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Il Parlamento europeo chiede batterie rimovibili e sostituibili
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Batterie e materie prime, il riciclo può fornire il 65% del cobalto
Un nuovo studio T&E mostra come le pratiche di riciclo delle batterie auto possano ridurre drasticamente l’importazione dei metalli preziosi e la dipendenza da Paesi terzi. E al resto penseranno i progressi nell’efficienza.

Gran parte del fabbisogno europeo di materie prime per le batterie dei veicoli elettrici può provenire dal riciclo degli stessi dispositivi a fine vita. A riferirlo è il nuovo studio di Transport & Environment secondo cui nel 2035, oltre un quinto del litio e del nichel e un più della metà del cobalto necessario all’accumulo potrebbe provenire da batterie “esauste”. Una pratica che combinata con i miglioramenti della densità della batteria, ridurrà l’impatto dell’estrazione di questi metalli e la dipendenza europea dalle importazioni.
Il rapporto di T&E valuta la quantità di materie prime necessarie per produrre batterie delle e-car oggi e in futuro, tenendo conto degli avanzamenti tecnologici. E confronta il dato con le materie prime necessarie per far funzionare un’auto a combustibili fossili.
Secondo l’obiettivo proposto dalla stessa Commissione europea nel 2030, il 5% di litio, il 17% di cobalto e il 4% di nichel necessari per la produzione di batterie auto possono essere ottenuti dal riciclo. Nel 2035, le percentuali potrebbero aumentare al 22% per litio e nichel e al 65% per il cobalto.
“A differenza delle odierne auto alimentate a combustibili fossili – spiega Lucien Mathieu, analista di T&E – le batterie delle e-car fanno parte di un ciclo di economia circolare in cui i materiali possono essere riutilizzati e recuperati”. Si tratta di un passaggio fondamentale “per ridurre la pressione sulla domanda primaria di materiali vergini e, in ultima analisi, limitare gli impatti che l’estrazione delle materie prime può avere sull’ambiente e sulle comunità”.
Allo stesso tempo, i miglioramenti nella densità energetica ridurranno la domanda dei metalli preziosi. Si stima che da oggi al 2030, i progressi in questo campo dimezzeranno la quantità di litio necessaria per produrre una batteria EV. Nel contempo, la quantità di cobalto richiesta diminuirà di oltre tre quarti e il nichel di circa un quinto.
Ciò avrà un impatto significativo sulla dipendenza dalle risorse, afferma l’associazione. L’UE , infatti, attualmente importa il 96% della sua fornitura di petrolio greggio; il che significa che la sua dipendenza dalle materie prime per le batterie sarà 10 volte inferiore nel 2030 rispetto al petrolio.
fonte: www.rinnovabili.it

Gran parte del fabbisogno europeo di materie prime per le batterie dei veicoli elettrici può provenire dal riciclo degli stessi dispositivi a fine vita. A riferirlo è il nuovo studio di Transport & Environment secondo cui nel 2035, oltre un quinto del litio e del nichel e un più della metà del cobalto necessario all’accumulo potrebbe provenire da batterie “esauste”. Una pratica che combinata con i miglioramenti della densità della batteria, ridurrà l’impatto dell’estrazione di questi metalli e la dipendenza europea dalle importazioni.
Il rapporto di T&E valuta la quantità di materie prime necessarie per produrre batterie delle e-car oggi e in futuro, tenendo conto degli avanzamenti tecnologici. E confronta il dato con le materie prime necessarie per far funzionare un’auto a combustibili fossili.
Secondo l’obiettivo proposto dalla stessa Commissione europea nel 2030, il 5% di litio, il 17% di cobalto e il 4% di nichel necessari per la produzione di batterie auto possono essere ottenuti dal riciclo. Nel 2035, le percentuali potrebbero aumentare al 22% per litio e nichel e al 65% per il cobalto.
“A differenza delle odierne auto alimentate a combustibili fossili – spiega Lucien Mathieu, analista di T&E – le batterie delle e-car fanno parte di un ciclo di economia circolare in cui i materiali possono essere riutilizzati e recuperati”. Si tratta di un passaggio fondamentale “per ridurre la pressione sulla domanda primaria di materiali vergini e, in ultima analisi, limitare gli impatti che l’estrazione delle materie prime può avere sull’ambiente e sulle comunità”.
Allo stesso tempo, i miglioramenti nella densità energetica ridurranno la domanda dei metalli preziosi. Si stima che da oggi al 2030, i progressi in questo campo dimezzeranno la quantità di litio necessaria per produrre una batteria EV. Nel contempo, la quantità di cobalto richiesta diminuirà di oltre tre quarti e il nichel di circa un quinto.
Ciò avrà un impatto significativo sulla dipendenza dalle risorse, afferma l’associazione. L’UE , infatti, attualmente importa il 96% della sua fornitura di petrolio greggio; il che significa che la sua dipendenza dalle materie prime per le batterie sarà 10 volte inferiore nel 2030 rispetto al petrolio.
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Nel Veneto il 1° impianto integrato di produzione batterie litio d’Italia
L’azienda veronese Midac Batteries Spa, IPCEI sulle batterie di nuova generazione, ottiene un investimento complessivo di 104 milioni di euro per tre progetti innovativi
Nell’Europa attraversata dalla pandemia c’è un’industria che continua a investire e creare posti di lavoro: quella delle batterie agli ioni di litio. Favorendo la transizione dai combustibili fossili verso un’energia più pulita, questa filiera risponde pienamente all’ambizioso obiettivo europeo del Green Deal, che mira alla neutralità climatica nel 2050. Per sostenere questo settore strategico, la Commissione Europea ha dato il via libera alla seconda tranche di finanziamenti per Importanti Progetti di Comune Interesse Europeo (IPCEI) sulle batterie di nuova generazione (2,9 miliardi di euro), attribuiti dopo attenta selezione a 42 aziende europee del settore.
