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Controllo delle sostanze pericolose nelle acque

Avviata la collaborazione tra Arpa FVG e Arpa Umbria













Il Laboratorio di Arpa FVG ha cominciato l’attività analitica sui campioni di acque superficiali e sotterranee, campionati da Arpa Umbria nell’ambito del proprio piano di monitoraggio ambientale.

Le analisi verranno effettuate con cadenza mensile, secondo quanto previsto dallo specifico piano di campionamento di Arpa Umbria, e saranno eseguite a partire dal mese di maggio del 2021 fino ad aprile del 2022, in base a quanto stabilito dall’apposita convenzione stipulata tra le due Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente.

L’attività viene eseguita ai sensi della Direttiva 2000/60/CE, come recepita dai Decreti legislativi 152/2006 e 172/2015, e riguarda più specificatamente il monitoraggio dei Difenileteri bromurati, del Di(2-etilesil)ftalato (DEHP), dei composti del Tributilstagno e dell’Esabromociclododecano (HBCDD).

Il controllo di questi inquinanti emergenti richiede elevate prestazioni analitiche, anche perché la legislazione impone limiti di concentrazione molto bassi.

Per quanto riguarda il Tributilstagno, per esempio, lo Standard di Qualità Ambientale (SQA) è di 0,0002 µg/L, cioè la sua concentrazione non può superare due decimi di miliardesimo di grammo per litro di acqua.

Il metodo analitico utilizzato dal Laboratorio di Arpa FVG per la determinazione di questo inquinante emergente è accreditato ai sensi della norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025, e garantisce un limite di quantificazione dieci volte inferiore al SQA.

La convenzione tra Arpa FVG e Arpa Umbria è stata effettuata nello spirito dell’articolo 10 della legge 132/2016, istituente la rete nazionale di laboratori accreditati nell’ambito del SNPA (Sistema Nazionale per la protezione dell’Ambiente), creata anche allo scopo di assicurare economie nelle attività di laboratorio che presentano elevata complessità e specializzazione.

Con l’avvio di questa attività il Laboratorio di Arpa FVG conferma la propria disponibilità a mettere a disposizione delle strutture afferenti al SNPA la sua capacità analitica, dimostrando ancora una volta la sua eccellenza, in particolare nell’ambito del monitoraggio degli inquinanti emergenti, avendo accumulato nel corso degli anni una notevole esperienza in questo settore.

fonte: www.snpambiente.it


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Ambiente e salute nei siti contaminati

Webinar di presentazione del nuovo libro sulle conoscenze in materia di bonifica di siti inquinati.











Martedì 13 aprile 2021, alle ore 14.00, con la partecipazione di autorità e ricercatori, è tenuta la presentazione online del libro “Ambiente e Salute nei siti contaminati. Dalla ricerca scien­tifica alle decisioni”, a cura di Mario Sprovieri, Liliana Cori, Fabrizio Bianchi, Fabio Cibella, Andrea De Gaetano. ETS Edizioni, pagine 508, euro 28 (http://edizioniets.com).

La gestione delle aree altamente inquinate fa parte delle sfide per l’immediato futuro, e comprende una conoscenza profonda della storia del territorio e delle persone che ci vivono, nuove tecnologie di monitoraggio e bonifica, strategie di lungo termine assieme ad azioni rapide e incisive per mitigare i rischi esistenti.

Per i ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche, che hanno iniziato nel 2016 il progetto CISAS, Centro Internazionale di Studi avanzati su Ambiente, ecosistema e Salute umana, finanziato dal MIUR, la sfida è stata quella di monitorare, sperimentare, approfondire e proporre soluzioni coinvolgendo gli attori competenti su ambiente e salute assieme ad amministratori e Istituzioni locali, associazioni e scuole.

L’esperienza ha riguardato tre territori che includono aree a terra e aree marine, i tre SIN (Siti di bonifica di interesse nazionale) di Priolo, Crotone e Milazzo, dove le pressioni ambientali sono state rilevanti nel corso della storia e hanno prospettive differenti in termini di produzione e utilizzo del territorio.

Sono coinvolti nel progetto CISAS 9 Istituti del CNR – IAS, IFC, IRIB, IASI, IBF, IGM, IIA, ISAC, ISMAR – coordi­nati dal Dipartimento Scienze del Sistema Terra e Tecnologie per l’Ambiente, in collaborazione con le Agen­zie Regionali per l’Ambiente di Sicilia e Calabria, ISPRA e Istitu­to Superiore di Sanità, ENEA, Aziende Sanitarie Loca­li, Università di Palermo, Messina, Catania, Enna, Roma e Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

Mentre il progetto sta per concludersi viene pubblicato il libro Ambiente e Salute nei siti contaminati. Dalla ricerca scien­tifica alle decisioni, che fa il punto sulle conoscenze consolidate e su quelle che sono mature per contribuire alle attività di bonifica e di limitazione dei danni all’ecosistema e alle persone.
Si parte da una panoramica sui siti inquinati europei e italiani, focalizzandosi poi sulle criticità specifiche delle zone marino-costiere, così rilevanti per l’Italia.

Gli studi sull’ambiente e la salute sono stati effettuati mantenendo l’attenzione alla loro relazione, ragionando sugli ambienti come ecosistemi che includono le persone e le coinvolgono direttamente, avvalendosi delle scienze sperimentali e della biomatematica.

Si sono intrecciati gli sguardi sull’inquinamento del mare, dalla qualità delle acque lungo la colonna che porta dalla superficie ai fondali, ai sedimenti, al fitoplancton, ai pesci, ai mercati dove i cittadini fanno la spesa, includendo tecniche innovative per capire il comportamento degli inquinanti nel tempo e la presenza di sostanze “emergenti”, non ancora conosciute, e di rischi cumulativi.

Il monitoraggio dell’inquinamento dell’aria e i modelli meteorologici e di trasporto degli inquinanti sono stati utilizzati per creare mappe di ricaduta e scenari previsio­nali, fondamentali anche per gli studi di epidemiologia ambientale. Si sono studiate le emissioni di sostanze odorigene con il contributo dei cittadini (che fanno segnalazioni con APP) e anche gli effetti della contaminazione dell’aria sull’epitelio polmonare.

