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Economia circolare del cibo a Milano: fare rete è il modello vincente

 


Il Comune di Milano ha sviluppato un modello di riciclo degli scarti che permette di differenziare fino a quasi il 60% dei rifiuti.

Un approccio all’economia circolare del cibo significa ridurre il nostro impatto sull’ambiente e contribuire al tempo stesso alla lotta contro la malnutrizione. Si tratta del Goal 2 dei SDGs che intende porre fine alla fame, garantire la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un'agricoltura sostenibile.

Diventa necessario ridurre lo spreco, recuperare gli scarti e minimizzare l’impatto ambientale dell’intera industria. Il momento particolare che stiamo attraversando a causa della pandemia è un’occasione per ripensare l’intero ecosistema produttivo, rivalutando l’economia circolare e la bioeconomia in armonia con i fondamenti del Green New Deal, il programma lanciato dall’Unione Europea per raggiungere la neutralità delle emissioni inquinanti entro il 2050.

Parlando in numeri, secondo Ispra nel 2018 abbiamo prodotto 14,5 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari o derivanti dal packaging, cifre che si ripercuotono inevitabilmente sullo smaltimento dei rifiuti. Sebbene nelle piccole città la gestione dei rifiuti e della raccolta differenziata si è rivelata un modello ben riuscito, è anche vero che Milano si colloca al primo posto delle città al di sopra del milione di abitanti con il 58,8% di raccolta differenziata porta a porta e al secondo posto tra le città sopra ai 200 mila abitanti, dietro Venezia con 59,5%. In termini di produzione di rifiuti urbani pro capite con 502,1 kg/ab/anno il Comune di Milano è al di sotto della media del Nord Italia al di sotto dei valori delle altre grandi città. Un modello cittadino di economia circolare possibile, dunque.

Come si legge nel report del Comune di Milano con la Fondazione Cariplo e Novamont dal titolo “Economia circolare del cibo a Milano”, è stato realizzato un sistema industriale le cui dimensioni economiche sono cresciute negli anni grazie ad una rete di consorzi dedicati al miglioramento della raccolta, selezione e riciclo dei flussi di rifiuti differenziati. Fondazione Cariplo ha infatti sottoscritto il Protocollo lombardo per lo sviluppo sostenibile e ha firmato un Accordo Quadro specificatamente dedicato all’ambiente.

Dal 2014 Milano e Fondazione Cariplo hanno avviato un’agenda sul tema del cibo coinvolgendo tutti gli attori interessati, dai cittadini, agli Enti pubblici, associazioni, imprese e Università. Un progetto a cui ha preso parte la stessa Cariplo Factory, con l’iniziativa Food Policy Hot Pot, volta a sviluppare l’innovazione all’interno del sistema alimentare della città e alimentare il virtuosismo di Milano, prima città italiana a dotarsi di una policy legata al cibo.

Non è l’unica iniziativa: Cariplo Factory partecipa anche al progetto Food Trails. Ben undici città oltre Milano come Copenaghen, Varsavia, Birmingham, Bordeaux, Bergamo, Funchal, Groningen, Grenoble, Salonicco e Tirana, le Università di Cardiff, Wageningen e Roskilde e cinque player del sistema alimentare e di innovazione scendono in campo per evidenziare azioni concrete per supportare lo sviluppo e il consolidamento di politiche alimentari utili e praticabili. Il progetto europeo approvato nell’ambito del programma Horizon 2020 intende individuare eventuali ostacoli amministrativi alla replicabilità e trasferibilità delle politiche, permettendo successivamente di estendere queste conoscenze ad una rete più ampia di città. In ogni città vengono istituiti dei Living Labs per coordinare l’attuazione delle iniziative di innovazione del sistema alimentare, favorire la condivisione di idee tra istituzioni e l’ecosistema di attori della città e attrarre opportunità finanziarie che contribuiscano alla sostenibilità di tali sistemi a lungo termine.