Una di queste è Midac Batteries Spa, fondata da Santo Mastrotto e guidata da Filippo Girardi, presidente e AD, che ha ottenuto il via libera per lo sviluppo di tre progetti innovativi relativi alla produzione, al riutilizzo e alla gestione sostenibile del fine vita delle batterie al litio. Questi progetti permetteranno all’azienda di realizzare il primo impianto di produzione batterie litio integrato in Italia, per un investimento complessivo di 104 milioni di euro. L’azienda così sarà in grado di produrre le proprie batterie al litio con il riutilizzo delle materie prime derivanti dal riciclo delle batterie esauste, conformemente ai principi della circolar economy, garantendo così il rispetto della filosofia “verde” di Midac.
In particolare, il primo progetto riguarda il processo di selezione e recupero delle batterie a fine vita, che consente di inviare quelle non riutilizzabili ad un impianto di riciclo con una capacità pari a 30.000 ton/anno e di utilizzare quelle ancora funzionanti in applicazioni less demanding. In questo modo le batterie possono vivere una seconda vita, riducendo l’impatto ambientale e aumentando le percentuali dei materiali recuperati dal 60% a oltre il 90%. Le attività di riciclo e riuso saranno sviluppate in collaborazione con aziende partner, tra le quali Enel X.
Il secondo progetto riguarda lo sviluppo di un nuovo impianto di produzione delle celle basata sulla tecnologia di terza e quarta generazione, che consentono ricariche più rapide, autonomia e sicurezza maggiori. Queste saranno poi destinate al nuovo reparto di assemblaggio batterie di Soave e a quello di Cremona da utilizzare in applicazioni automotive, Material Handling e di reserve power.
Il terzo progetto è relativo allo sviluppo dell’elettronica di gestione delle batterie, che, grazie all’ausilio dell’intelligenza artificiale, permetterà di allungarne la vita. Le batterie saranno dotate anche di sistemi IoT per facilitarne l’uso da parte dei clienti finali.
Il piano di realizzazione del nuovo impianto, della durata complessiva di 7 anni, rappresenta un’irripetibile occasione per l’azienda e per l’intero comparto italiano ed europeo per ricavarsi un ruolo da protagonista nel settore della tecnologia di accumulo agli ioni di litio, e per sviluppare, anche in Europa, l’intera filiera tecnologica che ruota attorno a questa tecnologia così strategica.
«Siamo entusiasti ed orgogliosi di poter fornire, anche grazie a questo progetto, il nostro contributo per lo sviluppo della filiera tecnologica del litio in Europa – sottolinea il Presidente Filippo Girardi – e di poter continuare a perseguire i nostri obiettivi di innovazione e sostenibilità ambientale nel comparto delle batterie. Ringraziamo il Ministero dello Sviluppo Economico per averci supportato in tutte le fasi del progetto e la Commissione Europea per l’opportunità di crescita che ha offerto alla nostra società con l’approvazione del nostro progetto, avendolo ritenuto degno e utile allo sviluppo dell’intera comunità europea».
fonte: www.rinnovabili.it
Nell’Europa attraversata dalla pandemia c’è un’industria che continua a investire e creare posti di lavoro: quella delle batterie agli ioni di litio. Favorendo la transizione dai combustibili fossili verso un’energia più pulita, questa filiera risponde pienamente all’ambizioso obiettivo europeo del Green Deal, che mira alla neutralità climatica nel 2050. Per sostenere questo settore strategico, la Commissione Europea ha dato il via libera alla seconda tranche di finanziamenti per Importanti Progetti di Comune Interesse Europeo (IPCEI) sulle batterie di nuova generazione (2,9 miliardi di euro), attribuiti dopo attenta selezione a 42 aziende europee del settore.
Una di queste è Midac Batteries Spa, fondata da Santo Mastrotto e guidata da Filippo Girardi, presidente e AD, che ha ottenuto il via libera per lo sviluppo di tre progetti innovativi relativi alla produzione, al riutilizzo e alla gestione sostenibile del fine vita delle batterie al litio. Questi progetti permetteranno all’azienda di realizzare il primo impianto di produzione batterie litio integrato in Italia, per un investimento complessivo di 104 milioni di euro. L’azienda così sarà in grado di produrre le proprie batterie al litio con il riutilizzo delle materie prime derivanti dal riciclo delle batterie esauste, conformemente ai principi della circolar economy, garantendo così il rispetto della filosofia “verde” di Midac.
In particolare, il primo progetto riguarda il processo di selezione e recupero delle batterie a fine vita, che consente di inviare quelle non riutilizzabili ad un impianto di riciclo con una capacità pari a 30.000 ton/anno e di utilizzare quelle ancora funzionanti in applicazioni less demanding. In questo modo le batterie possono vivere una seconda vita, riducendo l’impatto ambientale e aumentando le percentuali dei materiali recuperati dal 60% a oltre il 90%. Le attività di riciclo e riuso saranno sviluppate in collaborazione con aziende partner, tra le quali Enel X.
Il secondo progetto riguarda lo sviluppo di un nuovo impianto di produzione delle celle basata sulla tecnologia di terza e quarta generazione, che consentono ricariche più rapide, autonomia e sicurezza maggiori. Queste saranno poi destinate al nuovo reparto di assemblaggio batterie di Soave e a quello di Cremona da utilizzare in applicazioni automotive, Material Handling e di reserve power.
Il terzo progetto è relativo allo sviluppo dell’elettronica di gestione delle batterie, che, grazie all’ausilio dell’intelligenza artificiale, permetterà di allungarne la vita. Le batterie saranno dotate anche di sistemi IoT per facilitarne l’uso da parte dei clienti finali.
Il piano di realizzazione del nuovo impianto, della durata complessiva di 7 anni, rappresenta un’irripetibile occasione per l’azienda e per l’intero comparto italiano ed europeo per ricavarsi un ruolo da protagonista nel settore della tecnologia di accumulo agli ioni di litio, e per sviluppare, anche in Europa, l’intera filiera tecnologica che ruota attorno a questa tecnologia così strategica.
