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Nessun piano amianto nel Recovery Plan?

 












Mentre i processi si concludono tutti senza risarcimenti per le Vittime, non risulta un piano di incentivi e risarcimenti per la rimozione dell’amianto sul territorio nazionale. L’amianto non è un problema del passato ma del presente e del futuro, e senza le necessarie bonifiche le persone continueranno ad ammalarsi e morire. Ogni anno 6.000 persone perdono la vita a causa delle malattie asbesto-correlate, altre decine di migliaia per tumori professionali, più di 1.400 per infortuni sul lavoro. Sono presenti ancora più di 40 milioni di tonnellate di materiali contenenti amianto, 33 in matrice compatta e 7 friabile, in un milione di siti, di cui 50.000 industriali e 40 di interesse nazionale e ci sono ancora circa 2.400 scuole a rischio, con un bacino di 350.000 alunni e 50.000 insegnanti. Per non parlare degli edifici privati.

fonte: www.rete-ambientalista.it/


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Un’altra Giornata per le vittime dell’amianto senza impianti per smaltire la fibra killer

Lo scorso anno il ministero dell’Ambiente ha sbloccato fondi da 385 milioni per le bonifiche e avviato una nuova commissione di esperti, ma senza discariche per smaltire in sicurezza i rifiuti l’unica valvola di sfogo è l’export




Neanche l’emergenza coronavirus, coi suoi 27mila morti solo in Italia, può fermare le altre crisi sanitarie che silenziosamente si portano via ogni anno migliaia di vite: oggi come ogni anno si commemora la Giornata mondiale delle vittime dell’amianto. Più che un’emergenza, una cronicità per il nostro Paese: a distanza di quasi 30 anni dalla legge 257/1992 che ne ha vietato l’utilizzo, i morti riconducibili all’amianto sono circa 6mila all’anno in Italia, e continueranno a crescere. Come ricorda il sottosegretario all’Ambiente con delega alle Bonifiche, Roberto Morassut, «il picco delle patologie ad esso correlate è previsto, secondo l’Osservatorio nazionale amianto (Ona), tra il 2025 e il 2030».

Del resto lungo lo stivale l’Ona stima la presenza di 40 milioni di tonnellate di materiali contenenti amianto che aspettano di essere bonificate e smaltite. «È una minaccia sia per gli adulti che per i bambini visto che la fibra killer si nasconde ovunque intorno a noi – spiega il Consiglio nazionale dei geologi – nelle scuole, negli ospedali, nelle biblioteche e persino negli edifici culturali». L’amianto è stato usato in una grande varietà di materiali da costruzione, e l’Ona ad esempio ne ha segnalato la presenza in 2.400 scuole, 1.000 biblioteche ed edifici culturali, 250 ospedali.

Il pericolo non sta nel materiale in sé, ma nel cattivo stato di conservazione dei manufatti che lo contengono come nel rilascio spontaneo di fibre in natura da parte di rocce naturalmente amiantifere; è l’esposizione a queste fibre invisibili che può causare mesotelioma, tumore del polmone, tumore della laringe, dello stomaco e del colon. Per questo è necessario realizzare sul territorio discariche dove poter smaltire in sicurezza i rifiuti contenenti amianto derivanti dalle bonifiche: senza questi impianti anche le bonifiche rimangono al palo, perché non sappiamo dove smaltirne i rifiuti. Ma se sul primo fronte si registrano timidi progressi, nessuno è stato ancora compiuto sul secondo.

«Lo scorso anno – ricorda Morassut – sono stati sbloccati i fondi per 385 milioni di euro, destinati alle regioni, per interventi di bonifica dall’amianto da realizzare entro il 2025 negli edifici pubblici, in particolare per la rimozione e lo smaltimento nelle scuole e negli ospedali». Ma le nuove discariche, che vengono spesso tacciate ingiustamente di essere parte del problema amianto anziché parte della soluzione, sul territorio rimangono un argomento tabù.

«In Italia sono ancora molti i materiali contenenti amianto che attendono di essere smaltiti o inertizzati e ci sono molti siti in cui devono ancora essere effettuate le bonifiche. C’è poi il problema – conferma Vincenzo Giovine, vicepresidente del Consiglio nazionale dei geologi – della mancanza di discariche regionali in cui smaltire i rifiuti che contengono questo minerale».

Una criticità evidenziata tra gli altri proprio dal ministero dell’Ambiente nel 2017, durante una conferenza organizzata dal M5S alla Camera, e all’interno dell’ultimo report dedicato da Legambiente all’eterna emergenza amianto. Anche il poco amianto bonificato prende in larga parte la via dell’estero, come testimoniano gli ultimi dati Ispra: la Germania è il Paese che riceve (profumatamente pagata) la quasi totalità del nostro export d’amianto, circa 100 mila tonnellate smaltite in miniere dismesse e in particolare in quella salina di Stetten, autorizzata a ricevere 250 tipologie di rifiuti utilizzate per la messa in sicurezza delle cavità che si generano a seguito dell’attività estrattiva.

