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End of waste, si accende il dibattito












Si riaccende il dibattito parlamentare sull'end of waste caso per caso. A far discutere le misure contenute nel decreto semplificazioni. Dubbi delle imprese sul sistema dei controlli ex-post, mentre Ispra boccia il parere preventivo e obbligatorio per il rilascio delle autorizzazioni.




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La #Pandemia in #Umbria: Non sia pretesto per abbassare la guardia nella tutela ambientale



Con determinazione  dirigenziale della Regione Umbria n. 2578 del 23 marzo 2020, il dirigente del Servizio Ambiente Dott. Monsignori, unitamente all'istruttore Dott. Casagrande e al Responsabile Dott. Grigioni, ha disposto, sino al 30 maggio 2020, la sospensione degli autocontrolli e della trasmissione delle schede informative nei confronti dei gestori degli impianti industriali autorizzati, che operano in regime di prevenzione e riduzione integrata dell'inquinamento (IPPC).
Si tratta di controlli periodici di estrema importanza, perché volti a garantire il rispetto, da parte del gestore dell'impianto, delle migliori tecniche disponibili (BAT) ovvero di quelle norme fondamentali, che garantiscono di mantenere le emissioni inquinanti (a titolo esemplificativo non esaustivo: Pm 2,5,  Pm10, policlorobifenili, furani, diossine ecc. ...) entro i parametri autorizzati, di ottimizzare i consumi delle matrici ambientali e di evitare gli incidenti. 
Possiamo comprendere che l'emergenza sanitaria, tra le più gravi della storia, possa determinare una carenza del personale tecnico impegnato in tali controlli e monitoraggi, ma, più che mai, in un momento come questo, ove proprio l'elevato inquinamento atmosferico potrebbe agevolare la diffusione del virus, non possiamo rallentare i controlli nei confronti, soprattutto, di chi tratta rifiuti, anche pericolosi (pensiamo, ad esempio, ai rifiuti ospedalieri). Non dobbiamo mai dare l'impressione di allentare la rete della vigilanza, in un settore, più che mai oggi, da tutelare, quello ambientale, tutt'uno con la pubblica salute (!).
Vogliamo, inoltre, rammentare alle forze dell'ordine, alla Regione, ad Arpa e Usl,  che esistono anche i controlli effetto sorpresa. 
Per  le autorizzazioni alle emissioni in atmosfera, l'articolo 269, comma 9, testo unico dell'ambiente dispone chiaramente che: "L'autorita' competente per il controllo è autorizzata ad effettuare presso gli impianti tutte le ispezioni che ritenga necessarie per accertare il rispetto dell'autorizzazione".
Cominciamo a parlare di sanità e pubblica salute nell'ottica della prevenzione ambientale, partendo da più controlli, anche a sorpresa: questo è il monito dell'attuale congiuntura sanitaria.

WWF Umbria

Comitato Antipuzza Villa Pitignano Ponte Felcino Bosco e Ramazzano

Comitato Salute Ambiente Calzolaro Trestina Altotevere Sud

Molini di Fortebraccio

Coordinamento Regionale Umbria Rifiuti Zero

Gruppo Ecologista il Riccio di Città della Pieve

Italia Nostra Orvieto

Vigilanza e controllo sulla gestione dei rifiuti: si parte con i nuovi controlli


















Assicurare le funzioni di vigilanza e controllo sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio; elaborazione di linee guida sulle modalità di gestione dei rifiuti anche per promuovere la diffusione di buone pratiche e delle migliori tecniche disponibili per la prevenzione, le raccolte differenziate, il riciclo e lo smaltimento dei rifiuti.
Questi alcuni dei contenuti della Convenzione triennale che l’ISPRA, in collaborazione con il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), ha sottoscritto con la Direzione Generale per i Rifiuti e l’Inquinamento del MATTM, che prevede un piano operativo da stabilire di anno in anno.
Si tratta della prima convenzione operativa di Sistema sui controlli: emersa la necessità di contrastare gli illeciti sui rifiuti e prevenire gli incendi, il primo piano operativo partirà proprio con queste attività. Le risorse stanziate a questo fine e destinate al SNPA, servono a garantire con adeguato e qualificato personale le attività di controllo su un campione di circa 350 impianti di gestione dei rifiuti presenti sul territorio nazionale.
Sono stati individuati come prioritari gli impianti di gestione dei flussi di rifiuti che presentano le maggiori criticità sia in termini di gestione che di raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclaggio fissati dalla normativa europea ed in particolare:
  • 76 impianti di trattamento veicoli fuori uso (autodemolizione, rottamazione, frantumazione) – 62 impianti di trattamento RAEE (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche)
  • 210 impianti di smaltimento e recupero in procedura semplificata.
Altro tema oggetto della Convenzione riguarda le quantità dei rifiuti urbani indifferenziati (pari a 9,7 milioni di tonnellate di rifiuti nel 2016) inviati ad impianti di trattamento meccanico biologico; una parte considerevole pari a circa il 55% sono destinati allo smaltimento in impianti di discarica.
L’attività prevista dalla Convenzione prevede una selezione degli impianti TMB sui cui effettuare l’indagine che siano rappresentativi delle diverse realtà territoriali e delle diverse modalità di gestione messe in atto; l’effettuazione di almeno un’analisi merceologica sul rifiuto urbano indifferenziato in ingresso agli impianti e sui flussi misti in uscita per ogni impianto selezionato, finalizzata ad identificare le diverse frazioni merceologiche riciclabili (frazioni metalliche quali alluminio, rame, ferro, plastiche, organico, ecc.); una relazione tecnica finale contenente, oltre ai risultati dell’indagine e alle elaborazioni dei dati raccolti, le informazioni sulle modalità operative adottate, le annotazioni sulle eventuali problematiche riscontrate e indicazioni su eventuali soluzioni individuate.
fonte: http://www.snpambiente.it

