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Nucleare, ecco le 67 aree idonee per il deposito dei rifiuti radioattivi italiani |La mappa

 



Dopo sei anni di attesa esce nel cuore della notte tra il 4 e il 5 gennaio la mappa delle aree che potranno ospitare il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi italiani, la cosiddetta «Cnapi», Carta delle aree potenzialmente idonee. È il documento dove sono state individuate 67 aree che soddisfano i 25 criteri stabiliti nel 2014-2015. Si tratta di Comuni raccolti in cinque macrozone, che potremmo definire così: Piemonte con 8 aree tra le province di Torino e Alessandria (Comuni di Caluso, Mazzè, Rondissone, Carmagnola, Alessandria, Quargento, Bosco Marengo e così via); Toscana-Lazio con 24 aree tra Siena, Grosseto e Viterbo (che comprendono i Comuni di Pienza, Campagnatico, Ischia e Montalto di Castro, Canino, Tuscania, Tarquinia, Vignanello, Gallese, Corchiano); Basilicata-Puglia con 17 aree tra Potenza, Matera, Bari, Taranto (Comuni di Genzano, Irsina, Acerenza, Oppido Lucano, Gravina, Altamura, Matera, Laterza, Bernalda, Montalbano, Montescaglioso; poi le Isole, con la Sardegna (14 aree) in provincia di Oristano (Siapiccia, Albagiara, Assolo, Usellus, Mogorella, Villa Sant’Antonio) e nel Sud Sardegna (Nuragus, Nurri, Genuri, Setzu, Turri, Pauli Arbarei, Ortacesus, Guasila, Segariu, Villamar, Gergei e altri); e la Sicilia, 4 aree nelle province di Trapani, Palermo, Caltanissetta (Comuni di Trapani, Calatafimi, Segesta, Castellana, Petralia, Butera). La mappa nei dettagli si può consultare sul sito depositonazionale.it .
GUARDA IL GRAFICO
RIFIUTI NUCLEARI, LA MAPPA DEI POTENZIALI SITI PER IL DEPOSITO



Spesa prevista 900 milioni

Qualche giorno fa i ministeri dello Sviluppo economico e quello dell’Ambiente avevano finalmente dato il «nulla osta» alla pubblicazione della mappa, tenuta rigorosamente chiusa nei cassetti della Sogin, la società che si occupa dello smantellamento delle vecchie centrali, per tutto questo tempo. La Sogin ha tenuto un consiglio straordinario lo scorso 31 dicembre. Dalla pubblicazione del 5 gennaio inizia il processo che nel giro di qualche anno porterà alla localizzazione del sito che in un primo momento dovrà contenere 78 mila metri cubi di rifiuti a bassa e media intensità e poi anche 17 mila metri cubi ad alta attività, questi ultimi per un massimo di 50 anni (per poi essere sistemati in un deposito geologico di profondità di cui al momento poco si sa). Spesa prevista? Per il Deposito e il Parco tecnologico è prevista una spesa di 900 milioni di euro, che saranno prelevati dalle componenti della bolletta elettrica pagata dai consumatori.

I criteri

Nel suo documento del 2014 l’Ispra aveva identificato almeno 28 tra criteri ed aree di esclusione. Criteri geologici a cui se ne aggiungono altri amministrativi. E altri ancora di convenienza e buon senso: anche se le isole, Sicilia e soprattutto Sardegna, sono comprese, per loro si unirebbe alle altre complessità anche il problema del trasporto. Le prime aree da scartare sono state comunque quelle vulcaniche, e poi quelle sismiche o interessate a fenomeni di faglia; quelle soggette a frane e inondazioni, o in fasce fluviali o in depositi alluvionali preistorici; le aree al di sopra di 700 metri di altitudine o con pendenze superiori al 10%. E ancora: quelle sino alla distanza di 5 chilometri dalla costa, in zone carsiche o vicine a sorgenti o a Parchi nazionali o luoghi di interesse naturalistico; bisogna poi mantenere un’«adeguata distanza» dai centri abitati; almeno un chilometro da autostrade, strade statali o linee ferroviarie; bisogna tenersi lontani da attività industriali, dighe, aereoporti, poligoni militari, zone di sfruttamento minerario.