Per affrontare il cronico problema dell’amianto lo scorso anno il ministero dell’Ambiente ha istituito una commissione ad hoc, di cui si attendono a breve le conclusioni, ma le anticipazioni che filtrano dal dicastero non comprendono novità sul fronte impiantistico: «Confluiranno nel collegato ambientale con l’introduzione dello strumento sanzionatorio – anticipa nel merito Morassut – Saranno previsti un aumento delle pene per chiunque abbia contribuito a determinare o ad anticipare l’insorgenza di un tumore correlato all’esposizione all’amianto e la reclusione da tre a sei anni e la multa da 20.000 euro a 50.000 euro per chiunque commercia, estrae, produce amianto o prodotti contenenti amianto».

Chi bonifica, invece, dove smaltisce i rifiuti contenenti amianto? «Conferiamo l’amianto in Germania ma – dichiaravano già tre anni fa dall’Ispra – ci hanno fatto sapere che presto non lo accetteranno più e non esistono altre possibilità che creare dei luoghi di conferimento in Italia». Ancora una volta, occorre una presa di coscienza: è necessario dotarsi degli impianti di smaltimento per gestire secondo logica di sostenibilità e prossimità i rifiuti che noi stessi produciamo. Una lezione che sta impartendo anche Covid-19, colpendo duro (anche) sulla fragilità del sistema italiano di gestione dei rifiuti, fatta di carenze infrastrutturali, eccessiva burocrazia e decisioni politiche spesso rinviate, di cui continuiamo ogni giorno a pagare il conto.

fonte: www.greenreport.it


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In arrivo fondi per togliere l’amianto dagli edifici pubblici in 100 Comuni. E poi?

Il ministero dell’Ambiente prevede 140 interventi da 870mila euro, ma rimane il problema di smaltire i rifiuti delle bonifiche in sicurezza: in Italia non ci sono abbastanza impianti



















Sono in arrivo circa 870 mila euro per 140 interventi in oltre 100 Comuni, dedicati agli edifici pubblici nei quali debbono essere svolti interventi di rimozione e smaltimento dell’amianto e del cemento-amianto presente in coperture e manufatti: è quanto prevede il decreto del ministero dell’Ambiente appena pubblicato in Gazzetta ufficiale, che sostanzialmente approva la graduatoria delle richieste presentate dal 30/1/18 al 30/4/18 per la concessione del finanziamento di cui al decreto del ministero dell’Ambiente n. 562/STA del 14 dicembre 2017.
«Questi finanziamenti – spiega il ministro dell’Ambiente Sergio Costa – sono una grande opportunità per liberare dall’amianto tante strutture pubbliche disseminate su tutto il territorio nazionale e insieme per dare stimolo al sistema delle imprese che opera in questo settore. La lotta contro l’amianto è ancora lunga e c’è ancora tanto lavoro da fare. Il nostro impegno finora è stato profuso nel velocizzare il trasferimento delle risorse, aumentare la progettualità, la trasparenza su un problema spesso invisibile e dunque ancor più pericoloso per le persone. Per questo, gli interventi sono estremamente necessari proprio perché risolvono criticità presenti in quegli edifici più sensibili come le scuole o dove sono presenti situazioni particolarmente a rischio come l’amianto friabile».
Complessivamente si tratta di un problema dalle dimensioni enormi, che il decreto appena pubblicato – e il conseguente stanziamento di 870mila euro – potrà lenire ma di certo non risolvere, purtroppo: si stima ci siano ancora dalle 32 (secondo Cnr-Inail) alle 40 milioni di tonnellate (secondo l’Ona) di amianto presenti in Italia, e proprio i dati dell’Osservatorio nazionale amianto indicano che l’amianto è presente tra glia altri in almeno 2400 scuole, con esposizione alla fibra killer di almeno 352.000 alunni e 50.000 tra docenti e non docenti; 1000 biblioteche ed edifici culturali (stima ancora per difetto); 250 ospedali (ancora stima per difetto), etc. Una situazione che «sta provocando – sottolineano dall’Ona – un fenomeno epidemico con 6.000 decessi ogni anno di mesotelioma (1900), asbestosi (600), e tumori polmonari (3.600)».
Come affrontare un’emergenza del genere? Sul lato della prevenzione è evidente come sia necessario rimuovere l’amianto ancora presente in Italia, e intervenire – seppur in modo modesto come nel caso del presente decreto – sugli edifici pubblici rappresenta certamente un buon punto di partenza. In quest’approccio emerge però una grande verità pressoché rimossa dal dibattito pubblico, che mina alla base l’efficacia dell’operazione: in Italia non ci sono abbastanza impianti dove poter smaltire in sicurezza l’amianto rimosso, e senza di essi le bonifiche non vanno avanti.
A dimostrarlo sono anche i dati più aggiornati forniti del merito dall’Ispra: i rifiuti contenenti amianto prodotti in Italia nel 2017 sono pari a 327 mila tonnellate, con una diminuzione rispetto al 2016 di circa 25 mila tonnellate (-7%), e non è una buona notizia: l’andamento della produzione nel periodo 2007 – 2017, osserva l’Ispra, è collegata allo smantellamento dei manufatti e alle bonifiche dei siti contaminati dalla presenza dei rifiuti di amianto. In compenso, anche il poco amianto bonificato prende in larga parte la via dell’estero: la Germania è il Paese che riceve (profumatamente pagata) la quasi totalità del nostro export d’amianto, circa 100 mila tonnellate smaltite in miniere dismesse e in particolare in quella salina di Stetten, autorizzata a ricevere 250 tipologie di rifiuti utilizzate per la messa in sicurezza delle cavità che si generano a seguito dell’attività estrattiva.
Come testimoniato da Legambiente l’anno scorso presentando il dossier Liberi dall’amianto? il «numero esiguo di discariche presenti nelle Regioni incide sia sui costi di smaltimento che sui tempi di rimozione, senza tralasciare la diffusa pratica dell’abbandono incontrollato dei rifiuti. Non è più sostenibile l’esportazione all’estero dell’amianto rimosso nel nostro Paese, per questo è importante provvedere ad implementare l’impiantistica su tutto il territorio nazionale».