Gli studi ecotossicologici e molecolari hanno utilizzato campioni prelevati negli ambienti naturali inquinati per osservarne da vicino l’evoluzione con modelli sperimentali, con un’attenzione specifica alle modificazioni del sistema endocrino e di quello immunitario.

Gli studiosi di epidemiologia hanno realizzato uno studio di coorte, coinvolgendo più di 800 coppie madre-bambino nelle tre aree, che continuerà negli anni prossimi durante la crescita dei piccoli nel tempo. Vengono proposti indicatori specifici per ciascun sito inquinato, per seguire l’evoluzione nel tempo dell’esposizione ai principali inquinanti e comprenderne gli effetti sulla salute delle comunità attraverso l’osservazione sistematica dell’andamento di specifiche condizioni patologiche. Per seguire in modo sempre più raffinato il destino degli inquinanti dall’ambiente al corpo umano è stato messo a punto un prototipo di micro capsula per l’esplorazione del microbioma intestinale.

Dentro e attorno agli studi una molteplicità di eventi di presentazione, concorsi per le scuole, corsi di formazione, congressi scientifici, più di recente teleconferenze e incontri webinar per riportare i risultati agli interessati, in una prospettiva di crescita delle conoscenze scientifiche della comunità e degli amministratori, di aumento delle occasioni di confronto tra ricercatori, di sviluppo delle azioni in collaborazione e delle sedi di confronto sul futuro.

Come scrive nella prefazione del libro Alessandro Bratti, Direttore di ISPRA “Ci si trova di fronte, quindi, ad ampi territori sostanzialmente “congelati”, che non possono esprimere le loro potenzialità economiche, urbanistiche, agricole, commerciali, in quanto condizionati dalla presenza del sito di interesse nazionale. In questo contesto non certo entusiasmante questo lavoro che raccoglie il contributo di numerosi ricercatori, specialisti nel loro settore, offre non solo una panoramica completa della complessità del problema trattando tutti i vari aspetti (giuridici, ambientali, sanitari ed economici) ma inquadra le possibili soluzioni all’interno di nuovi percorsi quali l’Economia circolare e la Bio-economia. … Grazie a questo lavoro si mettono le basi per cercare di affrontare e risolvere in via definitiva un’eredità pesante del passato che ha contribuito a creare ricchezza ma ad un prezzo elevato in termini di ambiente e salute. Oggi le conoscenze e le tecnologie ci aprono la possibilità di saldare i conti e di procedere verso uno sviluppo veramente sostenibile.”

fonte: www.snpambiente.it
 


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Monitoraggio della qualità dell’aria e dell’inquinamento odorigeno nel Lazio





L’ARPA Lazio ha eseguito, a partire dal 4 giugno 2020 e fino al 28 luglio, un monitoraggio nel comune di Colonna (Roma) con un laboratorio mobile. La campagna di misura segue quella realizzata tra febbraio e marzo dello stesso anno e ha previsto, oltre alla verifica degli inquinanti previsti dal D.lgs. n.155/2010, un monitoraggio sperimentale dell’inquinamento odorigeno.

L’assenza di un quadro normativo con riferimenti specifici ed adeguati alla complessità della problematica dell’impatto olfattivo, comporta l’insorgere di molteplici difficoltà nel valutare compiutamente l’impatto dei fenomeni osmogeni, in termini sia qualitativi che quantitativi.

L’odore è una risposta soggettiva ad una stimolazione delle cellule olfattive, presenti nella sede del naso, da parte di molecole gassose. La misura univoca ed esaustiva degli odori, in particolare per miscele complesse e con più componenti, è un problema in buona parte ancora irrisolto, anche perché la sensibilità umana nella percezione degli odori spesso si dimostra superiore ai limiti di rilevabilità delle tecniche analitiche tradizionali. Per tale motivo, non è identificabile un metodo completamente efficace per la misura degli odori ma è spesso necessario ricorrere ad un insieme di indagini e di tecniche, tra loro complementari, per riuscire ad ottenere il maggior numero di informazioni possibili.

L’ARPA Lazio ha quindi avviato una serie di attività finalizzate a sperimentare la definizione di un protocollo di misura che, mediante l’utilizzo di analizzatori “in continuo” di inquinanti gassosi, provi ad evidenziare la presenza di fenomeni di inquinamento odorigeno. Il protocollo è tuttora in fase di verifica, sia attraverso l’esecuzione di campagne di misura che avvalendosi di confronti con le altre Agenzie del Sistema nazionale di protezione dell’ambiente.

Nel caso di Colonna, l’ARPA Lazio ha posizionato un mezzo mobile in un’area adiacente al Palazzetto Don Vincenzo Palamara in Via Bruno Buozzi. Questo sito di misura è stato scelto in accordo con il Comune di Colonna sulla base degli esposti relativi alla presenza di cattivo odore. Per valutare l’effetto odorigeno delle sostanze non singolarmente, ma tenendo conto della loro coesistenza in miscela, è stata stimata con un metodo sperimentale e per ogni ora valida della campagna, l’intensità di odore della miscela, il cui valore è raffrontabile con una scala a 5 valori che va da odore inesistente a odore intollerabile.

Dalle risultanze dello studio sperimentale si registrano, nel periodo di misura (1288 ore), un 33% di eventi con intensità di odore da discernibile a forte (424 ore durante le quali la molestia si è verificata con una certa probabilità) e un 2% con intensità di odore da forte a molto forte (28 ore durante le quali la molestia si è verificata con una certa probabilità). Le intensità di odore sono state calcolate utilizzando il concetto di intensità di picco, pertanto il valore assegnato a ogni singola ora non sta a significare che la percezione della molestia sia stata rilevata durante tutta l’ora ma che durante la stessa la molestia si sia verificata con una certa probabilità.

