Wasted, Amsterdam premia il riciclo della plastica con monete speciali e sconti















700 famiglie hanno aderito a Wasted ad Amsterdam, progetto che incentiva il riciclo della plastica con sconti e monete speciali da spendere nei negozi affiliati.

Nel quartiere Noord di Amsterdam è nato Wasted, un progetto pilota che vede coinvolti singoli cittadini, aziende e negozi locali. La logica è semplice, la matrice è ambientale: favorire e ampliare il riciclo premiando questa pratica con monete verdi e sconti da utilizzare nei negozi, birrifici, bar e ristoranti del quartiere.
Per ogni sacco di plastica raccolto i cittadini che aderiscono al progetto ricevono un gettone verde come ricompensa. I gettoni si possono spendere nei negozi e nei locali della zona in modo, anche, da favorire un senso di comunità. Più di 700 famiglie a distanza dalla nascita del progetto a inizio 2015 hanno già preso parte all’iniziativa e oltre 30 commercianti accettano le preziose monete verdi realizzate, naturalmente, con materiali riciclati.


Il quartiere Noord di Amsterdam. ©https://wastedlab.nl/
Il quartiere Noord di Amsterdam, dove ci sono 10.000 case
© Wasted lab

Come funziona Wasted

Per utilizzare Wasted è necessario iscriversi sul sito. Successivamente, a ogni iscritto viene inviato un apposito kit con delle buste di plastica etichettate con un codice Qr dentro le quali raccogliere tutti i rifiuti di plastica. Questo sistema permette agli organizzatori di calcolare il credito di monete accumulato da ogni famiglia ogni volta che vengono consegnati i sacchi.


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Le monete verdi del progetto Wasted

Questi ultimi possono essere portati dalle famiglie stesse in alcuni punti di recupero oppure raccolti direttamente dagli addetti comunali. In base alla quantità di plastica consegnata vengono date delle monete verdi, i “wasted friends”, che offrono sconti ai partecipanti. I materiali plastici raccolti vengono impiegati per realizzare panchine, tavoli, mobili, parco giochi per bambini e cestini per rifiuti. L’obiettivo è incentivare le persone al riciclo, premiandole e allo stesso tempo insegnando loro a usare meno plastica. Il tutto con un senso di comunità virtuosa, in cui tutti ci “guadagnano”: cittadini, commercianti e soprattutto l’ambiente.


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Per utilizzare il servizio Wasted basta seguire questi semplici passi
© Wasted lab

Il progetto di Cities foundation

Wasted è nata come iniziativa nell’ambito di Cities foundation, un’organizzazione con base ad Amsterdam che si occupa di progettare soluzioni locali a problemi urbani globali attraverso processi di co-creazione. È costituita da un gruppo motivato di cittadini che lavorano quotidianamente per introdurre sistemi di circolarità nelle città attraverso l’innovazione. La diffusione ancora bassa della pratica del riciclo ad Amsterdam è ciò che ha spinto l’organizzazione a sperimentare Wasted. Pertanto la sfida è stata quella di innescare un cambio di mentalità, trasformando la concezione di raccolta differenziata da un dovere a un piacere.


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Wasted stimola i cittadini a promuovere iniziative innovative
per affrontare problemi globali come la crisi ambientale
© Wasted lab

Come sta andando il progetto

Secondo un sondaggio svolto di recente tra gli aderenti al progetto Wasted, il 52 per cento degli intervistati ha dichiarato di aver migliorato le proprie abitudini di raccolta differenziata e il 23 per cento di aver ridotto il consumo di plastica. “La gente comincia a rendersi conto di quanti rifiuti vengono prodotti, rimanendone impressionata”, spiega la milanese Francesca Miazzo, co-fondatrice del progetto. Solo nel 2015 il piccolo quartiere olandese di Noord è riuscito a raccogliere circa 16,5 tonnellate di rifiuti di plastica, un risultato eccellente se pensiamo che sono otto milioni le tonnellate che ogni anno finiscono in mare.


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Ogni anno si stima che otto milioni di tonnellate di plastica, 
per un valore di 19,5 miliardi di euro, finiscano negli oceani.
L’80 per cento dei rifiuti oceanici proviene dalla terra
fermamentre il restante 20 per cento arriva dalle navi

Obiettivi futuri

L’obiettivo principale rimane quello di incentivare la raccolta differenziata estendendo questa realtà anche in altri quartieri di Amsterdam o in altre città, motivando un numero sempre più elevato di cittadini e famiglie a praticare il riciclo, premiandoli e allo stesso tempo sensibilizzandoli.




Tra gli obiettivi c’è anche quello di sviluppare un progetto simile in Italia. “Stiamo digitalizzando il sistema che aprirà anche a vetro, carta e tessuti. Forse la moneta verde diventerà digitale, per essere ‘green’ al massimo”, svela Miazzo. La buona riuscita del progetto Wasted fa ben sperare in un’attenzione sempre maggiore al corretto smaltimento dei rifiuti. Introducendo un sistema che valorizzi il riciclo Wasted abbatte le abitudini insostenibili rafforzando inoltre le relazioni sociali all’interno di un quartiere e quindi accelerando il passaggio verso una società più ecologica.

fonte: www.lifegate.it

Ricicla.tv - Presentata a Montecitorio la relazione sull'attività della Commissione Ecomafie




fonte: Ricicla.tv 

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Cru-Rz: Assemblea Generale - Deruta - 16 settembre 2017 ore 16.00



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I millennials sono molto preoccupati per il cambiamento climatico (e sono meglio di quel che pensano gli anziani)

Distruzione dell’ambiente, guerre e disuguaglianze i maggiori pericoli secondo i millennials




