Un problema evidenziato con forza già nel 2017 proprio dal ministero dell’Ambiente – nella figura di Laura D’Aprile – alla Camera, durante un convegno promosso dal Movimento 5 Stelle per i primi 25 anni della legge che nel 1992 ha messo al bando l’amianto in Italia. «Uno dei principali problemi è che mancano le discariche: a volte i monitoraggi non vengono effettuati perché poi nasce il problema di dove poter smaltire l’amianto – spiegava per l’occasione D’Aprile  – Ci sono regioni che hanno fatto delibere definendosi a discarica zero e quindi quando faremo la programmazione del conferimento a livello nazionale ci andremo a scontrare con queste regioni». Dopo due anni però, di cui uno trascorso dal M5S in Parlamento e al Governo come forza di maggioranza relativa, siamo ancora allo stesso punto.

fonte: www.greenreport.it

Pannelli solari a chi non può pagare le bollette: in Puglia è legge il reddito energetico regionale. Pronti 5,6 milioni

Il provvedimento proposto dal M5s è passato all'unanimità in consiglio regionale: stanziati 5,6 milioni. Contributi per fotovoltaico e mini eolico a famiglie (prima a quelle indigenti) e condomini: come funziona










C’è l’ok definitivo: in Puglia, prima regione in Italia, il reddito energetico è legge. Dopo l’approvazione con il pieno di voti favorevoli, a marzo, in una seduta congiunta delle commissioni Industria ed Ecologia, anche il consiglio regionale ha detto la sua sulla proposta di legge del M5s, a prima firma del consigliere regionale Antonio Trevisi per l’istituzione del reddito energetico regionale. “Siamo orgogliosi – commenta l’esponente pentastellato – che la Puglia sia la prima Regione in Italia a dotarsi di una legge per l’istituzione del Reddito energetico e ringrazio i colleghi per l’approvazione all’unanimità (anche in commissione la proposta aveva ricevuto i voti favorevoli anche da parte degli esponenti del Pd delle due commissioni)”. La legge arriva dopo l’inaugurazione, a gennaio 2019, del primo progetto di fondo rotativo fotovoltaico, in Italia, inaugurato in via sperimentale dal sindaco di Porto Torres Sean Wheeler con la benedizione del vicepremier Luigi Di Maio e del ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro. “Auspichiamo – aggiunge Trevisi – che presto questa iniziativa sia replicata anche nelle regioniitaliane e a livello europeo”.

I VANTAGGI DELLA LEGGE – Molte Regioni, infatti, si sono interessate alla proposta che, oltre a promuovere la cultura delle energierinnovabili, può contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici grazie a un maggiore rispetto dell’ambiente. “Grazie a questa legge – spiega il consigliere regionale – coniugheremo l’installazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili con l’inclusione sociale, favorendo principalmente i soggetti meno abbienti”. Verranno poi premiati gli utenti che provvederanno a eseguire interventi per la rimozione dell’amianto dai tetti. Il prossimo passo? “Ora speriamo che la Giunta in tempi brevi predisponga il regolamento di attuazione per dare concreto avvio alla misura” con criteri di selezione dei beneficiari per favorire i nuclei in stato di indigenza, i più numerosi e le giovani coppie. Per le utenze condominiali, saranno previsti punteggi in base a diversi criteri, come il numero di appartamenti ad uso residenziale presenti nell’edificio.

