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Un mare di rifiuti

Crescono la consapevolezza e la preoccupazione per l’inquinamento di mari e oceani dovuto anche alla presenza di rifiuti di materiale plastico. Nel servizio pubblicato in Ecoscienza 1/2020 il punto su conoscenze, aspetti normativi e tecnologici, il lavoro del Sistema nazionale di protezione dell'ambiente nell'ambito della Marine strategy.






Sta crescendo la consapevolezza (e la preoccupazione) per l’inquinamento di mari e oceani dovuto alla presenza di rifiuti, in gran parte di materiale plastico. Il problema non è certo nuovo e la situazione che oggi molti riconoscono come emergenza è stata evidenziata da un numero sempre crescente di studi, di analisi e di campagne informative che hanno cercato di richiamare l’attenzione sull’urgenza di intervenire.

La conoscenza del fenomeno (quante plastiche ci sono nei mari, di quali tipologie, da dove derivano, dove si distribuiscono, come entrano nella catena alimentare, non solo degli organismi marini) è cresciuta e tuttora sono in corso molti studi e progetti per tracciare un quadro più esauriente e valutare gli effetti della presenza di plastiche e microplastiche negli ecosistemi.

La Strategia marina dell’Unione europea è uno degli strumenti principali di analisi e azione e il Sistema nazionale di protezione dell’ambiente (Snpa) ha un ruolo chiave nella sua attuazione in Italia. In questo servizio, pubblicato su Ecoscienza 1/2020, sono presentati alcuni risultati preliminari delle attività delle Agenzie ambientali in questo ambito e diversi progetti attivi su questo tema.

Per individuare soluzioni al problema delle plastiche e delle microplastiche, occorre affrontare questioni normative – legate alla possibilita di recupero e riciclo dei rifiuti in plastica, sia nell’ordinaria gestione, sia nel recupero accidentale da parte dei pescatori – sociali, economiche e tecnologiche.

Considerato che comunque la quantità di plastica oggi presente nei mari vi resterà per molto tempo, con un importante impatto sugli ecosistemi, è indubbio che la strada per limitare il problema passa dalla prevenzione, dalla graduale sostituzione dei materiali dei manufatti (soprattutto usa e getta) e da una migliore gestione dei rifiuti.

fonte: https://www.snpambiente.it

Il modello veneto di gestione dei rifiuti urbani

















Il rapporto annuale con i dati 2018, recentemente pubblicato da Arpa Veneto, conferma che l’impegno delle pubbliche amministrazioni dà risultati anche superiori a quelli previsti e in linea con il Piano regionale.
La produzione è pressoché costante e quella pro capite si avvicina ai 420 kg previsti dagli obiettivi del Piano regionale nonostante il PIL elevato e quasi 70 milioni di presenze turistiche annue.
Interessante è la produzione procapite di rifiuto residuo che, con un valore di 120 kg, si sta avvicinando all’obiettivo del Piano Regionale di 100 kg al 2020. In Veneto ben 399 Comuni su 571 (il 70%) hanno già raggiunto questo obiettivo e in molti casi i quantitativi prodotti sono di molto inferiori. L’impegno dei comuni capoluogo a attuare nuove politiche di gestione costituiranno l’ulteriore spinta per il raggiungimento di questo obiettivo.
La raccolta differenziata continua se pur di poco ad aumentare attestandosi a quota 73,8%, risultato ormai prossimo all’obbiettivo del 76% al 2020 previsto dal Piano.
Anche sotto l’aspetto economico la situazione è positiva con costi per la gestione dei rifiuti urbani che si attestano sui 143 € per abitante, a fronte dei risultati raggiunti e dei servizi resi al territorio. La diffusione di sistemi di tariffazione puntuale garantisce la riduzione della produzione di rifiuti e maggiore qualità delle raccolte differenziate ma è anche un elemento di trasparenze e di contenimento dei costi.
Il raggiungimento di questa situazione di eccellenza e l’attuazione di un modello di economia circolare nella gestione del servizio pubblico sono merito delle scelte di amministratori, gestori del servizio e cittadini, che hanno contribuito quotidianamente alla separazione domestica. Le principali caratteristiche che si riscontrano diffusamente nel territorio regionale, e che per questo possono in un certo senso far pensare ad un modello veneto, si possono identificare in:
  • capillare diffusione della raccolta separata della frazione organica raccolta secco-umido (oltre il 98% della popolazione);
  • capillare diffusione della raccolta domiciliare, anche spinta a tutte le frazioni (oltre il 70% della popolazione);
  • elevata presenza nel territorio di centri di raccolta (413 centri a servizio del 97% degli abitanti) dove si raccolgono oltre 700 mila t di rifiuti;
  • commisurazione del pagamento del servizio alla quantità di rifiuti prodotti dall’utenza (sistemi di tariffazione puntuale) in buona parte del territorio regionale (43% dei comuni);
  • sviluppo dell’industria del recupero/riciclo;
  • elevata diffusione della pratica del compostaggio domestico (attivo nel 92% dei comuni) e di iniziative di riduzione;
  • gestione prevalentemente pubblica del servizio;
  • informazione e sensibilizzazione costante dei cittadini (1 €/abitante del costo del servizio è in media dedicato a questa attività);
  • iniziative di riduzione della produzioneriuso e preparazione per il riutilizzo e la promozione degli acquisti verdi nelle amministrazioni pubbliche e nelle aziende.
La frazione organica raccolta in modo differenziato aumenta e rappresenta il 31% del totale della differenziata. È avviata ad un articolato ed evoluto sistema di impianti di compostaggio e digestione anaerobica permettendo non solo il recupero di materia, con l’ottenimento di compost di qualità, periodicamente controllato da Arpa Veneto, ma anche la produzione di biogas con generazione di energia elettrica, termica, e recentemente anche di biometano utilizzato come combustibile per alimentare gli stessi mezzi di raccolta dell’umido e consentendo una riduzione delle emissioni di CO2.

