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Vivogreen Terni: Ridurre i rifiuti a partire dalla spesa

 









Come possiamo ridurre i rifiuti, partendo dalla spesa? Incontro con il Professore Carlo Santulli, docente presso l'università di Camerino, si parla di riduzione degli imballi, di riuso e di trasformazione degli scarti per creare nuovi materiali, e di biomimetica.



vivogreen srl



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Le pillole di sostenibilità di ARPAT: fare la spesa in modo sostenibile

Recenti studi mettono in evidenza come le restrizioni dovute al Covid-19 hanno generato cambiamenti anche nei comportamenti di acquisto, preparazione e smaltimento degli alimenti, che si sono riflessi nelle quantità di cibo sprecato


Ridurre gli sprechi alimentari è possibile ma ci vuole impegno nel mutare le abitudini di consumo, puntando, in primo luogo, a pianificare i pasti e organizzare meglio le scorte. Se la casa è la vera “voragine” degli sprechi alimentari, non meno cibo viene sprecato durante la fase di produzione, trasporto e vendita. Nelle diverse fasi della filiera produttiva, infatti, si crea una grande quantità di rifiuti che non vediamo ma che esistono. I rifiuti “invisibili” sono, quest’anno, al centro della Settimana Europea della Riduzione dei Rifiuti.

Non dobbiamo neppure dimenticare che gettare il cibo non è solo una questione morale e/o economica ma anche ambientale, che impatta risorse come l'aria, l'acqua e il suolo, come ha sottolineato, di recente, ancora una volta, la FAO, nel suo report "Stop food loss and waste.For the people. For the planet". In sostanza quando ci disfiamo con facilità di un alimento, buttandolo via, pensiamo anche all'acqua necessaria per la sua produzione, allo sfruttamento del suolo e alle emissioni in atmosfera generate in fase di produzione e trasporto dello stesso oltre che all'incremento della quantità di rifiuti prodotti.

Questi i principali motivi che ci hanno portato ad avviare la serie delle pillole di sostenibilità con gli eco-consigli sulla spesa sostenibile, sperando che possano essere d'aiuto a coloro che intendono ridurre i rifiuti alimentari soprattutto nelle abitazioni, partendo dai comportamenti che influiscono sui consumi personali ma anche sulle scelte industriali.

A febbraio 2020, in occasione della 7^ Giornata Nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare, l’Osservatorio Waste Watcher di Last Minute Market/Swg sottolineava che, nel 2019, si era registrato un deciso calo dello spreco alimentare domestico, che, secondo il precedente rapporto Waste Watcher basato sullo spreco “reale”, riferito al 2018-2019 e calcolato sui test scientifici dei “Diari di famiglia” , si attestava, per ogni nucleo famigliare, in circa 100 grammi al giorno, per un totale di ben 2 miliardi e 200 milioni di tonnellate di cibo buttato annualmente in Italia.

Questo trend di riduzione è stato confermato anche il 29 settembre 2020, durante la prima Giornata mondiale di consapevolezza delle perdite e degli sprechi alimentari, indetta dalle Nazioni Unite. In quest’occasione, la novità evidenziata è che le restrizioni dovute al Covid-19 hanno generato cambiamenti nei comportamenti di acquisto e preparazione del cibo nonché di smaltimento dello stesso, come emerge dalla ricerca, condotta da Distal Università di Bologna su dati raccolti da Msi-Aci Europe Bv nell'ambito della campagna Sprecozero e confermato anche da un'indagine di Altroconsumo.

Secondo la ricerca di Distal Università di Bologna, il 51,6% degli italiani ha sprecato meno cibo durante la quarantena rispetto al periodo precedente, nonostante il 57,6% abbia acquistato più generi alimentari. Le donne si sono mostrate più attente rispetto agli uomini. Lo studio mette in evidenza anche le tipologie di cibo che hanno subito minori sprechi, ovvero farina e lievito (43,2%), carni rosse (42,8%), carni bianche (40,7%), latte (40,4%) e avanzi (44,9%). Al contempo emerge con chiarezza il mutamento nei comportamenti, nelle abitudini di consumo, il 47,2% dei consumatori ha usato più spesso la lista della spesa, mentre il 58,6% ha cucinato di più, riutilizzando anche gli avanzi, tanto che il 44,9% ha dichiarato di averne sprecati di meno.