COME FUNZIONA – La misura del reddito energetico prevede la concessione di contributi da parte della Regione per ciascun intervento di acquisto e installazione di impianti fotovoltaici o microeolici a servizio delle utenze domestiche. Parte del contributo potrà anche essere utilizzato per l’installazione di impianti solaritermici per la produzione di acqua calda sanitaria. È, inoltre, prevista la possibilità per i condomini di accedere a contributi per l’installazione di impianti fotovoltaici o microeolici e di sistemi di accumulo a servizio delle utenze condominiali. L’energia autoprodotta potrà essere consumata dai beneficiari e quella non utilizzata verrà immessa in rete, mediante il contratto di scambio tra i singoli e il Gestore dei servizi energetici. I beneficiari si impegneranno a cedere alla Regione i crediti così maturati nei confronti del gestore, con cui l’Ente potrà finanziare l’installazione di nuovi impianti, ampliando la platea dei beneficiari.

fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/

Decreto FER 1, c'è la firma dei Ministri Di Maio e Costa


















È ufficiale: il decreto FER 1 è stato firmato dai Ministri dello Sviluppo economico e dell'Ambiente, e quindi inviato per la registrazione alla Corte dei Conti prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.


Secondo i dati riportati nel comunicato stampa del MiSE, l'attuazione del provvedimento consentirà la realizzazione di impianti per una potenza complessiva di circa 8.000 MW, con un aumento della produzione da fonti rinnovabili di circa 12 miliardi di kWh e con investimenti attivati stimati nell’ordine di 10 miliardi di euro.

Per quanto riguarda il regime di sostegno all'idroelettrico, intorno al quale negli ultimi mesi si erano concentrate le attenzioni del Governo e della Commissione Ue, risulta che "saranno ammessi agli incentivi solo gli impianti idroelettrici in possesso di determinati requisiti che consentano la tutela dei corpi idrici, e in base a una valutazione dell’Arpa". Il comunicato stampa del MiSE conferma anche il premio di 12 €/MWh - in aggiunta agli incentivi sull’energia elettrica - per gli impianti fotovoltaici realizzati al posto delle coperture in amianto o eternit.

"Un grande lavoro di squadra dei due ministeri, Ambiente e Sviluppo economico, che darà impulso alla produzione di energia rinnovabile, creando migliaia di nuovi posti di lavoro – ha dichiarato Di Maio – e puntando alla attuazione della transizione energetica, in un’ottica di decarbonizzazione".

"E’ una vera e propria rivoluzione copernicana, un cambio di paradigma – ha commentato Costa – si premia l’autoconsumo di energia per gli impianti su edificio fino a 100 kW e l’eliminazione dell’amianto, si incentiva la produzione di energia sostenibile oltre che rinnovabile. Questo decreto è una grande opportunità di sviluppo e di tutela ambientale".

Purtroppo i due ministeri non hanno diffuso il testo definitivo del provvedimento, per il quale occorrerà attendere la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Riferimenti

Rinnovabili, Di Maio e Costa firmano il decreto FER1
il comunicato stampa del MiSE



fonte: www.nextville.it

Dal ministero dell’Ambiente una nuova Commissione contro l’amianto

Costa: «Dobbiamo assolutamente procedere con la mappatura e le bonifiche, ci sono 32 milioni di tonnellate di amianto ancora in circolazione in Italia». Ma mancano le discariche per smaltirlo in sicurezza






















Il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha istituito presso il proprio dicastero una «Commissione di lavoro per la riforma normativa» in materia di amianto, e a guidarla nelle vesti di presidente sarà Raffaele Guariniello: «Guariniello – spiega il ministro – è il procuratore di Torino che ha istruito e seguito il processo Eternit, ma è anche molto di più, è l’uomo che ha dedicato tutta la sua vita alla lotta contro l’amianto e contro i crimini ambientali».
Al momento il ministero non spiega quali saranno nello specifico i compiti – o le risorse a disposizione – della Commissione, ma anticipa che la nuova struttura «entro la fine di giugno produrrà i primi risultati».
«Dobbiamo assolutamente procedere con la mappatura e le bonifiche – incalza il ministro Costa – ci sono 32 milioni di tonnellate di amianto (questa è la stima Cnr-Inail, mentre l’Ona arriva a 40 milioni di tonnellatendr) ancora in circolazione in Italia, e l’unico modo per interrompere la catena di vittime è eliminare l’esposizione». Come sarebbe possibile procedere, dunque?
Un approccio pragmatico è quello spiegato dallo stesso ministero dell’Ambiente – nella figura di Laura D’Aprile – due anni fa alla Camera, durante un convegno promosso dal Movimento 5 Stelle per i primi 25 anni della legge che nel 1992 ha messo al bando l’amianto in Italia. «Uno dei principali problemi è che mancano le discariche: a volte i monitoraggi non vengono effettuati perché poi nasce il problema di dove poter smaltire l’amianto – spiegava per l’occasione D’Aprile  – Ci sono regioni che hanno fatto delibere definendosi a discarica zero e quindi quando faremo la programmazione del conferimento a livello nazionale ci andremo a scontrare con queste regioni».
Il problema però è che non solo di nuove discariche non vengono realizzate dietro l’opposizione di comitati (e politici) locali, che vedono in questi impianti industriali nuovi problemi anziché concrete soluzioni per lo smaltimento in sicurezza dei rifiuti contenenti amianto, ma anche i pochi impianti rimasti continuano a chiudere per gli stessi motivi, aggravando ancora di più una situazione già critica.
fonte: www.greenreport.it

Amianto, ministro dell’Ambiente Costa: serve soluzione definitiva


















Il neo ministro dell’Ambiente Sergio Costa vuole definitivamente porre fine alla questione amianto, un materiale ancora oggi presente in 370 mila strutture dislocate in tutta Italia secondo gli ultimi dati disponibili.