Esiste una parziale sovrapposizione (pari a circa il 18%) delle ore nelle quali sono state registrate intensità di odore da discernibile a molto forte, con le ore durante le quali la popolazione residente ha rilevato la presenza di odore e lo ha segnalato attraverso alcuni questionari pervenuti all’ARPA Lazio attraverso un comitato dei cittadini.



La direzione dei venti, durante le ore in cui l’intensità di odore è significativa, risulta prevalentemente dai quadranti SUD-EST e SUD-OVEST che sono coerenti con la posizione di due sorgenti conosciute di emissioni in atmosfera presenti nella zona: l’area industriale e il traffico dell’infrastruttura stradale. Report Campagna Monitoraggio Mezzo Mobile

fonte: www.snpambiente.it

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I venti possono portar lontano l’inquinamento da PFAS

Una nuova ricerca ha studiato l’inquinamento da PFAS, scoprendo che viene trasportato dai venti anche a 50 km dalla fonte di contaminazione




L’inquinamento da PFAS e i rischi ad esso connessi tornano nuovamente sotto i riflettori del mondo scientifico. Un nuovo studio (testo in inglese), condotto dall’Ohio State University e dal Research Triangle Park, negli USA, ha scoperto infatti che questi composti chimici si disperdono molto più facilmente di quanto si pensasse in passato.

I PFAS (o sostanze perfluoroalchiliche) sono una famiglia di molecole organiche usate fin dagli anni ’50 in numerosissime applicazioni industriali e prodotti di largo consumo. Si va dai detergenti agli insetticidi, dalle vernici all’abbigliamento, dalle schiume antincendio ai rivestimenti dei contenitori alimentari. Il loro impiego si è diffuso a tal punto da riuscire a contaminare qualsiasi ecosistema, persino i ghiacci artici. E a causa della loro eccezionale stabilità chimica, queste sostanze possono persistere nell’ambiente per lunghi periodi di tempo. A risentirne sono soprattutto gli organismi viventi, uomo compreso. Se ingeriti, infatti, i PFAS non vengono metabolizzati dall’organismo, ma si accumulano negli organi, provocando alterazioni importanti.

Le molecole più utilizzate e studiate di questa famiglia sono l’acido perfluoroottanoico (PFOA) e l’acido perfluoroottansolfonico (PFOS), ma negli ultimi anni l’industria sta introducendo come alternative nuovi PFAS con minori probabilità di bioaccumulo. Uno di questi è l’HFPO-DA o “acido 2,3,3,3-tetrafluoro-2-(eptafluoropropossi)-propanoico”, di cui attualmente, però, poco si conosce in termini di tossicità e impatto ambientale.

Alcuni dati in più arrivano oggi dal nuovo studio statunitense. Il team di scienziati voleva valutare l’impatto ambientale su ampia scala di un impianto di produzione di fluoropolimeri a Parkersburg, in West Virginia. Una scelta non casuale dal momento che, nel 2013, la struttura in questione ha sostituito il PFOA (utilizzato per oltre 60 anni nella sintesi dei fluoropolimeri) con l’HFPO-DA. Il gruppo ha indagato anche la dispersione ambientale del nuovo acido, per la quale ad oggi sono disponibili pochissime informazioni.

Per farlo sono stati raccolti campioni di acqua superficiale, acqua potabile e terreno sia in prossimità che lontano dall’impianto. L’analisi ha mostrato come i composti inquinanti si siano dispersi nelle acque superficiali e nel suolo fino a circa 50 km dalla struttura. Ma c’è di più. Un ruolo chiave nella dispersione, infatti, è stato svolto dal trasporto atmosferico: i venti hanno diffuso lontano dall’impianto l’inquinamento da PFAS. Questi risultati indicano come gli inquinanti potrebbero arrecare danno anche in aree non sottoposte ai controlli richiesti.

Per monitorare al meglio l’estensione dell’inquinamento da PFAS, il gruppo di ricerca ritiene fondamentale aumentare le zone di monitoraggio, sia del suolo, sia delle acque.

fonte: www.rinnovabili.it


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Frane in Italia: Ispra presenta la nuova piattaforma con tutti i dati nazionali

In diretta sulla pagina Facebook dell'Ispra il 21 maggio la presentazione dell'Inventario dei fenomeni franosi



















Un nuovo strumento open source e open data per la consultazione e la condivisione di dati, mappe, report e documenti. E’ l’Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia realizzato da Ispra e che sarà presentato giovedì 21 maggio alle ore 15 in diretta Facebook sulla pagina dell’Ispra.
La piattaforma contiene tutte le mappe nazionali di pericolosità e gli indicatori di rischio. Nel corso dell’evento in streaming saranno illustrate le attività di censimento, monitoraggio e pianificazione territoriale, oltre alle nuove tecnologie applicate da regioni e province autonome.
Qui tutte le info dell’evento.

fonte: https://www.snpambiente.it/



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Covid-19, Medici per l’ambiente scrivono a Conte, Speranza e Costa: “Mettere a sistema la Rete dei Medici sentinella sul territorio, per la prevenzione epidemiologica e il monitoraggio del rischio ambientale”


















Considerare la pandemia di Covid-19 come un evento sentinella, facendo tesoro delle lezioni che possiamo trarne. Ripartire, verso la pienezza della Fase 2 e poi ancora oltre, con un nuovo modello non solo di assistenza ma anche di prevenzione, che coinvolga a pieno titolo i medici del territorio: i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta, gli specialisti ambulatoriali interni ed esterni. Infine, imparare a ragionare a più ampio respiro, pensando alla pandemia come a un “segnale”, preavviso di tutto quello che potrebbe seguire se non lo considerassimo in chiave globale e di tutela del nostro mondo nel suo insieme. Perché con il Covid-19, come ha recentemente affermato Inger Andersen, capo del programma Ambiente delle Nazioni Unite, ma anche con i cataclismi ambientali, “la natura ci sta mandando un messaggio”.

È questo, in estrema sintesi, il senso della Lettera aperta che l’Isde, l’associazione internazionale dei Medici per l’ambiente, con al suo interno la Rimsa, la rete italiana dei Medici sentinella per l’ambiente, hanno inviato al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, al Ministro della Salute, Roberto Speranza e al Ministro dell’Ambiente, Sergio Costa. La lettera è stata anticipata ieri sera nel corso del webinar “Da Covid-19 alla rete dei Medici sentinella per l’ambiente. Idee e proposte per un nuovo ruolo del medico nel territorio”.