78mila metri cubi di scorie radioattive

La superficie necessaria al Deposito sarà tutto sommato modesta, e pari a 150 ettari, di cui 110 per il Deposito e 40 per il Parco tecnologico. Una volta riempito, il Deposito avrà tre barriere protettive, e sarà poi ricoperto da una collina artificiale, una quarta barriera, e da un manto erboso. Le barriere ingegneristiche dovranno garantire l’isolamento dei rifiuti radioattivi per più di 300 anni, ovvero fino al loro decadimento a livelli tali da non essere più nocivi per la salute dell’uomo e dell’ambiente. Si tratterà di 78mila metri cubi di rifiuti radioattivi a bassa e media attività: 50mila dallo smantellamento degli impianti nucleari italiani (ancora quasi tutto da fare, si parla del 2036) e 28mila dalla ricerca, medicina nucleare e industria. Circa 33mila sono già stati prodotti, gli altri 50mila sono previsti per il futuro. Bisognerà poi trovare posto, (compresi nei 17mila metri cubi ad alta attività) a circa 400 metri cubi assai pericolosi, costituiti da combustibile non riprocessabile o da combustibili mandati in Francia e Gran Bretagna (a pagamento) per essere riprocessati, e che decadono in migliaia di anni. Resteranno nel Deposito per essere avviati a uno stoccaggio di profondità, anche se per ora non si sa dove, come e quando. Di certo c’è che, ad esempio, ad oggi a Trisaia in Basilicata alcuni contenitori che hanno 50 anni contengono una soluzione liquida di uranio arricchito, mentre a Saluggia, vicino a Vercelli e in riva alla Dora Baltea, giacciono 230 metri cubi di rifiuti liquidi ad alta attività sempre dentro a contenitori di 50 anni fa. Dopo l’alluvione del 2000 l’allora commissario Enea e premio Nobel Carlo Rubbia dichiarò che si era «sfiorata una catastrofe planetaria».

L’iter e la consultazione pubblica. Poi la costruzione

Che cosa accadrà ora? Nei sessanta giorni successivi alla pubblicazione del 5 gennaio parte la «consultazione pubblica». Le Regioni, gli enti locali e i soggetti interessati potranno formulare le loro osservazioni e proposte tecniche alla Sogin. È la prima consultazione pubblica che si svolge in Italia. In generale l’iter non si preannuncia facile, visto che bisognerà raccogliere il consenso delle comunità interessate e delle istituzioni locali. La consultazione pubblica durerà in tutto quattro mesi, compreso anche il «seminario nazionale» che Sogin dovrà organizzare, e una successiva rielaborazione di tre mesi che darà luogo alla «Carta nazionale delle aree idonee». Poi si passerà alla fase delle «manifestazioni di interesse» dei territori. Il tutto in un periodo di pandemia, con le immaginabili difficoltà che si aggiungeranno ad una procedura di per sé complessa. Una volta individuato il sito serviranno quattro anni per la costruzione.

Il peso su governo e politica

Ma dopo i rinvii «politici» per le Regionali del 2015, il referendum costituzionale del 2016, le elezioni del 2018, il cambio di governo con il Conte2, e dopo la procedura di infrazione aperta dalla Commissione europea a fine ottobre scorso, non si poteva più aspettare. Qualche settimana fa molti comitati e associazioni ambientaliste piemontesi (in particolare del vercellese e della Valsesia) avevano scritto ai ministri Stefano Patuanelli e Sergio Costa proprio per sollecitare la pubblicazione della Carta. Ora, con il nulla osta, è verosimile che la questione della localizzazione, e del potenziale “nimby” che comporta (“not in my backyard”, non nel mio giardino) possa creare un motivo ulteriore di dibattito in un momento delicato per il governo Conte.

I dubbi sulle capacità Sogin

Infine resta l’interrogativo sulle capacità dell’attuale Sogin di condurre in porto la realizzazione. Nata nel 2001, costa agli italiani di sole spese di gestione circa 130 milioni l’anno, pagati in bolletta. Di rinvio in rinvio ha programmato la fine del decommissioning nucleare al 2036, 49 anni dopo il referendum del 1987. La società ha accumulato enormi ritardi nella messa in sicurezza dei rifiuti nucleari nazionali e nello smantellamento degli impianti, spendendo sinora, tutti prelevati sempre dalla bolletta elettrica, più di 4 miliardi di euro per completare circa il 30% dei lavori (che dovrebbero finire, appunto, nel 2036). Secondo fonti sindacali, solo due mesi fa la Sogin ha visto pressoché deserta l’ennesima gara per la realizzazione dell’impianto Cemex per la messa in sicurezza dei più pericolosi rifiuti radioattivi italiani, quelli liquidi di Saluggia. Nonostante il bando valesse 130 milioni di euro nessuno dei grandi operatori nazionali ha presentato un’offerta. L’unica pervenuta è stata da parte di un consorzio di manutentori del napoletano. In passato, secondo la stessa Sogin, un gruppo come Saipem non sarebbe stato in grado di accollarsi il compito, una questione poi finita nelle aule dei tribunali. Ora la società avrà il compito di convincere la popolazione di almeno uno dei 67 siti idonei a farsi carico di tutti i rifiuti radioattivi italiani.

fonte: www.corriere.it/

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Frane in Italia: Ispra presenta la nuova piattaforma con tutti i dati nazionali