In questa vecchia e rancorosa Italia – dove ormai si è considerati ancora giovani a più di 40 anni, e dove pallidi vecchi che credono di essere poveri se la prendono con immigrati giovani e scuri mentre i loro figli e nipoti migrano all’estero – non ce ne rendiamo conto, ma oltre la metà della popolazione mondiale è al di sotto dei 30 anni. Sono giovani che sentono di non essere ascoltati dai leader e decisori politici, ma che prima o poi faranno sentire la loro voce e cercheranno di cambiare gli equilibri globali.
È per questo, per capire cosa pensano i leader e i cittadini del futuro, che con il suo Global Shapers Annual Survey 2017 il World economic forum (Wef) ha nuovamente intervistato 25.000 giovani di età compresa tra 18 e 35 anni provenienti da 186 Paesi e territori. Quel che ne è emerso è sia un quadro confortante (i millennials sono molto meglio di quanto crediamo, e comunque molto più progressisti e aperti degli anziani sempre più incarogniti e razzisti) che politicamente sconfortante: il 55,9% degli intervistati crede che le loro opinioni non siano prese in considerazione prima di prendere decisioni importanti.  Ma come dice il Wef, alla fine l’influenza dei giovani su politica ed economia migliorerà per il semplice fatto che «occupano una quota crescente della forza lavoro globale, la loro base elettorale e il loro potere di spesa tra i consumatori crescono». Insomma, il mondo va in direzione opposta a quella immobile di un’Italia che invecchia – tra i 18 e i 35 anni nel nostro Paese si contano 9,5 milioni di cittadini, a fronte di 15,9 milioni di pensionati –, lascia fuggire i suoi giovani e vuole chiude le porte a chi dovrà pagare la pensione ai razzisti da tastiera.
I risultati dell’indagine della Global Shapers Community del Wef forniscono una panoramica interessante su come i giovani vedono il mondo e pensano di affrontare le sfide del futuro, con il World economic forum ad ammonire: «I governi, le imprese e le altre istituzioni che ignorano l’attuale generazione di giovani lo fanno a loro pericolo».
Il rapporto Wef evidenzia le 5 cose più importanti emerse dal Global Shapers Annual Survey 2017:
I giovani sono molto preoccupati per il cambiamento climatico. Tra tutti i problemi mondiali, i giovani sono più preoccupati per l’impatto dei cambiamenti climatici e la distruzione della natura in generale (48,8%). La Global Shapers Community del Wef sottolinea che «questo è il terzo anno consecutivo che il cambiamento climatico è stato votato come il più grave problema mondiale, suggerendo che i giovani devono ancora essere convinti dagli sforzi globali – come l’Accordo di Parigi – messi in campo per affrontare il problema». Forse non sorprendentemente, considerando l’attuale livello di instabilità globale, le guerre e le disuguaglianze sono state elencate rispettivamente come seconda (38,9%) e terza (30,8%) più grande preoccupazione. Anche la povertà, i conflitti religiosi e la responsabilità e la trasparenza del governo preoccupano fortemente i giovani di tutto il mondo.
I giovani diffidano dei media, del big business e dei governi. Il boom delle fake news, anche durante le recenti campagne elettorali un po’ in tutto il mondo, potrebbe spiegare in qualche modo la crescente diffidenza verso i media tra i giovani. Poco più del 30% degli intervistati ha dichiarato di aver fiducia nei media, contro quasi il 46% che ha dichiarato di non averne affatto. Livelli di sfiducia simili sono stati espressi verso le grandi aziende, le banche e i governi. Questa diffidenza verso il grande potere economico porta il 22,7% dei giovani ad essere molto preoccupato per la corruzione. Le istituzioni ritenute più affidabili dai giovani sono le scuole, le organizzazioni internazionali, i datori di lavoro e i tribunali.
I giovani non sono pigri, sono workaholics. C’è un malinteso senso comune sui millenials  (bollati come “bamboccioni” in Italia) e il lavoro: il Global Shapers Annual Survey 2017 mostra infatti che i giovani sono infatti molto orientati a far carriera. «Quando gli viene chiesto di nominare i criteri più importanti quando considerano delle opportunità di lavoro, lo stipendio è andato in testa, seguito da un senso di scopo e dall’avanzamento della carriera. Solo circa il 16% hanno dichiarato di essere disposto a sacrificare la carriera e lo stipendio per godersi la vita». Per sottolineare il fatto che i giovani non sono pigri e bamboccioni, l’indagine ha rilevato che la stragrande maggioranza degli intervistati (81,1%) sarebbe disposta a spostarsi all’estero per lavorare e fare carriera. Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Germania e Australia sono considerati i Paesi più desiderabili per cogliere le opportunità di lavoro. Insomma, in questa Europa e in questo mondo delle frontiere, dei muri  e della Brexit i giovani si sentono cittadini globali, e sentono che il lavoro è un diritto che va cercato dove è più opportuno, gratificante e redditizio. Sono quelli che chiamiamo con disprezzo “migranti economici”, che però smettono di esserlo se hanno la pelle bianca, un buon livello di istruzione e soprattutto se sono italiani che vanno all’estero.
Ai giovani non fa paura la tecnologia: sono ottimisti. I progressi tecnologici negli ultimi anni hanno suscitato preoccupazioni nella società per il fatto che i datori di lavoro cercheranno di sostituire i lavoratori umani con i robot. Ma la maggior parte dei giovani (78,6%) crede che la tecnologia creerà posti di lavoro piuttosto che distruggerli. Quando è stato chiesto loro di citare il prossimo grande trend tecnologico, il 28% dei giovani ha dichiarato che ad avere l’impatto più significativo sarà l’intelligenza artificiale, mentre considerano l’istruzione come il settore che probabilmente trarrà maggiore vantaggio dall’adozione di nuove tecnologie. Tuttavia, solo il 3,1% degli intervistati avrebbe fiducia nei robot se dovessero prendere decisioni al posto loro, e quando è stata loro prospettata la possibilità di installare un impianto tecnologico sotto la propria pelle, il 44,3% dei giovani intervistati ha rifiutato l’idea.
I giovani si preoccupano degli altri e non sono razzisti. Nonostante quel che credono le generazioni più anziane (come d’altronde hanno sempre fatto quelle che le hanno precedute), la generazione dei millennils è empatica e il rapporto Wef sottolinea che «questo è forse meglio evidenziato dal fatto che quasi i tre quarti (73,6%) degli intervistati hanno dichiarato di voler accogliere i rifugiati nel loro Paese. Quando viene chiesto come i governi devono rispondere alla crisi globale dei rifugiati, più della metà (55,4%) ha affermato che bisogna fare di più per includere i rifugiati nella forza lavoro nazionale. Solo il 3,5% ha detto che i rifugiati dovrebbero essere deportati. In un momento di incertezza globale e di spostamento verso l’isolazionismo, la stragrande maggioranza dei giovani (86,5%) si considera semplicemente “umano”, in contrasto con l’identificazione con un particolare Paese, religione o etnia».

fonte: www.greereport.it

“First reformed” è il film più ecologista della 74° mostra di Venezia

Consegnato al regista Paul Schrader il Green Drop Award 2017. Gisotti: “un grande racconto morale che spiega che non è con gli estremismi che cureremo il mondo”















Due crisi si affrontano nell’ultimo film di Paul Schrader “First reformed”, una spirituale ed una ambientale. La pellicola è uno dei 21 film che hanno competuto per il Leone d’Oro e narra la storia del pastore Toller (Ethan Hawke), profondamente tormentato dopo la morte del  figlio, che lui stesso aveva incoraggiato ad arruolarsi nelle forze armate. La sua fede viene ulteriormente messa alla prova dall’incontro con Michael (Philip Ettinger), ambientalista radicale, e sua moglie Mary (Amanda Seyfried), portando velocemente a risvolti inaspettati.

La particolare visione “ambientalista” che permea First reformed ha convinto la giuria del Green Drop Award 2017 ad assegnargli il titolo di film più ecologista della 74° Mostra del Cinema di Venezia.  “Fra queste opere – ha spiegato Giuliana De Sio assegnando il riconoscimento  – quella che ci è sembrata più significativa, rispondendo alla domanda “cosa possiamo fare?”, è stata un film di grande rigore nella sua scrittura come nella messa in scena, interpretato da attori che non ci fanno dimenticare neppure per un attimo il pericolo per ognuno di noi di lasciarsi trascinare nella disperazione e, con essa, abbracciare la strada della sottomissione o dell’odio.(…) First reformed ci ricorda che l’impegno in prima persona è una scelta, per quanto faticosa e dolorosa, sempre possibile, purché guidata dall’amore”.

Alla notizia del Premio il regista statunitense ha voluto inviare un indirizzo di saluto al #GreenDropAward “Oggi molti film rappresentano i conflitti che tutti noi stiamo vivendo, e in particolare quelli di carattere ambientale. Io nel mio film ho voluto esplorare l’interiorità dell’uomo di fronte a questi problemi. Sono felice quindi che il mio film sia stata insignito di un premio che esalta proprio i valori dell’ecologia e della cooperazione fra i popoli. Abbiamo tutti bisogno di dare una risposta a questo stato di ansietà”.