Tra i firmatari, oltre al presidente di Isde Italia, Roberto Romizi, anche il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici (FNOMCEO), Filippo Anelli, che ha avuto mandato di sottoscriverla dal Comitato Centrale, riunito il 5 maggio scorso. E, ancora, Silvestro Scotti, Segretario generale nazionale FIMMG, la Federazione nazionale dei Medici di Medicina Generale; Paolo Biasci, Presidente nazionale FIMP ( Federazione Italiana Medici Pediatri); Claudio Cricelli, medico, Presidente SIMG (Societa italiana di Medicina Generale); Emanuele Vinci, medico, coordinatore della Commissione “Ambiente, Salute e Lavoro” FNOMCEO; Guido Giustetto, referente ambiente del Comitato Centrale FNOMCEO; Fabrizio Bianchi, epidemiologo, dirigente CNR Pisa; Vitalia Murgia, pediatra, rete RIMSA (ISDE-FNOMCEO); Paolo Lauriola, medico, Coordinatore rete RIMSA ( ISDE-FNOMCEO).

“Se si parla di emergenza Coronavirus non si può non pensare anche a tutto quello che a livello di globalizzazione impatta sul nostro modo di vivere e sul nostro futuro, molto di più di una pandemia, con particolare riferimento ai cambiamenti climatici globali – si legge nella lettera -. Questa pandemia va considerata un “segnale sentinella”, che solo se verrà colto con intelligenza e lungimiranza, ci consentirà di attrezzarci a cosa potrà venire dopo, utilizzando i cambiamenti e le modalità d’intervento su cui oggi ci si interroga, come soluzione a un approccio globale alla tutela della salute non limitato alle virosi pandemiche”.

La lettera passa poi ad attribuire un ruolo cardine ai medici sul territorio che, “adeguatamente sensibilizzati, formati e organizzati, possono rappresentare, rendendolo operativo nell’esperienza professionale quotidiana, un “anello di congiunzione” tra evidenze scientifiche, problemi globali ed azioni locali”.

“A questo proposito, diverse recenti e autorevoli pubblicazioni hanno sottolineato le grandi potenzialità offerte dal coinvolgimento dei Primary Care Providers – continua il testo – Insomma, perché le cose possano andare meglio nel corso di una grande epidemia (ma non solo) le autorità sanitarie pubbliche devono rivalutare fortemente il ruolo dei medici di famiglia e dei pediatri che operano nelle cure primarie, coinvolgendoli in modo più coordinato nei percorsi di prevenzione, assistenza ed erogazione di cure adeguate. Dotandoli, però, anche dei necessari strumenti di protezione della loro salute e di quella delle persone con cui entrano in contatto. Tutto questo accompagnato da sistemi di comunicazione efficienti e rapidi su informazioni cliniche, aggiornamento epidemiologico e risultati delle indagini”.

Questo, affermano i medici per l’ambiente, è ormai chiaro per quanto riguarda l’assistenza e la risposta all’epidemia. “Emerge anche però che è altrettanto importante promuovere il loro coinvolgimento, con ruolo e responsabilità, nell’ambito della prevenzione – continuano -. Dove è essenziale avere rilevatori che siano in grado di avvertire tempestivamente i segnali che giungono dal territorio”. Di più: a parere dei medici firmatari, “tutte le strategie globali (adattamento e mitigazione), come ad esempio nel caso dei Cambiamenti Climatici, devono considerare con molta attenzione il contesto locale”. “Tornando al tema attuale della Fase 2, occorre ricordare bene tutti che essa si baserà sulla sorveglianza del territorio – prosegue la lettera -. Le azioni di contrasto saranno efficaci solo se tempestive e precise. Occorre cogliere questa necessità/opportunità per creare un sistema di “Medici Sentinella” che ci consenta di far fronte alle emergenze sanitarie, ma anche e soprattutto per creare un contesto capace di adattarsi anche alle emergenze ambientali che possono contribuire e contribuiranno sempre di più a determinarle”.

E questo sistema è già, in parte, realtà: nell’emergenza Covid-19 si è creata una rete di medici italiani che recentemente, ha condiviso la sua esperienza su BMJ, dimostrando che esiste una domanda e una disponibilità a collaborare.

“Occorre quindi utilizzare queste risorse di esperienza e di entusiasmo –conclude la lettera – per dare un contributo con risposte adeguate alla situazione. Ricordiamo a tutti che l’epidemia di COVID-19 è un cataclisma, sanitario ed economico, ma è solo un “segnale sentinella” da un punto vista ambientale, preavviso di tutto quello che potrebbe seguire se non lo considerassimo in chiave globale e di tutela del nostro mondo nel suo insieme”.


CLICCA QUA per scaricare la lettera inviata a Conte, Speranza e Costa 

fonte: www.isde.it



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Alla scoperta delle operazioni di monitoraggio dei rifiuti spiaggiati















Nell’ambito della Strategia Marina, che vede Arpal e la Liguria capofila per il Mediterraneo Occidentale, un’attività rilevante è rappresentata dal monitoraggio dei rifiuti spiaggiati.
Cinque le spiagge disseminate lungo la costa ligure nelle quali, due volte l’anno viene effettuata la catalogazione dei rifiuti. Abbiamo seguito i tecnici Arpal nelle operazioni di monitoraggio effettuate nei giorni scorsi a Lavagna: ecco il servizio.



fonte: https://www.snpambiente.it

La raccolta dei rifiuti diventa smart con i sensori Internet of Things














Smart Waste Collection Systems è il progetto presentato dal Luxemburg Institute of Science and Tecnology allo Smart City Expo World Congress di Barcellona. Come suggerisce il nome, è una soluzione ideata per rendere intelligente la raccolta dei rifiuti indifferenziati (la frazione secca per intenderci).