In diretta sulla pagina Facebook dell'Ispra il 21 maggio la presentazione dell'Inventario dei fenomeni franosi



















Un nuovo strumento open source e open data per la consultazione e la condivisione di dati, mappe, report e documenti. E’ l’Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia realizzato da Ispra e che sarà presentato giovedì 21 maggio alle ore 15 in diretta Facebook sulla pagina dell’Ispra.
La piattaforma contiene tutte le mappe nazionali di pericolosità e gli indicatori di rischio. Nel corso dell’evento in streaming saranno illustrate le attività di censimento, monitoraggio e pianificazione territoriale, oltre alle nuove tecnologie applicate da regioni e province autonome.
Qui tutte le info dell’evento.

fonte: https://www.snpambiente.it/



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Il nuovo portale per l’accesso ai dati del consumo di suolo in Italia




















I dati 2019 del Rapporto SNPA sul consumo di suolo in Italia costituiscono il quadro aggiornato dei processi di trasformazione della copertura del suolo e permettono di valutare l’impatto del consumo di suolo sul paesaggio e sui servizi ecosistemici. Da quest’anno la presentazione del rapporto si è arricchita di una nuova e innovativa componente web per l’accesso ai dati sull’intero territorio nazionale. 

Il portale del consumo suolo, realizzato da Arpa Piemonte in collaborazione con ISPRA, mette a disposizione dati, cartografie, indicatori a scala nazionale, regionale e per singolo comune riferiti al quinquennio di osservazione 2012, 2015, 2016, 2017 e 2018.

Nello stesso portale sono inoltre presentati in forma semplificata e divulgativa i principali aspetti ambientali connessi al suolo, ai fenomeni di trasformazione e consumo, ai servizi ecosistemici ad esso correlati. Il portale realizzato con la tecnica e gli strumenti  dello storytelling guida l’utente nella scoperta e comprensione della materia attraverso un percorso organizzato in sezioni che integrano testi, immagini, video, mappe e animazioni.
Attraverso l’applicazione è possibile:
  • consultare lo stato e le tendenze del consumo di suolo  attraverso un sezione di sintesi del rapporto 2019 ed una apposita dashboard dinamica che attraverso cartogrammi, grafici e tabelle permette di leggere e confrontare i principali indicatori del fenomeno a scala nazionale, regionale e comunale;
  • accedere alla cartografia del consumo di suolo e consultare l’evoluzione del fenomeno con le mappe nazionali dal 2012 al 2018;
  • visualizzare attraverso l’Atlante fotografico del consumo di suolo, una serie di casi reali significativi di trasformazioni del territorio emersi e analizzati nell’ambito delle attività di monitoraggio da parte del sistema agenziale;
  • scoprire come viene realizzato il monitoraggio annuale attraverso una sezione divulgativa che illustra i principi e le tecniche di analisi utilizzare dal Sistema nazionale e basate sul telerilevamento satellitare ed aereo con particolare riferimento alle immagini messe a disposizione dal programma europeo Copernicus;
  • approfondire i principali concetti inerenti il solo come risorsa naturale non rinnovabile, i processi e le caratteristiche dei diversi fenomeni di consumo di suolo, il significato e il valore dei servizi ecosistemici garantiti dal suolo.
fonte: http://www.snpambiente.it

Versione cartografica per l’inventario delle emissioni in atmosfera dell’Umbria
















È ora possibile consultare una nuova versione cartografica dell’Inventario Regionale delle Emissioni dell’Umbria, che si affianca alla versione classica che già consentiva la consultazione e l’estrazione dei dati in formato tabellare.
L’inventario è un importante strumento a supporto delle strategie politiche di tutela ambientale del territorio.
Per 7 inquinanti, scelti tra quelli presenti nell’inventario, sono state realizzate 7 web app application. Queste app cartografiche ci consentono di avere una visione plastica della situazione a livello regionale e comunale di ciascun inquinante.
Un grafico a torta ci segnala quali sono i macrosettori che hanno maggiore incidenza nelle emissioni di un inquinante. Un grafico a istogrammi ci mostra l’andamento dalle emissioni dal  1999.
fonte: http://www.snpambiente.it

Dal ministero dell’Ambiente una nuova Commissione contro l’amianto

Costa: «Dobbiamo assolutamente procedere con la mappatura e le bonifiche, ci sono 32 milioni di tonnellate di amianto ancora in circolazione in Italia». Ma mancano le discariche per smaltirlo in sicurezza






