Perché il riciclo sia un modello vincente è fondamentale che gli scarti possano essere riutilizzati anche da realtà che oggi non solo non se ne occupano ma neanche immaginano di poter diventare attori del processo. È qui che entra in gioco Open Innovation, uno spazio per le startup che intendono dare un contributo importante per migliorare la filiera del cibo in Italia ad esempio attraverso soluzioni e idee innovative che abilitino il controllo della qualità del cibo, o che ne migliorino la tracciabilità lungo l’intera catena del valore, o ancora che aiutino o migliorano il recupero delle eccedenze alimentari. Già nel 2018 Cariplo Factory ha attivato, insieme a Intesa Sanpaolo Innovation Center, il Circular Economy Lab (CE Lab), primo laboratorio per la circular economy in Italia che collega le imprese con le startup innovative.

fonte: www.nonsoloambiente.it/


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La mobilità in sharing si amplia a Milano: più scooter e biciclette, e arriva la micromobilità















Milano incentiva la mobilità elettrica e condivisa e definisce regole chiare per l’utilizzo dei mezzi in sharing. Sono state approvate dalla Giunta milanese infatti le linee guida che consentono di avviare la sperimentazione dello sharing della micromobilità elettrica e proseguire con lo sharing di scooter e biciclette a flusso libero all’interno di un sistema di regole stringenti per le aziende e per i soggetti interessati a fornire il servizio in città.
Fra le innovazioni introdotte per lo scooter sharing, il vincolo di una flotta interamente elettrica dal 1° gennaio 2020; per quanto riguarda le bici a stallo libero, l’aumento della flotta fino a 16mila biciclette anche a pedalata assistita.
Al fine di governare meglio il fenomeno, le linee guida della sperimentazione sulla micromobilità elettrica definiscono il numero massimo di 2mila monopattini in città: tutti i veicoli dovranno essere dotati di luci, numero identificativo e limitatori di velocità.
Inoltre in tutta la città i monopattini  potranno sostare esclusivamente negli stalli di sosta dedicati alle biciclette o a lato strada, dove non sia espressamente vietato e comunque sempre secondo le regole del codice della strada. Nella Cerchia dei Navigli, dove non esiste sosta libera, i monopattini potranno attivare e chiudere il noleggio solo negli stalli sosta attraverso sistemi tecnologici realizzati a cura delle società di gestione.Attualmente a Milano vi sono oltre 32mila stalli per la sosta delle biciclette in tutta la città. In particolare nella Cerchia dei Navigli si contano 4.300 stalli; all’esterno del Municipio 1, nelle aree adiacenti le fermate della metropolitana, sono 6.900 e lungo le piste ciclabili sono 3.350. Questi numeri sono in continuo aggiornamento per nuove installazioni in corso che terranno conto anche dell’introduzione dei nuovi veicoli.
Per quanto riguarda le biciclette in condivisione a stallo libero le nuove linee guida prevedono altri tre anni di sperimentazione e un ampliamento della flotta totale presente in città fino a 16mila veicoli in totale e fra queste sono previste anche biciclette elettriche a pedalata assistita.  
Per quanto riguarda gli scooter il nuovo bando prevede che dal 1° gennaio 2020 potranno essere solo elettrici (ad oggi le flotte di scooter esistenti contano circa 1.470 veicoli suddivisi fra 5 operatori).
L’avviso pubblico per lo sharing avrà finestre temporali mensili. Dovranno presentare certificazione di sottoscrizione di adeguata polizza assicurativa, garantire il servizio di call-center, pronto intervento e controllo dei dispositivi con personale pronto a rimuoverli o spostarli entro le 24 ore dalla segnalazione in caso di disservizio, abbandono o posteggio irregolare, pena la rimozione da parte del Comune con imputazione dei costi a carico del gestore. Il servizio dovrà essere attivo 365 giorni e disponibile 24 ore su 24. 
Per ogni monopattino o bicicletta in strada i gestori dovranno investire 10 euro all’anno in comunicazione e informazione agli utenti sulle regole di utilizzo e del codice della strada, anche in forma condivisa con l’Amministrazione e gli altri gestori e 100 euro annui per ogni scooter. Inoltre per ogni monopattino elettrico e bicicletta sarà necessario depositare una cauzione una tantum (sotto forma di fideiussione) di 25 euro o di 50 euro per ogni scooter, a garanzia degli eventuali interventi di rimozione effettuati dall’Amministrazione e al Comune dovrà essere versato un contributo di 8 euro per ogni monopattino o bicicletta quale contributo all’uso degli spazi pubblici. Il contributo scende a 3 euro per le biciclette elettriche al fine di incentivarne l’introduzione.