Si parte dal presupposto che ogni giorno i veicoli per la raccolta dei rifiuti girano la città per raccogliere la spazzatura. È un processo regolarizzato mediante calendari fissi, con dei seri limiti. Ad esempio, non tiene conto che con la stagionalità cambiano il livello e la velocità di degrado dei rifiuti. Del fatto che non tutti i giorni viene depositata la stessa quantità di spazzatura. E che l'utenza, oltre ai privati cittadini, include ristoranti, negozi o artigiani che hanno necessità molto differenti da quelle dei singoli utenti.
swam2Questi sono solo alcuni dei motivi per i quali l'industria del riciclaggio dei rifiuti sta cercando di automatizzare gli itinerari di raccolta per incontrare le mutevoli esigenze dei clienti. Un procedimento possibile grazie all'aumento delle tecnologie informatizzate. Utilizzando sensori o oggetti legati all'Internet of Things, si possono monitorare le piattaforme di raccolta e adeguare l'attività di raccolta in funzione dei dati raccolti.

Così facendo il settore del riciclaggio dei rifiuti guadagna nuove opportunità per ridurre l'inquinamento. Oltre che per migliorare la qualità dei servizi e creare nuovi indicatori di prestazioni. Sul mercato non ci sono molti dispositivi tecnologici che possono essere utilizzati in modo da soddisfare tutte le esigenze, gli obblighi e le priorità. Priorità che devono tenere conto delle esigenze degli utenti finali e delle imprese, ma anche dell'ambiente urbano in cui si evolvono.

Devono essere necessariamente dispositivi capaci di generare dati adatti a creare modelli di ottimizzazione dell'itinerario su larga scala, partendo da una rete di sensori. A crearli ci hanno pensato il LIST e l'azienda lussemburghese Polygone Sarl, con il progetto SWAM. Hanno progettato e costruito una piattaforma intelligente di raccolta dei rifiuti basata su processi di ottimizzazione che combinano criteri di business, client e operativi. I dati sono generati da sensori, delle dimensioni di una custodia per gli occhiali, inseriti direttamente nei contenitori dei rifiuti. Il loro compito è indicare quanto sono pieni i cassonetti.
swam4Una misurazione difficile, ci ha spiegato l'addetto allo stand dello Smart City Expo. Perché oggetti molto voluminosi, come un cartone di carta, possono far sembrare pieno il cassonetto quando invece è vuoto. E oggetti molto pesanti possono fare altrettanto, anche se sono di dimensioni ridotte.

Scartate la banale bilancia e gli indicatori di livello, è sceso in campo il LIST con un nuovo approccio di analisi multicanale. Un primo sistema di gestione dei dati raccoglie e fornisce flussi di dati multipli trasmessi da Polygone e da servizi esterni. Sulla base del flusso dinamico di dati raccolti, un secondo sistema consente di ottimizzare i processi logistici.

Una volta che sarà terminato lo sviluppo, la soluzione sarà valutata e validata in scenari reali. Alla fine del progetto, verrà sviluppato un prototipo di piattaforma di business intelligence per l'industria del riciclaggio dei rifiuti. Questo prototipo aprirà la strada all'implementazione di nuovi modelli di business per soddisfare il servizio e aprire a nuove opportunità di mercato.


fonte: www.greencity.it

Droni sul mare contro le plastiche galleggianti e l’erosione costiera














I droni scendono in campo contro le emergenze dei nostri mari. Queste sofisticate macchine radiocomandate, volanti ma anche subacquee e navali, potranno infatti essere utilizzate per contrastare la presenza di plastiche galleggianti, studiare l'erosione costiera, controllare gli sversamenti in acqua di inquinanti e monitorare l'ecosistema marino anche a grandi profondità.
Nuovi progetti e sistemi saranno presentati al "Sea Drone Tech Summit 2019", seconda edizione dell'unico congresso in Italia dedicato ai droni e ai sistemi robotici per impiego marino e subacqueo, che si svolgerà nei giorni 29 e 30 ottobre prossimi a Ostia (Roma). L'evento sarà ospitato per la parte congressuale dal Polo Natatorio di Ostia, centro federale della Federazione Italiana Nuoto, e per le prove in mare dal Porto Turistico di Roma.
 
Il programma del congresso, organizzato dall'associazione Ifimedia e dalla società Mediarkè, prevede 3 sessioni: droni subacquei, droni navali di superficie e droni aerei per impiego marino. Numerose sono infatti le applicazioni di questi sistemi: dal controllo di coste, parchi marini, laghi e fiumi all'ispezione di condotte e dighe, dal monitoraggio e bonifica anti-inquinamento alla sicurezza della balneazione e soccorso in mare, fino alle esigenze militari, dell'industria petrolifera off-shore e del settore delle videoriprese sottomarine.
A Ostia saranno anche presentati nuovi progetti per l'utilizzo di droni per le ricerche di archeologia subacquea, per la mappatura dei fondali e per il soccorso in mare di imbarcazioni o bagnanti in difficoltà.

Al congresso, parteciperanno almeno 200 esperti italiani in materia, in ambito civile e militare, scientifico e industriale. Relatori e partecipanti, provenienti da tutta l'Italia, saranno ospitati presso due prestigiosi alberghi sul lungomare di Ostia, il Fly Decò e l'Aran Blu.
Sono previste anche dimostrazioni operative in mare di nuovi modelli di droni e robot marini, aperte al pubblico, che saranno effettuate nel pomeriggio di mercoledì 30 ottobre presso la spiaggia centrale del Porto Turistico. Per partecipare, sarà necessario registrarsi online e pagare un pass di 10 euro. Ulteriori informazioni su www.seadrone.it.


fonte: https://www.greencity.it

Da scarto a risorsa: rifiuti organici sotto stretta osservazione

Siglato un accordo tra CIC e Corepla per lo studio e il monitoraggio della raccolta differenziata di materiali organici: ad oggi, ogni anno tra gli scarti compostabili vengono trovate circa 230 tonnellate di plastica.
