Ambiente, cambiano i controlli sul territorio

Ok allo schema di decreto sul regolamento del personale ispettivo del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente. Le ispezioni potranno anche essere sollecitate online dai cittadini


















Il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente punta sulle sentinelle del territorio. La decisione arriva con il via libera in Consiglio dei ministri dello schema di decreto del Presidente della Repubblica sul regolamento del personale ispettivo del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA).
Lo schema di decreto adottato, in pratica, disciplina le modalità di individuazione del personale incaricato degli interventi ispettivi, le competenze, i criteri generali per lo svolgimento delle attività e le modalità per la segnalazione di illeciti ambientali da parte di enti e di cittadini, singoli o associati. Il provvedimento adotta inoltre il codice etico concernente il personale ispettivo del SNPA.
Gli addetti agli interventi ispettivi saranno individuati da ISPRA e ARPA tra il personale in possesso di adeguata qualificazione comprovata dai titoli di studio e dall’esperienza maturata nei settori specifici di attività. Una volta superata la  selezione per titoli di studio ed esperienza, ci sarà un apposito percorso formativo che prevede anche l’affiancamento al personale in servizio, al termine del quale sarà acquisita la qualifica di ispettore. La formazione non si limita alla fase iniziale, ma è continua: il personale incaricato degli interventi ispettivi dovrà infatti seguire percorsi di aggiornamento annuale.
Nel dettaglio, ISPRA e ARPA sceglieranno come personale ispettivo coloro che, nell’esercizio della funzione, assumeranno la qualifica di polizia giudiziaria con incremento dell’azione di contrasto agli illeciti ambientali.
Il provvedimento specifica anche i criteri per lo svolgimento dell’attività ispettiva. Il personale, inoltre, deve essere dotato di un tesserino di riconoscimento da esibire al momento dell’accesso a siti o impianti.
La questione non è meramente tecnica e riguarda tutti, anche i cittadini. Il decreto stabilisce infatti che chiunque, in forma singola o associata, possa segnalare a ISPRA e ARPA gli illeciti ambientali utilizzando un modulo disponibile sui siti istituzionali degli enti. Le segnalazioni dovranno essere circostanziate e riguardare fatti riscontrabili e conosciuti direttamente dal denunciante, tempo e luogo e ogni altro elemento utile ad identificare chi ha posto in essere l’illecito, inclusa eventuale documentazione fotografica.
“Si tratta – ha commentato il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa – di un importante passo in avanti nel contrasto all’azione di chi pone in essere condotte che danneggiano ambiente. Da oggi avremo a nostra disposizione uno strumento in più, certi di poter contare sull’esperienza e sulla passione di chi già da tempo si occupa di ambiente. Non solo. Con questo decreto abbiamo fornito uno strumento ulteriore ai cittadini, agli enti e alle associazioni che vorranno denunciare gli illeciti ambientali. Un’azione in più per scoraggiare chiunque pensi di poter inquinare, deturpare, distruggere il nostro ambiente facendola franca”.

fonte: www.rinnovabili.it

Ato Toscana Costa punta al 71 per cento di differenziata

Rifiuti, grazie ai nuovi progetti finanziati l’Ato Toscana Costa punta al 71% di differenziata
Finanziati 13 interventi con 5 milioni di euro, che si sommano ai 12 milioni di euro del 2018














Secondo gli ultimi dati certificati disponibili (anno 2017) nei Comuni che compongono l’Ato Toscana Costa – ovvero quelli delle province di Livorno (esclusi i Comuni di Campiglia Marittima, Castagneto Carducci, Piombino, San Vincenzo, Sassetta, Suvereto), Lucca, Massa Carrara e Pisa – il dato medio della raccolta differenziata dei rifiuti è fermo al 58,64%, ancora distante rispetto al target del 65% stabilito dalla normativa nazionale per il 2012, sebbene il dato sia più alto della media toscana (53,9%); la rotta per migliorare ulteriormente è però già stata tracciata, e punta al 71,8%.


L’Ato ha infatti approvato la graduatoria dei nuovi finanziamenti erogati dalla Regione Toscana per l’incremento della raccolta differenziata: si tratta di 13 progetti per un finanziamento complessivo di circa 5 milioni di euro (pari al 47% dei costi d’investimento previsti), proposti dai Comuni di Porto Azzurro, Monteverdi Marittimo, Camaiore e Altopascio, oltre che da Rea spa, Asmiu, Ascit spa, Aamps spa e Geofor spa.