«Siamo entusiasti ed orgogliosi di poter fornire, anche grazie a questo progetto, il nostro contributo per lo sviluppo della filiera tecnologica del litio in Europa – sottolinea il Presidente Filippo Girardi – e di poter continuare a perseguire i nostri obiettivi di innovazione e sostenibilità ambientale nel comparto delle batterie. Ringraziamo il Ministero dello Sviluppo Economico per averci supportato in tutte le fasi del progetto e la Commissione Europea per l’opportunità di crescita che ha offerto alla nostra società con l’approvazione del nostro progetto, avendolo ritenuto degno e utile allo sviluppo dell’intera comunità europea».
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La buccia della frutta aiuta a riciclare i metalli preziosi delle batterie
Un team di scienziati della NTU Singapore è riuscito a sfruttare i rifiuti alimentari per creare un innovativo sistema di riciclo delle vecchie batterie al litio

Anche esauste, le vecchie batterie al litio hanno molto da offrire. Al loro interno, infatti, si nasconde una piccola miniera di metalli preziosi da recuperare e riutilizzare. Ma la domanda è: come fare per estrarli?
Attualmente uno dei processi più comuni di riciclo prevede l’uso di alte temperature (oltre 500 ° C) per fondere i metalli. La tecnica, tuttavia, oltre ad essere particolarmente energivora, produce gas tossici. Un approccio alternativo consiste nell’affidarsi all’idrometallurgia: dopo aver triturato il rifiuto, si sfruttano soluzioni acide forti o deboli con l’aggiunta perossido di idrogeno per estrarre i metalli; anche in questo caso, però, si ottengono inquinanti secondari pericolosi per la salute e l’ambiente.
Una terza via potrebbe essere quella realizzata dalla Nanyang Technological University, Singapore (NTU Singapore). Qui un gruppo di scienziati ha sviluppato un processo che impiega la buccia della frutta per estrarre e riutilizzare i metalli preziosi. Il professor Madhavi Srinivasan, co-direttore del laboratorio NTU Scarce dell’ateneo, ha dichiarato: “Gli attuali processi di riciclaggio industriale dei rifiuti elettronici sono ad alta intensità energetica ed emettono inquinanti nocivi e rifiuti liquidi. C’è un urgente bisogno di metodi eco-compatibili per rispondere alla crescita di questi rifiuti. Il nostro team ha dimostrato che è possibile farlo con sostanze biodegradabili”.
Il team della NTU ha scoperto che la combinazione di scorza d’arancia essiccata al forno e quindi macinata, assieme all’acido citrico, può raggiungere lo stesso obiettivo dell’idrometallurgia classica.
I test hanno dimostrato che, grazie all’utilizzo della buccia della frutta, il nuovo approccio estrae con successo circa il 90% del cobalto, litio, nichel e manganese presente nelle batterie agli ioni di litio esaurite; un’efficacia paragonabile all’approccio basato sul perossido di idrogeno.
“Il segreto sta nella cellulosa che si trova nella scorza, che viene convertita in zuccheri durante il processo di estrazione”, spiegano gli scienziati. “Questi zuccheri migliorano il recupero dei metalli dai rifiuti. Gli antiossidanti naturali presenti nella buccia d’arancia, come i flavonoidi e acidi fenolici, potrebbero aver contribuito a questo miglioramento”.
L’elemento più interessante? I residui solidi generati da questo processo non sono tossici. Dai materiali recuperati, hanno quindi assemblato nuove batterie agli ioni di litio con una capacità di carica simile a quelle commerciali. Attualmente gli scienziati stanno lavorando per ottimizzare le prestazioni del ciclo di carica-scarica dei nuovi dispositivi. La ricerca è stata pubblicata su Environmental Science & Technology (testo in inglese).
fonte: www.rinnovabili.it
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Anche esauste, le vecchie batterie al litio hanno molto da offrire. Al loro interno, infatti, si nasconde una piccola miniera di metalli preziosi da recuperare e riutilizzare. Ma la domanda è: come fare per estrarli?
Attualmente uno dei processi più comuni di riciclo prevede l’uso di alte temperature (oltre 500 ° C) per fondere i metalli. La tecnica, tuttavia, oltre ad essere particolarmente energivora, produce gas tossici. Un approccio alternativo consiste nell’affidarsi all’idrometallurgia: dopo aver triturato il rifiuto, si sfruttano soluzioni acide forti o deboli con l’aggiunta perossido di idrogeno per estrarre i metalli; anche in questo caso, però, si ottengono inquinanti secondari pericolosi per la salute e l’ambiente.
Una terza via potrebbe essere quella realizzata dalla Nanyang Technological University, Singapore (NTU Singapore). Qui un gruppo di scienziati ha sviluppato un processo che impiega la buccia della frutta per estrarre e riutilizzare i metalli preziosi. Il professor Madhavi Srinivasan, co-direttore del laboratorio NTU Scarce dell’ateneo, ha dichiarato: “Gli attuali processi di riciclaggio industriale dei rifiuti elettronici sono ad alta intensità energetica ed emettono inquinanti nocivi e rifiuti liquidi. C’è un urgente bisogno di metodi eco-compatibili per rispondere alla crescita di questi rifiuti. Il nostro team ha dimostrato che è possibile farlo con sostanze biodegradabili”.
Il team della NTU ha scoperto che la combinazione di scorza d’arancia essiccata al forno e quindi macinata, assieme all’acido citrico, può raggiungere lo stesso obiettivo dell’idrometallurgia classica.
I test hanno dimostrato che, grazie all’utilizzo della buccia della frutta, il nuovo approccio estrae con successo circa il 90% del cobalto, litio, nichel e manganese presente nelle batterie agli ioni di litio esaurite; un’efficacia paragonabile all’approccio basato sul perossido di idrogeno.