Altroconsumo giunge alle stesse conclusioni, confermando questo mutamento positivo di abitudini, maturato nel corso della quarantena. Dall'indagine emerge che " il 41% dei rispondenti ha dichiarato di aver ridotto le quantità di cibo sprecato, anche grazie a comportamenti più attenti: il 38% ha compilato più spesso la lista della spesa, il 37% ha pianificato con più metodicità i pasti e il 32% ha riutilizzato più spesso gli avanzi. Mentre nella prima parte dell’anno solamente il 42% degli italiani aveva dichiarato di non sprecare cibo in casa, ad aprile il dato è salito fino al 68%".

La speranza, dunque, è quella che lo spreco alimentare continui a calare ma soprattutto che questo sia collegato all’agire quotidiano delle persone, che possono compiere azioni positive come quelle suggerite nella pillola fare la spesa in modo sostenibile.

fonte: www.arpat.toscana.it


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Spreco alimentare: problema etico, economico e ambientale

Ogni anno, nel mondo, si sprecano circa 16 miliardi di tonnellate di cibo, un terzo di quello prodotto per uso umano. Una situazione inaccettabile che ha risvolti etici, economici e ambientali. Come risolverla? Partendo dal carrello della spesa e dal frigorifero di casa




L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, per la prima volta, ha indetto una Giornata internazionale della Consapevolezza sugli sprechi e le perdite alimentari. Ogni anno, in tutto il mondo, un terzo del cibo prodotto per uso umano viene sprecato. Tradotto in numeri, uno sperpero di circa 16 miliardi di tonnellate. Un problema etico, senza dubbio, ma anche economico e ambientale che comporta lo smaltimento di questa immensa mole di rifiuti.

Nella sola Europa si stima che il 20% del cibo vada perso o sprecato, mentre milioni di persone non hanno accesso al cibo: una situazione inaccettabile che colpisce le persone più fragili. Per la commissaria europea la Salute e la sicurezza alimentare Stella Kyriakides non ci sono scuse: «Dobbiamo riprogettare con urgenza i nostri sistemi alimentari. Quest’anno il Covid-19 ci ha costretto a ripensare il nostro modo di vivere e ad adattarci a nuove realtà, e ha dimostrato l’importanza di sistemi alimentari sostenibili, dalla terra alla tavola. Tutti dobbiamo impegnarci a lottare contro le perdite e gli sprechi alimentari».

Da uno studio di Coldiretti viene fuori un’Italia virtuosa: dopo l’emergenza Covid, il 54% degli italiani ha adottato varie strategie per diminuire o annullare gli sprechi alimentari. La prima, e forse la più banale, è quella di non buttare gli avanzi ma riproporli al pasto successivo, magari con qualche ritocco creativo; fare più attenzione alla data di scadenza (tenendo presente la differenza tra consumare entro o preferibilmente entro); comprare solo le quantità che servono di prodotti freschi anziché spedire nella pattumiera le eccedenze che inevitabilmente si rovinano.
La doggy bag, un imbarazzo immotivato

Uscendo dal ristorante, però, siamo molto meno virtuosi: solo il 34% circa dei clienti chiede di avere la doggy bag con il cibo avanzato, una pratica che all’estero è molto diffusa, a cominciare dagli Stati Uniti. Qualcuno ritiene che sia poco educato, qualcuno si vergogna di chiederla, invece gli stessi ristoratori ne sarebbero felicissimi: da un lato è un segno che il cibo che hanno servito è stato apprezzato, dall’altro avrebbero molta meno spazzatura da smaltire. Ormai esistono contenitori decorati in modo divertente come quelli di re-BOX che sembrano confezioni regalo: reFOOD è un contenitore completamente riciclabile per alimenti che può passare dal frigo al microonde, reWINE è un contenitore per portare a casa la bottiglia aperta ma non finita.