Le frazioni secche riciclabili raccolte (carta, vetro e imballaggi in plastica e metallo) rappresentano il 38% del rifiuto totale prodotto e sono avviate a impianti di selezione e valorizzazione presenti sul territorio regionale per la produzione di materie prime seconde. In Veneto operano anche numerose aziende che utilizzano questi flussi per la produzione di nuovi prodotti in carta, plastica, metalli e vetro. In questo settore il Veneto è stato e rimane una regione che importa rifiuti recuperabili da destinare ai cicli produttivi in particolare alle filiere di metalli, vetro e plastica selezionata.
Importanti risultano anche l’incentivazione e l’avvio di nuove filiere di recupero di particolari frazioni di rifiuti, ad esempio i prodotti assorbenti con i pannolini che costituiscono fino al 30% del rifiuto secco residuo, oli e tessili. Molto interessante l’esperienza avviata per il recupero della plastica PVC negli ecocentri. Attraverso la formazione degli operatori si procede alla separazione delle plastiche dure in PVC che vengono successivamente avviate ad un impianto che provvede al recupero tramite produzione di nuovo granulo per nuovi manufatti per il settore dell’edilizia. 

Ricordiamo, infine, come la promozione degli Acquisti Verdi (GPP) possa fungere da leva per il mercato dei materiali provenienti dal recupero/riciclo dei rifiuti, sensibilizzando enti pubblici e aziende all’utilizzo dei CAM approvati, indirizzandoli verso la green economy.
fonte: http://www.snpambiente.it

Rifiuti o Non Rifiuti: E’ questo il dilemma?



















Premetto che non sono neppure io soddisfatto della "soluzione" sul blocco autorizzativo degli impianti EOW che, principalmente, rimanda al DM 5.02.1998 ma occorre anche considerare quanto segue.
1) un rifiuto può essere recuperato come rifiuto, non è indispensabile che debba passare alla condizione EOW.
2) se il DM 5.02.1998, per suoi intrinseci limiti, fosse così "bloccante" avremmo oggi dei problemi ben più estesi : per esempio per la carta, per la quale non esiste regolamento UE su EOW e neanche un Decreto nazionale.
3) la proposta che le regioni si facciano carico di attuare le norme EOW quando mancano regolamenti/decreti nazionali ha un suo fondamento. Ma siamo sicuri che le regioni sono adeguatamente attrezzate e abbiamo finora attuato correttamente questo aspetto di cui si sono fatto carico fino alla sentenza 1229/2018 ?
Per esperienza ho visto autorizzazioni (ordinarie) in cui veniva "implicitamente" riconosciuto la qualifica di EOW a dei trattamenti che erano delle semplici attività di miscelazione di rifiuti (cosa che può starci in casi ben precisi e limitati). 
Queste autorizzazioni su cosa comunque erano basate ? Sugli "anacronistici" criteri del DM 5.02.1998 che ha surrogato finora proprio la mancanza di regolamenti/decreti EOW.
In altri termini quello che doveva valere solo per le procedure semplificate è stato esteso alle procedure ordinarie, ed è questo utilizzo esteso del DM 5.02.1998 che è stato "bloccato" dalla sentenza 1229/2018 sicuramente discutibile.  Questa estensione viene risbloccata, nelle intenzioni, nel provvedimento in questione.
 4 ) Non dimentichiamoci il DM 23/2013 sul CSS EOW, unico decreto emesso prima di quello sul fresato del marzo 2018 (e unico decreto del genere in Europa) : forme semplificate per aggiornare autorizzazioni di cementifici e centrali a carbone per incenerire rifiuti
Non dimentichiamoci (anche se il tema è diverso) il petcoke di Gela classificato come sottoprodotto nel 2004 anche dalla Corte Europea.
Non dimentichiamoci le comunicazioni in semplificata di rifiuti di scorie per rilevati stradali che poi contenevano ben altro (Brebemi, Valdastico): vi sono ecocriminali che hanno sfruttato le procedure semplificate per fare danni (e anche autorizzazioni in via ordinaria con riconoscimento di EOW).
Non dimentichiamoci che la procedura semplificata significa saltare ogni "filtro" conoscitivo e di intervento pubblico (niente VIA, niente autorizzazione esplicita, nessuna pubblicizzazione della procedura).
5) non voglio fare il fine interprete del legislatore, ma se vi è una colpa nel provvedimento governativo è che ha voluto solo confermare che - nell'ambito delle autorizzazioni ordinarie - valgono i criteri del DM 5.02.1998 per il riconoscimento EOW, ovvero quello che hanno fatto regioni e province fino alla sentenza in questione. L'unica "novità" è il generico DM "guida" che potrebbe (il condizionale è effettivamente scandaloso) introdurre linee guida sul tema.
6) mi viene, infine, il dubbio che la contrapposizione sul tema non sia sulla validità dei  trattamenti per nobilitare un rifiuto a EOW e quindi a nuova materia prima ma sulla forma autorizzativa (aspetto che sembra essere implicito nei commenti come quello sotto richiamato) : autorizzazione semplificata (semplice comunicazione) anziché ordinaria (e sui relativi costi e tempi per l'ottenimento), autorizzazione nel chiuso dell'ufficio di un dirigente anziché in procedure (parzialmente) di evidenza pubblica.
7) Le proposte innovative vanno valutate seriamente (a questo servono i decreti EOW, non ne servono comunque centinaia, perché sono sempre per gruppi di rifiuti), caso per caso, altrimenti una iniziativa come quella di ENI (Livorno) in cui propone una "bioraffineria" che in realtà altro non è che un pirogassificatore di CSS (EOW ovviamente) e di plasmix (EOW ovviamente) finirà per essere approvata con una comunicazione in procedura semplificata (al momento, non per la norma in esame ma per le norme previgenti, fortunatamente non può essere così). Ma non è un caso che tale iniziativa (come quella di un gassificatore per rifiuti in Garfagnana) vengono presentate (con la sottoscrizione della Regione Toscana) come iniziative di "economia circolare".