Intervenendo alla presentazione del Rapporto Rifiuti Speciali dell’Ispra, che ha appena avuto luogo a Montecitorio, Sergio Costa ha espresso una grande preoccupazione per l’impatto che l’amianto ha sul territorio e sulla sanità, dichiarando di non volerlo più vedere da nessuna parte:

"L’amianto è una frontiera di cui l’Italia si deve preoccupare perché in questo momento ci fa zoppicare. A preoccuparci è la ricaduta sul territorio e quella sanitaria e dobbiamo proporre qualcosa che favorisca l’uscita da sistema amianto. Io l’amianto sulle strade, nelle campagne non lo voglio vedere più. Sarà banale, ma non è pensabile che l’Italia ancora si interroghi su come risolvere la situazione."

Uno studio di Legambiente aveva sottolineato che sul territorio nazionale sono ben 370 mila le strutture in cui è presente amianto, di cui oltre 20 mila sono siti industriali, più di 50 mila sono edifici pubblici e oltre 214 mila sono edifici privati.

Occorre dunque trovare una soluzione definitiva, come esplicato dal ministro dell’Ambiente, il quale ha inoltre sottolineato l’urgenza di:

Tracciare bene i rifiuti speciali e speciali pericolosi, non ci possiamo fermare. Il recupero degli pneumatici già va bene, oggi siamo al 73%, ma dobbiamo arrivare a 100%. Gradirei che il governo garantisse la tracciabilità trasparente degli pneumatici attraverso un codice.
fonte: www.greenstyle.it

E’ possibile il recupero invece della discarica



















Vista la pericolosità dell’amianto, sono numerosi gli studi e le normative che
 ne regolano ogni fase dello smaltimento. Oggi è possibile inertizzare i materiali contenenti amianto rendendoli innocui e riutilizzabili. I processi possono avvenire per attacchi chimici ad alta temperatura, comminuzione spinta, trattamenti termici.
Leggi l’articolo in Ecoscienza 1/2018

fonte: http://ambienteinforma-snpa.it

Dopo 26 anni l’Italia non è ancora libera dall’amianto. Legambiente: l’anello debole è lo smaltimento





