Il trofeo Green Drop, soffiato dal maestro vetraio di Murano Simone Cenedese, rappresenta una goccia d’acqua che contiene ogni anno un campione di terra proveniente da un Paese diverso. Quest’anno la celebre goccia contiene la terra risalente a circa 66 milioni di anni fa, al limite fra l’era mesozoica e l’era cenozoica, corrispondente al periodo dell’estinzione dei dinosauri.

fonte: www.rinnovabili.it

Uno dei posti più inquinati al mondo? La nave da crociera

Il bilancio ecologico di questi mostri sull’acqua è devastante. A parte i livelli consumi di energia di ciascuna nave, è la qualità delle emissioni a preoccupare. Tutte le compagnie utilizzano ancora olio combustibile pesante. Una classifica delle navi più inquinanti, tra cui quelle di Costa, MSC e Royal Caribbean.



















Contrariamente a quanto viene scritto dalle compagnie navali, l'inquinamento causato dalle navi da crociera è elevatissimo.
Si tratta di una delle attività umane a maggior impatto ambientale: città vere e proprie particolamente energivore, che si muovono sui nostri mari, che peraltro crescono sempre di più in dimensioni, e che usano il peggior combustibile disponibile e senza accorgimenti o filtri.
Un’associazione tedesca, NABU (Sindacato per la natura e la biodiversità), ha pubblicato la classifica delle navi da crociera 2017 (vedi sotto, clicca per ingrandire), che dimostra come siano ancora veramente molto scarsi i progressi compiuti dalle compagnie nella riduzione dell'inquinamento atmosferico.
L’associazione Cittadini per l’Aria, che collabora con NABU nell’ambito del progetto “Facciamo respirare il Mediterraneo”, ha presentato per l’Italia i risultati di questa analisi.
Si evidenzia come tutti gli operatori utilizzino ancora olio combustibile pesante per alimentare le loro navi, un prodotto di scarto della raffinazione, vietato su terraferma in moltissime parti del mondo. È combustibile sporco e solforoso che emette fumi tossici durante la combustione.
Una nave da crociera di medie dimensioni brucia fino a 150 tonnellate di carburante al giorno, emettendo un numero di particelle paragonabile a un milione di automobili. Ad esempio una di queste imbarcazioni con i motori al massimo consuma circa 250 mila litri di carburante al giorno. Le emissioni dei motori diesel come quelli impiegati sulle navi da crociera sono classificate cancerogene dall'Organizzazione Mondiale della Sanità.




















Le compagnie Hapag-Lloyd e TUI condividono la posizione più elevata in classifica grazie all'installazione di catalizzatori per gli ossidi di azoto; un piccolo ma importante passo verso navi meno inquinanti.
Ma sono le compagnie leader del settore, come Costa, MSC e Royal Caribbean, che producono il maggior inquinamento e rischiano di provocare gravi danni alla salute alle persone che vivono nelle città di porto, lavorano o vanno in vacanza su queste navi.
Il CEO di NABU, Leif Miller ha dichiarato: “L'attenzione del settore verso l'ambiente rimane scarsa. La mancanza di interventi da parte di Costa, MSC e Royal Caribbean per migliorare le prestazioni ambientali della loro attività mette a rischio i loro stessi clienti, i residenti delle città di porto e il clima. Siamo anche delusi dal greenwashing messo in atto da AIDA Cruises (compagnia crocieristica che fa parte del gruppo anglo-americano Carnival Corporation, ndr). Non sono riusciti mantenere la loro promessa di investire in filtri per il particolato per l’intera flotta".
“Purtroppo il disprezzo del settore crociere per la salute dei suoi clienti e dei cittadini portuali - sottolinea Anna Gerometta presidente di Cittadini per l’aria - è evidenziato dal fatto che, come riferisce NABU, nessuna delle compagnie di crociera ha risposto al semplice questionario stilato e inviato loro per accertare i progressi ambientali in questo settore mentre CLIA, l'Associazione internazionale dell'industria crocieristica, ha risposto con un commento vago affermando di aver preso in seria considerazione il problema. A riprova, purtroppo, di un atteggiamento di rifiuto del dialogo e scarsa trasparenza”.
Dietmar Oeliger, responsabile della politica dei trasporti di NABU fa notare che “l'anno scorso il settore aveva fatto sapere che 23 navi avrebbero installato filtri per il particolato carbonioso (black carbon), mentre risulta che neppure un singolo filtro sta attualmente funzionando".
Cittadini per l’Aria, che ha da poco lanciato il concorso fotografico #UNMAREDIFUMO per contribuire a visualizzare il problema delle emissioni nel Mediterraneo e nelle città di porto italiane e che si concluderà il prossimo 30 settembre, è preoccupata per la scarsa ambizione ambientale di questo settore che ha fra i suoi principali componenti tante compagnie italiane.
“Migliorare drasticamente le prestazioni ambientali delle navi deve diventare un obiettivo prioritario per il nostro paese, per la salute dei cittadini e la competitività internazionale di questo settore industriale - conclude Anna Gerometta - Basti riflettere sul fatto che a Civitavecchia è stato stimato un incremento del 51% del rischio di morte per malattie neurologiche e del 31% per tumore al polmone fra la popolazione residente entro i 500 metri dal perimetro dal porto per comprendere quanto grave sia il problema nel nostro paese, costellato da città di porto di importanza primaria in Europa” (ricerca del Dipartimento di Epidemiologia SSR Lazio).
Le emissioni di queste navi causano diverse gravi malattie polmonari, cardiovascolari e danni al sistema neurologico. Recenti misurazioni dell'inquinamento a bordo delle navi da crociera hanno poi dimostrato i potenziali pericoli a cui sono esposti i passeggeri.
Troupe televisive europee hanno registrato (vedi reportage), a bordo delle navi, magari a prendere il sole, livelli di particolato ultrafine fino a 200 volte superiori a quello presente nell’aria pulita, e sono stati registrati anche valori superiori a quasi 400 volte.
Cittadini per l’Aria chiede un divieto generale di utilizzo di olio combustibile pesante, il passaggio a carburanti più puliti e norme che impongano l'installazione di filtri di particolato e catalizzatori SCR su tutte le navi.
Il comune di Civitavecchia ha scritto al Presidente del Consiglio, chiedendogli di attivarsi per l’istituzione di una zona ECA (Emissions Control Area) nel Mediterraneo e ha invitato tutti i sindaci delle città portuali italiane a fare altrettanto.
Magari prima di fare una crociera, facciamo una seria riflessione su tutto questo.

fonte:http://www.qualenergia.it

Ecco DazePlug, da Bergamo il dispositivo automatico di ricarica per veicoli elettrici

Due ingegneri ventiseienni hanno creato un sistema di ricarica per veicoli elettrici a prova di smemorati















Quante volte vi è successo di dover uscire di casa, magari per andare a lavoro la mattina, oppure per uscire con degli amici la sera, per accorgervi mentre scendete le scale di avere il cellulare quasi totalmente scarico? Eppure quello stesso cellulare è stato appoggiato sul tavolo per ore ed ore, ed il caricatore era lì a pochi metri. Questo può succedere con lo smartphone, con il tablet, con il computer portatile, insomma, con qualsiasi dispositivo con una batteria ricaricabile. E sì, ovviamente la dimenticanza può succedere anche un’automobile a batteria: non deve essere per nulla piacevole partire di casa per andare in ufficio con il proprio veicolo a zero emissioni per accorgersi, appena accesa la vettura, di aver dimenticato di collegare la batteria al sistema di ricarica per veicoli elettrici.