Marco Caldiroli - Medicina Democratica Onlus

fonte: https://www.medicinademocratica.org - Rete Nazionale dei Comitati Rifiuti Zero 

Rifiuti, dall’Arera in arrivo il primo metodo tariffario condiviso in tutta Italia per la Tari

Basseghini: «Regole chiare per le tariffe, definizione dei costi standard, efficienza del servizio e dotazione infrastrutturale del Paese sono alcuni degli elementi principali da fissare per uscire da questa fase ai limiti dell’emergenza»


Attraverso la delibera 303/2019/R/rif, l’Arera – l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente – dà il via all’iter che porterà entro la fine dell’anno alla definizione del primo metodo tariffario per il settore dei rifiuti, destinato ad unificare la complessità delle tariffe e delle imposte sui rifiuti urbani e assimilati, anche differenziati. Ad oggi infatti tutto questo non avviene: il prezzo pagato attraverso la Tari per la gestione dei rifiuti urbani varia enormemente da una città all’altra, anche vicine tra loro, dai 558€ a tonnellata di Venezia ai 306 di Verona. Non esistono parametri condivisi per l’individuazione di costi standard per la gestione rifiuti lungo lo Stivale, né il principio di legge per cui la Tari dovrebbe essere a copertura integrale di tali costi è rispettato (ad esempio per gli ampi problemi portati dall’evasione, come documentato recentemente dal Sole 24 Ore).
In questo contesto caotico prova ora a mettere ordine l’Arera: è atteso un documento di consultazione entro la fine di luglio, e verrà presentato entro il 31 ottobre, con effetti a partire dal 1° gennaio 2020, il primo metodo tariffario per il settore dei rifiuti. Pubblicando il metodo tariffario entro la fine di ottobre Arera darà ai Comuni – che devono approvare le tariffe della Tari in conformità al piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani entro il 31 dicembre – gli elementi necessari ad includerne i principi già dalle tariffe in fase di approvazione per il 2020.
«L’Autorità è consapevole dell’impegno necessario per accompagnare l’accelerazione delineata dalla delibera – afferma il presidente dell’Arera, Stefano Besseghini – Servirà uno sforzo da parte delle istituzioni, degli enti locali e dei gestori dei servizi di igiene ambientale. La cronaca dimostra quotidianamente, tuttavia, quanto il tema dei rifiuti sia urgente ai limiti dell’emergenza e siamo convinti che regole chiare per le tariffe, definizione dei costi standard, efficienza del servizio e dotazione infrastrutturale del Paese, siano alcuni degli elementi principali da fissare per uscire da questa fase».
Nel mentre, l’Arera ricorda alcuni dei passaggi principali che ispireranno la prossima azione regolatoria sui rifiuti, che riportiamo integralmente:
– definizione dei criteri di monitoraggio e di riconoscimento dei costi efficienti, da applicarsi sulle annualità 2018 e 2019, comunque coperte dall’attribuzione di funzioni regolatorie all’Autorità;
– introduzione di una prima metodologia tariffaria per il riconoscimento dei costi efficienti della gestione del ciclo dei rifiuti a partire dal 2020;
– avvio di adeguate attività informative e, ove necessario, formative per la corretta adozione dei piani finanziari richiesti entro l’anno, al fine di garantire l’efficace e rapida applicazione, ai diversi livelli istituzionali, delle regole sopra richiamate;

– avvio di attività di confronto interistituzionale, finalizzate a definire le procedure di validazione dei dati e le modalità di approvazione dei piani finanziari e dei corrispettivi, al fine di garantire, da un lato, veridicità, chiarezza, completezza e congruità delle informazioni e, dall’altro, coerenza tra corrispettivi e costi efficienti.

fonte: www.greenreport.it

Rifugiati e richiedenti asilo per la corretta gestione dei rifiuti al Terra Madre Salone del Gusto

Una novità assoluta in vista dell'edizione 2018 di Terra Madre Salone del Gusto. Per la prima volta a sensibilizzare e informare i visitatori sulla corretta gestione dei rifiuti ci sarà anche un nutrito gruppo di rifugiati e richiedenti asilo come spiega Marion di TraMe







cittaeco

Pneumatici, Ecopneus: raccolta oltre i target, stanziato 1 mln di euro















La raccolta pneumatici andrà oltre i target di legge per Ecopneus. Ad annunciarlo lo stesso consorzio, che a fronte di una spesa pari a circa 1 milione di euro provvederà al recupero di 3 mila tonnellate di PFU extra entro fine ottobre. L’obiettivo è quello di alleggerire le criticità attualmente gravanti sui gommisti e di convogliare le unità raccolte verso gli oltre 26 mila punti di generazione presenti sul territorio nazionale.

L’intervento di raccolta delle ulteriori tonnellate di pneumatici a fine uso (PFU) è stata resa possibile grazie alla gestione efficiente operata da Ecopneus, che ha potuto così contare sui fondi necessari. Come affermato dallo stesso consorzio il recupero si concentrerà nelle aree soggette a maggiore “sofferenza”:

"È il caso ad esempio di alcune Regioni dove la raccolta dei PFU non viene effettuata da tutti i soggetti autorizzati con regolarità e durante tutto l’anno e che quindi hanno accumulato forti ritardi nella raccolta “ordinaria”; è il caso ad esempio del Triveneto (Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli Venezia Giulia), del Lazio e della Campania. L’intervento straordinario riguarderà anche i pneumatici di grandi dimensioni (per le macchine agricole, o per il movimento terra), anch’essi normalmente non soggetti ad una raccolta periodica da parte degli altri soggetti autorizzati."

Punti fermi dell’iniziativa, oltre all’alleviamento delle criticità del sistema, anche l’azione volta a sottolineare gli obiettivi di tutela ambienta e no profit di Ecopneus. Il consorzio ricorda inoltre come molte delle criticità segnalate dagli operatori siano collegate alla vendita irregolare di pneumatici, il cui volume è stimato in circa 20/30 mila tonnellate all’anno (per un ammanco di contributi ambientali intorno ai 12 milioni di euro annui e a un’evasione IVA stimata in 80 milioni di euro).

fonte: www.greenstyle.it

Raccolta differenziata umido in vacanza: i consigli per non sbagliare















Raccolta differenziata importante anche in vacanza. Una corretta gestione dei rifiuti vuol dire mantenere le buone abitudini quotidiane anche durante viaggi e villeggiatura, prendendosi cura dell’ambiente anche quando ci si diverte o ci si rilassa. A questo proposito il Consorzio Italiano Compostatori (CIC) ha diffuso un vademecum dedicato proprio a chi è in procinto di partire o si trova già sul luogo di destinazione.
Una corretta raccolta differenziata anche in vacanza permette di non sprecare importanti risorse, spiegano gli esperti CIC, con la quota di organico adatta a diventare fertilizzante per alberi e arbusti, nonché utile per procedere alla pacciamatura e al controllo delle erbe infestanti. Come ha sottolineato Alessandro Canovai, presidente CIC:
Grazie ad una buona raccolta differenziata dei rifiuti organici si ottiene il compost, un fertilizzante naturale che può essere utilizzato ad esempio nell’orto, per una concimazione di fondo che favorisca un buon nutrimento per le piante.