«Tali progetti – spiegano dall’Ato – riguardano in particolare l’introduzione ed il miglioramento delle raccolte differenziate porta a porta, di prossimità e con cassonetti ad accesso controllato, anche tramite tariffa puntuale, e la realizzazione di nuovi centri di raccolta o il potenziamento di quelli esistenti». Con l’attivazione di tutti i progetti approvati, sia quelli appena finanziati che quelli finanziati nel 2018 per ulteriori 12 milioni di euro, l’Autorità d’ambito prevede di raggiungere «il 71,8% di raccolta differenziata a livello di area vasta». Spetterà all’Ato – ovvero ai Comuni che lo compongono, in definitiva – il controllo e il monitoraggio per la corretta esecuzione dei progetti.


Senza dimenticare che, oltre al quantitativo di rifiuti intercettati dalla raccolta differenziata, sarà necessario incrementare anche la qualità di quanto raccolto e l’infrastruttura industriale per la conseguente gestione e valorizzazione: la differenziata è infatti un necessario passaggio intermedio, ma il fine ultimo è l’effettivo riciclo e re-immissione sul mercato dei rifiuti separati dai cittadini.

fonte: www.greenreport.it

L’OPINIONE DI MEDICINA DEMOCRATICA SULLA QUESTIONE FANGHI DA DEPURAZIONE E UTILIZZO AGRONOMICO



















Ha destato scalpore l’inserimento nel “decreto urgenze” (DL 109 del 29.09.2018) di una norma dedicata alla concentrazione limite degli idrocarburi nei fanghi utilizzabili per lo spandimento in agricoltura. Il testo è il seguente Art. 41 Disposizioni urgenti sulla gestione dei fanghi di depurazione
“ 1. Al fine di superare situazioni di criticita’ nella gestione dei fanghi di depurazione, nelle more di una revisione organica della normativa di settore, continuano a valere, ai fini dell’utilizzo in agricoltura dei fanghi di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, i limiti dell’Allegato IB del predetto decreto, fatta eccezione per gli idrocarburi (C10-C40), per i quali il limite è : ≤ 1.000 (mg/kg tal quale). Ai fini della presente disposizione, per il parametro idrocarburi C10-C40, il limite di 1.000 mg/kg tal quale si intende comunque rispettato se la ricerca dei marker di cancerogenicita’ fornisce valori inferiori a quelli definiti ai sensi della nota L, contenuta nell’allegato VI del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, richiamata nella decisione 955/2014/UE della Commissione del 16 dicembre “.
Il provvedimento è stato accusato di innalzare i limiti previgenti relativi al suddetto parametro, la questione è più complessa ed interessa sia ritardi (e pasticci) normativi sia aspetti di carattere tecnico e di tutela ambientale.
In effetti potrebbe essere definito come una “pezza peggiore del buco” come diversi provvedimenti regionali che l’hanno preceduto ma è improprio dire che il provvedimento “alza” i limiti relativi agli idrocarburi per l’utilizzo dei fanghi in agricoltura visto che non vi erano in precedenza chiare soglie, risulta più corretto affermare che il provvedimento fissa dei limiti non coerenti con gli obiettivi della normativa (sull’utilizzo agronomico dei fanghi e sui rifiuti più in generale) finalizzati da un lato al recupero, per quanto possibile, di tali rifiuti e dall’altro alla tutela ambientale (dei suoli e delle produzioni alimentari).
Per poter avere una idea precisa e svolgere delle valutazioni fondate sulla liceità e sugli effetti di tale provvedimento occorre chiarire il contesto normativo, gli effetti di alcune sentenze e tenere conto di alcuni aspetti “tecnici” strettamente legati alla questione.
Nella nota che si allega si formulano delle considerazioni sul provvedimento, sullo stato dell’arte della questione e si forniscono delle proposte sul tema.
Nell’invitare alla lettura del documento integrale, riportiamo sotto le conclusioni del documento.
Conclusioni
Va premesso che l’utilizzo agronomico di fanghi di depurazione di provenienza civile è sicuramente una pratica positiva se ben condotta (idonei trattamenti e modalità di impiego) nonché se la provenienza è idoneamente controllata e sottoposta a norme idonee a ridurre la presenza di sostanze pericolose (non completamente eliminabili) e dall’altro lato ad assicurare la presenza di elementi utili per il suolo (in particolare il fosforo).
Diversi motivi spingono in questa direzione (ferma la preferibilità del recupero rispetto allo smaltimento). Tra quelli principali l’impoverimento del suolo (si veda la direttiva quadro sulla protezione del suolo), quello dei cambiamenti climatici (si tratta di “bloccare” carbonio che altrimenti potrebbe essere emesso).
Tra i “pacchetti” in via di definizione dalla Unione Europea per l’economia circolare ve ne è uno dedicato ai fertilizzanti ove vi è uno spazio dedicato al recupero del fosforo (anche) dai fanghi per l’impiego come fertilizzanti riducendo la dipendenza dalla importazione della materia prima (fosforo/fosforite). Per dirla con le parole della Commissione “i concimi ottenuti da materie prime nazionali, organiche o secondarie, conformemente al modello di economia circolare sono svantaggiati, sotto il profilo concorrenziale, rispetto a quelli prodotti rispettando un modello di economia lineare. Tale distorsione di concorrenza ostacola gli investimenti nell’economia circolare.”
Il tema dei fanghi va affrontato, anche normativamente, tenendo conto di questo contesto.
Non va comunque dimenticato che – nell’immediato – la possibile presenza di sostanze pericolose, la possibilità di trattamenti inidonei, la miscelazione con altri rifiuti e pratiche agronomiche non corrette possono determinare danni ambientali.
La questione emersa con il contenuto dell’art. 41 del decreto legge “urgenze” deriva dal mancato aggiornamento del Dlgs 99/1992 in parte per colpa “europea” e in parte italiana.
Seguendo quanto indicato dalla normativa via via emanata il legislatore deve valutare e definire quale sia il valore di sostanze pericolose che possono essere “dannose per il terreno, per le colture, per gli animali, per l’uomo e per l’ambiente in generale” tenuto conto che, rimanendo agli idrocarburi, una qualche traccia vi sarà sempre in quanto la maggior parte dei depuratori non tratta solo scarichi civili ma anche industriali (per non parlare di scarichi non autorizzati di ogni genere).
Il riferimento adottato dalla Cassazione Penale (limiti per i suoli) è oggettivamente fortemente restrittivo e giuridicamente debole in quanto si fa riferimento a limiti di qualità (non contaminazione) del suolo e non di un rifiuto cui comunque si riconosce, a certe condizioni, una forma di recupero in quanto può fornire elementi nutritivi utili al terreno (fosforo, carbonio, azoto) tenendo conto di limitazioni (ridotta presenza di sostanze pericolose, modalità di impiego, tipologie di suoli idonei inclusa la considerazione sulla loro sensibilità per permeabilità ai nitrati).
Il TAR Lombardia si è riferito a un valore più “fondato” (500 mg/kg s.s.) rispetto a quello stabilito dal governo di 10.000 mg/kg tal quale, la discussione dovrebbe concentrarsi su tali aspetti e fondata su valutazioni tecniche idoneamente approfondite e discusse.
Sarebbe ovviamente opportuna una normativa a livello europeo per evitare situazioni diversificate tra i diversi paesi, allo stato sono stati prodotti documenti di discussione (l’ultimo nel 2010) nei quali comunque l’aspetto specifico degli idrocarburi non è oggetto, allo stato, di proposte di limiti specifici.
La questione non va ridotta da una “guerra” di limiti ma affrontare il tema dei fanghi a partire dalla introduzione di tecnologie (disponibili) atte a ridurne la produzione, ridurre i contaminanti presenti, recuperarli anche in altre filiere di utilizzo, controllare il destino dei fanghi di origine industriale.
Per Medicina Democratica Movimento di Lotta per la Salute
Marco Caldiroli
fonte: https://www.medicinademocratica.org