fonte: www.greencity.it

Milano, la lotta alla plastica inizia a scuola: il Comune regala borracce di alluminio a tutti gli studenti

L'idea del sindaco Sala: a settembre verranno consegnate a tutti gli studenti delle elementari e delle medie, con lo sponsor di una partecipata. E in settimana tavolo con le aziende del Comune per trovare azioni comuni















Il primo passo, non solo simbolico, sarà a settembre: alla riapertura delle scuole verrà consegnata a tutti gli studenti milanesi delle elementari e delle medie una borraccia di alluminio. E sarà, in qualche modo, la prima iniziativa visibile del nuovo corso dell'amministrazione, che sulla lotta alla plastica usa e getta e sulle questioni ambientali sembra voler puntare, tanto da aver creato un assessorato alla Transizione ambientale. La delega è nelle mani del sindaco Beppe Sala, ed è stato lui ad annunciare la novità per i bambini e i ragazzi: "Per dare il buon esempio partiremo dalle nostre partecipate e dai servizi pubblici. E faremo anche azioni simboliche che aiuteranno a riflettere: il Comune regalerà a tutte le bambine e i bambini delle elementari, e ai ragazzi delle scuole medie, al loro ritorno a scuola, una borraccia di alluminio per segnare la nostra volontà di combattere la plastica. Servono segnali e, soprattutto, esempi".
 

Il sindaco, quindi, sta lavorando a questa iniziativa plastic free: bisogna fare in fretta, per essere pronti a settembre. Per questo sta coinvolgendo nel progetto le società partecipate: potrebbero essere A2a o Mm a sponsorizzare le borracce. E saranno invece gli assessori, questa è l'idea, a consegnarle con piccole cerimonie in cui si spiegherà ai ragazzi (e agli adulti) il significato del progetto. "Il messaggio che vogliamo dare è che con buone pratiche come questa si può arrivare ad abolire i distributori automatici che hanno solo confezioni di plastica per le bevande", spiega Sala. Che aggiunge: " E poi, serve anche per dire che l'acqua del sindaco è buona, e le borracce si possono riempire anche così".
 
Oltre alle scuole, però, il progetto del sindaco è di coinvolgere pezzi sempre più ampi della città in progetti di rispetto e cura dell'ambiente. In settimana vedrà i rappresentanti di tutte le partecipate milanesi per l'apertura di un tavolo di confronto: "Assieme dobbiamo capire come sviluppare azioni concrete per ridurre il consumo di plastica, per migliorare la qualità ambientale: sono temi sui quali una città come Milano deve e può investire" . E questo sarà solo un primo tavolo di confronto: perché alla ripresa dopo le vacanze l'intenzione è di aprire un altro fronte di lavoro con il mondo dell'impresa e del commercio, per studiare con le aziende e con i negozi altri possibili interventi.

Si parte con le borracce, quindi: due mesi fa il Municipio 1 ha deciso di regalarne a oltre 1.200 studenti della zona, in collaborazione con Mm. Il regalo è andato a tutti i ragazzi che hanno partecipato al progetto del 'Consiglio di municipio delle ragazze e dei ragazzi' e che hanno scelto di lavorare proprio sul tema dell'acqua pubblica.

fonte: https://milano.repubblica.it

Gli “svuota cantine”: a Milano un tavolo per integrarli nella raccolta formale dei rifiuti

L’assessore all'ambiente Granelli apre al confronto con gli operatori informali: “Amsa fa tanto e non si può chiedere di più, ma bisogna evitare il degrado quindi lavoriamo insieme osservando le regole”



