Sono 8 le indicazioni del Consorzio Italiano Compostatori per non sbagliare con la raccolta differenziata in vacanza. Ecco quali sono gli errori da non commettere e le buone pratiche da adottare:
  • Informarsi sulle modalità di raccolta nel luogo scelto per le vacanze, soprattutto se si è affittato un appartamento, così da adattarsi a quanto richiesto dai consorzi locali di gestione dei rifiuti.
  • Scaricare l’app eventualmente messa a disposizione dal Comune in cui ci si recherà per le vacanze, così da essere informati di tutte le pratiche richieste per una corretta gestione della raccolta differenziata.
  • Utilizzare il sacchetto giusto per la raccolta dell’umido, che deve riportare la dicitura “biodegradabile e compostabile”, oltre a quella che identifica lo standard europeo “UNI EN 13432:2002″, e il logo rilasciato dall’ente di certificazione (ad esempio il marchio “Compostabile CIC”).
  • Ricordarsi che nell’umido possono essere gettati tutti gli scarti della preparazione dei cibi, ma in nessun caso oggetti in plastica, metallo o vetro.
  • È consigliato far sgocciolare i rifiuti prima di buttarli e se necessario ridurli a pezzetti.
  • Utilizzare stoviglie compostabili.
  • Moderarsi con gli acquisti e comprare soltanto gli alimenti che si è in grado di consumare, riducendo così gli sprechi.
  • In caso di avanzi armarsi di un po’ di fantasia e recuperarli utilizzandoli per preparare nuovi piatti.
fonte: www.greenstyle.it

Formia Rifiuti Zero – Indagine sulla soddisfazione degli utenti: il 92% non tornerebbe a una gestione privata, si richiedono maggiori controlli sul territorio
















Formia Rifiuti Zero, al fine di conoscere meglio i bisogni e le esigenze dell’azienda e per mettere in atto azioni che consentano di migliorare l’efficienza dei servizi offerti, ha chiesto a distanza di un anno ai cittadini di Formia una seconda opinione su come vengano percepiti e valutati i servizi erogati, nonché quali siano le aspettative per poter prestare un’offerta coerente all’esigenze della cittadinanza.
Il questionario somministrato, nel mese di marzo, via telefono è stato articolato in tre sezioni:
–        valutazione sui servizi erogati dall’azienda; –
–        valutazione di carattere generale sulla comunicazione;
–        valutazione sui canali di contatto dell’azienda.
Le interviste realizzate – utilizzate in forma aggregata e solo per finalità statistiche – sono 372 di cui 345 alle utenze domestiche (famiglie), 27 agli amministratori di condominio.
I risultati raccolti sono occasione per Formia Rifiuti Zero per evidenziare punti di forza, di debolezza e opportunità di miglioramento per alcune particolari tipologie di servizi.
Tra i punti di forza, il 93% degli intervistati non tornerebbe a una gestione privata dei servizi di igiene urbana,  l’87,5% (contro il 74 % dell’anno scorso) degli intervistati preferisce la raccolta differenziata porta a porta rispetto alla raccolta differenziata stradale; 8,0 su 10 (l’anno scorso 7,1) è il giudizio medio degli intervistati sulla disponibilità degli operatori della raccolta; 8,1 su 10( l’anno scorso 7,4 ) è il giudizio sulla puntualità della raccolta differenziata porta a porta; 7,7 su 10 (l’anno scorso 7)  il giudizio in generale della raccolta differenziata.
Tali giudizi sono espressi dalle utenze domestiche in modo più positivo rispetto agli amministratori di condominio.
Tra i punti di debolezza emerge che 4,9 su 10 è il giudizio medio degli intervistati sul servizio di pulizia dei marciapiedi e delle strade; il 51% ritiene che l’abbandono dei rifiuti potrebbe risolversi con maggiori controlli e sanzioni; il 63% degli intervistati non ha mai utilizzato l’isola ecologica; vi è uno scarso utilizzo del numero verde 800.911.334 e poca conoscenza dei canali di contatto internet (sito e pagina facebook) forniti da Formia Rifiuti Zero.
Attraverso l’indagine sono state raccolte indicazioni e suggerimenti su servizi che gli utenti vorrebbero che FRZ sviluppasse maggiormente in futuro, in particolare, si richiede una migliore pianificazione dello spazzamento, maggiori attività di controllo del territorio e sanzione e un piano di comunicazione riferito al sito web, al numero verde e alla pagina facebook dell’azienda (facilità di raggiungere le informazioni desiderate).
L’amministratore unico Raphael Rossi dichiara, “siamo molto soddisfatti, sia per i giudizi positivi che per le critiche, che ci permetteranno di migliorare. Molto soddisfacenti i giudizi sulla puntualità della raccolta 8,1 (+0,7 rispetto al 2017), sulla disponibilità dei nostri operatori 8,2 (+0,9 rispetto al 2017) che rappresentano un giusto riconoscimento degli sforzi di tutti i lavoratori a cui va il nostro ringraziamento.
Per le migliorie necessarie su spazzamento e controllo del territorio, lavoreremo perché i cittadini siano sempre più soddisfatti della loro società pubblica. Per quanto riguarda la comunicazione presto lanceremo il nuovo sito Internet che raccoglierà tutte le campagne di comunicazione che stiamo progettando grazie al finanziamento a fondo perduto del CONAI”.
fonte: http://www.formiarifiutizero.it

Rifiuti, la raccolta differenziata porta a porta costa oltre il doppio rispetto a quella stradale