L’idea vincente di due giovani ingegneri bergamaschi

Di certo per ora, visto la bassa diffusione dei veicoli a batteria in Italia, il problema di dimenticarsi di collegarli nottetempo al sistema di ricarica per veicoli elettrici è un affare di pochi. Eppure c’è qualcuno che ha già progettato un sistema per eliminare il sistema alla radice, andando così parallelamente ad eliminare i possibili dubbi di chi non sa ancora se acquistare un’automobile elettrica o meno. Certo, l’autonomia non è ancora enorme, e i costi non sono ancora del tutto convenienti, ma probabilmente c’è qualcuno che non se la sente di acquistare un’automobile elettrica proprio per il fatto di doversi ricordare di ricaricarla una volta parcheggiata, con un cavo elettrico ingombrante perennemente in mezzo ai piedi nel garage. E se fosse lo stesso sistema di ricarica per veicoli elettrici ad attivarsi in piena autonomia per fare il pieno di energia all’automobile? È questa l’idea geniale di due ingegneri ventiseienni della provincia di Bergamo, ovvero Andrea Daminelli e Giacomo Zenoni.

sistema di ricarica per veicoli elettrici

Un dispositivo automatico di ricarica per veicoli elettrici

Dopo una laurea in ingegneria meccanica presso l’Università di Bergamo, i due decidono di mettersi all’opera per trovare un’idea brillante e che vada a colmare il classico vuoto di mercato. Insomma, quell’invenzione allo stesso tempo geniale e semplice, che tutti vogliono ma alla quale nessuno aveva mai pensato: è così che nasce DazePlug, premio Start Cup Bergamo 2016, finalista Star Cup Lombardia 2016 e finalista al Progetto Marzotto 2017. Ma di cosa si tratta? In parole semplici è un dispositivo che va posizionato sul pavimento del garage, laddove si va a parcheggiare l’automobile elettrica usualmente. Dotato di specifici sensori in grado di rilevare l’eventuale presenza dell’auto, il sistema di ricarica per veicoli elettrici entra in funzione andando a collegarsi direttamente ad un’apposita presa installata sul fondo dell’automobile. Ovviamente quest’ultima deve essere installata da un elettrauto, così da essere collegata alla perfezione al normale sistema elettrico della vettura. Il risultato è un dispositivo estremamente semplice che va collegato attraverso un cavo sottile alle normali prese della corrente del garage, uno strumento dunque perfetto anche per chi si ritrova ad avere a che fare con posteggi auto particolarmente ristretti.

Finalisti del progetto Marzotto

Oggi la start up di Andrea Daminelli e Giacomo Zenoni è ben avviata, con l’inserimento di 3 dipendenti – tutti e tre ingegneri che, al pari dei due imprenditori, vantano un punteggio di laurea pari a 110. Come anticipato, grazie al loro progetto DazePlug Daminelli e Zenoni sono stati selezionati tra i vincitori del primo step dell’ambito ‘Premio dall’idea all’impresa’ del Progetto Marzotto, insieme ad altre 35 start up italiane. Nello specifico, DazePlug ha attirato l’interesse della Industrio Ventures di Rovereto, in provincia di Trento, che ha deciso di supportare l’innovativo progetto dei due bergamaschi.



fonte. www.green.it

Discariche abusive, l’Italia ha pagato 178,4 milioni di euro di multe all’Ue

La somma versata a partire dalla condanna nel 2014, alla quale presto potrebbe seguirne un’altra




















A seguito della sentenza della Corte di giustizia europea del 2 dicembre 2014, l’Italia è stata condannata a pagare – a causa di 200 discariche dichiarate non conformi alle Direttive 77/442 e 91/696 – una somma forfettaria di 40 milioni di euro, più una penalità di 42,8 milioni di euro per ogni semestre di ritardo; una cifra che è andata limandosi nel corso del tempo,  a seguito della documentazione man mano inviata dal nostro Paese con informazioni sullo stato di avanzamento della messa in regola dei siti.
L’esito dell’ultima tornata – comunicato ieri dal ministero dell’Ambiente – vede altri 25 siti depennati dalla lista delle discariche abusive italiane. Di queste ben 14 riguardano la Regione Campania, quattro l’Abruzzo, tre il Lazio, una a testa la Sicilia, l’Umbria, il Veneto e la Toscana (quella de Le Porte, all’Isola del Giglio).
«Questo – commenta il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti – è l’ennesimo buon risultato del grande lavoro di squadra che unisce il ministero dell’Ambiente, la struttura di missione della Presidenza del Consiglio e le autorità italiane in Europa, il nuovo commissario Gen. Giuseppe Vadalà e gli enti territoriali interessati in un continuo confronto con la Commissione Ue. È chiaro che siano ancora troppe le discariche abusive in Italia e che non si possa essere davvero contenti fin quando queste non si saranno azzerate: i dati però parlano chiaro e tracciano in due ultimi due anni una discesa verticale dei siti in infrazione, che vuol dire una riduzione di costi ambientali ed economici inaccettabili per i cittadini».
A proposito di dati, per fare chiarezza nell’intricata partita sulle discariche abusive che l’Italia ha ancora aperto con l’Ue, è utile dare un’occhiata a quelli messi in fila dal Senato (in allegato, ndr). Secondo il servizio studi di Palazzo Madama, a partire dal 2 dicembre 2014 ammontano a 162,4 milioni di euro le multe che l’Italia ha dovuto versare a causa della condanna sulle discariche abusive, cui vanno aggiunti quelli che «oggi l’Italia è chiamata a versare, per il quinto semestre successivo alla sentenza», come ricorda il ministero dell’Ambiente. Altri 16 milioni di euro, che portano il computo a ben 178,4 milioni di euro di multa.
Sperando che presto non debbano aggiungersi altre condanne: nel maggio scorso il nostro Paese è stato nuovamente deferito alla Corte di giustizia Ue. Rimanendo in tema di discariche abusive, sono altre 44 quelle finite nel mirino dall’Europa, con l’ipotesi più che concreta di una nuova maxi multa all’orizzonte.

fonte: www.greenreport.it

La casa in Umbria senza contatori, senza utenze ne bollette, completamente autosufficiente














Il progetto realizzato da Natura Hotel è stato il primo passo per la sperimentazione di un sistema integrato tra le diverse fonti di energia  rinnovabile.
Riportiamo di seguito l’articolo pubblicato sul loro sito naturalhotelumbria.it che ci spiega come questa casa riesce ad essere indipendente e completamente autosufficiente:
Il primo elemento fondamentale , replicato nell’edificio principale è la
COIBENTAZIONE realizzata con 16 cm di polistirene sul tetto e muratura portante in ISOTEX (blocchi di legno cemento) con all’interno insolazione di 10 cm di polistirolo grafitato. Infatti maggiore è la coibentazione , minore è l’energia necessaria ,quindi nel nostro caso un minor costo.

Per l’energia elettrica questa è prodotta da un coctkail di micro eolico da 400W di picco a 12 V e Fv in film sottile  da 300W a 12V che alimentano un sistema ad “isola” da 1500 watt supportato da 1000 Ampere di batteria al gel ermetiche senza manutenzione ( hanno una vita di circa 10 anni ). L’acqua che alimenta questa casetta come tutto il Centro PeR è quella piovana che viene captata dai tetti. Dopo aver attraversato un “filtro di prima pioggia” ( ha lo scopo di lavare il tetto ed evitare che gli escrementi degli uccelli vadano in cisterna ) l’acqua raggiunge la cisterna che ha una capacità di 5000 lt. Il Centro dispone di una capacità di accumulo di 200.000 lt suddivisi in varie cisterne. Da queste una pompa in classe “A” spinge l’acqua alle utenze e viene potabilizzata con una serie di filtri meccanici ed un filtro a raggi ultravioletti (UV) . Tutte le utenze sono dotate di rompigetto areati che miscelano aria ed acqua e consentono una riduzione dei consumi del 50%.