Quale futuro per gli attori dell'economia informale dei rifiuti che dà da mangiare a tante persone e limita disagio e povertà? I cosiddetti “svuota cantine”, gli operatori non professionaliche su chiamata passano a ritirare gli ingombranti oppure girano nei quartieri alla ricerca di oggetti e materiali abbandonati, non sono più ignorati dai comuni come qualche tempo fa.
Si tratta di persone che con il loro lavoro evitano lo smaltimento di centinaia di tonnellate di rifiuti e, se regolarizzati, oltre a lavorare con maggiore dignità e tutele potrebbero garantire introiti consistenti alle casse delle pubbliche amministrazioni. A Milano sarà finalmente avviato un tavolo di lavoro sulla questione, che vedrà confrontarsi operatori informali, il comune e l'Amsa. L'annuncio è stato dato qualche settimana fa al quartiere Giambellino, nel corso del dibattito “Dai rifiuti nascono idee” insieme ad Amsa e all’assessore all'Ambiente, Marco Granelli.
Il mercato dell’usato in Italia è fonte di sostentamento per diverse famiglie, che oltre a garantirsi un reddito onesto riescono a riscattarsi da situazioni di degrado e marginalità. Sono circa 50.000 le micro-attività coinvolte e 80.000 le persone che si adoperano per ridare una nuova vita agli oggetti inserendoli nel circuito del riutilizzo. La stima, tra regolari e non, è stata fatta dalla Rete ONU (Operatori Nazionali dell’Usato) che da tempo denuncia la necessità che le amministrazioni comunali regolarizzino gli operatori informali a fronte di un sistema normativo che negli anni è diventato sempre più rigido.
Quelli che non riescono a formalizzare l’attività continuano comunque a lavorare e spesso utilizzano mezzi di fortuna; non hanno accesso alle isole ecologiche e abbandonano il materiale scartato. L’anno scorso aveva fatto notizia il caso di uno “svuota cantine” a Roma, che era stato denunciato per trasporto e sversamento non autorizzato di rifiuti speciali e al quale era stata comminata una multa di 3.700 euro, oltre al sequestro del mezzo.
 “Il problema non si combatte con le sanzioni. Bisogna offrire delle alternative a chi riesce a vivere di questo lavoro e vuole mettersi in regola”. Lo sostengono Pietro Luppi, direttore del Centro di Ricerca Occhio del Riciclone, e Mario Fedele, presidente del Consorzio Equo.
Le procedure di accesso per diventare operatori professionali sono rigide e i costi da sostenere sono troppo alti rispetto ai guadagni. Ma sempre più amministrazioni comunali riconoscono un ruolo agli informali considerando la situazione di disagio in cui vivono e l’utilità del loro lavoro che sottrae alle discariche e agli inceneritori quantitativi di rifiuti non indifferenti.   
Torino, città pioniera su questo fronte anche se oggi sembra voler tornare sui propri passi, il comune consente a circa 500 operatori di vendere e scambiare oggetti al secolare mercato del Balon, dietro la presentazione di un’istanza e il pagamento di  un contributo per la copertura del canone di occupazione del suolo pubblico, della tassa giornaliera per la raccolta dei rifiuti e di eventuali costi aggiuntivi per la pulizia dell’area. Nel capoluogo piemontese l’economia informale evita centinaia di tonnellate di rifiuti e versa nelle casse della pubblica amministrazione più di 120 mila euro all’anno. (Cfr. Rete ONU e Rapporto Nazionale sul riutilizzo 2018).  
 “Chi raccoglie ferro riesce a viverci e a uscire dalla devianza. Quando un rom ottiene l’autorizzazione la mostra con orgoglio agli altri del gruppo”, dice Mario Fedele, presidente del Consorzio Equo che conta 600 soci91 punti di raccolta autorizzati in tutta Italia e ha all’attivo ben 400 tonnellate di ferro recuperate. “Seguiamo i nostri soci in tutto, dalle pratiche per l’iscrizione all’Albo dei gestori alla tenuta dei formulari e diamo lavoro a tante persone”.
Bisogna abbassare le barriere di accesso per chi vuole svolgere questi mestieri” - dice Pietro Luppi-“la repressione non risolverà il problema degli abbandoni, bisogna, invece, offrire alternative e facilitare l’accesso degli sgombratori ai centri di raccolta comunale”.
Sono tutte questioni aperte che troverebbero le giuste risposte nelle quattro proposte di legge, in esame alle Commissioni riunite Ambiente e Attività produttive, con contenuti assimilabili che vanno dall’istituzione del Consorzio nazionale del riuso  alla regolamentazione e incentivazione della compravendita dell’usato e un percorso di formazione per gli operatori.
Nell’Unione Europea nel 2014 – spiega Luppi - è stata avviata una riflessione sugli operatori informali. In Serbia nel 2018 l’87% del recuperabile è stato raccolto dagli operatori informali. In America latina gli informali vengono coinvolti nella raccolta dei rifiuti ed è anche previsto un sistema di ricompensa con la formalizzazione delle mance e il “micro-franchising” come sostegno. In particolare in Brasile per fare la raccolta differenziata bisogna necessariamente rivolgersi ai riciclatori informali”. 