In totale i costi operativi diretti sono passati da 2,6 miliardi di euro del 2007 a 3,4 miliardi di euro nel 2016























Tenere pulita casa propria costa, e lo stesso vale per una città: a maggior ragione se le operazioni di “pulizia” si fanno via via più articolate. Lo studio annuale sulla raccolta differenziata italiana sviluppato da Utilitalia (la Federazione che riunisce le aziende operanti nei servizi pubblici dell’acqua, dell’ambiente, dell’energia elettrica e del gas) in collaborazione con Bain & Company Italy dà un’immagine precisa di questi costi: da un lato la raccolta differenziata per la prima volta in Italia ha superato (nel 2016) il 50% del totale della produzione rifiuti, con un incremento di quasi 4 milioni di tonnellate negli ultimi 5 anni. Dall’altro lato, a fronte di questo incremento i costi operativi diretti della raccolta sono passati da 2,6 miliardi di euro del 2007 a 3,4 miliardi di euro nel 2016, per un valore medio unitario per singola tonnellata che oggi ammonta a 126 euro a tonnellata. E se il sistema di raccolta stradale rappresenta ancora il 62% dei volumi, la modalità porta a porta è ormai al 38%, con un aumento del 12% dal 2007 ad oggi.

Com’è collegato questo andamento con quello dei costi? L’aumento della raccolta differenziata porta a porta «è particolarmente rilevante – ricapitolano da Utilitalia – per comprendere le dinamiche di evoluzione dei costi. Questo sistema di raccolta infatti si conferma molto più oneroso rispetto a quello stradale: il porta-a-porta si attesta a 190 euro a tonnellata contro i 74 euro a tonnellata dello stradale (ovvero la raccolta differenziata da campane e cassonetti filo strada, ndr). Il costo medio della raccolta differenziata è di 126 euro per tonnellata. Si tratta di un valore che cambia molto a seconda delle diverse categorie merceologiche: si passa dai 321 euro della plastica (qui è disponibile l’approfondimento condotto l’anno scorso su questa frazione merceologica, ndr) ai 191 della carta, dai 148 della frazione organica ai 90 del rifiuto residuo». Non è una sorpresa: il porta a porta abbisogna di maggiori mezzi e di un più ampio numero di lavoratori (creando dunque occupazione), che naturalmente vanno pagati. A sorprendere sono piuttosto le promesse di molti amministratori pubblici, che promettono al contempo elevate percentuali di raccolta differenziata, magari da raggiungersi col 100% di raccolta porta a porta, e Tari in calo per tutti.

Secondo quanto riporta l’analisi, in ogni caso «l’incremento dei costi è stato mantenuto a livelli inferiori rispetto ad una loro evoluzione inerziale, con un efficientamento complessivo a livello di sistema superiore ai 400 milioni di euro all’anno». Sono gli obiettivi ambientali che si fanno – giustamente – di anno in anno più sfidanti: il nuovo pacchetto normativo Ue sull’economia circolare che entrerà in vigore dal 4 luglio impone ad esempio che entro il 31 dicembre 2025 almeno il 65% in peso dei rifiuti da imballaggio debba essere riciclato (riciclato e non differenziato, il primo è il fine mentre la raccolta differenziata porta a porta o meno è un mezzo per raggiungerlo). Uno sforzo comune che non fa bene “solo” all’ambiente ma anche alla nostra economia: come ricorda oggi infatti Paola Ficco sul Sole 24 Ore, grazie all’applicazione dell’intero pacchetto normativo, secondo «la Commissione europea nel 2025 il risparmio di materie prime per l’industria europea potrebbe essere di circa 400 miliardi di euro (il 14% a parità di produzione) e 12 miliardi di euro per l’Italia».

Per raggiungere questi guadagni la collettività deve però sopportare alcuni costi, come nel caso della Tari con cui si finanziano i servizi di igiene urbana. E il rapporto Utilitalia ne dà ampio conto: il campione nello studio è pari a oltre 180 Comuni, rappresentativi del 29% del totale dei rifiuti urbani prodotti, con una copertura geografica che va da nord a sud del Paese.

Proprio partendo da questo ampio spettro di dati, il rapporto evidenzia anche una significativa variabilità dei costi sul territorio, con differenze «che possono arrivare anche al 300% a seconda della diversità del contesto – per esempio raccolte più onerose nei grandi centri urbani rispetto ai piccoli Comuni – e del tipo di modelli organizzativi. Guardando alle filiere del trattamento, invece, emerge che solo il 30% del totale dei flussi sono avviati, come prima destinazione, in impianti di proprietà delle stesse aziende che effettuano la raccolta, con un 70% destinato in impianti di terzi».

Perché lo scopo della raccolta differenziata – che sia stradale o porta a porta – è sempre e solo uno: provare a raccogliere i rifiuti che produciamo in categorie omogenee, di qualità sufficientemente elevata per poi avviarle in primis a riciclo. E se non esiste un metodo di raccolta in assoluto migliore rispetto a un altro, dipendendo fortemente dal contesto del territorio locale, è sempre vero che non ha senso fare la raccolta differenziata senza poi re-immettere sul mercato come materie prime seconde i rifiuti raccolti a fronte di costi elevati. Il che significa anche, naturalmente, dotarsi degli impianti industriali (di selezione, di riciclo, di recupero energetico e di smaltimento finale) per gestire questi flussi.