“Il segreto sta nella cellulosa che si trova nella scorza, che viene convertita in zuccheri durante il processo di estrazione”, spiegano gli scienziati. “Questi zuccheri migliorano il recupero dei metalli dai rifiuti. Gli antiossidanti naturali presenti nella buccia d’arancia, come i flavonoidi e acidi fenolici, potrebbero aver contribuito a questo miglioramento”.
L’elemento più interessante? I residui solidi generati da questo processo non sono tossici. Dai materiali recuperati, hanno quindi assemblato nuove batterie agli ioni di litio con una capacità di carica simile a quelle commerciali. Attualmente gli scienziati stanno lavorando per ottimizzare le prestazioni del ciclo di carica-scarica dei nuovi dispositivi. La ricerca è stata pubblicata su Environmental Science & Technology (testo in inglese).
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Vecchie batterie al litio riciclate nella produzione di biodiesel
Un gruppo di ricercatori brasiliani ha dimostrato un nuovo approccio chimico per la produzione di biocarburanti da olio di frittura. Il segreto? Utilizzare come catalizzatori idrossidi ottenuti dalle batterie esauste delle auto elettriche

Quando si parla di mobilità sostenibile, elettricità e biocarburanti si schierano praticamente agli opposti nella gamma di opzioni d’alimentazione. Eppure tra i due segmenti esiste in qualche modo un filo invisibile. A dimostrarlo è una nuova ricerca brasiliana che ha trasformato componenti di vecchie batterie al litio in nuove risorse per la produzione di biodiesel.
Il lavoro porta la firma del dipartimento di Ingegneria ambientale dell’Università Federale dell’Espírito Santo. Qui, il ricercatore Gilberto Maia de Brito con un gruppo di colleghi, ha dimostrato un nuovo approccio chimico per la sintesi del carburante dagli oli di cottura esausti. “Il biodiesel ecologico è un combustibile alternativo prodotto attraverso una metodologia sostenibile che utilizza fonti rinnovabili come materia prima”, spiega il team nel paper pubblicato sul Journal of Renewable and Sustainable Energy (testo in inglese). “In questo lavoro, i biofuel sono stati prodotti utilizzando una fonte innovativa di catalizzatori, una miscela di idrossidi metallici: litio-sodio (LiOH + NaOH) o litio-potassio (LiOH + KOH)”. Entrambi questi elementi arrivano dalle vecchie batterie al litio riciclate.
Gli scienziati hanno raccolto campioni di oli esausti provenienti da catene di fast food e abitazioni per utilizzarli come materia prima grezza oleosa, senza alcun pre-trattamento. Quindi hanno processato questi rifiuti tramite transesterificazione, tecnica che può produrre carburante in pochi minuti e a temperatura ambiente. La reazione è stata accelerata dai catalizzatori a idrossidi metallici, ottenuti dal riciclo batterie. “I risultati raggiunti in questo lavoro consentiranno di espandere l’uso di nuovi tipi di catalizzatori metallici ad un livello superiore, nella produzione di biodiesel“, ha affermato Maia de Brito. “Prima, in pratica, questi erano limitati all’idrossido di sodio e all’idrossido di potassio”.
Quando aiutata dagli idrossidi metallici, la reazione di transesterificazione divide l’olio da cucina in uno strato di biodiesel e in uno di glicerolo, che può essere a sua volta destinato a diversi impieghi industriali.
Con le giuste proporzioni di catalizzatori, il gruppo è stato in grado di produrre biodiesel con una resa media del 90% e un ottimo grado di purezza. “Siamo rimasti sorpresi dai risultati”, ha affermato Maia de Brito. “Anche la rapida separazione di fase e le principali proprietà chimiche e fisiche di questo biodiesel risultano sorprendenti”.
fonte: www.rinnovabili.it
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Quando si parla di mobilità sostenibile, elettricità e biocarburanti si schierano praticamente agli opposti nella gamma di opzioni d’alimentazione. Eppure tra i due segmenti esiste in qualche modo un filo invisibile. A dimostrarlo è una nuova ricerca brasiliana che ha trasformato componenti di vecchie batterie al litio in nuove risorse per la produzione di biodiesel.
Il lavoro porta la firma del dipartimento di Ingegneria ambientale dell’Università Federale dell’Espírito Santo. Qui, il ricercatore Gilberto Maia de Brito con un gruppo di colleghi, ha dimostrato un nuovo approccio chimico per la sintesi del carburante dagli oli di cottura esausti. “Il biodiesel ecologico è un combustibile alternativo prodotto attraverso una metodologia sostenibile che utilizza fonti rinnovabili come materia prima”, spiega il team nel paper pubblicato sul Journal of Renewable and Sustainable Energy (testo in inglese). “In questo lavoro, i biofuel sono stati prodotti utilizzando una fonte innovativa di catalizzatori, una miscela di idrossidi metallici: litio-sodio (LiOH + NaOH) o litio-potassio (LiOH + KOH)”. Entrambi questi elementi arrivano dalle vecchie batterie al litio riciclate.
Gli scienziati hanno raccolto campioni di oli esausti provenienti da catene di fast food e abitazioni per utilizzarli come materia prima grezza oleosa, senza alcun pre-trattamento. Quindi hanno processato questi rifiuti tramite transesterificazione, tecnica che può produrre carburante in pochi minuti e a temperatura ambiente. La reazione è stata accelerata dai catalizzatori a idrossidi metallici, ottenuti dal riciclo batterie. “I risultati raggiunti in questo lavoro consentiranno di espandere l’uso di nuovi tipi di catalizzatori metallici ad un livello superiore, nella produzione di biodiesel“, ha affermato Maia de Brito. “Prima, in pratica, questi erano limitati all’idrossido di sodio e all’idrossido di potassio”.