Stando agli ultimi dati diffusi dall’Inail, in Italia sono 21.463 i casi di mesotelioma maligno tra il 1993 e il 2012, e il cancro provocato dall’esposizione all’amianto rappresenta un’epidemia che nei prossimi anni probabilmente continuerà ad aumentare. Anche se l’amianto è al bando in Italia ormai da 26 anni (grazie alla legge 257/92), «si continua e purtroppo si continuerà a morire per i prossimi 130 anni – spiegava un anno fa Ezio Bonanni, presidente Ona – considerando che, anche con le più rosee aspettative, le bonifiche non finiranno prima di 85 anni». Stime che purtroppo potrebbero rivelarsi addirittura ottimistiche: il quadro più aggiornato in materia è stato fornito oggi da Legambiente con il rapporto Liberi dall’amianto?, pubblicato alla vigilia della Giornata mondiale dedicata alle vittime per malattie asbesto correlate, che ricorre ogni 28 aprile.
A tre anni di distanza dall’ultimo report, il Cigno verde è tornato a inviare un questionario agli uffici competenti regionali con l’obiettivo di tracciare un quadro della situazione attuale: hanno risposto 15 tra Regioni e Province Autonome (mancano all’appello Abruzzo, Calabria, Liguria, Molise, Toscana e Umbria, per le quali sono stati utilizzati i dati 2015), e le buone notizie sono poche. Soprattutto, sono più che compensate dai passi indietro compiuti nel mentre.
Sulla base delle risposte date dalle Regioni  al questionario inviato, sul territorio nazionale sono 370mila le strutture dove è presente amianto censite al 2018, per un totale di quasi 58milioni di metri quadrati di coperture in cemento amianto. Di queste 370mila strutture, 20.296 sono siti industriali (quasi il triplo rispetto all’indagine del 2015), 50.744 sono edifici pubblici (+10% rispetto al 2015%), 214.469 sono edifici privati (+50% rispetto al 2015%), 65.593 le coperture in cemento amianto (+95% rispetto al 2015%) e 18.945 altra tipologia di siti (dieci volte di quanto censito nel 2015). Di fronte a questa situazione, le procedure di bonifica e rimozione dall’amianto nel nostro Paese sono ancora in forte ritardo, visto che sono 6869 gli edifici pubblici e privati ad oggi bonificati su un totale, ancora sottostimato, di 265.213 (tra edifici pubblici e privati). E nel mentre il Piano regionale amianto, previsto dalle L.257/92, nel 2018 deve essere ancora approvato in due regioni, il Lazio e la Provincia Autonoma di Trento; non va meglio per il “Testo unico per il riordino, il coordinamento e l’integrazione di tutta la normativa in materia di amianto”, presentato nel novembre del 2016 al Senato e bloccato da due anni a Palazzo Madama.
Ma c’è un elemento più di ogni altro che certifica il continuo affievolirsi della battaglia nazionale contro l’amianto, nonostante tutti i proclami che vanno in direzione contraria, e secondo Legambiente è lo stesso già individuato dal ministero dell’Ambiente: mancano le discariche dove conferire l’amianto bonificato. Secondo i dati di Ispra, nel 2015 nel nostro Paese sono stati prodotti 369mila tonnellate di rifiuti contenenti amianto (71% al Nord, 18,4% al Centro e 10,6% al Sud): di queste, 227mila tonnellate sono stati smaltiti in discarica (sono prevalentemente “rifiuti da materiali di costruzione contenenti amianto”), mentre 145mila tonnellate di rifiuti contenenti amianto sono stati esportati nelle miniere dismesse della Germania, un’opzione che – fanno sapere dall’Ispra – presto neanche ci sarà più.
Come spiega Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente e membro del think tank di greenreport, dal «dossier “Liberi dall’amianto?” emergono tre questioni prioritarie – bonifiche, smaltimento e leva economica – che devono essere affrontate con la massima urgenza sia a livello regionale che nazionale. Occorre completare al più presto il censimento e la mappatura dei siti contenenti amianto, su cui definire le priorità di bonifica a partire dalle scuole in cui è ancora presente la pericolosa fibra. Il numero esiguo di discariche presenti nelle Regioni incide sia sui costi di smaltimento che sui tempi di rimozione, senza tralasciare la diffusa pratica dell’abbandono incontrollato dei rifiuti. Non è più sostenibile l’esportazione all’estero dell’amianto rimosso nel nostro Paese, per questo è importante provvedere ad implementare l’impiantistica su tutto il territorio nazionale. Infine occorre ripristinare e rendere stabile e duraturo il sistema degli incentivi per la sostituzione eternit/fotovoltaico, visti gli importanti risultati ottenuti in passato è assurdo che questo strumento sia stato rimosso». Un’iniziativa meritoria in tal senso è stata lanciata su Change.org e veleggia già attorno alle 40mila firme, ma anche le migliori operazioni di bonifica non troveranno sbocchi se continueranno a mancare le discariche. Come sottolinea ancora Legambiente, lo smaltimento rimane infatti «l’altro anello debole della catena: le regioni dotate di almeno un impianto specifico per l’amianto sono solo 8 (erano 11 nel 2015) per un totale di 18 impianti (erano 24 fino a pochi anni fa): in Sardegna e Piemonte ce ne sono 4 (di cui uno per le sole attività legate al SIN di Casale Monferrato in Piemonte), 3 in Lombardia e 2 in Basilicata ed Emilia Romagna. 1 solo l’impianto esistente in Friuli Venezia Giulia, Puglia e nella Provincia Autonoma di Bolzano. Ad oggi gli impianti sono quasi pieni, le volumetrie residue comunicate con i questionari sono pari a 2,7 milioni di metri cubi (un terzo in meno rispetto ai 4,1 milioni di mc del 2015) e sarebbero a malapena sufficienti a smaltire i soli quantitativi già previsti, ad esempio, dal Piano Regionale della Regione Piemonte che stima in 2 milioni di metri cubi i quantitativi delle coperture in cemento amianto ancora da bonificare. E non si vede la luce neanche per i nuovi impianti previsti dai vari piani regionali sui rifiuti».
Ma anziché conferire i rifiuti contenenti amianto in discarica, non potrebbe esser più proficuo intraprendere altre strade? Per rispondere con raziocinio a questa domanda, Legambiente raccoglie nel suo dossier anche un contributo dell’Istituto sull’inquinamento atmosferico del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iia), proprio per fare il punto sullo stato attuale delle tecnologie esistenti per l’inertizzazione dell’amianto – raggruppabili nelle tre macrocategorie “trattamenti termici” “trattamenti chimici” e “trattamenti meccano chimici” – e la risposta è molto chiara: «Il livello di industrializzazione di alcune tecnologie è oggi in grado di affrontare questa problematica in maniera tecnicamente soddisfacente», ma al contempo «attualmente, tutte queste tecnologie sono più costose rispetto al collocamento in discarica: questo potrebbe essere considerato il motivo principale del basso livello di diffusione di questi processi».
In compenso, sappiamo già da molti anni che lo smaltimento dell’amianto in discariche appositamente autorizzate e monitorate è un’opzione percorribile e sicura, dato che l’amianto è un minerale e sotto terra torna a fare il minerale. Basterebbe rendersi conto che il vero pericolo sta nell’amianto che abbiamo intorno ogni giorno, nelle nostre scuole, nei nostri ospedali, nelle nostre case come su bus e navi. Bonificarlo e smaltirlo in discarica rimane l’opzione migliore a nostra disposizione per metterci al riparo da questi pericoli.