«C’è un crescente impegno delle imprese per il miglioramento qualitativo e quantitativo della raccolta differenziata, per la sostenibilità ambientale – commenta al proposito Filippo Brandolini, vicepresidente di Utilitalia – per la piena attuazione dei principi dell’economia circolare e per la riduzione delle frazioni non utilmente riciclabili. I risultati sono importanti soprattutto proprio nell’ottica del Pacchetto dell’economa circolare che indica target ambiziosi da raggiungere non soltanto con una buona raccolta differenziata ma anche grazie a un adeguato sistema di impianti per il riciclo e recupero. È per questo che continua a preoccupare l’insufficiente dotazione di impianti in alcune aree del Paese, in particolare per la frazione organica».

fonte: www.greenreport.it

In autunno parte il 'Contatore Ambientale' di Milano che misura quanto fa bene la raccolta differenziata

Realizzato grazie alla collaborazione tra Comune, Conai, Amsa, A2a Ambiente e Amat permetterà di conoscere precisamente quanta acqua o emissioni di Co2 vengono risparmiate, quanto compost viene creato, quanto vetro, alluminio, acciaio, carta, cartone, legno e plastica vengono riciclati



















Quanto vale la raccolta differenziata a Milano? Dal prossimo autunno sul sito del Comune sarà possibile conoscere esattamente quali e quanti vantaggi genera il corretto trattamento dei rifiuti grazie al Contatore Ambientale, frutto della collaborazione tra il Comune di Milano, Conai, Amsa, A2A Ambiente e Amat, che oggi in Sala Arazzi a Palazzo Marino hanno sottoscritto il protocollo d’intesa per la sua realizzazione.

Uno strumento che permetterà di valutare i benefici ambientali derivanti da un efficiente sistema integrato di gestione dei rifiuti urbani, qual è quello milanese, e di conoscere precisamente quanta acqua o emissioni di Co2 vengono risparmiate, quanto compost viene creato dal materiale organico, quanto vetro, alluminio, acciaio, carta, cartone, legno e plastica vengono riciclati riutilizzati e dunque quante e quali materie prime vergini vengono risparmiate.

I dati, disponibili sul portale Open Data, saranno facilmente consultabili sul sito istituzionale dell’Amministrazione.

“L’attivazione del Contatore è un passaggio importante per le politiche ambientali del Comune di Milano – commenta l’assessore alla Mobilità e Ambiente Marco Granelli -, perché restituisce ai cittadini la piena consapevolezza di quanto una intelligente gestione dei nostri rifiuti sia utile a tutti, in termini non solo ecologici ma anche economici. Rendersi conto dei benefici e comunicarli in modo efficace è fondamentale, poiché i primi artefici del successo della differenziata sono proprio i cittadini che ogni giorno con le buone pratiche separano in maniera sempre più precisa e responsabile gli scarti prodotti”.

“Consumo responsabile e produzione responsabile rappresentano uno dei 17 Goal dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile – aggiunge Gloria Zavatta, presidente di Amat -. Sensibilizzare i cittadini e le imprese è molto importante e il Contatore della Raccolta Differenziata della città risponde a questo bisogno. Permetterà inoltre di calcolare in maniera rigorosa tutte le fasi di gestione dei rifiuti e i quantitativi di nuovi prodotti che (simbolicamente) si possono ottenere con i materiali avviati a riciclo”.

“Conai è felice di mettere a disposizione la propria esperienza per diffondere la cultura del riciclo e per favorire la transizione al nuovo modello di produzione e consumo proprio dell’economia circolare. Il contatore ambientale nasce per quantificare i benefici ambientali ed economici generati dalla corretta gestione dei rifiuti urbani”, ha dichiarato Giorgio Quagliuolo, Presidente di Conai, Consorzio Nazionale Imballaggi. “È fondamentale che i cittadini sappiano che quanto viene raccolto separatamente può avere una nuova vita: attraverso questo strumento racconteremo loro i risultati in termini di discariche evitate, di risparmio di energia e materie vergini, di nuovi prodotti creati con le materie prime seconde ottenute grazie anche al loro contributo”.

LA DIFFERENZIATA A MILANO

Oggi la percentuale di raccolta è arrivata al 55,6%, un risultato che pone Milano al vertice tra le metropoli europee insieme a Vienna e che fa ben sperare rispetto all’obiettivo del fissato del 60 per cento fissato dall’Amministrazione per il 2020.

Merito del modello portato avanti dal Gruppo A2A, che si basa sulla gestione integrata dell’intera catena dei rifiuti, dalla raccolta al trattamento, dal recupero di materia alla produzione di energia. Il cento per cento dei rifiuti urbani milanesi è avviato a riciclo o a recupero, nessun rifiuto primario viene destinato alla discarica.

Tra giugno e novembre di quest’anno, sono stati potenziati inoltre i servizi di raccolta differenziata nella zona ovest di Milano, estendendo a tutte le utenze domestiche il servizio porta a porta del cartone e riducendo la frequenza di ritiro del rifiuto indifferenziato. Il sistema, attivo nel 50% delle utenze milanesi, raggiungerà tutta la città entro il 2019.

“Le innovazioni al sistema di raccolta differenziata stanno dando risultati positivi - dichiara Mauro De Cillis, Direttore Operativo di Amsa – Nella zona nord ovest di Milano abbiamo registrato un deciso calo dei rifiuti indifferenziati (-6,7%) e un significativo aumento delle frazioni riciclabili come carta e cartone (+9,7%), plastica e metalli (+8,7%) e organico (+8,7%). Un importante successo ottenuto grazie all’impegno e alla sensibilità ambientale dei cittadini di Milano”.

La raccolta differenziata inoltre è attiva in 67 mercati comunali, l’estensione del servizio al 100 per cento dei mercati è prevista entro il 2019

fonte: www.ecodallecitta.it

Rifiuti: meno ne produci, meno paghi

Si chiama Pay-As-You-Throw: si paga in base ai rifiuti effettivamente prodotti. Accade a Trento dove smaltire i rifiuti costa il 31% in meno della media nazionale





















Dove si ricicla di più e si producono meno rifiuti, i cittadini pagano meno. E risparmiano pure i comuni. Come a Trento dove il costo pro capite per lo smaltimento dei rifiuti, con il 78,9% di riciclo, è di soli 152 euro per abitante, contro un costo totale medio pro-capite annuo pari a 218,31 euro per abitante.
Pago per quello (i rifiuti) che produco

Sembrerebbe lapalissiano, in realtà non lo è. Trento fa parte di una ristretta cerchia di comuni italiani, che hanno applicato la tariffa puntuale, cioè quella correlata all’effettiva produzione di rifiuti per famiglia, riuscendo così a far “spendere” meno ai propri cittadini e contenendo i costi di gestione del servizio. Risparmi che si rivelano un vero e proprio investimento non solo per le nostre tasche, ma per l’ambiente e per la nostra salute, ancor più nell’ottica dell’ormai indispensabile economia circolare.
La non trasparenza della TARI

Il dato proviene dallo studio condotto da Ispra sui 223 comuni, pari a 1.860.847 cittadini interessati, che applicano appunto il regime denominato Pay-As-You-Throw, determinato cioè da quanti rifiuti effettivamente produciamo, che ha mostrato che, in generale, i comuni con la tariffazione puntuale presentano un costo totale medio pro-capite inferiore a quelli che utilizzano la cosiddetta “Tari Normalizzata” cioè la “Tassa Rifiuti”. TARI che resta un vero e proprio tributo, applicato al “possesso o alla detenzione a qualsiasi titolo di locali o di aree scoperte operative suscettibili di produrre rifiuti urbani”, in parole povere alla superficie delle nostre case e appartamenti, non in base a quanti rifiuti effettivamente “produciamo” o “differenziamo”.