Il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha istituito presso il proprio dicastero una «Commissione di lavoro per la riforma normativa» in materia di amianto, e a guidarla nelle vesti di presidente sarà Raffaele Guariniello: «Guariniello – spiega il ministro – è il procuratore di Torino che ha istruito e seguito il processo Eternit, ma è anche molto di più, è l’uomo che ha dedicato tutta la sua vita alla lotta contro l’amianto e contro i crimini ambientali».
Al momento il ministero non spiega quali saranno nello specifico i compiti – o le risorse a disposizione – della Commissione, ma anticipa che la nuova struttura «entro la fine di giugno produrrà i primi risultati».
«Dobbiamo assolutamente procedere con la mappatura e le bonifiche – incalza il ministro Costa – ci sono 32 milioni di tonnellate di amianto (questa è la stima Cnr-Inail, mentre l’Ona arriva a 40 milioni di tonnellatendr) ancora in circolazione in Italia, e l’unico modo per interrompere la catena di vittime è eliminare l’esposizione». Come sarebbe possibile procedere, dunque?
Un approccio pragmatico è quello spiegato dallo stesso ministero dell’Ambiente – nella figura di Laura D’Aprile – due anni fa alla Camera, durante un convegno promosso dal Movimento 5 Stelle per i primi 25 anni della legge che nel 1992 ha messo al bando l’amianto in Italia. «Uno dei principali problemi è che mancano le discariche: a volte i monitoraggi non vengono effettuati perché poi nasce il problema di dove poter smaltire l’amianto – spiegava per l’occasione D’Aprile  – Ci sono regioni che hanno fatto delibere definendosi a discarica zero e quindi quando faremo la programmazione del conferimento a livello nazionale ci andremo a scontrare con queste regioni».
Il problema però è che non solo di nuove discariche non vengono realizzate dietro l’opposizione di comitati (e politici) locali, che vedono in questi impianti industriali nuovi problemi anziché concrete soluzioni per lo smaltimento in sicurezza dei rifiuti contenenti amianto, ma anche i pochi impianti rimasti continuano a chiudere per gli stessi motivi, aggravando ancora di più una situazione già critica.
fonte: www.greenreport.it

Miniere urbane: on line la prima mappa europea

Una mappa delle miniere urbane di tutta Europa, per tracciare le 18 milioni di tonnellate di computer, batterie, frigoriferi, rottami di veicoli e altri rifiuti elettrici ed elettronici che contengono materiali del valore di miliardi di dollari.



















E’ realtà la prima Urban Mine Platform (Ump) ad accesso libero a livello europeo: un portale web basato su un database centralizzato e aggiornato che fornisce tutti i dati e le informazioni disponibili su giacimenti, scorte, flussi e trattamento di rifiuti elettrici ed elettronici, veicoli fuori uso, batterie a fine vita e rifiuti minerari, per tutti i 28 Stati membri dell’Ue, più Svizzera e Norvegia.
La piattaforma (www.urbanmineplatform.eu) è il risultato del progetto Prosum, avviato nel 2015 e terminato a dicembre 2017, cui Remedia ha preso parte ricoprendo il ruolo di membro Ltp di Weee Forum, l’associazione no-profit che dal 2002 riunisce 34 sistemi collettivi Raee in Europa e nel mondo. Il portale fornisce dati su tutto il ciclo di vita delle principali materie prime critiche, (dalle terre rare ai metalli preziosi) provenienti sia da attività minerarie, sia da attività di riciclo.
“L’Unione Europea affronta una sfida importante per il futuro della sua industria, che passa anche dalla possibilità di approvvigionarsi in modo competitivo di materie prime essenziali per le proprie produzioni strategiche, assicurando così sviluppo e occupazione – dichiara Danilo Bonato, direttore generale di Consorzio Remedia – In questo scenario, siamo lieti di aver contribuito alla realizzazione di una piattaforma integrata per rendere fruibili a tutti gli interlocutori di riferimento dati aggiornati e completi sulla disponibilità delle principali materie prime critiche, provenienti sia dalle attività minerarie sia dai processi di riciclo dei nostri rifiuti, nel promettente contesto dell’economia circolare”.
L’intero progetto ProSum è finanziato dalla Comunità Europea all’interno del programma Horizon 2020, uno dei programmi più rilevanti di ricerca e innovazione a livello europeo con quasi 80 miliardi di euro di finanziamenti disponibili in 7 anni (dal 2014 al 2020).
Alcuni dati di contesto. Ogni anno in Europa vengono generati circa 9 milioni di tonnellate di Raee, rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche oltre a 7-8 milioni di tonnellate di veicoli fuori uso e vengono vendute più di 1 milione di tonnellate di batterie. Questi prodotti contengono una significativa quantità di materie prime critiche che possono essere recuperate, dai metalli preziosi alle terre rare. Ad esempio, il 99% del consumo mondiale di gallio è nei circuiti integrati e nei dispositivi optoelettronici, il 74% di indio si trova negli schermi piatti e il 27% di cobalto è contenuto nelle batterie ricaricabili. Attualmente l’Unione Europea importa la maggior parte di queste materie prime.
fonte: http://esper.it