CIC (Consorzio Italiano Compostatori), organizzazione dedita alla promozione e alla valorizzazione delle attività di riciclo di materiali organici per la produzione di compost e biogas, e il Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica Corepla, sono le due firme protagoniste di un accordo raggiunto lo scorso giugno per il quale i due enti si impegnano a collaborare in attività di studio, ricerca e monitoraggio della quantità di imballaggi in bioplastica compostabile, ma anche e soprattutto di plastiche comuni, all’interno degli impianti di riciclo organico.
L’obiettivo di questa collaborazione è migliorare la qualità intrinseca della raccolta differenziata dei rifiuti organici, anche se passi avanti in questo senso si stanno registrando sin dal momento dell’introduzione della raccolta porta a porta in sostituzione di quella stradale. Si tratta di un miglioramento assolutamente necessario per il raggiungimento di uno standard qualitativo della raccolta più elevato e quindi per l’ottenimento di un compost sempre più puro.
Il compost è una risorsa fondamentale se si vuole virare efficacemente verso un’economia circolare, un elemento la cui importanza prende vita dall’idea che un materiale di scarto possa a sua volta divenire una materia prima utile per dare il via a nuovi cicli produttivi.
I rifiuti organici che ognuno di noi produce quotidianamente sono destinati a impianti dedicati dove, riproducendo in maniera artificialmente accelerata quelle che sarebbero le normali fasi del ciclo della natura, vengono trasformati in fertilizzanti (compost) per l’agricoltura in sostituzione di concimi sintetici. Dalla terra coltivata arrivano poi tutti quei prodotti che puntualmente ritroviamo sulle nostre tavole, i cui scarti saranno a loro volta raccolti e ritrasformati in compost, in un ciclo perpetuo nel quale un prodotto diventa rifiuto, che a sua volta si trasforma in risorsa.
Durante le fasi di smistamento successive alla raccolta, tra i rifiuti organici si rileva continuamente la presenza di plastiche non compostabili gettate erroneamente. Si stima che in un anno le impurità presenti nei rifiuti organici arrivino a circa 230 tonnellate, da cui conseguono i relativi sprechi di energie e denaro.
Ecco perché è necessario dare un’enorme importanza agli studi per una raccolta differenziata tanto corretta quanto responsabile. CIC, da più di 25 anni, lavora in questa direzione, monitorando le fasi della filiera del riciclo dei rifiuti organici, dal loro recupero fino alla trasformazione in compost.
L’obiettivo delle attività di ricerca e monitoraggio avviate dall’accordo tra CIC e Corepla è quello di riuscire ad aumentare gli standard qualitativi dei rifiuti, responsabilizzando la cittadinanza e cercando soluzioni per una raccolta differenziata più efficace che possa ridurre al minimo le possibilità di errore.

fonte: https://www.nonsoloambiente.it

Rifiuti, dall’Arera in arrivo il primo metodo tariffario condiviso in tutta Italia per la Tari

Basseghini: «Regole chiare per le tariffe, definizione dei costi standard, efficienza del servizio e dotazione infrastrutturale del Paese sono alcuni degli elementi principali da fissare per uscire da questa fase ai limiti dell’emergenza»


Attraverso la delibera 303/2019/R/rif, l’Arera – l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente – dà il via all’iter che porterà entro la fine dell’anno alla definizione del primo metodo tariffario per il settore dei rifiuti, destinato ad unificare la complessità delle tariffe e delle imposte sui rifiuti urbani e assimilati, anche differenziati. Ad oggi infatti tutto questo non avviene: il prezzo pagato attraverso la Tari per la gestione dei rifiuti urbani varia enormemente da una città all’altra, anche vicine tra loro, dai 558€ a tonnellata di Venezia ai 306 di Verona. Non esistono parametri condivisi per l’individuazione di costi standard per la gestione rifiuti lungo lo Stivale, né il principio di legge per cui la Tari dovrebbe essere a copertura integrale di tali costi è rispettato (ad esempio per gli ampi problemi portati dall’evasione, come documentato recentemente dal Sole 24 Ore).
In questo contesto caotico prova ora a mettere ordine l’Arera: è atteso un documento di consultazione entro la fine di luglio, e verrà presentato entro il 31 ottobre, con effetti a partire dal 1° gennaio 2020, il primo metodo tariffario per il settore dei rifiuti. Pubblicando il metodo tariffario entro la fine di ottobre Arera darà ai Comuni – che devono approvare le tariffe della Tari in conformità al piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani entro il 31 dicembre – gli elementi necessari ad includerne i principi già dalle tariffe in fase di approvazione per il 2020.
«L’Autorità è consapevole dell’impegno necessario per accompagnare l’accelerazione delineata dalla delibera – afferma il presidente dell’Arera, Stefano Besseghini – Servirà uno sforzo da parte delle istituzioni, degli enti locali e dei gestori dei servizi di igiene ambientale. La cronaca dimostra quotidianamente, tuttavia, quanto il tema dei rifiuti sia urgente ai limiti dell’emergenza e siamo convinti che regole chiare per le tariffe, definizione dei costi standard, efficienza del servizio e dotazione infrastrutturale del Paese, siano alcuni degli elementi principali da fissare per uscire da questa fase».
Nel mentre, l’Arera ricorda alcuni dei passaggi principali che ispireranno la prossima azione regolatoria sui rifiuti, che riportiamo integralmente:
– definizione dei criteri di monitoraggio e di riconoscimento dei costi efficienti, da applicarsi sulle annualità 2018 e 2019, comunque coperte dall’attribuzione di funzioni regolatorie all’Autorità;
– introduzione di una prima metodologia tariffaria per il riconoscimento dei costi efficienti della gestione del ciclo dei rifiuti a partire dal 2020;
– avvio di adeguate attività informative e, ove necessario, formative per la corretta adozione dei piani finanziari richiesti entro l’anno, al fine di garantire l’efficace e rapida applicazione, ai diversi livelli istituzionali, delle regole sopra richiamate;

– avvio di attività di confronto interistituzionale, finalizzate a definire le procedure di validazione dei dati e le modalità di approvazione dei piani finanziari e dei corrispettivi, al fine di garantire, da un lato, veridicità, chiarezza, completezza e congruità delle informazioni e, dall’altro, coerenza tra corrispettivi e costi efficienti.

fonte: www.greenreport.it

IoSonoMare: MinAmbiente e CoNISMa premiano le migliori tesi

Dedicato alla migliore tesi universitaria sui dati del monitoraggio marino nazionale, il premio Eugenio Fresi mira a valorizzare la conoscenza sul tema.




