penisola – ribadisce a Wired Alessandro Bratti, presidente della commissione bicamerale d’inchiesta sulle ecomafie – Certo è che i costi dell’esportazione del cemento-amianto all’estero, per più della metà dei rifiuti speciali contenenenti amianto e i pochi impianti presenti in Italia, concorrono ad un rallentamento delle stesse bonifiche“. La soluzione? “Come per tutta la filiera dei rifiuti in Italia occorre maggiore controllo pubblico e certo la presenza di impianti comunali e regionali diffusi, sul modello di Casale, potrebbe essere la soluzione per vincere le resistenze delle popolazioni“. E per farlo occorrerà, di certo, operare con la massima trasparenza, quella che anche Wired insieme a oltre 69mila cittadini italiani, sta chiedendo alle istituzioni italiane con la petizione #AddioAmianto,  sulla mappatura e sulle bonifiche della fibra killer, sui dati epidemiologici e sulla filiera dello smaltimento. Di certo se ne riparlerà sul palco del Wired Next Fest.
Chiedi trasparenza sull’amianto in Italia. Firma la petizione #AddioAmianto su Change.org
Scopri anche le mappe, i dati e gli altri articoli de Il Prezzo dell’Amianto su Wired Italia

fonte: http://www.cittadinireattivi.it/

C’era una volta un piano nazionale per l’amianto

Il testo unico sull’amianto annunciato dal Governo tarda ad arrivare. E intanto in Italia, tra smaltimenti al rilento e illeciti ambientali, 4mila persone muoiono ogni anno per patologie correlate all’asbesto


amianto

In Italia l’amianto è fuori legge dal 1992. Ma a 24 anni dalla messa al bando l’asbesto continua a colpire, allungando la lista delle vittime con numeri che hanno superato abbondantemente le cinque cifre. Nel nostro Paese si contano 4mila decessi l’anno per malattie correlate all’esposizione alle fibre di questo minerale che, nel tempo, si è guadagnato la triste fama di “killer silenzioso”: dall’esposizione alla patologia conclamata (mesotelioma e carcinoma polmonare) può passare anche un periodo di incubazione di 30 anni.

L’eredità del passato

Perché di amianto si muore ancora? Perché – tempi della malattia a parte – è ancora troppo diffuso e i programmi di smaltimento presentano diversi nodi da sciogliere.
Per capire si deve partire dal passato: dal 1880, data in cui ha avuto inizio l’estrazione per scopi industriali, fino al 1992, data della messa al bando, la produzione italiana di amianto ha registrato un incremento vertiginoso, passando da poche centinaia di tonnellate, a oltre cinque milioni di tonnellate l’anno.
L’Amiantifera di Balangero, in provincia di Torino, ha rappresentato fino al 1990 la più grande miniera in attività d’Europa e una delle prime nel mondo.

E sebbene le prime ricerche a dimostrare i danni dell’asbesto sulla salute umane risalgano agli anni sessanta, si è continuato a produrre manufatti sino al 1986, con le ormai note conseguenze sulla salute di quanti in quegli anni hanno lavorato, o in alcuni casi semplicemente abitato in prossimità, agli stabilimenti di Eternit e Fibronit.

Eternit

La mappa incompleta dell’amianto in Italia

Dal passato al presente, i dati non sono più confortanti: le stime (per difetto) di CNR-Inail parlano di ben 32 milioni di tonnellate presenti nel territorio sotto varie forme. Il Programma nazionale di bonifica dei Siti di Interesse Nazionale conta 75mila ettari di territorio in cui è accertata la presenza di materiale in cemento amianto, e il Ministero dell’Ambiente riporta oltre 44mila siti contenenti amianto di cui 2.236 bonificati e 41.350 ancora da bonificare.
Peccato che le stime non siano complete: solo dieci regioni hanno concluso il censimento e la mappatura dei siti contaminati, la Calabria non ha mai inviato il report annuale e altre cinque regioni (Marche, Abruzzo, Molise, Puglia e Basilicata) non hanno fornito i dati del 2014.

Tra ritardi e illeciti

Ad un’informazione a singhiozzo si aggiunge il fattore illegalità sia nello smaltimento che nell’import.
In Italia sono solo 24 gli impianti autorizzati (Marzo 2015) a ricevere materiale contenente amianto distribuiti in solo 11 Regioni (Sardegna, Piemonte, Toscana, Emilia, Lombardia e Basilicata, Abruzzo, Friuli, Liguria, Puglia e la Provincia autonoma di Bolzano) ma con volumetrie a disposizione sempre in constante calo e costi di smaltimento elevatissimi. Un elemento che favorisce la diffusione di pratiche illecite.
Come spiega oggi, in occasione della Giornata mondiale delle vittime dell’amianto, Alberto Zolezzi, deputato M5S in Commissione Ambiente e in Commissione ecomafie “l’amianto è smaltito illegalmente e finisce addirittura impastato nelle rocce di scavo, diventando manto stradale; sulla carta ci sono tonnellate di amianto che vengono smaltite nelle discariche in Germania ma come con la commissione rifiuti abbiamo appurato, non c’è traccia di sversamento laddove indicato dai documenti”.

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Come se non bastasse l’Italia appare tra i primi importatori di asbesto dall’India: tra il 2011 e il 2012 abbiamo importato 1040 tonnellate di fibre d’asbesto per un importo di circa 26mila euro (dati dell’Indian Minerals Yearbook).

Che fine ha fatto il testo unico sull’amianto?

E ancora, il governo aveva annunciato un testo unico sull’amianto che accorpasse la normativa in materia, oggi competenza delle Regioni e di vari Ministeri, di cui però, ricorda Zolezzi, “ancora non c’è traccia”.
I primi passi avanti si sono compiuti con la legge di stabilità del 2015 con cui sono state messe in campo risorse pari a 45 milioni all’anno (dal 2015 al 2017) per la bonifica dei siti industriali più critici, e con il collegato ambientale che prevede ulteriori agevolazioni per la rimozione delle coperture in cemento amianto.

Ma si tratta di strumenti ancora insufficienti, chiarisce il responsabile scientifico di Legambiente Giorgio Zampetti. “Chiediamo al Governo un impegno ancora maggiore sul tema dell’amianto su scala nazionale, per avviare da subito le bonifiche di tutti i siti industriali e la rimozione dell’amianto dagli edifici e dalle strutture ancora contaminate – a partire dai circa 400 siti individuati come prioritari tra cui scuole ed edifici pubblici – rendendo così operativo quanto previsto nel piano nazionale amianto presentato nel 2013 ma ancora fermo”.

fonte: www.rinnovabili.it