Bisogna fare una differenza tra perdite e sprechi: la perdita si verifica lungo la catena di approvvigionamento, ovvero dalla raccolta all’immissione in commercio, lo spreco avviene nelle fasi di vendita al dettaglio e consumo individuale. Secondo l’ultimo Rapporto FAO The State of Food and Agriculture 2019, circa il 14% viene perso tra la raccolta e la vendita. Quali sono gli anelli deboli di questa catena? Nelle aziende, a causa di pratiche errate; nei magazzini, a causa di stoccaggi inadeguati; nelle fasi di trasporto per l’inefficienza della logistica commerciale; nella vendita al dettaglio di prodotti che hanno tempi limitati di conservazione o che non soddisfano gli standard estetici richiesti dal consumatore; in casa, se si compra in eccedenza cibo che non si riuscirà a consumare.

La mobilitazione dei grandi chef

Anche gli chef si sono mobilitati e hanno aderito alla campagna di Too good to go, un movimento che cerca di sensibilizzare persone, aziende, scuole e politica contro lo spreco alimentare. Carlo Cracco, ad esempio, ha sensibilizzato i suoi clienti in modo ironico ovvero impiattando la pizza con un terzo in meno. La presenza di chef stellati – hanno aderito, tra gli altri, Heinz Beck, Cristina Bowerman, Moreno Cedroni, Claudio Sadler – che hanno condiviso la propria ricetta antispreco fa capire come lo spreco sia da evitare in ogni contesto, dalla trattoria sotto casa al super ristorante. Ma ognuno di noi deve iniziare le pratiche virtuose nel proprio carrello della spesa e nel proprio frigorifero. Piccoli, grandi gesti quotidiani.




fonte: www.rinnovabili.it

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A Torino nasce la mappa dei negozi di vicinato che portano la spesa a casa

A Torino nasce “ConsegnaTo a domicilio”, una mappa estesa in tutta la città per la consegna di prodotti alimentari e non provenienti direttamente dalle botteghe e dai negozi “sotto casa”, per offrire un servizio gratuito rivolto alle persone sole, alle famiglie e alle fasce deboli.

















Da Torino parte un progetto di solidarietà in aiuto alle persone più fragili che, nel momento più difficile dell’emergenza Coronavirus, necessitano di un supporto nelle piccole faccende quotidiane.
Si chiama ConsegnaTO, una mappatura che segnala e mette in rete gli esercizi commerciali di vicinato che si sono dimostrati disponibili ad effettuare consegne a domicilio per sostenere chi, in questo momento di emergenza sanitaria, si trova in una situazione di difficoltà. Si tratta di una mappa interattiva e consultabile che, online, è in grado di facilitare i cittadini ad effettuare una spesa di prossimità attraverso la possibilità di ricevere la consegna dei beni di prima necessità, alimentari e non, direttamente presso la propria abitazione.
Attualmente la piattaforma offre non solo la possibilità di mappare gli esercenti di prossimità ma anche di informare i cittadini su quali sono i negozi aperti attorno a loro, su quali servizi vengono offerti per la consegna a domicilio e sugli orari di consegna.
Il progetto è il risultato della collaborazione tra gli assessorati al Commercio e all’Innovazione del Comune di Torino e dell’Università degli Studi di Torino. Quest’ultima, grazie al contributo di un gruppo di laureandi e ricercatori del Dipartimento di Informatica, ha sviluppato la piattaforma dal nome “FirstLife” che racchiude le realtà mappate con l’obiettivo di incentivare la progettazione partecipata a scala locale, stimolare iniziative di auto-organizzazione, sviluppare pratiche collaborative tra gli attori territoriali pubblici e privati.
Come riporta il sito di Ascom, l’obiettivo dell’iniziativa è quello di dare una risposta collettiva a questa emergenza sanitaria con lo scopo di «valorizzare al massimo la rete del commercio di prossimità come elemento di coesione sociale. Assume quindi sempre più importanza la presenza del negozio o della bottega “sotto casa” che possa offrire un vero e servizio alle famiglie e alle persone sole».
Attualmente i negozi e gli esercizi commerciali individuabili sulla mappa sono circa duecento e in costante aggiornamento. Il principio è quello di mettere a disposizione dei servizi gratuiti specialmente per quelle fasce di cittadini che più sono penalizzati dalle conseguenze dell’epidemia come famiglie con bambini o anziani, per fare in modo che in quest’emergenza nessuno resti solo.
fonte: https://www.italiachecambia.org