 
Tutti gli scarichi di docce e lavandini sono poi convogliati in un “filtro degrassatore” che separa i saponi dall’acqua per poi poterla riutilizzare negli scarichi dei WC così da evitare un consumo di acqua “buona” per un uso sicuramente non potabile. Le acque reflue poi convogliano in una fossa HIMOF che quando la struttura sarà completamente a regime andranno in un sistema di “fitodepurazione verticale” che permetterà di riutilizzare le acque a scopo irrigui ornamentale.
Per il riscaldamento questa casa utilizza per il 40% energia termica prodotta dalla serra addossata alla casa che con una semplice regolazione ( quando la temperatura interna della serra supera di 4/5 gradi quella della casa il sistema di ventilazione fa entrare in casa il calore accumulato nella serra riscaldando la casa. Quando il calore della sera non è più sufficiente entra in funzione il riscaldamento radiante a pavimento che è alimentato dai 6 m² di collettori sottovuoto che scaldano un accumulo “combinato” da 800 lt che produce oltre al calore necessario al pavimento anche l’acqua sanitaria.
In caso di prolungato maltempo il calore necessario al riscaldamento della casa viene generato da una resistenza elettrica alimentata direttamente del generatore eolico ( quando non c’è sole di solito c’è molto vento ). La funzione di circolazione innescata dalla serra, funge anche da sistema per “cambiare l’aria” all’interno della casa senza perdite di calore. In estate invece la serra funge da estrattore d’aria calda dalla casa attraverso le bocchette di ventilazione superiori che funzionano “al contrario” dell’inverno.
Inoltre il raffreddamento della casa in estate è migliorato immettendo aria fresca generata da un sistema passivo geotermico che prende aria dal boschetto sottostante e “raccoglie” la frescura del sottobosco nei suoi circa 40 m di percorso necessario per arrivare fino alla casa. In questo modo anche in estate si ricambierà l’aria senza perdere il fresco della casa. Se comunque il calore all’interno della serra in estate è troppo alto un sistema elettronico provvederà ad aprire le finestre e se questo non fosse sufficiente a fare scendere la tenda ombreggiante per ridurre ulteriormente la temperatura.



fonte: www.sapereeundovere.com/

Trasformare l’economia globale: Intervista a Kate Raworth



















La più grande sfida nel XXI secolo è soddisfare tutti i bisogni dell’umanità, rispettando i limiti del pianeta. Come possiamo assicurare il perseguimento della felicità di ognuno, mettere fine alla povertà, eliminare le ingiustizie proteggendo al contempo la Terra ed evitando di esercitare una pressione eccessiva sui sistemi planetari di sostentamento della vita (suolo, biodiversità, atmosfera) dai quali dipendono tutti gli esseri viventi?
L’economia lineare neoclassica, petro-capitalistica, ha spinto il mondo sull’orlo del collasso. È indispensabile ridefinire l’economia politica. Nell’ultimo anno una grande attenzione si è concentrata sul lavoro dell’economista dell’Institute for Sustainability Leadership, Kate Raworth. Ma non aspettatevi i grafici iper-complessi e le regole “perfette” che stanno alla base dell’economia tradizionale.

“Per trasformare la nostra economia dobbiamo ridefinire la sua narrativa e i suoi simboli. Per questo propongo un nuovo modello basato sulla forma della ciambella.” Davvero, avete capito bene. Ciambella. Ma attenti: Kate Raworth è una pensatrice assolutamente razionale. Autrice di uno dei più importanti libri di questo secolo, L’economia della ciambella. Sette mosse per pensare come un economista del XXI secolo, Kate Raworth per oltre vent’anni si è occupata di definire un metodo per decostruire l’economia neoclassica, lavorando con l’Ong Oxfam, compiendo ricerche sulla diseguaglianza, e collaborando alla stesura dello Human Development Report per l’Undp. E la ciambella è diventata l’icona di un nuovo paradigma economico.  
Abbiamo incontrato Kate Raworth nella sala dell’antico Palazzo Malvezzi a Bologna, un antico salotto intellettuale, per comprendere come le tradizionali curve e linee dell’approccio neoclassico, basate sulla determinazione di beni, prodotti e distribuzione dei profitti tra i mercati attraverso il meccanismo di domanda e offerta, abbiano assolutamente mancato l’obiettivo di fornirci il fine ultimo della vita: un’esistenza sana, felice e fondata sul rispetto. E come la ciambella può salvare tutti noi.

Come ha pensato di usare la ciambella per rappresentare un nuovo modello di equilibrio su scala globale?
“Può sembrare assurdo, ma quando studiavo una rappresentazione grafica del benessere umano e della situazione del XXI secolo è emerso un disegno che somigliava a una ciambella. Nel buco della ciambella sono rappresentate le carenze nelle fondamenta  sociali:  cibo, sanità, acqua, istruzione e alloggi. Chi non sta nel buco della ciambella riesce a vivere una vita dignitosa, con diritti garantiti e opportunità da cogliere. E allo stesso tempo non possiamo oltrepassare il limite esterno della ciambella, poiché significherebbe che esercitiamo una pressione così forte sul pianeta al punto da superarne i limiti (come spiegato da Johan Rockström, nda). Provocando così i cambiamenti climatici, l’acidificazione degli oceani, e minacciando lo stesso sistema vivente che ci sostenta. Quindi, l’obiettivo del XXI secolo è di portare tutti all’interno della ciambella. Oggi siamo oltre i limiti in entrambe le direzioni ma dobbiamo imparare a vivere entro i limiti del pianeta: gli economisti del secolo scorso non sapevano riconoscere il sistema planetario dal quale dipendiamo. Per raggiungere l’obiettivo abbiamo bisogno semplicemente di un’economia adeguata.”
Il suo libro dà un’interpretazione interessante del modello neoclassico: il modo in cui produciamo e consumiamo ha creato un’ideologia riguardo a come dovremmo produrre e consumare, imponendo la crescita come obiettivo manicheo e presentando teorie, come quella di Kuznets, quali leggi assolute della fisica. Quindi la realtà è diventata una copia del modello.
“Noi esseri umani siamo molto influenzati dai racconti su come funziona il mondo.  E lo siamo anche dalle immagini: quelle che disegniamo in ambito economico – insieme alle storie che raccontiamo – modellano il nostro comportamento. E l’economia modella la storia più importante che narriamo, la storia di chi siamo. Una narrativa in cui si dice che siamo spinti solo dall’interesse egoistico. Questo non corrisponde al vero, dobbiamo raccontarci la vera storia di chi siamo, e questo cambierà realmente quello che siamo diventati.”
È tempo di decostruire il modello economico neoclassico e quello neoliberista?
“Gli economisti che ci dicono ‘chi siamo’ hanno un’enorme responsabilità. Perché questo plasma ciò che diventiamo. Non dobbiamo solamente ripensare la storia di ciò che l’economia è. Nell’economia neoclassica mainstream, se chiedo a un professore ‘mi mostri la più grande immagine dell’economia che possiede’, probabilmente mi mostrerebbe il diagramma di flusso circolare, realizzato 70 anni fa da Paul Samuelson (il suo libro Economics: An Introductory Analysis, pubblicato per la prima volta nel 1948, uno dei più grandi classici, ha influenzato gran parte degli studenti di macro-economia del mondo, nda). Eppure questa immagine riporta solo ciò che è monetizzato, solo i flussi, senza il minimo riferimento al mondo vivente. Non si parla di materiali e rifiuti, né dei beni comuni, dei luoghi in cui la gente vive. Abbiamo fatto funzionare la nostra economia mediante una storia piena di omissioni e silenzi riguardo ad alcuni dei principali problemi attuali. Dobbiamo ridisegnare il diagramma e scrivere nuove storie che ci diano un’immagine di quel mondo che davvero vogliamo creare e un modello di noi stessi che sia fedele a tutte le reali possibilità della natura umana.”
Le imprese hanno sempre seguito la regola del profitto. Che aspetto avranno le imprese del XXI secolo?
“Ci sono tre criteri fondamentali che danno forma a un’impresa: lo scopo, la proprietà e il finanziamento. E sono aspetti spesso strettamente interconnessi. Nel XX secolo lo scopo delle imprese era di massimizzare i ritorni degli azionisti e il profitto. ‘Il business del business è il business’ era il mantra. La proprietà era detenuta dagli azionisti, che non avevano mai messo un piede nell’attività e la finanza era gestita attraverso mercati distanti e sempre alla ricerca di tassi di ritorno più alti. Le persone vedevano solo diagrammi di flusso, non incontravano mai i lavoratori, forse nemmeno conoscevano davvero i prodotti. Questo ha contribuito a portarci dove siamo ora, mettendo da parte l’ambiente e le comunità, chiamandole ‘esternalità’. Quando definisci qualcuno o qualcosa come un’esternalità, hai già detto quanto poco lo consideri importante. Abbiamo bisogno di un business con uno scopo esistenziale: perseguire il perpetuarsi della vita, rigenerando l’ambiente. La proprietà deve essere radicata, forse tra i dipendenti o tra gli azionisti che si prendono un impegno a lungo termine nel perseguire lo scopo dell’azienda. La finanza deve dedicarsi non solo al ‘ritorno sugli investimenti’, ma anche al valore sociale e ambientale che le imprese puntano a creare. Quindi la domanda che sta al cuore del business del XXI secolo è: quanti benefici possono essere accorpati, così da poterne distribuire una parte. È una questione di generosità: ‘in che modo posso utilizzare la mia azienda per contribuire ad affrontare un problema sociale o ambientale?’”