Quando aiutata dagli idrossidi metallici, la reazione di transesterificazione divide l’olio da cucina in uno strato di biodiesel e in uno di glicerolo, che può essere a sua volta destinato a diversi impieghi industriali.
Con le giuste proporzioni di catalizzatori, il gruppo è stato in grado di produrre biodiesel con una resa media del 90% e un ottimo grado di purezza. “Siamo rimasti sorpresi dai risultati”, ha affermato Maia de Brito. “Anche la rapida separazione di fase e le principali proprietà chimiche e fisiche di questo biodiesel risultano sorprendenti”.
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Tesla Club Italy Revolution: a Bologna con COBAT sulla filiera delle batterie al litio
In occasione dell’evento organizzato dedicato (non soltanto) alla mobilità elettrica, Tuttogreen ha intervistato Luigi De Rocchi, responsabile Divisione studi e ricerche del consorzio per la raccolta e il riciclo di prodotti tecnologici Cobat
Anche per quest’anno La Stampa Tuttogreen sarà media partner di Tesla Club Italy Revolution, evento tra i più importanti dedicati in Italia non solo alla mobilità elettrica, ma alla tecnologia ed all’innovazione in generale. La conferenza, giunta alla sua quarta edizione, si terrà quest’anno presso FICO Eataly World a Bologna, il parco agroalimentare più grande del mondo, scelto per due motivi in particolare: la sua posizione facilmente raggiungibile da tutta Italia e il suo naturale orientamento verso l’eMobility – al suo esterno sono già presenti diverse colonnine per la ricarica di veicoli elettrici.
Oltre ai partecipanti, il cui numero anche quest’anno è limitato a 400 per non sacrificare, spiegano gli organizzatori, “la qualità degli interventi al numero di biglietti venduti”, è prevista quella di autorevoli esperti del settore, sia automotive che non, moderati dalla nota giornalista televisiva Maria Leitner. Obiettivo: approfondire le molte tematiche legate a mobilità elettrica, innovazione energetica ed affini, di cui Tesla è sicuramente pioniere. Fra i relatori ci sarà anche Luigi De Rocchi, responsabile Divisione studi e ricerche del consorzio per la raccolta e il riciclo di prodotti tecnologici Cobat, che parlerà di un tema particolarmente caldo: quello degli scenari futuri della filiera delle batterie al litio. In attesa di sentirlo il 19 ottobre a Bologna, lo abbiamo intervistato in esclusiva per i lettori de La Stampa Tuttogreen.
Dottor De Rocchi, che cosa dice la direttiva europea sulle filiere delle batterie?
La direttiva attuale è del 2006. Ha avuto un lungo periodo di gestazione, ma ormai è completamente obsoleta per andare a regolamentare la filiera di gestione del fine vita di batterie che, all’epoca, neanche esistevano. Per fare un esempio, nei target di riciclo e nelle performance da raggiungere il litio non era neanche nominato. Ciò che ci si attende dalla nuova direttiva è che regolamenti la progettazione e la fabbricazione delle batterie in litio, con specifici standard di sicurezza che agevolino anche il “second life”, quindi il loro riutilizzo.
Ad oggi mancano infatti specifici standard per il loro trattamento e recupero, e manca anche una regolamentazione – cosa un po’ complessa ma importante – per il trasferimento della responsabilità del produttore, ossia di chi immette una batteria sul mercato e che, di conseguenza, ha anche la responsabilità di gestirne il fine vita nel momento in cui si parla appunto di “second life”. Questo perché il secondo operatore che, utilizzando batterie esauste, costruisce nuovi pacchi, attualmente non si configura all’interno della norma.
Nel momento in cui devesse nascere un vero e proprio mercato del riutilizzo, quindi, non si saprebbe come andare a regolamentare la responsabilità di questo nuovo produttore. Sempre per quanto riguarda le batterie al litio, inoltre, mancano specifici elementi di standardizzazione per la gestione in sicurezza delle stesse. Queste sono in breve le cose più importanti su cui si sta aspettando una normativa. Ma si può dire che almeno il legislatore in Europa ha colto l’importanza e l’urgenza di tutto ciò.
Che cos’è la European Battery Alliance?
È un’iniziativa inaugurata alla fine del 2017 dal vice-presidente della Commissione europea e Commissario per l’unione energetica Šefčovič per la costituzione di una nuova value chain europea per la realizzazione di celle e pacchi batteria in Europa. Questo per due motivi fondamentali: il primo, ridimensionare un po’ la dipendenza dal mercato asiatico di celle per il settore automotive che, invece, ha un baricentro fortemente europeo; il secondo è che in Europa un modo per approvvigionarsi di litio e cobalto, materie prime indispensabili per la produzione di pacchi e celle ma distribuiti perlopiù in altre parti del mondo, è proprio il riciclo. Insomma la European Battery Alliance (EBA) punta a facilitare la costruzione di fabbriche di batterie in Europa, spingendo allo stesso tempo sul recupero dei materiali che le compongono.
L’Italia potrà avere un ruolo di rilievo in tutto ciò?
L’Italia, con il programma di FCA, ha in effetti la possibilità di giocare un ruolo importante in Europa, soprattutto con l’immissione sul mercato della 500 elettrica. Noi siamo molto in contatto con FCA, che è un socio di Cobat ed ultimamente ci ha chiesto di collaborare per coordinare un servizio di “take-back” delle batterie dall’Europa.
Quello che sta avvenendo, in realtà non solo nel campo delle batterie, è che sebbene l’Europa sia considerata nel mondo come un mercato unico al pari di Nord America, Sud America, Asia ecc., ha una caratteristica peculiare: il recepimento dei vari regolamenti e direttive segue anche un po’ delle tradizioni locali. Questo significa che quando una multinazionale deve avere la compliance, ossia l’adeguamento a determinate regole e norme, trova parecchie difficoltà a garantirla nell’Europa a 28. Si sta dunque cercando qualcuno che centralizzi questa interlocuzione sull’Europa, per poi garantire a cascata il rispetto di norme e regole nei vari Paesi.