Plastica: negozi e ristoranti a Milano dicono basta alla usa e getta

I negozianti di Milano si preparano a dire addio alla plastica usa e getta, l'iniziativa di Palazzo Marino in collaborazione con Legambiente.















Milano si prepara a dire addio alla plastica usa e getta. Presentata a Palazzo Marino l’iniziativa “Milano Plastic Free“, che vedrà negozi e ristoranti del capoluogo lombardo abbandonare l’utilizzo di materiali plastici non riutilizzabili. Il processo avverrà in collaborazione con Legambiente, i cui attivisti contribuiranno anche attraverso visite “porta a porta” presso i locali presenti sul territorio per spiegare ai gestori le possibili alternative sostenibili.
Il progetto Milano Plastic Free prenderà il via, almeno in questa prima fase, nelle zone Isola e Niguarda, salvo poi diffondersi nel resto della città. A negozianti e ristoratori verrà chiesto di rinunciare all’impiego di piatti, posate, bicchieri, sacchetti e qualsiasi altro oggetto in plastica usa e getta, così da sostituirli con soluzioni più amiche dell’ambiente e/o riutilizzabili.
Si partirà con quattro vie ad alto tasso commerciale come via Ornato e via Graziano Imperatore nel quartiere Niguarda e via Thaon de Revel e via Borsieri in zona Isola, dove si stima vi siano circa 200 locali (oltre 50 tra bar e ristoranti e poco meno di 150 negozi). Prevista per gli aderenti all’iniziativa anche una speciale vetrofania, da applicare sulle vetrine di ingresso.
Potranno aderire in questa prima fase anche locali posizionati in quartieri o vie differenti, basterà informarsi al riguardo presso Legambiente. Come ha sottolineato Barbara Meggetto (Legambiente Lombardia):
Per anni si è pensato che il destino delle plastiche dipendesse dalla buona organizzazione di raccolta e separazione dei rifiuti. Oggi invece sappiamo di dover concentrare gli sforzi anche sulla riduzione dell’usa e getta e sulla sostituzione di plastiche a perdere con materiali alternativi, biodegradabili.
fonte: www.greenstyle.it

Progetto di compostaggio Quelimane Limpia: il modello Milano in Mozambico

Progetto finanziato nel 2016 dall’Unione Europea, cofinanziato dalla Regione Lombardia e Fondazione Peppino Vismara, realizzato dalla municipalità di Quelimane con il supporto del Comune di Milano, Celim, CetAmbLab, Amsa-Gruppo A2A


















Inaugurato in Mozambico il centro di compostaggio di Quelimane Limpia, progetto finanziato nel 2016 dall’Unione Europea, cofinanziato dalla Regione Lombardia e Fondazione Peppino Vismara, realizzato dalla municipalità di Quelimane con il supporto del Comune di Milano, Celim, CetAmbLab, Amsa-Gruppo A2A.
Quelimane, quarta città del Mozambico e capoluogo della Zambesia, regione tra le più povere della nazione (alto tasso di mortalità infantile, decessi di minori sino ai cinque anni e delle gestanti), grazie alle scelte della sua amministrazione locale è una delle realtà più impegnate nel ridisegno dei propri sistemi urbani nel campo della sicurezza alimentare, della gestione dei rifiuti e delle acque potabili e di depurazione. Nella delegazione del sistema Milano è presente anche MM per un’analisi di fattibilità di alcuni interventi migliorativi del sistema di gestione delle acque.