Intervista a Sergio Costa, Ministro dell’Ambiente

Omogeneità nei controlli in Italia, varare i decreti attuativi della legge 132, dialogare e affiancare i cittadini con risposte chiare e trasparenti. Queste le priorità di lavoro con Snpa del Ministro Costa.






In occasione della partecipazione del Ministro dell’Ambiente al Consiglio nazionale Snpa, una redattrice di AmbienteInforma gli ha posto alcune domande. Ecco il video con le risposte.


Intervista a cura di Anna Rita Pescetelli
fonte: https://ambienteinforma-snpa.it/

L'intervento di Walter Ganapini alla Presentazione Rapporto Rifiuti Speciali 2018

L'intervento del Direttore Generale di Arpa Umbria, Dott. Walter Ganapini, durante il convegno di presentazione del Rapporto Rifiuti Speciali 2018 di ISPRA. Camera dei Deputati, 14/6/2018.

#Citizen science, #Controlli Ambientali, #Innovazione Tecnologica, #Risorse, #Trasparenza ed Indipendenza Agenzie



Arpa Umbria

Studi Universitari e Determinazioni Dirigenziali Regionali delineano emissioni oltre i limiti di sostanze cancerogene e formazione di diossine, cosa si deve ancora valutare per tutelare la salute della popolazione? - Cosa abbiamo respirato fino ad oggi?



