fonte: www.greenreport.it

Bonifica dall’amianto, il nuovo bando è pronto ma i rifiuti non sappiamo ancora dove metterli

Il ministero dell’Ambiente presenta la nuova tranche di finanziamenti, ma la drammatica carenza di impianti per lo smaltimento non è stata risolta: si sta anzi aggravando






















È stato pubblicato il nuovo bando del ministero dell’Ambiente (decreto 562/2017) che assegna 16 milioni di euro (in tre anni, fino al 2018) alla progettazione preliminare e definitiva di interventi di bonifica dall’amianto: i Comuni italiani che vogliono progettare un’attività di bonifica dall’amianto dagli edifici pubblici hanno tempo fino al 30 aprile per presentare la domanda online.
«Il nuovo decreto – spiegano dal ministero dell’Ambiente – definisce ulteriori dettagli sulle modalità di accesso, sui criteri di valutazione e formazione della graduatoria, con i relativi allegati tecnici per la documentazione di supporto alla domanda, mentre i criteri per accedere al fondo restano quelli fissati dal decreto del 21 settembre 2016: hanno precedenza gli edifici scolastici o entro un raggio non superiore a cento metri da asili, scuole, parchi gioco, strutture di accoglienza, ospedali e impianti sportivi, gli interventi su edifici pubblici già oggetto di segnalazione di enti di controllo sanitari, di tutela ambientale o di altri enti e amministrazioni, quelli con un progetto cantierabile in dodici mesi dall’erogazione del contributo e gil interventi nei Siti d’interesse nazionale o inseriti nella mappatura dell’amianto prevista dal decreto 101 del 2003. Ogni amministrazione può presentare un’istanza con più interventi per un importo massimo finanziabile di 15 mila euro».
Il primo bando (riferito all’annualità 2016) si era concluso il 30 marzo dello scorso anno con la presentazione di 235 istanze per diciotto regioni italiane. Un’azione meritoria che s’affianca però a una criticità storica nel nostro Paese per quanto riguarda la bonifica dall’amianto: la gestione dei rifiuti da bonifica, per la quale gli impianti presenti sul territorio nazionale sono non solo cronicamente insufficienti, ma addirittura in declino.
A fronte delle 32-40 milioni di tonnellate d’amianto stimate come ancora presenti su suolo nazionale, al 2015 – quando si fermano gli ultimi dati Ispra disponibili – il «numero totale delle discariche operative che smaltiscono rifiuti contenenti amianto» è appena 21, in tutt’Italia. Non a caso i rifiuti contenenti amianto rappresentano storicamente una voce rilevante nella quota di rifiuti che l’Italia spedisce all’estero: per la gran parte finiscono in Germania, dove vengono smaltiti in sicurezza (a fronte di ingenti spese da parte italiana). Esattamente un anno fa, però, è stato direttamente l’Ispra a spiegare – durante il convegno organizzato dal M5S alla Camera dei deputati – che «conferiamo l’amianto in Germania ma ci hanno fatto sapere che presto non lo accetteranno più e non esistono altre possibilità che creare dei luoghi di conferimento in Italia. Sarebbe poi auspicabile che il metodo in via di sperimentazione dell’inertizzazione dell’amianto fossero utilizzati su scala industriale».

Alcuni progressi su quest’ultimo punto sono fortunatamente in corso, come ha mostrato un recente convegno in Toscana cui ha presenziato il gestore locale Sei Toscana, ma da soli non possono bastare: «Uno dei principali problemi è che mancano le discariche: a volte i monitoraggi non vengono effettuati perché poi nasce il problema di dove poter smaltire l’amianto – ribadì nel già citato convegno del marzo 2017 Laura D’Aprile, dal ministero dell’Ambiente – Ci sono regioni che hanno fatto delibere definendosi a discarica zero e quindi quando faremo la programmazione del conferimento a livello nazionale ci andremo a scontrare con queste regioni».

fonte: www.greenreport.it

Friuli Venezia Giulia: aiuti economici ai privati per rimuovere e smaltire l'amianto

Costi alti per la rimozione e smaltimento dell'amianto in edifici ad uso residenziale e pochi aiuti da parte delle Amministrazioni Locali, in controtendenza il Friuli Venezia Giulia

