Il Mozambico è uno dei paesi che vede il maggiore impegno della cooperazione italiana nel perseguimento degli obiettivi di sostenibilità delle Nazioni Unite (SDG – sustainable development goals) e la città di Quelimane ha ricevuto per il progetto Quelimane Limpia il riconoscimento di buona pratica, sul tema di sicurezza alimentare, da parte dell’Unicef.
Di fronte all’insufficiente e inefficiente raccolta dell’immondizia e all’assenza di un sistema di differenziazione e riciclo nella municipalità di Quelimane, CELIM intende migliorare le condizioni igienico-ambientali nella città africana rafforzando la collaborazione tra i diversi soggetti coinvolti (autorità locali, società civile e settore privato).

Dove lo riciclo?- A Milano 4 nuovi cassonetti smart per i RAEE

Le ecoisole sono state installate da Amsa in collaborazione con Ecolight e il Comune




A Milano è stato raddoppiato il numero dei cassonetti intelligenti destinati alla raccolta dei rifiuti elettronici, i cosiddetti RAEE. Le nuove ecoisole, come le precedenti, sono state installate da Amsa – Gruppo A2A, in partnership con Ecolight – consorzio nazionale per la gestione dei RAEE.

Dove si trovano i nuovi cassonetti

Questi 4 nuovi cassonetti di ultima generazione sono stati collocati in corrispondenza dei Municipi 6, 7, 8 e 9. Qui i cittadini potranno conferire smartphone, tablet, piccoli elettrodomestici, caricabatterie e lampadine a risparmio energetico e neon non più funzionanti. Queste ecoisole si aggiungono alle altre quattro che sono state attivate la scorsa estate in corrispondenza dei Municipi 2, 3, 4 e 5.

Le nuove EcoIsole sono state posizionate in corrispondenza di quattro sedi dei Municipi del Comune di Milano:
Municipio 6, in via Legioni Romane 54
Municipio 7, in via Anselmo da Baggio 55
Municipio 8, in via Quarenghi 21
Municipio 9, in viale Guerzoni 38
I cassonetti già posizionati

I cassonetti già presenti in città erano situati rispettivamente nelle seguenti zone:
Municipio 2, in viale Zara 100
Municipio 3, presso la Biblioteca Valvassori Peroni, in via Valvassori Peroni 56
Municipio 4, in via Oglio 18
Municipio 5, in viale Tibaldi 55

fonte: https://www.canaleenergia.com

Nasce a #Milano , il primo quartiere dedicato allo #sprecoalimentare e alla donazione del #cibo.


















Nasce a #Milano , il primo quartiere dedicato allo #sprecoalimentare e alla donazione del #cibo. L'inaugurazione avverrà lunedì 14 gennaio alle 14.30. @FoodPolicyMi @ComuneMI @Assolombarda @RicettaQuBi
Ecco il modello logistico: 14 supermercati, 4 mense aziendali per recuperare 60 tonnellate/anno

Milano Food Policy - ZeroSprechi

La componente principale di un centro del riuso? 'Quella sociale'

Intervista di Eco dalle Città ad Antonio Castagna, esperto di economia circolare: “Occorre iniziare ad interrogarsi sulla funzione sociale dei centri del riuso. Svolgono funzioni complesse e creano lavoro”