Da questa esigenza sta nascendo un progetto, ancora in itinere, che è dato dalla volontà dei maggiori sistemi di raccolta delle batterie di Italia, Germania, Francia, Spagna, Olanda, Norvegia, Lussemburgo e altri di creare una piattaforma condivisa affinché aziende come ad esempio Daimler, invece di impazzire per contattare le singole realtà locali, abbia appunto un unico interlocutore che possa avvalersi dei singoli sistemi nazionali e garantire il servizio nei singoli Paesi. Una soluzione non solo per il mercato dell’automotive, ma anche quello delle due ruote, che si sta velocemente elettrificando. O ancora quello dei veicoli elettrici “light”, dai monopattini alle biciclette elettriche.
Che fine fanno oggi come oggi le batterie che vengono buttate? Ed esiste già una filiera italiana del riciclo?
Le batterie non vengono buttate via, ma raccolte. E questo riguarda tutte le batterie, non solo quelle destinate all’automotive. Quelle per uso domestico vengono raccolte dai classici circuiti di raccolta differenziata urbana, mentre quelle industriali o per veicoli elettrici vengono raccolte attraverso canali professionali, come quelli di officine, dealer ed autodemolitori. Anche questi ultimi sono infatti tenuti a separare determinate componenti – come appunto la batteria, anche in caso di auto con motore endotermico – prima della demolizione di un veicolo.
Queste batterie vengono poi ritirate e stoccate da soggetti come ad esempio Cobat e consegnate agli impianti di trattamento. Attualmente di impianti di questo tipo in Italia non ce ne sono – sono tutti all’estero, prevalentemente in Germania. Ma attraverso Cobat anche il nostro Paese sta cercando di giocare una partita importante. È vero che noi, nel panorama europeo, difficilmente riusciremo a competere nella realizzazione di celle e moduli, anche perché non abbiamo partner industriali interessati in questo senso. Ma l’Italia è tutto sommato un Paese che sa difendere una sua legittimità a livello europeo nel campo del riciclo, un tema che ci è sempre appartenuto.
Cobat sta puntando fortemente sul tema del riciclo delle batterie al lito: abbiamo un brevetto sul recupero di queste batterie, e abbiamo anche dei partner industriali con cui avviare un progetto pilota. Insomma, se non potremo giocare un ruolo di primo piano nella produzione di batterie, di sicuro potremo farlo con tecnologie innovative legate appunto al loro riciclo. Nell’Unione europea, l’Italia potrebbe così non solo riciclare le sue batterie esauste, ma diventare uno dei poli europei maggiormente dedicati al riciclo.
Per ascoltare dal vivo al Tesla Club Italy Revolution 2019 Luigi De Rocchi e i molti altri esperti che interverranno a Bologna il prossimo 19 ottobre è possibile acquistare i biglietti direttamente sul sito dedicato alla conferenza.
Andrea Bertaglio
fonte: www.lastampa.it
Auto elettriche: dal riciclo delle batterie 70 mila posti di lavoro
In Italia manca una filiera per il riciclo delle batterie delle auto elettriche: un settore che potrebbe produrre migliaia di posti di lavoro.
Le batterie delle auto elettriche, una volta arrivate al loro termine utile di vita, non possono essere “buttate via” in quanto devono essere trattate in maniera adeguata. Queste batterie, per come sono costruite, sono molto infiammabili e quindi devono essere gestite con attenzione e con procedure ad hoc. In Italia manca però una filiera nazionale di aziende che si occupino di riciclo e dismissione delle batterie delle auto elettriche.
Una lacuna importante visto che si stima che questo settore potrebbe creare solamente in Italia ben 70 mila posti di lavoro. Una mancanza dovuta essenzialmente alla politica. La conseguenza più diretta è non solo la perdita di un importante business in termini di posti di lavoro e di ritorno economico, ma anche un maggiore rischio per l’ambiente.
Di questo tema se ne è parlato ieri durante il primo dei tre incontri organizzati dal Consorzio Nazionale Raccolta e Riciclo (Cobat) in vista di e_mob, il Festival dell’eMobility in calendario a Palazzo Lombardia di Milano dal 26 al 28 settembre 2019. Camillo Piazza, presidente di Class onlus, l’associazione di coordinamento di e_Mob, intervenendo al primo seminario organizzato a Palazzo Pirelli intitolato “La sfida italiana alla creazione di una filiera nazionale per il riutilizzo delle batterie di trazione delle auto elettriche”, ha spiegato che:
Piazza ha poi spiegato che il contributo governativo a questo settore lo scorso anno è stato di 60 milioni che però non sono stati spesi tutti in quanto i venditori stranieri come Nissan e Renault hanno preferito portare le auto elettriche all’estero visto che in Italia non c’è un mercato maturo. Per Piazza, dunque, il problema è prettamente politico:Oggi in Italia ancora non esiste un impianto per il trattamento delle batterie al litio, sebbene sia previsto dalla legislazione comunitaria. Le batterie che ad esempio raccoglie Cobat sono inviate a impianti esteri, primariamente in Europa, soprattutto in Germania, dove esistono delle tecnologie che sono in grado di garantire il riciclo di queste batterie o un loro corretto fine vita.
Non è una questione di costi, è un problema di scelta industriale da parte della politica.
Da qui parte quindi l’impegno di e_Mob per poter disporre di una filiera nazionale per il riciclo e lo smaltimento delle batterie delle auto elettriche. Nonostante le lacune evidenziate sono in cantiere alcuni progetti di diverse realtà nazionali accomunati dalla finalità di rendere la filiera più economica e compatibile sul piano ambientale. Obiettivo quello di permettere all’Italia di diventare la guida in Europa in questo campo creando decine di migliaia di posti di lavoro.