Nell’ambito della campagna #IoSonoMare, Ministero dell’Ambiente e CoNISMa (Consorzio nazionale interuniversitario per le Scienze del Mare) istituiscono il “Premio Eugenio Fresi”, dedicato alle migliori tesi universitarie realizzate con i dati del monitoraggio marino, nell’ottica della cosiddetta “Marine Strategy”.

Avviata nell’aprile di quest’anno, su iniziativa del Sottosegretario con deleghe alla tutela del mare e all’educazione ambientale Salvatore Micillo, la campagna #IoSonoMare – realizzata con il sostegno di ISPRA e SNPA – mette al centro la condivisione e la diffusione al pubblico di tutte attività di monitoraggio che interessano i mari e fondali del nostro paese, al fine di mostrare alla cittadinanza l’attenzione e la cura dello Stato per la preservazione e la cura del nostro patrimonio marino. Otto mesi di eventi e convegni, che culmineranno con la pubblicazione on line dei dati di monitoraggio del patrimonio marino italiano, con un’attenzione particolare su aspetti quali i rifiuti in mare, le specie aliene e le aree protette.

Un premio fortemente voluto dal sottosegretario Salvatore Micillo, che sottolinea anche il chiaro intento istituzionale:

La campagna #IoSonoMare risponde all’urgenza, alla necessità e al dovere istituzionale di diffondere e valorizzare l’enorme quantità di informazioni ambientali, frutto del continuo lavoro del Ministero e degli organismi tecnici. È un sapere che va valorizzato, impiegato per sensibilizzare. Per questo abbiamo pensato di dare un premio agli studenti che consegnano le migliori tesi utilizzando questo grande patrimonio di conoscenze.

Un riconoscimento del valore di tremila euro, utile a stimolare le idee degli scienziati marini del domani. C’è ancora tempo per farlo: i candidati dovranno presentare domanda di partecipazione entro il 30 luglio, compilando in ogni sua parte l’apposito modulo che sarà disponibile sul sito del CoNISMa a partire dal 1 luglio.

fonte: www.greenstyle.it

Dalle smart city alla citizen science: un nuovo modo di essere cittadini

Come riappropriarsi di un sano senso civico





















Nel nostro Paese i cittadini si stanno rendendo sempre più parte attiva della cosa pubblica, realizzando, nel proprio contesto locale o su una scala anche più ampia, dei cambiamenti tangibili e creando allo stesso tempo un nuovo modo di essere cittadini e componenti di una determinata comunità.
Dalle persone che si rimboccano le maniche per risolvere un problema che affligge il proprio territorio o la propria comunità, a persone che in nome di una sensibilità sempre più accesa verso le problematiche ambientali si sono fatte promotrici di progetti di raccolta dati e monitoraggio ambientale.
In entrambi questi casi stiamo parlando di attività che, pur non arrivando sempre all’attenzione del grande pubblico, ci raccontano di cittadini partecipi alla cosa pubblica, corresponsabili del buon andamento della propria città o della cura e gestione della "casa comune", ovvero l’ambiente.


Esempi li possiamo ritrovare sia nei quartieri delle nostre città, sia nello spazio virtuale delle app e più in generale del Web. Ecco allora i movimenti Retake che sono impegnati per la diffusione del senso civico in diverse città italiane, in primis Milano Roma, e che cercano di coinvolgere i cittadini nella risoluzione comune di problemi, favorendo il recupero degli spazi e dei beni pubblici.
Fare Comunità è un blog dell’associazione “Amici di Pericle” di Piedimonte Matese nell'Alto Casertano, che vuole contribuire a diffondere nel territorio la cultura civica e democratica e favorire la partecipazione dei cittadini nella risoluzione dei problemi delle comunità.
Anche le app possono dal canto loro favorire tale senso civico, permettendo di gestire problematiche ed esigenze comuni in modo collaborativo, trovare soluzioni condivise, scambiare esperienze. Su Arpatnews ne abbiamo ad esempio parlato affrontando il tema della riduzione dei rifiuti, alimentaritessili ingombranti.
Guardando a queste esperienze e facendo riferimento a quel modello di società e di città oggi definita “smart”, potremmo qui a tutti gli effetti parlare di smart citizens, in quanto questi cittadini sono sì portatori di bisogni, ma manche soggetti capaci di proporre soluzioni e quindi attori collaborativi nell’attuazione delle loro proposte. Sono cioè cittadini "intelligenti" perché si prendono cura della cosa pubblica.
Se infatti la smart city è una città caratterizzata da un’alta qualità della vita, o perlomeno preoccupata di migliorare la qualità della vita dei propri abitanti e di proteggere l’ambiente in cui essi vivono, ed è in grado di rispondere ai bisogni sociali ed economici della società e dei singoli cittadini, questo vale anche per chi questa città la vive, come attore partecipe e consapevole.
Alcuni di questi cittadini si fanno chiamare “civic hackers”, per sottolineare il loro attivismo al di là delle intenzioni della pubblica amministrazione: anzi, là dove quest’ultima latita o ritarda, loro si inseriscono per cercare soluzioni e risposte creative ad esigenze e problemi concreti, senza allo stesso tempo contrastare chi ufficialmente e professionalmente deve gestire ed amministrare la cosa pubblica, contribuendo così a far emergere problemi altrimenti invisibili e a darne valore, prendendosene cura.