Dopo l’annuncio da parte del Comune di Milano, dell’apertura del primo centro del riuso cittadino, abbiamo colto l’occasione per interrogarci su come si progetta un centro del riuso. A questo proposito abbiamo interpellato Antonio Castagna, esperto di economia circolare:
Come definirebbe un centro del riuso? Ci sono più varianti per questo tipo di attività?
Non c’è una definizione ufficiale o uno standard per definire cosa sia esattamente un centro del riuso. Tuttavia, possiamo definirlo, rispetto alle sue funzioni di recupero, come un centro che intercetta i beni prima che finiscano a smaltimento o riciclo.
Oltre al flusso proveniente dagli scarti urbani, può ricevere beni attraverso le donazioni. Per quanto riguarda invece le attività che vengono effettuate al suo interno, si tratta generalmente di operazioni di pulizia, riparazione e commercializzazione dei beni recuperati.
Qual è la dimensione giusta affinché un centro del riuso sia sostenibile dal punto di vista economico e ambientale (sia in termini di bacino di utenti che di spazio a disposizione per l’attività)?
Considerando la quantità di beni potenzialmente recuperabili, tra l’1 e il 2% dell’ammontare dei rifiuti solidi urbani, occorre che ci sia approssimativamente un bacino di almeno 100mila persone. Questa stima, tuttavia, è influenzata anche altre variabili come la tipologia di popolazione, la densità e le specifiche locali in termini di mercato.
Quali sono le principali attività e tipologie di materiale che dovrebbe ospitare un centro del riuso?
Questo dipende molto dalla strutturazione e l’organizzazione del centro, dal suo mercato di riferimento. Non solo, anche dalla massa critica di materiali che ha a disposizione.
Un centro del riuso piccolo può funzionare su alcune filiere precise e dettagliate: è il caso del centro del riuso di Torino che lavora molto sulle biciclette. Altri, come quello di Vicenza, possono permettersi di lavorare sui materassi o sulle reti, avendo una quantità di beni molto grande che gli consente anche di commercializzare fuori dall’Italia. Altre situazioni, possono dipendere dalle competenze specifiche che si attivano. I centri di Vicenza e Verona, ad esempio, hanno sviluppato molto il settore dell’elettronica e della stereofonia, facendo anche investimenti a questo proposito: si tratta infatti di professionalità alte, sui occorreva investire.
Qual è il soggetto più indicato per gestire una struttura di questo tipo?
Solitamente sono cooperative sociali di tipo B. Si tratta di realtà che utilizzano per buona parte personale cosiddetto “svantaggiato” (minimo il 30%) che proviene da situazioni di disagio.
Come mai questo tipo di realtà?
Il perché è abbastanza semplice da comprendere. Questo tipo di attività coniuga funzioni semplici come la pulizia o la movimentazione a lavori più raffinati dal punto di vista delle competenze. Come dimostrato da diverse esperienze, i soggetti svantaggiati vengono introdotti in queste attività per svolgere funzioni semplici in grado di rispondere alla prima necessità di dargli un’occupazione e un ordine (il fatto che rispettino degli orari, dei compiti, etc.). Tanti di loro, sono persone in grado di apprendere competenze raffinate, tanto che ci sono casi di lavoratori che hanno sviluppato professionalità specifiche utili allo sviluppo stesso del centro di riuso. Questa evoluzione può avvenire all’interno di un contesto come può essere un centro del riuso, in grado di curare ed accogliere le necessità di una persona che parte da una situazione di disagio ma ha tutte le potenzialità per crescere.
Questo elemento sottolinea molto la funzione sociale di un centro del riuso: quanto è presente questa componente nelle realtà che ha analizzato?
La componente sociale è in realtà quella principale. Uno dei vincoli culturali che dobbiamo superare è proprio il fatto che il centro del riuso valga soprattutto per questioni ambientali. Quest’ultima è una componente certamente significativa ma le sue ricadute nel ciclo di gestione della materia sono certamente limitate. Il suo impatto sociale in un territorio è invece davvero impattante e sarebbe il caso di misurarlo con più attenzione. Diverse esperienze (Vicenza, Verona, Torino ma anche all’estero) hanno portato alla creazione di collaborazioni importanti tra centri del riuso, strutture carcerarie, cooperative di tipo A che hanno dato un’opportunità di riscatto sociale a decine di persone.
Questi progetti hanno bisogno di essere supportati da partner pubblici o privati?
E’ vero che i centri del riuso costruiscono un circuito economico di valorizzazione di beni ma quel circuito economico da solo non permette loro di stare in piedi. Il limite italiano è pensare che tutto ciò possa stare in piedi esclusivamente attraverso un circuito di mercato.
In che modo vanno supportati?
Sulle modalità di supporto ci sono diversi modelli: nel nord Europa, ad esempio, il finanziamento è diretto da parte dello Stato. Quello che funziona meglio in Italia, invece, è quando si riesce a trovare un accordo sulla gestione di servizi accessori, ad esempio la gestione di un centro di raccolta. Questo consente di fare da filtro per i beni vendibili, che rientrano in un circuito di pulizia e recupero e poi commercializzati.
fonte: www.ecodallecitta.it