Tassa su cui in passato anche gli stessi comuni non hanno operato in trasparenza “gonfiando” le bollette, tanto che il Ministero delle Finanze, lo scorso novembre, è dovuto intervenire con un’apposita circolare, anche per fornire ai cittadini gli estremi per il rimborsi dovuti per costi addebitati ingiustamente.
Adesione volontaria

In realtà, ad oggi, non c’è ancora un obbligo per i comuni per aderire alla tariffazione puntuale. Anche se con legge 47/13 (articolo 1, comma 639), che ha istituito la TARI, il comma 652 dell’articolo 1 prevede che, “in alternativa ai criteri del metodo normalizzato, e comunque nel rispetto del principio “chi inquina paga”, il Comune “può commisurare la tariffa alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia delle attività svolte nonché al costo del servizio sui rifiuti”.

Il decreto attuativo per la realizzazione da parte dei comuni di sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico, è arrivato, però, solo il 20 aprile 2017, pertanto tutti i comuni che nel frattempo hanno iniziato ad utilizzare il sistema lo hanno fatto in modo “volontario”.
Rifiuti che pesano in bolletta

Resta il fatto che sul campione di 2.988 comuni (il 37,4% dei comuni italiani) per 35.122.966 abitanti (il 58% della popolazione), analizzando i Piani Finanziari presentati sulla gestione TARI, Ispra ha calcolato che nel 2016 sono stati spesi mediamente, appunto, 218,3 euro procapite Mediamente 60 euro per ogni cittadino, ogni anno, in più.

Un censimento esteso, anche se non completo, che in ogni caso, ci fa riflettere, soprattutto controllando le nostre bollette. Ad oggi, infatti, “non v’è certezza”. Occorre ricordare il monitoraggio dell’Osservatorio Prezzi di Cittadinanza Attiva che a novembre 2017 ha realizzato una classifica delle dieci città più care e quelle dove la gestione dei rifiuti costa meno.

Secondo l’associazione di tutela dei cittadini-consumatori, nel corso del 2017, una famiglia media italiana ha pagato 300 euro. Confrontando i singoli capoluoghi di provincia, Belluno (con tariffazione puntuale) si conferma la città più economica (149 euro all’anno), mentre a Cagliari spetta il primato di più costosa (549 euro). La Campania è la regione più cara (418 euro annui), il Trentino Alto Adige quella più economica (197 euro).
Un business nelle mani di pochi

Ma chi gestisce i nostri rifiuti? Intanto gestirli male costa di più, alla collettività. Lo ribadisce anche il Green Book dalla Fondazione Utilitatis in collaborazione con Cassa Depositi e Prestiti, pubblicato lo scorso 3 maggio. Sono 575 gestori di rifiuti individuati in tutta Italia, che forniscono ai nostri 7.954 comuni, i servizi di igiene urbana.

Un settore che ha registrato oltre 12 miliardi di fatturato solo nel 2016, il cui 75% delle aziende è rappresentato da monoutility legate al settore ambiente, mentre il restante 25% da aziende multiutility. Ma se gli operatori di piccole dimensioni rappresentano il 55% del totale, costituiscono solo il 10% del fatturato nazionale. Il 37% del fatturato di settore è generato, infatti, dal 3% di operatori con un volume d’affari superiore ai 100 milioni di euro. E dal punto di vista dell’assetto proprietario solo il 34% delle aziende ha natura completamente privata: il 66% risulta partecipato dal pubblico.

Numeri che, quindi, ci riguardano da vicino: proprio il 30 maggio Istat ha annunciato l’aumento dell’indice dei costi di gestione e di produzione dei rifiuti, nazionali, con riferimento all’acquisto di beni e servizi, al costo del personale dipendente e al costo d’uso del capitale, pari al 16,3%.
Verso un sistema meno costoso

Ma a chi spetta spingere verso il sistema di tariffazione puntuale, meno oneroso per il nostro portafogli e per l’ambiente? Un primo passo sembra arrivare dall’attribuzione di nuovi poteri di controllo, anche sanzionatori, all’Autorità di regolazione per energia e reti e ambiente(Arera) che, come previsto dalla legge di stabilità 2018, dovrà definire “un sistema tariffario certo, trasparente e basato su criteri predefiniti, promuovendo la tutela degli interessi di utenti e consumatori”, che dovrà verificare “gli obiettivi economico-finanziari dei soggetti esercenti il servizio con gli obiettivi generali di carattere sociale, di tutela ambientale e di uso efficiente delle risorse“.

L’’Autorità è già al lavoro. Lo scorso 5 aprile ha avviato un’indagine per l’adozione di provvedimenti di regolazione tariffari per tutto il ciclo dei rifiuti, differenziati, assimilati e urbani. Un lavoro imponente, ma che si rende necessario. Ora più che mai, per risparmiare, i nostri soldi e quelli pubblici.

fonte: www.valori.it

Pacchetto sull’economia circolare: nuovi obiettivi di riciclaggio dell’UE

Il nuovo pacchetto sull’economia circolare stabilisce per l’UE ambiziosi obiettivi di riciclaggio e di riduzione delle discariche. Scopri quali sono gli obiettivi vincolanti e le scadenze


















Gestire i rifiuti in modo più efficiente è il primo passo verso un’economia circolare, dove gran parte dei prodotti e materiali viene continuamente riciclata o riutilizzata. Lunedì 16 aprile gli eurodeputati discutono del pacchetto sull’economia circolare, che stabilisce nuovi obiettivi giuridicamente vincolanti per il riciclaggio dei rifiuti e la riduzione dello smaltimento in discarica con scadenze prestabilite.