L'amianto è presente ovunque in edifici pubblici e privati, rimuoverlo e smaltirlo può avere un costo economico anche elevato, infatti, la rimozione deve essere realizzata da ditte specializzate e con personale formato, in più, trattandosi di un rifiuto speciale, l'amianto ha costi alti anche nella fase di smaltimento.
I costi previsti per la rimozione e lo smaltimento di questo materiale possono creare difficoltà economiche al singolo, che, spesso, decide di non farne di nulla e lascia il manufatto senza alcuna manutenzione con un peggioramento costante del suo stato di conservazione; purtroppo, non senza conseguenze, come ormai sappiamo, i manufatti in amianto, in stato di obsolescenza, possono creare effetti nocivi sulla salute.
Lodevole, quindi, quanto fatto dalla Regione Friuli Venezia Giulia, che ha deciso di sostenere economicamente tutti i cittadini che intendono rimuovere e smaltire amianto presente negli edifici ad uso residenziale.
La giunta regionale, infatti, ha approvato il regolamento per la concessione di contribuiti per chi intende rimuovere o smaltire amianto da edifici privati adibiti ad uso residenziale.
L'importo non potrà superare 1 500 euro per ogni edificio o nel caso di condominio, per ciascuna unità abitativa.
I contributi previsti dal regolamento potranno essere ottenuti per gli interventi di rimozione e smaltimento dell'amianto da edifici, posti sul territorio regionale del Friuli Venezia Giulia, ad uso residenziale. Il richiedente deve essere il proprietario, comproprietario, locatario, comodatario, usufruttuario o titolare di altro diritto reale di godimento sull'immobile oggetto della bonifica.
Le domande per ottenere il beneficio economico dovranno essere corredate:
  • del preventivo dettagliato di spesa, relativo alle spese ammissibili
  • della dichiarazione del comproprietario dell'immobile che autorizza la realizzazione dell'intervento, o del verbale dell'assemblea condominiale che autorizza l'intervento
  • di due fotografie dell'immobile
  • di copia del documento di identità del sottoscrittore della domanda.
Il regolamento adottato dalla Regione Friuli Venezia Giulia può rappresentare uno spunto per altre Regioni o altre Amministrazioni locali affinché replichino iniziative similari anche in altre parti del nostro Paese.

fonte: http://www.arpat.toscana.it

La rimozione dei rifiuti, moderna psicosi contro ambiente e salute



Lampante il caso amianto: a 25 anni dal bando semina ancora malattie e paure, ma le bonifiche latitano e i materiali rimossi non hanno impianti dove essere smaltiti




















Rimozione. Solo la psicanalisi può aiutarci a capire come mai l’essere umano tenti in ogni modo di “allontanare dalla propria coscienza ciò che non tollera perché provoca vergogna”. E in questo caso parliamo di rifiuti. La rimozione dei rifiuti.
L’esempio più lampante che torna in questi ultimi giorni, per avere un aggancio con la cronaca, è l’amianto. Una parola che da tempo fa paura solo a pronunciarla. Amianto che fa rima con morte per mesiotelioma. E che nella nostra provincia – anche l’Osservatorio naizonale amianto (Ona) ce lo ricorda continuamente – ha già mietuto tante troppe vittime e altre ne mieterà.
Soluzione finora cercata? Rimozione fisica di tutto l’amianto presente (tonnellate e tonnellate, e ce ne saranno ancora per anni) e risarcimento per le vittime e i loro parenti. Ma ecco l’altra “rimozione”: dove si mette l’amianto raccolto? La normativa indica che deve essere smaltito in sicurezza, in discariche ad hoc o almeno in moduli appositamente dedicate all’interno delle discariche esistenti.
Pacifico che più è vicina la discarica rispetto a dove l’amianto viene bonificato, minori saranno i costi e più brevi – e quindi più sostenibili e maggiormente rintracciabili – i viaggi dei camion che lo trasporteranno.

Tutto bene? No, tutto male. Perché se si rimuove a livello di coscienza questa parte per paura (della cittadinanza), per codardia (delle istituzioni) o per qualunque altra ragione, che ragione non è, la soluzione al problema amianto non la troveremo mai e le vittime non avranno giustizia.

Perché la discarica con modulo dedicato all’amianto che, una volta sotterrato torna a fare il minerale come spiegano gli esperti, non la vuole nessuno. Si preferisce spedire tutto in Germania a costi folli (almeno finché in Germania troveranno conveniente lo scambio) girando le spalle al problema e quindi “rimuoverlo”, piuttosto che prendersi l’onere di una gestione corretta fatta in casa nel rispetto della legge.
Fare una bonifica e non occuparsi di dove smaltire ciò che viene rimosso, rende invece in parte vana la bonifica stessa. Spostare in Germania (se va bene, perché molte volte l’amianto finisce direttamente nei nostri boschi e nelle nostre colline, quando non prende la via dei paesi poveri alimentando traffici illegali) vuol dire solo spostare “altrove” lo stesso problema.
La cosa peraltro vale esattamente allo stesso modo per tutti i rifiuti, perché altra spiegazione non c’è di fronte a chi crede che una raccolta differenziata fatta ottimamente bene, ma dei soli imballaggi (che sono il 7% di tutti i rifiuti, urbani e speciali) e per di più “dimenticando” che anche dal riciclo si ottengono nuovi rifiuti come scarti di processo, possa tout court palesarsi come la migliore corretta gestione del ciclo dei rifiuti. La battaglia quindi rimane innanzitutto culturale, ma su questo fronte purtroppo i progressi latitano da anni.

fonte: www.greenreport.it