Cosa butto nell’umido?

Una campagna di Amsa, Assiobioplastiche e Comieco insegna a riconoscere e a differenziare in modo corretto i nuovi materiali compostabili che vanno smaltiti con la frazione organica















A finire nell’umido, per essere trasformati in compost, non sono più solo gli scarti di cucina, ma anche bicchieri e stoviglie, capsule e cialde del caff è , sacchi per la spesa, buste per il pane, per la frutta e per la verdura
  
E’ saltata la raccolta differenziata? Al contrario. Sono tutti oggetti che oggi vengono realizzati con polimeri compostabili, che vanno smaltiti con la frazione organica. Sono dunque recuperabili e riciclabili, e comportano una decisiva riduzione dell’impatto sull’ambiente. 

Ma come riconoscerli e distinguerli dagli altri? 
  
Per agevolare i cittadini nello smaltimento di questa nuova tipologia di rifiuti Amsa, Assobioplastiche e Comieco hanno lanciato a Milano la campagna di comunicazione “Hai detto umido?” per scoprire e imparare a differenziare correttamente i nuovi polimeri. 

Per riconoscere i prodotti basta verificare che siano certificati secondo lo standard europeo EN13432 e che riportino almeno uno dei seguenti simboli, accompagnato dalla scritta “compostabile”. 
   
“Attività come la campagna sui nuovi materiali compostabili mirano a migliorare ulteriormente la raccolta differenziata, uno degli obiettivi previsti dal piano strategico per la città di Amsa e Comune di Milano” – ha dichiarato Mauro de Cillis, Direttore Operativo di Amsa, società del Gruppo A2A –. Nel mese di agosto Milano ha raggiunto il 59,5 per cento di raccolta differenziata, confermandosi tra le metropoli più virtuose in Europa nella gestione del ciclo integrato dei rifiuti”. 

Tra i materiali che possono finire nell’umido ci sono anche certe tipologie di contenitori in carta e cartone. “Se la confezione è pulita e ben svuotata va buttata nel bidone bianco”, precisa Carlo Montalbetti, Direttore Generale di Comieco, “ma se è sporca di cibo può essere buttata nell’umido e riciclata insieme al resto della frazione organica, così nulla va sprecato”. 
  
“Ringrazio Amsa per questa campagna, la prima pensata appositamente per i manufatti compostabili, che darà un importante contributo alla diffusione di comportamenti virtuosi in una città che anno dopo anno è stata in grado di conseguire risultati da primato nella raccolta differenziata dei rifiuti organici. E’ anche con le buone pratiche dei piccoli gesti quotidiani, come quello di una corretta raccolta dell’umido, che si preserva l’ambiente, migliorando così la qualit à della vita delle persone”, ha commentato il presidente di Assobioplastiche Marco Versari.  
  
La campagna dedicata ai nuovi materiali compostabili verrà veicolata online e sul territorio attraverso l’Ufficio Mobile di Amsa, uno sportello itinerante presso cui è possibile richiedere informazioni, segnalare problematiche inerenti la raccolta, ricevere materiale informativo e prenotare il ritiro dei rifiuti ingombranti.  

Il calendario delle tappe previste dall’Ufficio Mobile è consultabile sul sito di Amsa al link: https://goo.gl/HMtkz9

fonte: www.lastampa.it