Rifiuti: obiettivi europei più ambiziosi

Il pacchetto stabilisce due obiettivi comuni per l’Union europea. Il primo è il riciclo di almeno il 55% dei rifiuti urbani entro il 2025. Questa quota è destinata a salire al 60% entro il 2030 e al 65% entro il 2035. Il secondo obiettivo è il riciclo del 65% dei rifiuti di imballaggi entro il 2025 (70% entro il 2030) con obiettivi diversificati per materiale, come illustrato nella tabella:

Materiale
Entro il 2025
Entro il 2030
Tutti i tipi di imballaggi
65%
70%
Plastica
50%
55%
Legno
25%
30%
Metalli ferrosi
70%
80%
Alluminio
50%
60%
Vetro
70%
75%
Carta e cartone
75%
85%



Le nuove regole riguardano anche le discariche e prevedono un obiettivo vincolante di riduzione dello smaltimento in discarica. Entro il 2035 al massimo il 10% del totale dei rifiuti urbani potrà essere smaltito in discarica.



Che impatto hanno i rifiuti sulla vita delle persone?



I rifiuti producono effetti negativi sull’ambiente, il clima, la salute dell’uomo e l’economia. Se non progettate correttamente, le discariche possono contaminare i terreni e le falde acquifere con le sostanze chimiche presenti nei rifiuti portando a conseguenze sulla salute di animali e persone.

Le discariche rilasciano il metano, un gas serra molto potente che influisce negativamente sul clima.

I rifiuti interessano anche l’economia: nello smaltimento in discarica si perdono tutte le materie prime e i prodotti che potrebbero invece produrre ulteriore valore se riutilizzate o riciclate e reimmesse nel ciclo economico.



Nonostante la gestione dei rifiuti nell’UE sia molto migliorata negli ultimi decenni, più di un quarto dei rifiuti urbani viene ancora smaltito in discarica e meno della metà viene riciclato o compostato, con notevoli differenze tra stati membri.



Per ulteriori informazioni
Comunicato stampa: “Economia circolare: gli eurodeputati sostengono i piani per aumentare il riciclaggio e ridurre lo smaltimento in discarica” (EN)
EPRS: “Pacchetto sull’economia circolare. Quattro proposte legislative sui rifiuti” (EN)
Dossier sull'economia circolare 


fonte: http://www.europarl.europa.eu

Plastica: tavolo d’incontro per eco-rivoluzione intelligente















Un’eco-rivoluzione per il settore della plastica. Questo l’obiettivo che si sono posti Federazione Gomma PlasticaIPPRConaiCoreplaISPRAEnea e Legambiente, che insieme hanno dato vita a un tavolo di lavoro permanente per migliorare la sostenibilità e rendere più efficiente l’utilizzo dei materiali plastici.

Coniugare innovazione con la minimizzazione dell’impronta ecologica è tra gli obiettivi principali che i componenti del nuovo tavolo d’incontro sulla plastica si sono posti. Un’operazione che secondo la “Plastica Strategy” UE vede nel riciclo del materiale la via prioritaria per attivare un meccanismo virtuoso di economia circolare, tagliando il consumo di petrolio e di rifiuti in discarica.

Nella sola Italia il ricorso alla plastica ha subito un netto incremento tra il 2015 e il 2017, come riferito dai membri del tavolo: +10% per il PET (settori principali contenitori per alimenti); +5,5 per il PE (sacchi, tubi, imballaggi); +3,5 per il PP e +75% per il PS, con impiego prevalente nel settore dell’edilizia per l’isolamento termico. Necessaria secondo Federazione Gomma Plastica, Legambiente e degli altri partecipanti una strategia coordinata e condivisa, volta a:
  • Migliorare la qualità dei polimeri derivanti dal riciclo, affinché si possano utilizzare in modo più diffuso in sostituzione dei materiali vergini, incrementando al contempo il valore del materiale e cercando di contenere i costi della filiera, affinché possano risultare competitivi rispetto ai materiali vergini, anche in considerazione del calo del prezzo medio dovuto al blocco delle importazioni cinesi e dei paesi di destinazione intermediari (quali ad es. Olanda, Slovenia, Rep. Ceca);
  • Ampliare la gamma e la quantità di impiego dei polimeri riciclati, sostenendo lo sviluppo di una cultura dell’economia circolare, sia nei settori privati dei consumi, sia nel settore pubblico, una cultura che riconosca ai materiali riciclati un valore aggiunto ambientale;
  • Pensare e progettare i prodotti in materiale plastico in modo tale da allungare la loro vita utile e semplificarne il riciclo a fine vita, riducendo l’impiego di materiali compositi e misti a favore di quelli mono-polimerici;
  • Educare maggiormente cittadini, consumatori, imprese a gestire correttamente i rifiuti di plastica, a non abbandonarli nell’ambiente, ad effettuare correttamente la separazione dentro casa (o dentro l’azienda) e il conferimento nei contenitori della raccolta differenziata.
In merito all’istituzione di questo tavolo sulla plastica, a cui parteciperanno a di volta in volta anche soggetti diversi dai membri fissi, un commento è arrivato da Stefano Ciafani, presidente Legambiente:
Oggi la sfida della riduzione degli impatti ambientali da plastica non gestita correttamente si gioca lavorando nello sviluppo dell’economia circolare, massimizzando le politiche di riprogettazione, prevenzione e riciclo, nell’innovazione di processo e di prodotto, nello sviluppo del mercato dei prodotti realizzati con materiale da riciclo e nelle campagne di informazione per i cittadini. Il Tavolo costituito con i principali attori del settore è lo strumento migliore per promuovere idee innovative e soluzioni praticabili in tal senso e per mantenere il primato italiano su diversi ambiti della gestione dei rifiuti, poco rivendicato nel nostro Paese.

fonte: http://www.greenstyle.it