Lunedi 28 maggio,  durante la riunione della commissione Consiliare Permanente, Assetto al territorio, del Comune di Città di Castello sulla vicenda Color Glass, abbiamo assistito all’ennesima giravolta di posizioni circa la valutazione dei pericoli per la popolazione di Trestina e dell’intera zona Sud del nostro Comune.
Nello stigmatizzare  l’assenza dei rappresentanti dell’azienda, che con uno scarno comunicato hanno deciso di non partecipare ai lavori della commissione,  atteggiamento “ictu oculi” in palese contrasto con le ripetute manifestazioni di apertura, della stessa, ad incontri con le istituzioni e con la popolazione, vorremmo sottolineare la crescente preoccupazione che fa seguito alle affermazioni fatte, in un recente passato, circa la natura delle emissioni in atmosfera. 
Tuttavia, tornando ai lavori della commissione,  molti degli interventi che si sono succeduti hanno sorvolato, di fatto, sia il problema delle responsabilità relative ai mancati controlli da parte delle amministrazioni e degli Enti sia la genesi delle preoccupazioni che la popolazione di Trestina aveva sollevate sin dal Giugno 2016 e rappresentate al Comune attraverso una petizione firmata.
C’è voluta una forte presa di posizione del Comitato Salute Ambiente Calzolaro Trestina Altotevere Sud che con diverse iniziative, anche di carattere scientifico, ha riportato al centro dell’attenzione un problema addirittura a molti sconosciuto.
Sono passati diversi mesi dalla “ visita guidata” in azienda dove addirittura è stata fatta una seduta della Commissione Assetto al Territorio, seduta che invece non si è voluta fare, al CVA di Trestina, nell’ultima occasione; della serie, se chiama il “potente di turno” ci si prostra, mentre se sono i cittadini a chiedere la stessa cosa ci si indigna addirittura per lesa maestà.
L’ordinanza del Sindaco di Città di Castello, circa la sospensione dell’attività, che fa seguito tra l’altro alla comunicazione della stessa azienda di autosospendere il ciclo produttivo, se da una parte, è un atto dovuto per le risultanze dell’Ispezione di Arpa e successiva comunicazione dell’USL, dall’altro rappresenta comunque una tardiva soluzione che denota una sorta di tentativo di salvare tutti e tutto.
Insomma,  se ci sono delle ispezioni che rilevano dei valori fuorilegge, e per di più si è consapevoli che finora non si è fatto niente per controllare e verificare il rispetto dei protocolli produttivi, crediamo che, senza ulteriori indugi, si debba procedere alla REVOCA delle autorizzazioni alla produzione e alla chiusura dell’attività.
In effetti, tra le prese d’atto relative alla determinazione Dirigenziale Regionale n. 4932 del 17/05/2018 con la quale si diffida la ditta Color Glass S.p.a. e si sospende l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera così come rilasciata dalla Provincia di Perugia con D.D. n. 8750 del 04/10/2013  e D.D. N. 8085 del 27/10/2014 , al punto 3 si precisa quanto segue: “Il superamento, per l’emissione E1 del valore di monossido di carbonio autorizzato ( valore rilevato 149 mg/Nm3, valore autorizzato 100 mg/Nm3 ), che può rappresentare un parametro indicatore sul controllo del processo e la presenza di
·       PCDD (diossine preoccupanti dal punto di vista tossicologico )
·       PCDF (banditi dal lontano 1985 a causa della loro tossicità e della loro tendenza a bioaccumularsi)
·       IPA  (Alcuni IPA hanno dimostrato in test di laboratorio di essere in grado di causare il cancro per inalazione (ai polmoni), per ingestione (allo stomaco) e per contatto dermico (alla pelle). Secondo l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) sono probabili cancerogeni per l’uomo )
·       e Titanio (già vietato in Francia perché cancerogeno, in Italia proposto come sospetto cancerogeno)
 parimenti non previsti nell’autorizzazione e per i quali viene richiesta la valutazione di competenza dell’USL;”
E ancora,  lo studio circa l’analisi delle emissioni commissionato dalla stessa Color Glass all’Università di Perugia mette in evidenza quanto segue: “ I soli parametri che sono risultati al di sopra  dei futuri limiti previsti sono il CO  ( in media ca. 120 mg/Nm3 contro un limite di 50 mg/Nm3 ) e i TVOC  ( 70 mg/Nm3 contro un limite di 10 mg/Nm3 ) …..Tutto ciò lascia intravedere la possibilità concreta che nel sistema si possano formare composti organo clorurati persistenti afferenti alla famiglia dei PCDD/PCDF ( Diossine ). …….. Per tutti questi fattori (elevate concentrazioni di cloro, presenza di rame , e IPA , regime termico del calcinatore ) l’ipotesi di un’eventuale presenza di diossine nelle emissioni provenienti dal forno essiccatore  (E1) risulta, a nostro avviso, essere estremamente probabile.”
Alla luce di simili affermazioni, fatte da dirigenti regionali, professionisti di Arpa e Usl, scienziati Universitari, l’unica azione possibile per la tutela della salute dei cittadini ribadiamo con forza debba essere soltanto la revoca definitiva delle autorizzazioni ad oggi rilasciate e la chiusura dell’opificio.
La delocalizzazione, vista la criticità della situazione emersa, non appare più risolutiva.
Il comitato, unitamente al WWF, non si fermerà dunque fintanto che questo obiettivo non sarà raggiunto  riservandosi iniziative, in ogni sede, volte ad accertare fatti e responsabilità penali e risarcitorie.

CSA CALZOLARO TRESTINA ALTOTEVERE SUD

Senza il “Comitato Salute Ambiente Calzolaro Trestina Altotevere sud” non ci sarebbe stata rivelazione alcuna su Color Glass




























Apprendiamo dalla stampa che le misurazioni rilevate da ARPA e i controlli effettuati presso la Color Glass S.p.A. di Trestina, hanno evidenziato il superamento dei limiti di alcuni valori e la presenza di sostanze sospette non autorizzate.