fonte: http://www.puntosostenibile.it

Ecco l’auto elettrica ‘made in Bari’, schiaffo della Puglia alle multinazionali: “200 km con una ricarica, costo 10.000 euro”





















Promosso da Tua Industries, il progetto del prototipo di una minicar elettrica ‘made in Bari’ è in programma al salone dell’Automotive della Fiera del Levante, nel padiglione 104. Si tratta di un quadriciclo pesante con motore elettrico che la Tua Industries, società che fa capo al fondo di investimento americano LCM (Lev Capital Management), subentrata con la reindustrializzazione della Om Carrelli di Modugno (Bari), ha realizzato e che presto partirà con la produzione vera e propria. Un veicolo in grado di percorrere 200 km con una sola ricarica elettrica. Il costo dovrebbe aggirarsi a poco più di 10.000 euro.

“Questa vicenda è iniziata quando ero sindaco di Bari con un presidio vicino alla fabbrica perché una grande multinazionale, che aveva sostanzialmente preso brand, fatturato e apparecchiature, voleva chiudere l’attività per acquisire le quote di mercato. L’orgoglio degli operai ha impedito questo destino. Abbiamo provato in tutti i modi a trovare un progetto di reindustrializzazione, e oggi siamo arrivati al prototipo finalmente autorizzato dagli organismi competenti”.

Così il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano partecipando questa mattina in Fiera del Levante, in anteprima assoluta, alla presentazione dell’auto elettrica prodotta da TUA Industries, il quadriciclo più leggero sul mercato, l’unico a quattro posti, realizzato con tecniche costruttive delle super cars.

“Ci sono ancora difficoltà – ha continuato Emiliano – perché si tratta di mandare a regime una produzione che non è semplice e che ha bisogno di una importante capitalizzazione. Sto verificando la volontà degli imprenditori italiani ad andare avanti nel progetto, noi continueremo a sostenerli perché, al di là del significato del mantenimento occupazionale, è diventato un progetto industriale veramente interessante. La prima auto italiana totalmente elettrica. Questa auto potrebbe consentire a tutte le forze di polizia municipale in Italia di muoversi nei centri abitati colpiti dai superamenti dei PM10, almeno riducendo le emissioni delle auto pubbliche. Peraltro è un’auto comoda e silenziosa”.

“È un’auto italiana e pugliese e questo chiude anche tutto il circuito dell’automotive pugliese e barese perché non avevamo ancora una produzione come questa, di un’auto intera. Come sempre combatteremo con tutta l’energia per difendere questo progetto neonato”.

Sollecitato dai giornalisti sul futuro della produzione, Emiliano ha detto che “oggi si presenta il prototipo, ma che ci sono buone intese per la rete commerciale con importanti case automobilistiche per vendere queste automobili”.

“Speriamo
– ha concluso Emiliano – che tutto vada bene. I nemici delle produzioni industriali nel Mezzogiorno ci sono sempre, ora bisognerà schivarli tutti e portare la fabbrica a regime. Penso che una volta considerato il prototipo e individuata la determinazione di noi tutti ad andare avanti,  la necessità di altri investitori non dovrebbe essere insormontabile”. VIDEO:

   






fonte: https://www.pugliareporter.com

Una Pila alla Volta, la sfida al riciclo batterie che premia i giovani

Presentato oggi a Roma più importante progetto di comunicazione sul riciclo di pile e accumulatori portatili mai realizzato in Italia


















Le buone pratiche di gestione e riciclo dei rifiuti premiano sempre. E lo fanno ancor di più quando sono inserite all’interno di iniziative di comunicazione ad hoc come “Una Pila alla Volta”, campagna nazionale dedicata alla promozione del riciclo batterie. Il progetto è stato lanciato ufficialmente oggi a Roma dal Centro di Coordinamento Nazionale Pile e Accumulatori (CDCNPA) in partnership con UISP-Unione Italiana Sport per Tutti e Civicamente. Con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente, i tre partner hanno dato vita alla più grande campagna di sensibilizzazione mai realizzata in Italia sul tema della seconda vita per pile e accumulatori portatili.
I destinatari del progetto sono i giovani tra i 10 e i 14 anni, chiamati a partecipare ad una sfida di sostenibilità che attraverserà in sette mesi tutta l’Italia. Un vero e proprio contest che si svolgerà tra settembre 2017 e marzo 2018 attraverso 5 differenti gare, tutte dedicate al tema del riciclo batterie.

I dati della raccolta e riciclo batterie del CDCNPA

L’obiettivo di “Una Pila alla Volta” è semplice: sensibilizzare ragazzi e ragazze sulla corretta gestione di questa tipologia di rifiuto, i cui dati di raccolta, seppure buoni, necessitano oggi di una nuova spinta.

“In Italia stiamo facendo uno sforzo enorme per raccogliere in modo differenziato le pile e gli accumulatori portatili – ha detto Giulio Rentocchini, Presidente del CDCNPA – nonostante questo la quantità avviata al riciclo non è ancora sufficiente e negli ultimi anni abbiamo registrato un leggero calo”.