A ben vedere non sono poi tanto lontano dai movimenti Retake o simili, se non per il fatto che questi problem solvers delle smart city si affidano in modo preponderante alla tecnologia per facilitare l’individuazione e la soluzione dei problemi. Alcuni esempi sono i cittadini che attraverso la tecnologia si sono applicati con creatività per dare una risposta all’emergenza terremoto facendosi comunità (Terremoto Centro Italia) o l’esperienza di MappiNa, una piattaforma collaborativa che realizza una diversa immagine delle città attraverso il contributo, critico ed operativo, dei suoi abitanti.
Sulla stessa lunghezza d’onda possiamo collocare chi prende parte a progetti di citizen science, che è qualcosa di più che un modo di raccogliere dati, contribuendo attivamente a sensibilizzare, costruire capacità e soprattutto rafforzare le comunità.
Esempi di citizen science li abbiamo sotto i nostri occhi nelle nostre città: citiamo ad esempio il progetto Che aria tira? di autocostruzione - da parte di cittadini interessati al tema - di una rete di centraline low cost per la misurazione della qualità dell’aria nella piana fiorentina; sullo stesso tema il progetto umbro AirSelfie® che ha visto il contributo di cittadini che hanno indossato dei sensori portatili in grado di misurare in tempo reale le concentrazioni di PM2.5 nel corso della giornata.
Il campo della marine litter si presta molto bene ad esperienze di citizen science: la stessa Agenzia europea per l'ambiente (AEA) con Marine LitterWatch consente ai cittadini di monitorare, identificare e segnalare i rifiuti marini trovati sulle spiagge utilizzando l’elenco standard previsto dalla Strategia marina stessa, ottenendo quindi la comparabilità con i dati raccolti dagli Stati membri nei mari regionali europei e nell’insieme dell’UE.


Ricordiamo qui anche l'esperienza degli osservatori civici, “sentinelle per l'ambiente” che vigilano sul territorio con compiti di segnalazione per scoraggiare gli abusi, ma anche con finalità di proposta di soluzioni nei confronti delle istituzioni; tali osservatori sono particolarmente attivi in Campania.
Spostandoci in un altro campo c'è il Progetto Radon in Friuli Venzia Giulia, dove la popolazione è stata chiamata a collaborare attivamente con i ricercatori per le misure di radon nelle abitazioni.
Ad oggi purtroppo non vi è ancora sufficiente sinergia tra la citizen science e le iniziative delle smart city e neppure vi è interoperabilità e riusabilità dei dati, delle app e dei servizi sviluppati in ogni progetto. Questo rende difficile confrontare i risultati e quindi trasferirli da un contesto all'altro. Molto spesso i dati raccolti per un dato progetto scompaiono infatti dopo la fine del progetto stesso, rendendo impossibile la riproducibilità dei risultati e l'analisi delle serie temporali. Tentativi di diverso tipo sono alla base invece di iniziative come quella dell'AEA sui rifiuti marini.
Resta il fatto che costruire e mantenere attiva la comunità e la fiducia tra i suoi membri sono punti chiave di qualsiasi progetto di citizen science come di smart city e sarebbe dunque auspicabile che le istituzioni si facessoro promotori e facilitatori di tali iniziative da cui loro stesse possono trarre vantaggio. Del resto la stessa Costituzione ci dice che le amministrazioni dovrebbero favorire l'autonoma iniziativa dei cittadini, per lo svolgimento di attività di interesse generale. I patti di collaborazione fra cittadini e amministrazione sono in questo senso strumenti importanti con cui i Comuni, insieme ai cittadini attivi, possono concordare tutto ciò che è necessario fare per realizzare degli interventi di cura, rigenerazione e gestione dei beni comuni in forma condivisa.
fonte: http://www.arpat.toscana.it

Ato Toscana Costa punta al 71 per cento di differenziata

Rifiuti, grazie ai nuovi progetti finanziati l’Ato Toscana Costa punta al 71% di differenziata
Finanziati 13 interventi con 5 milioni di euro, che si sommano ai 12 milioni di euro del 2018














Secondo gli ultimi dati certificati disponibili (anno 2017) nei Comuni che compongono l’Ato Toscana Costa – ovvero quelli delle province di Livorno (esclusi i Comuni di Campiglia Marittima, Castagneto Carducci, Piombino, San Vincenzo, Sassetta, Suvereto), Lucca, Massa Carrara e Pisa – il dato medio della raccolta differenziata dei rifiuti è fermo al 58,64%, ancora distante rispetto al target del 65% stabilito dalla normativa nazionale per il 2012, sebbene il dato sia più alto della media toscana (53,9%); la rotta per migliorare ulteriormente è però già stata tracciata, e punta al 71,8%.


L’Ato ha infatti approvato la graduatoria dei nuovi finanziamenti erogati dalla Regione Toscana per l’incremento della raccolta differenziata: si tratta di 13 progetti per un finanziamento complessivo di circa 5 milioni di euro (pari al 47% dei costi d’investimento previsti), proposti dai Comuni di Porto Azzurro, Monteverdi Marittimo, Camaiore e Altopascio, oltre che da Rea spa, Asmiu, Ascit spa, Aamps spa e Geofor spa.


«Tali progetti – spiegano dall’Ato – riguardano in particolare l’introduzione ed il miglioramento delle raccolte differenziate porta a porta, di prossimità e con cassonetti ad accesso controllato, anche tramite tariffa puntuale, e la realizzazione di nuovi centri di raccolta o il potenziamento di quelli esistenti». Con l’attivazione di tutti i progetti approvati, sia quelli appena finanziati che quelli finanziati nel 2018 per ulteriori 12 milioni di euro, l’Autorità d’ambito prevede di raggiungere «il 71,8% di raccolta differenziata a livello di area vasta». Spetterà all’Ato – ovvero ai Comuni che lo compongono, in definitiva – il controllo e il monitoraggio per la corretta esecuzione dei progetti.


Senza dimenticare che, oltre al quantitativo di rifiuti intercettati dalla raccolta differenziata, sarà necessario incrementare anche la qualità di quanto raccolto e l’infrastruttura industriale per la conseguente gestione e valorizzazione: la differenziata è infatti un necessario passaggio intermedio, ma il fine ultimo è l’effettivo riciclo e re-immissione sul mercato dei rifiuti separati dai cittadini.

fonte: www.greenreport.it