Per raggiungere questo obiettivo è anche necessario riqualificare la forza di lavoro. Per esempio Piazza ha evidenziato come FCA abbia chiesto di formare i suoi dipendenti. Contestualmente il presidente di Class onlus ha anche espresso soddisfazione per l’adesione a e_Mob 2019 della casa automobilistica FCA, la cui strategia di elettrificazione comprenderà importanti investimenti in Italia. Un importante segnale, ma per arrivare pronti è necessario formare i dipendenti.
Sempre sul tema del riciclo e smaltimento delle batterie delle auto, Luigi De Rocchi, responsabile della divisione ricerca del consorzio, che collabora con Cnr e Università, spiega che Cobat ha sviluppato una tecnologia innovativa per il riciclo delle batterie al litio, attualmente in fase di ottenimento di brevetto.
Nello specifico questa tecnologia permette di trattare la parte chimica della batteria al litio, consentendo di riottenere i metalli all’interno contenuti come il cobalto e lo stesso litio, nickel, manganese, rame e alluminio. Trattasi di un processo molto importante in quanto consente di riottenere metalli che possono essere utilizzati per fabbricare nuove batterie.
Nel convegno si è parlato anche di sicurezza visto che le batterie sono altamente infiammabili come la benzina, ma presentano una particolarità. Le batterie, anche a ore dallo spegnimento di un eventuale incendio, possono riprendere fuoco. Questo significa che i trattamenti standard non sono più validi. Su questo tema Massimo Nazareno Bonfatti, dirigente del nucleo investigativo anti incendio dei Vigili del fuoco, ha citato risultati sia sull’intervento sia per la neutralizzazione degli effetti come risultato di vari anni di studi.
fonte: www.greenstyle.it
Riciclo batterie al litio, e se la strada giusta fosse la rigenerazione?
Migliorato il processo di rigenerazione dei catodi degradati nelle unità agli ioni di litio esauste. Recuperata la capacità originale
Novità sul fronte del riciclo batterie al litio. Un gruppo di ricercatori dell’Università della California, a San Diego, ha migliorato un processo in grado di “resuscitare” le unità esauste. Il gruppo, guidato dal professore di nanoingegneria Zheng Chen sta lavorando da tempo sulla rigenerazione dei catodi degradati (evitando dunque di dover smantellare completamente le batterie per ri-ottenere le singole materie prime). In una batteria agli ioni di litio a fine vita, infatti, il materiale catodico perde parte del suo litio e la sua struttura cristallina cambia in maniera tale da rendere impossibile lo spostamento degli ioni.
“A causa della rapida crescita dei mercati dei veicoli elettrici, si stima che la capacità produttiva mondiale delle batterie agli ioni di litio possa raggiungere centinaia di gigawattora l’anno nei prossimi cinque anni”,spiega Chen. “Questo lavoro presenta una soluzione per recuperare il valore delle batterie al litio a fine vita”.
Il team di Chen ha precedentemente sviluppato un approccio di “riciclo diretto” per ripristinare le strutture atomiche degli elettrodi ai loro stati originali. Tuttavia, tale processo implica la pressurizzazione di una soluzione calda di sale di litio a circa 10 atmosfere, che fa aumentare i costi e richiede diverse precauzioni di sicurezza e attrezzature speciali.
L’obiettivo successivo è stato dunque rendere il tutto “più delicato” per ottenere lo stesso risultato anche a pressione ambiente (1 atmosfera). Il trucco consiste nell’usare una miscela eutettica di sali di litio, che si scioglie a temperature molto inferiori a quelle dei suoi componenti. Questa combinazione produce un liquido privo di solventi che i ricercatori possono utilizzare per dissolvere i materiali catodici degradati e ripristinare gli ioni di litio senza aggiungere ulteriore pressione nei reattori.
“Abbiamo realizzato nuovi catodi dalle particelle rigenerate e li abbiamo testati in batterie costruite in laboratorio: hanno mostrato la stessa capacità e le stesse prestazioni degli originali”, ha affermato Yang Shi, il primo autore dell’articolo pubblicato su Advanced Energy Materials. Un deciso passo avanti per il settore del riciclo batterie al litio, che – spiegano gli scienziati – sarà solo il primo di tanti. “L‘obiettivo è quello di rendere questo un processo di riciclaggio universale per tutti i materiali catodici“, ha aggiunto Chen. Il team sta inoltre lavorando a un processo per risanare anche anodi degradati.
fonte: www.rinnovabili.it
Miniere urbane: on line la prima mappa europea
Una mappa delle miniere urbane di tutta Europa, per tracciare le 18 milioni di tonnellate di computer, batterie, frigoriferi, rottami di veicoli e altri rifiuti elettrici ed elettronici che contengono materiali del valore di miliardi di dollari.
E’ realtà la prima Urban Mine Platform (Ump) ad accesso libero a livello europeo: un portale web basato su un database centralizzato e aggiornato che fornisce tutti i dati e le informazioni disponibili su giacimenti, scorte, flussi e trattamento di rifiuti elettrici ed elettronici, veicoli fuori uso, batterie a fine vita e rifiuti minerari, per tutti i 28 Stati membri dell’Ue, più Svizzera e Norvegia.
La piattaforma (www.urbanmineplatform.eu) è il risultato del progetto Prosum, avviato nel 2015 e terminato a dicembre 2017, cui Remedia ha preso parte ricoprendo il ruolo di membro Ltp di Weee Forum, l’associazione no-profit che dal 2002 riunisce 34 sistemi collettivi Raee in Europa e nel mondo. Il portale fornisce dati su tutto il ciclo di vita delle principali materie prime critiche, (dalle terre rare ai metalli preziosi) provenienti sia da attività minerarie, sia da attività di riciclo.