Nel corso del 2016 i Sistemi collettivi e Individuali che fanno parte del CDCNPA hanno raccolto in Italia 9.495.012 kg di pile e accumulatori portatili esausti. Il dato è per la prima volta in lieve calo (pari a circa il -6%) rispetto all’anno precedente, quando la differenziata aveva superato i 10 milioni di kg. La prima conseguenza di questo decremento è la leggera diminuzione del rapporto tra raccolto e immesso che lo scorso anno si è attestato al 38,5%, dopo essere cresciuto per 4 anni fino a raggiungere il suo massimo nel 2015 con il 41%. Anche calcolando nel totale i quantitativi raccolti da soggetti terzi, la percentuale cresce di poco ed è ben lontana da quel 45% che ci chiede la Commissione Europea.

riciclo batterie
Grafico del CDCNPA

“Per questo abbiamo – continua Rentocchi – deciso di trasmettere un messaggio semplice: le batterie non vanno gettate con la spazzatura indifferenziata ma nel contenitore a loro dedicato. Per far passare questo messaggio abbiamo deciso di investire sulla risorsa più importante che abbiamo: le nuove generazioni Le ragazze e i ragazzi coinvolti nel contest nazionale, dovranno riunirsi in squadre perché è solo insieme che si può vincere la sfida della sostenibilità.

Come funziona Una Pila alla Volta

A partire da oggi sarà possibile accedere al sito www.unapilaallavolta.it e iscrivere le squadre al progetto nell’ambito scuola-cultura oppure sport-tempo libero. Ogni team potrà avere da 6 a 10 partecipanti che dovranno essere nati in un anno compreso tra il 2003 e il 2006 più un tutor maggiorenne. Nel lasso di tempo tra settembre 2017 e marzo 2018 le squadre saranno chiamate ad affrontare 5 gare del contest: si passerà da un quiz sul pile a creare una scultura con le batterie scariche abbandonate in casa, dalla realizzazione di uno spot video o una canzone sulla raccolta differenziata a una caccia al tesoro per individuare i contenitori per la raccolta differenziata degli accumulatori. Per ogni sfida dovranno creare una testimonianza foto, video o audio e caricarla nell’area a loro riservata sulla piattaforma web del contest. Potranno poi condividere i contenuti con gli amici di Facebook, con i follower su Twitter o Instagram per spingerli a votare la propria testimonianza sulla piattaforma e ottenere così punti utili a scalare la classifica.

“Attraverso i canali social spiegheranno, con il loro linguaggio, caricando foto, video e audio, agli amici e alle loro famiglie come funziona la raccolta delle pile e qual è il percorso virtuoso per riciclarne le singole componenti”, aggiunge il presidente del centro di coordinamento.

Una Pila alla Volta

Cosa si vince?

Le squadre saranno organizzate in gironi su base territoriale: Nord-Est, Nord-Ovest, Centro, Sud e infine le Isole maggiori. Le squadre, che alla fine delle 5 prove avranno totalizzato più punti nel loro girone, riceveranno voucher di un valore pari a 1000 euro per la terza classificata, 1.500 per la seconda  e 2.500 per la prima. In questo modo saranno premiate su tutto il territorio nazionale 30 squadre, di cui 15 squadre che partecipano nell’ambito scuola e cultura (il cui voucher permetterà l’acquisto di materiale didattico) e 15 squadre dell’ambito sport e tempo libero che riceveranno un voucher per attrezzature sportive. Inoltre le 10 squadre che hanno ottenuto il miglior piazzamento nei gironi si daranno battaglia nella finale del contest che si terrà a maggio 2018 a Como, città natale di Alessandro Volta e luogo simbolo per le pile e gli accumulatori, grazie anche all’attività didattica e divulgativa svolta dal Tempio Voltiano. Le finaliste dovranno affrontare nuove sfide, tutte ispirate al tema della raccolta differenziata e ottenere il titolo di primi campioni del riciclo delle pile e due voucher aggiuntivi da 2.500 euro ciascuno, uno per le partecipanti nell’ambito scuola-cultura e uno per quelle dell’ambito sport-tempo libero.

fonte: www.rinnovabili.it

Allungare la vita del telefoni per ridurre costi e inquinamento

L'Ufficio Europeo per l'Ambiente, una rete di organizzazioni che si occupa di politiche ambientali, ha diffuso un comunicato per presentare una interessante novità introdotta da Fairphone, il consorzio che produce il primo smartphone sostenibile al mondo, finalizzata a combattere l'obsolescenza programmata.
I primi moduli per smartphone che si possono aggiornare sono stati presentati in questi giorni e costituiscono una novità che potrebbe aiutare i consumatori a risparmiare denaro, ridurre la produzione di rifiuti e rivoluzionare il modello produttivo di giganti come Apple e Samsung.

















I 70mila utilizzatori del Fairphone avranno la possibilità di montare moduli aggiornabili di fotocamere sui loro telefoni, appena questi saranno disponibili sul mercato, a settembre. Questi dispositivi consentiranno di mantenere aggiornati i telefoni, allungando la loro vita e riducendo gli sprechi, come sottolineano i rappresentanti dell’azienda.

Stephane Arditi, esperto di politiche del riuso dell’Ufficio Europeo per l’Ambiente, ha dichiarato: «Complimenti a Fairphone per questi innovativi moduli aggiornabili e per averci fatto fare un nuovo passo verso un telefono che possa durare una vita intera. Il grande quesito adesso è se l’industria della modularità guadagnerà terreno rispetto al superato modello di produzione di massa o se saranno i grandi marchi stessi ad adeguarsi a questa nuova tendenza. Non stiamo dicendo che la modularità è la soluzione per tutti i problemi ambientali, le guerre minerarie e lo sfruttamento del lavoro minorile. Ma se realizzata nel modo giusto, potrebbe allungare la vita media dei telefoni, abbassare la domanda e risolvere situazioni problematiche».

Foto e video sono oggi fra le funzioni principali degli smartphone. Le videocamere si rompono raramente, ma i recenti progressi tecnologici le rendono rapidamente superate. Inoltre, quello dei rifiuti elettronici è il settore che sta crescendo più rapidamente fra le varie tipologie di rifiuti. La modularità esiste da tempo in apparecchi come i computer e le automobili. Ma alcuni critici sono convinti che applicarla ai telefoni li renderebbe troppo costosi, pesanti, grossi e fragili per essere appetibili dal punto di vista commerciale. I giganti della tecnologia, compresa Apple, sono accusati di accorciare di proposito la vita media dei telefoni per mantenere vendite e profitti elevati. Proprio Apple è diventata leader del mercato e la telefonia rappresenta il suo ramo più redditizio.

La vita media di un telefono è 18 mesi. Colle irreversibili e altri ostacoli simili rendono le riparazioni sempre più difficoltose. La Commissione Europea sta studiando nuove leggi per migliorare la progettazione di questi dispositivi, prendendo in considerazione anche la modularità, e ha cominciato a indagare sull’obsolescenza programmata.

fonte: www.italiachecambia.org

Bere fuori casa: ridurre l’impatto (in sicurezza) si può fare

In tutto il mondo il consumo di bevande avviene sempre più spesso fuori casa e aumenta di pari passo la quantità di contenitori di cibo e bevande nel littering, con gravi ripercussioni sull’ambiente e l’economia
















In tutto il mondo il consumo di bevande avviene sempre più spesso fuori casa e aumenta di pari passo la quantità di contenitori di cibo e bevande nel littering, con gravi ripercussioni sull’ambiente e l’economia.  

Mentre esiste una soluzione per ridurre i contenitori di bevande nel littering urbano, ( ne costituiscono circa il 40%), per gli altri imballaggi da street food come bicchieri, coppette e vassoietti vari servono misure più articolate. 