A questo punto è opportuno ricordare e sottolineare che le preoccupazioni, sin qui manifestate dal “Comitato Salute Ambiente Calzolaro Trestina Altotevere sud”, non solo erano fondate, ma sicuramente non terroristiche, come taluni solerti consiglieri comunali e/o assessori hanno affermato, tentando di nascondere responsabilità e carenza di controlli. Rappresentanti che si sono ben guardati dal partecipare alla conferenza del 16 marzo ultimo scorso organizzata dal comitato al C.V.A. di Trestina.

Non dobbiamo quindi né confessarci per le nostre azioni né pentirci per aver realizzato volantini angoscianti né tanto meno rimproverarci di aver cercato di pilotare alcunché, questo lo lasciamo ad altri, sicuramente più esperti, ma vogliamo - questo sì - ribadire con forza la nostra posizione.

La tutela della salute e dell’ambiente in cui viviamo con le nostre famiglie è e rimarrà la pietra miliare del nostro impegno come comitato e non permetteremo mai che gli scopi utilitaristici di pochi, prevalgano sul bene comune di tutti.

Non è possibile né accettabile che certe attività, che lavorano sostanze pericolose, potenzialmente cancerogene o che producono inquinamento odorigeno, possano continuare a farlo, senza alcun timore, a pochi metri da abitazioni e scuole, con lo sprezzo più totale di quelle che sono le legittime prerogative di abitanti, attività commerciali, agrituristiche e artigianali del nostro territorio.

Sono mesi che andiamo ripetendo le stesse cose. Siamo stati Noi a lanciare, per primi, il problema ambientale nell’Altotevere, anche in merito alla grave mancanza di valutazione d’impatto ambientale per un opificio, come questo, che, nel centro abitato di Trestina, ricava h 24 biossido di titanio (potenzialmente cancerogeno), vicino ad abitazioni e ad un asilo. Ma ci voleva un Comitato di cittadini, presieduto da un avvocato, per portare alla ribalta problemi di tale entità? Evidentemente sì!

Adesso spetta alle amministrazioni preposte prendere le decisioni risolutive per la tutela della salute e dell’ambiente, procedendo alla necessaria delocalizzazione.

Quando Color Glass non ci sarà più, è comunque auspicabile l’installazione di 2 centraline fisse per il monitoraggio h24, 365 giorni all’anno, senza validazione manuale ma automatica, vicino alle scuole e nella zona industriale.

Non ci fermeremo.

CSA Calzolaro - Trestina Altotevere Sud

Prevenzione, vigilanza e controlli ambientali sull’intero territorio nazionale
















Firmato a Roma, un Protocollo d’Intesa fra l’Arma dei Carabinieri e l’Ispra, per favorire la collaborazione, nell’ambito delle rispettive competenze, verso una strategia condivisa per mettere in atto le azioni necessarie all’ottimizzazione delle attività di tutela ambientale.
Vigilanza, controlli, ricerca e monitoraggio, prevenzione ed ispezione, aggiornamento professionale, informazione, comunicazione e scambio dei dati su tutte le matrici ambientali, dal ciclo dei rifiuti alla conservazione della biodiversità, dalle aree marine protette ai siti contaminati, dalle aree agricole e forestali alla cartografia del territorio, attraverso l’utilizzo dei dati satellitari.
Questi i contenuti del Protocollo d’Intesa firmato a Roma, presso il Comando Generale dell’Arma dei carabinieri, dal Comandante Generale Tullio Del Sette e dal Presidente dell’ISPRA Stefano Laporta.
L’accordo favorirà la collaborazione tra le due Istituzioni, nell’ambito delle rispettive competenze, verso una strategia condivisa per mettere in atto le azioni necessarie all’ottimizzazione delle attività di tutela ambientale.
Nell’accordo, tra le altre azioni in sinergia, sono previsti: controlli per la prevenzione degli illeciti ambientali; sviluppo di attività per fronteggiare eventi di crisi ed emergenze ambientali e per la valutazione del danno; controlli del commercio di specie ittiche illegali e di attività legate alla contraffazione sempre in ambito ittico; sviluppo di programmi di monitoraggio ambientale per contrastare i fenomeni legati ai cambiamenti climatici; attività di informazione ambientale presso le scuole.
“Il protocollo è il punto d’inizio di una rinnovata collaborazione. Siamo convinti – ha sottolineato il Comandante Generale Tullio Del Sette – che da una cooperazione tra l’Arma dei Carabinieri, la più grande polizia ambientale d’Europa, e l’ISPRA, nasceranno sinergie utili ai cittadini e all’ambiente italiano, per la sua conservazione, la tutela e il recupero laddove necessario, e per la diffusione di una sempre maggiore cultura della legalità ambientale”.
“E’ un momento importante non solo per le due Istituzioni che oggi hanno firmato questo protocollo con cui si sancisce una collaborazione che già era in atto per alcune attività” – ha dichiarato Stefano Laporta, Presidente dell’ISPRA, “ma anche per tutti i cittadini, che da oggi possono contare su uno strumento in più di controllo sia per gli illeciti ambientali che per tutte quelle emergenze che negli ultimi anni abbiamo visto accadere sempre più violente e frequenti nel nostro Paese. In particolare l’ISPRA, anche attraverso il coordinamento del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (SNPA), metterà a disposizione tutti gli strumenti, le conoscenze e le risorse di cui dispone a livello nazionale per il raggiungimento di livelli di tutela ambientale di cui il Paese ha bisogno”.
“Questo è un Protocollo estremamente operativo” ha sottolineato il Direttore generale dell’ISPRA Alessandro Bratti, “che sancisce una collaborazione in parte già attiva in alcuni territori. Si tradurranno in azioni più concrete tutte quelle conoscenze e competenze che le due Istituzioni hanno maturato nel tempo in campo ambientale”.