“L’Unione Europea affronta una sfida importante per il futuro della sua industria, che passa anche dalla possibilità di approvvigionarsi in modo competitivo di materie prime essenziali per le proprie produzioni strategiche, assicurando così sviluppo e occupazione – dichiara Danilo Bonato, direttore generale di Consorzio Remedia – In questo scenario, siamo lieti di aver contribuito alla realizzazione di una piattaforma integrata per rendere fruibili a tutti gli interlocutori di riferimento dati aggiornati e completi sulla disponibilità delle principali materie prime critiche, provenienti sia dalle attività minerarie sia dai processi di riciclo dei nostri rifiuti, nel promettente contesto dell’economia circolare”.
L’intero progetto ProSum è finanziato dalla Comunità Europea all’interno del programma Horizon 2020, uno dei programmi più rilevanti di ricerca e innovazione a livello europeo con quasi 80 miliardi di euro di finanziamenti disponibili in 7 anni (dal 2014 al 2020).
Alcuni dati di contesto. Ogni anno in Europa vengono generati circa 9 milioni di tonnellate di Raee, rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche oltre a 7-8 milioni di tonnellate di veicoli fuori uso e vengono vendute più di 1 milione di tonnellate di batterie. Questi prodotti contengono una significativa quantità di materie prime critiche che possono essere recuperate, dai metalli preziosi alle terre rare. Ad esempio, il 99% del consumo mondiale di gallio è nei circuiti integrati e nei dispositivi optoelettronici, il 74% di indio si trova negli schermi piatti e il 27% di cobalto è contenuto nelle batterie ricaricabili. Attualmente l’Unione Europea importa la maggior parte di queste materie prime.
fonte: http://esper.it
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Riutilizzo batterie usate del car sharing: nasce il Consorzio NEMo
Nuova vita per le batterie usate delle auto elettriche del car sharing. Questo l’obiettivo del neocostituito Consorzio N.E.Mo. (Nuova Energia Mobile), alla cui creazione hanno partecipato Sharengo, Green Energy Storage e Materials Mates Italia. L’intesa sottoscritta dalle tre realtà darà vita a un centro di eccellenza per la ricerca applicata con riferimento specifico all’integrazione tra il settore energia e quello legato alla mobilità elettrica e sostenibile.
Sfruttando il riutilizzo delle batterie il Consorzio punta a sviluppare “prodotti e servizi nel settore della mobilità elettrica, della fornitura di servizi di accumulo e bilanciamento della rete di distribuzione elettrica”. La sede di N.E.Mo. sarà presso l’interporto di Livorno, mentre per quanto riguarda la forma è stato scelto il consorzio tra imprese o di Associazione temporanea di impresa.
Ciascuna delle tre società partecipanti porterà in N.E.Mo. le proprie competenze specifiche nella ricerca e sviluppo di sistemi di accumulo e dei relativi software di gestione, attivandosi per dare una seconda vita alle batterie dismesse dalle auto elettriche impegnate nella flotta di Sharengo.
L’obiettivo finale è quello di sviluppare prodotti e servizi specifici per una completa integrazione tra auto elettriche, sistemi di ricarica e rete di distribuzione con sistemi V2G (Vehicle to Grid). Le società metteranno a disposizione le proprie strutture di ricerca situate a Livorno, Genova, Trento e Milano. Sarà possibile, per eventuali altri aspiranti partner, aderire all’iniziativa apportando competenze e risorse necessarie a un ulteriore sviluppo del progetto.
fonte: http://www.greenstyle.it
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Ecco come la Cina vuole riciclare le batterie esauste della auto elettriche
Tra le 120.000 e le 200.000 tonnellate di batterie da smaltire. Nel 2035 saranno 350.000 tonnellate
Il governo cinese ha pubblicato le linee guida per il riciclaggio delle batterie dei veicoli e “energie nuove”.
Nel 2017, in Cina il mercato dei veicoli elettrici e a carburanti alternativi ha visto una crescita rapida e il governo continua a sostenere fortemente i trasporti verdi, il che rende sempre più importante e attuale il riciclo delle batterie.
Nel 207 in Cina sono state venduti 777.000 veicoli a energie nuove, ben il 53,3% in più rispetto al 2016 ed entro il 2020 le vendite totali dei veicoli elettrici o a energie alternative potrebbero arrivare a 5 milioni. Si tratta di veicoli che in gran parte utilizzano batterie al litio, che presentano meno rischi per l’ambiente di quelle al piombo-acido,
Secondo il centro di ricerca sulle tecnologie automobilistiche della Cina, tra il 2018 e il 2020 il Paese potrebbe trovarsi a dover gestire tra le 120.000 e le 200.000 tonnellate di batterie esauste, che nel 2035 arriveranno a 350.000 tonnellate.
Nel 2016, il Consiglio degli Affari di Stato (il governo centrale di Pechino) aveva ordinato che i costruttori di auto a energie nuove fossero ritenuti responsabili della costruzione di una rete di riciclo delle batterie esauste e che dovessero utilizzare la rete dei servizi post-vendita per riciclare le batterie.
Secondo un documento congiunto pubblicato dal ministero dell’industria e delle tecnologie dell’informazione e di altri 6 dipartimenti governativi, «La Cina incoraggia le ricerche sul riciclo delle batterie dei veicoli a energie nuove e sostiene la cooperazione tra gli istituti di ricerca e le entità industriali. I fabbricanti di batterie dei veicoli ad energie nuove devono fornire delle informazioni tecniche sullo smantellamento e il riciclo dei loro prodotti, così come delle formazioni necessarie ai costruttori di automobili, mentre quest’ultimi sono incoraggiati a costruire delle reti di manutenzione per servire meglio i proprietari di veicoli a energie nuove».
Il governo cinese incoraggia la cooperazione tea i produttori di batterie e le case automobilistiche «Per mettere in campo dei canali di riciclaggio delle batterie», Mentre i produttori di auto dovranno realizzare dei siti di riciclo. Inoltre, la nuova politica «incoraggia il capitali sociali a istituire dei fondi industriali per esplorare degli scambi basati sul mercato».
fonte: www.greenreport.it
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