Il deposito su cauzione è lo strumento più efficace contro l’abbandono dei contenitori di bevande poiché ne incentiva economicamente la restituzione. Allo stesso tempo è l’unico sistema che permette di intercettare per il riuso o riciclo oltre il 90% degli imballaggi assoggettabili. 

Lo dimostrano i risultati conseguiti dalle quasi 40 esperienze di regioni o paesi in cui è in vigore il cauzionamento. In questi territori gli imballaggi non vengono quasi mai abbandonati oppure c’è sempre qualcuno che li raccoglie per recuperare l’importo della cauzione. E questo succede anche per gli imballaggi di vetro che, in occasioni di eventi, sono sempre più presi di mira da ordinanze restrittive per problemi di sicurezza. 

Il rischio concreto è che questi provvedimenti rendano il consumo di bevande fuori casa ancora più insostenibile: vuoi per il passaggio da bicchieri riutilizzabili a opzioni usa e getta, vuoi qualora i produttori di bevande sostituissero la bottiglia in vetro con altri materiali non riusabili o riciclabili. Inoltre, per quanto riguarda il consumo di birra alla spina, desta particolare preoccupazione il passaggio da fusti riutilizzabili a fusti usa e getta, un sistema che dall’Italia il gruppo Carlsberg vuole diffondere all’estero. 

Invece di organizzare un vuoto a rendere con bottiglie riutilizzabili come avviene in Oregon o Bretagna alcuni brand di birra, tra i quali il gruppo prima citato, stanno pensando di sostituire il vetro con bottiglie realizzate in plastica non trasparente o in polpa di cellulosa. Che si tratti di soluzioni più sostenibili in un pianeta in crisi di risorse (tutte ), dalla popolazione in aumento, minacciato dagli effetti del riscaldamento climatico, è tutto ancora da dimostrare. 

Per capire quali soluzioni vengono adottate in altri paesi per prevenire la dispersione di contenitori vari nell’ambiente, in zone di villeggiatura, così come in contesti cittadini in occasione di eventi, abbiamo cercato in rete e selezionato le esperienze di alcuni paesi. Si tratta di iniziative che sono facilmente replicabili in Italia e che possono essere estese anche al altre situazioni dove vengono impiegati contenitori usa e getta. 

OLANDA  
In Olanda ormai da anni i locali che registrano una grande affluenza servono le bevande in bicchieri riutilizzabili di plastica soggetti ad una cauzione di 1 euro. Per citare luoghi e locali noti anche ai turisti di Amsterdam parliamo del chiosco di Vondelpark che funziona in occasione di concenti o altri eventi e di locali storici come il Paradiso o il Melkweg . Il sistema è stato adottato autonomamente dai locali per ragioni di sicurezza ma anche economiche. Visto che sono i clienti a servirsi e riportare i bicchieri al bar serve meno personale. 

Alla XX edizione del Big Rivers Festival che si è tenuta a Dordrecht nel luglio scorso si è scelto di servire da bere esclusivamente in un bicchiere riutilizzabile dal costo di 2,50 euro. L’acquisto del bicchiere avviene alla prima consumazione e per successive consumazioni si riconsegna il bicchiere vuoto per avere un nuovo bicchiere. Alla fine il bicchiere resta al cliente. Grande soddisfazione per il sistema da parte degli organizzatori che ha permesso un risparmio di qualche migliaia di euro in spese di pulizia.  

BELGIO  
Nella città di Ghent si svolge ogni anno Ghent Festivities, un evento molto visitato a metà tra un festival culturale urbano e una festa popolare che coinvolge per 10 giorni un’area cittadina pari a 765.000 m2. Per ridurre la mole di rifiuti indifferenziati prodotti dagli oltre 100.000 visitatori ogni giorno. è stata introdotta una raccolta differenziata per alcuni materiali è stata introdotta una raccolta differenziata per alcuni materiali e qualche locale ha smesso di usare bicchieri, tazze e coppette usa e getta a favore di opzioni riutilizzabili. Questi provvedimenti hanno ridotto da 500 a 360 tonnellate i rifiuti prodotti nei 10 giorni. 

La novità è che dalla prossima edizione 2018 si potranno usare solamente tazze e coppette riutilizzabili che, si è visto, compongono una quota rilevante del rifiuto indifferenziato. L’utilizzo del vetro sia per bicchieri che bottiglie era già stato vietato nelle precedenti edizioni con la (ragionevole) esclusione degli esercizi dove viene svolto servizio ai tavoli. L’adozione di bicchieri riutilizzabili in plastica diventerà obbligatoria in tutta l’area interessata dall’evento dal prossimo anno anche se non è ancora stato deciso se verrà applicato ai contenitori il deposito su cauzione o meno.  

SPAGNA  
La Spagna fa meno bene di noi in quanto a performance di raccolta differenziata e tassi di riciclo, anche se alcune problematiche che attengono alla gestione dei rifiuti accomunano i nostri due paesi. 
Tuttavia gli spagnoli si stanno dimostrando più innovativi e dinamici nel valutare possibili soluzioni migliorative nella gestione dei rifiuti da imballaggio, sia a livello di politica locale, che di movimenti della società civile. 
Infatti, nonostante l’opposizione dell’industria del beverage il dibattito sull’opportunità di adottare un deposito su cauzione per i contenitori di bevande, è già partito in Spagna da qualche tempo.  
L’associazione Retorna ̶ dedicata alla promozione del vuoto a rendere e del riutilizzo ̶ ha dato recentemente notizia di alcune iniziative di cui ne riportiamo un paio. 

L’Area Metropolitana di Barcelona (AMB) in collaborazione con il comune El Prat de Llobregat ha attivato un progetto pilota durato alcune settimane tra luglio e agosto 2017 per promuovere sulla spiagge la resa dei contenitori di bevande. Tutte le tipologie di contenitori di bevande, bicchieri inclusi, venduti dai quattro chioschi della spiaggia cittadina sono stati dotati di un codice a barre. Per ogni bevanda acquistata è stata applicata una maggiorazione di € 0,10 inclusa nel prezzo che veniva restituita alla consegna del contenitore. 

Un sistema computerizzato di lettura del codice a barre ha così registrato le movimentazione dei contenitori nei diversi giorni e orari delle settimane in cui si è tenuto il progetto pilota. Dati registrati come le quantità e la tipologia di bevande consumate con gli andamenti delle vendite e delle restituzioni ora per ora, possono tornare di grande utilità nello sviluppo di un sistema di intercettazione degli imballaggi da attuare prossimamente in quella specifica spiaggia. 

LA FIESTA DE LAS PIRAGUAS 2017 (81º DESCENSO INTERNACIONAL DEL SELLA)  
L’evento di canotaggio che si svolge ogni agosto vede una massiccia affluenza di pubblico nel territorio del comune di Ribadesella. Il comune metterà a disposizione dei bar e locali che vendono bevande 10.000 bicchieri riutilizzabili che pubblicizzano l’iniziativa. La prima volta che verrà ordinata una bevanda il cliente pagherà 1 euro per il bicchiere come cauzione. Successivamente il bicchiere potrà essere riutilizzato più volte oppure essere riconsegnato a qualsiasi esercizio per avere indietro l’importo della cauzione. E’ stato stimato che se i visitatori riutilizzeranno tre volte uno stesso bicchiere si saranno evitati 30.000 bicchieri di plastica all’ambiente.  

fonte: www.lastampa.it