fonte:http://ambienteinforma-snpa.it/

Tumori infantili, l’Italia detiene il triste primato in Europa












Su Lancet Oncology è stato appena pubblicato un aggiornamento sull’incidenza a livello mondiale del cancro nell’infanzia (0-14 anni) e nell’adolescenza (15-19 anni) nel periodo 2001-2010. L’ indagine è stata condotta dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) in collaborazione con l’Associazione internazionale dei registri del cancro e ha riguardato 62 paesi a livello mondiale distribuiti in 5 continenti. Erano stati invitati a partecipare allo studio 532 registri tumori, ma solo 132 hanno inviato dati considerati attendibili. Il lavoro è di grande interesse perché confronta l’andamento del cancro infantile nelle diverse aree geografiche e fornisce interessanti spunti di riflessione.
Come auspicano gli autori, questi dati dovrebbero infatti essere utilizzati per una ricerca eziologica e per indirizzare le politiche di sanità pubblica al fine di uno sviluppo sostenibile. I tumori rappresentano una delle principali cause di morte nei bambini e la loro incidenza è purtroppo in aumento: a livello globale si è passati da 124 casi per milione di bambini fra 0 e 14 anni nel 1980 a 140 casi nel 2010. Dall’articolo emerge che l’area del mondo in cui si registra la più elevata incidenza di cancro fra 0-14 anni e fra 15-19 è il Sud Europa in cui sono compresi Croazia, Cipro, Italia, Malta, Portogallo, Spagna.
Per l’Italia, hanno partecipato all’indagine solo 15 registri su 47 accreditati e spicca sicuramente l’assenza di registri “storici” quali quello di Firenze/Prato e del Veneto. Calcolando poi l’incidenza per ogni singolo registro sia del Sud Europa che dell’Europa del Nord, dell’Est e dell’Ovest, emergono risultati inquietanti perché in Italia si osservano le più elevate incidenze rispetto a tutti gli altri paesi del continente europeo. Inoltre, in 4 registri italiani (Umbria, Modena, Parma e Romagna), l’incidenza supera addirittura i 200 casi fra 0-14 anni per milione di bambini/anno.
Il cancro nell’infanzia dovrebbe farci sorgere più di una domanda perché non possiamo certo attribuirlo ad un errato stile di vita – come viene abitualmente fatto per gli adulti – visto che i bambini non fumano e non bevono e dobbiamo per forza tenere in considerazione il fatto che le sostanze tossiche e cancerogene passano dalla madre al feto già durante la vita intrauterina e sono oltre 300 quelle che abitualmente si ritrovano nel cordone ombelicale. Proprio Lorenzo Tomatis era stato fra i primi scienziati al mondo ad indagare questo fenomeno. Ma perché proprio il nostro paese vanta un così triste primato?
Non credo plausibile ipotizzare che Germania, Francia, Austria o Regno Unito siano meno industrializzati di noi: dov’è quindi la differenza? Difficile ovviamente dirlo, ma un’interpretazione del tutto personale è che il nostro paese si distingue per i fenomeni corruttivi: i controlli ambientali sono scarsi e spesso non affidabili, i disastri ambientali sono ricorrenti, le bonifiche rimangono inattuate e non è difficile quindi ipotizzare che le mappe della corruzione, dell’inquinamento e quindi delle malattie coincidano. Purtroppo, il prezzo più elevato lo pagano i bambini, perché sappiamo bene che sono molto più suscettibili all’inquinamento rispetto agli adulti. Più che mai quindi appare urgente, soprattutto per il nostro paese, la necessità di un nuovo paradigma che ponga al centro il risanamento dell’ambiente ed aumenti le risorse dedicate ad una reale riduzione dell’inquinamento.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Patrizia Gentilini
 
fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it

Droni, nuove frontiere del monitoraggio e del controllo ambientale

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SAPR (sistemi aeromobili a pilotaggio remoto), ma più noti come droni, sono sempre più utilizzati nel controllo ambientale. I primi modelli ad ala fissa sono quasi completamente sostituiti dalla configurazione multirotore.
Il telerilevamento con i droni offre molti vantaggi, non ultimo la rapida condivisione di dati e di immagini. AmbienteInforma ospita un focus su Earth observationdroni e controllo ambientale, anche con le esperienze in corso nelle Agenzie ambientali.
L’uso di sensori per controlli ambientali imbarcati su velivoli per il telerilevamento non è di certo una novità. Di nuovo c’è che lo sviluppo tecnologico ha portato a una progressiva riduzione di costi, ingombri, consumi e peso dei componenti elettronici. Questo ha permesso di realizzare sensori sempre più piccoli e leggeri, tali da poter essere montati in velivoli di dimensioni ridotte, senza pilota a bordo e controllati “da remoto” attraverso una stazione a terra. Si tratta di velivoli denominati SAPR (Sistemi aeromobili a pilotaggio remoto), ma più noti come droni, il cui utilizzo è molto aumentato negli ultimi anni. I primi modelli ad ala fissa sono quasi completamente sostituiti dalla configurazione multirotore, che consente una maggiore semplicità d’uso e la possibilità di operare in spazi ristretti, grazie alla capacità di volo verticale e stazionario.
Il telerilevamento con i droni offre molti vantaggi, non ultimo la rapida condivisione di dati e di immagini. Un fattore critico è la ridotta autonomia di volo, sul quale il mondo della ricerca è impegnato per migliorare le performance. Il sistema delle Agenzie ambientali si avvale già del telerilevamento con droni per alcune applicazioni in corso di sperimentazione, in caso di emergenze ambientali, nel monitoraggio della costa, dei laghi e dei fiumi. Nel focus di AmbienteInforma i progressi dell’Earth Observation, l’uso dei droni nei progetti e nelle esperienze di Ispra e di alcune Agenzie ambientali, anche in relazione al convegno I droni per il controllo e monitoraggio ambientale tenutosi a Modena nell’ambito di Dronitaly 2016.

fonte: http://ambienteinforma-snpa.it

Progetto CIVIC: la vulnerabilità delle filiere dei rifiuti

Progetto CIVIC: la vulnerabilità delle filiere dei rifiuti
 
Dopo due anni di lavoro si è concluso il progetto Civic – Common intervention on vulnerability in chains, finanziato dalla Commissione Ue per individuare le vulnerabilità alle proiezioni criminali e proporre soluzioni concrete per combatterle.
Un progetto che ha unito il Corpo forestale dello Stato, Legambiente e l’Agenzia delle dogane e dei monopoli nel produrre – insieme al coinvolgimento dei principali stakeholder (produttori, commercianti, esportatori, consorzi, esperti, autorità di controllo e forze dell’ordine), che hanno contributo all’analisi dei dati – le Linee guida per contrastare le illegalità ambientali nelle filiere oggetto di studio: ovvero, rifiuti, agroalimentare e specie protette.
 

Nella filiera dei rifiuti, in particolare plastica e Raee, viene evidenziata l’esigenza di estendere tra i paesi membri Ue, il delitto di traffico organizzato di rifiuti (secondo quanto disciplinato dall’art. 260 Dlgs 152/2006).
L’incentivo alla raccolta differenziata e alla differenziazione all’origine dei rifiuti (urbani e speciali); il miglioramento della tracciabilità, anche facendo ricorso ai più innovativi strumenti tecnologici e di investigazione.

L’adozione di misure fiscali ed economiche per incentivare il recupero di materia, valorizzando al massimo il Green public procurement.

La disposizione di controlli più stringenti e coordinati sui flussi transfrontalieri, definendo modelli di analisi dei rischi e standard di controllo uniformi presso ciascun Paese membro. 

Nell’agroalimentare, in cui sono stati analizzati olio extravergine d’oliva e parmigiano reggiano, si segnala in primis l’estensione a livello europeo del sistema di tracciabilità informatico esistente per l’olio di oliva in Italia (il cosiddetto Cruscotto olio).  


Per le filiere relative alle specie protette, nello specifico pellame di rettile e legno protetto, vengono invece e in primo luogo ripresi gli accordi tra Paesi esportatori e Unione europea per il rafforzamento della trasparenza nella Pubblica amministrazione.
In tutti e tre i casi, le Linee guida sono nate al termine del lavoro di mappatura tracciato dai partner sulle tre filiere interessate e ai dossier redatti per ciascuna di esse dove sono disponibili molti e più dettagliati spunti d’indagine e proposte concrete.
«Il nostro vuole essere un contributo – spiegano in una dichiarazione congiunta Forestale, Legambiente e Agenzia delle dogane–, speriamo il più efficace possibile, destinato a capire meglio le filiere interessate dallo studio ai fini di una migliore strategia di prevenzione e di contrasto dell’illegalità.


Allo stesso tempo i risultati non vogliono essere un punto di arrivo ma solo di partenza, con l’impegno condiviso di continuare con sempre maggiore impegno e passione per contrastare gli ecocriminali e tutelare più efficacemente gli ecosistemi e le comunità che li abitano».
L’obiettivo di fondo del progetto è stato infatti quello di comprendere in profondità i modelli di governance che hanno riguardato le filiere scelte per il progetto, privilegiando un approccio sistemico e non settoriale.
Con l’avvertenza di fondo di non privilegiare solo l’aspetto repressivo, ma di guardare soprattutto a ciò che accade nei processi regolatori previsti dalle norme ufficiali e implementati nella pratica.
«A fronte di una ecocriminalità sempre più capace, raffinata e agguerrita, lo sforzo delle forze sane – che questo progetto ha messo in rete – deve essere sempre rivisto e perfezionato, sia qualitativamente che quantitativamente», hanno concluso i partner.
Civic, contro l’illegalità nella filiera dei rifiuti servono «incentivi al recupero di materia».

fonte: http://rifiutizeroer.blogspot.it/