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Dal riciclo all’inclusione. La sfida vinta di K-pax

Grazie al progetto “Ri-vestiamoci” la cooperativa bresciana ha coinvolto 25 comuni della Valle Camonica per organizzare e potenziare la raccolta differenziata di abiti usati. Negli ultimi otto anni sono stati attivati 25 tirocini e borse lavoro e due case rifugio

Unsplash

Venticinque Comuni coinvolti sul territorio della Media e Bassa Valle Camonica (in provincia di Brescia), altrettanti tirocini attivati tra i giovani rifugiati e richiedenti asilo, un incremento della percentuale di raccolta differenziata di vestiti, scarpe e borse dismessi sul territorio grazie alle iniziative di sensibilizzazione rivolte alla cittadinanza e al posizionamento di centri di raccolta abiti (cassonetti ad hoc) dislocati sul territorio. Sono questi alcuni numeri del progetto “Ri-Vestiamoci” promosso dal giugno 2013 dalla cooperativa sociale K-pax.

“Abbiamo acquistato i cassonetti per la raccolta differenziata degli abiti usati, li puliamo e ne garantiamo la manutenzione periodica. A occuparsi del ritiro degli abiti dal cassonetto è poi una società specializzata, ma la cooperativa ottiene un utile da questa attività. Che noi ci siamo impegnati a investire sul territorio”, spiega Agostino Mastaglia, operatore di K-pax e responsabile del progetto.

“Ri-vestiamoci” è stato ideato e promosso dall’Unione dei Comuni antichi borghi e K-pax in collaborazione con Valle Camonica Servizi. L’obiettivo è quello di organizzare e mantenere un servizio di raccolta di vestiti vecchi, usati e rovinati, scarpe e borse dismesse. Inoltre, attraverso una campagna di sensibilizzazione e formazione sul territorio, K-pax ha lavorato per incrementare i volumi della raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani, indirizzando gli abiti vecchi verso i cassonetti dedicati alla raccolta per diminuire i costi di smaltimento. L’idea è quella di innescare, con il materiale così recuperato, un circolo virtuoso le cui basi costitutive sono il riuso e il riciclo, in chiave ecologica.


La gestione degli abiti “a fine vita” rappresenta infatti un problema particolarmente pressante per le amministrazioni locali. Secondo le stime del Parlamento europeo, dal 1996 a oggi la quantità di indumenti acquistati nella Ue per persona è aumentata del 40% a seguito del calo dei prezzi e della diffusione della fast fashion. Oggi, i cittadini del Vecchio Continente consumano ogni anno quasi 26 chilogrammi di prodotti tessili e ne smaltiscono circa 11. E nell’87% dei casi i vestiti di cui decidiamo di liberarci vengono inceneriti o portati in discarica. Per questo motivo, la direttiva rifiuti approvata dal Parlamento europeo nel 2018 prevede l’obbligo per i Paesi della Ue a provvedere alla raccolta differenziata dei tessili a partire dal 1° gennaio 2025.

Altro obiettivo del progetto, oltre a quello più propriamente ecologico, è quello di finanziare attraverso le entrate derivanti dalla gestione del riciclo degli abiti l’inserimento lavorativo di persone socialmente svantaggiate e nuovi progetti di housing sociale sul territorio. A otto anni dall’avvio del progetto l’esito è positivo: le risorse generate da “Ri-vestiamoci”, infatti, hanno permesso di finanziare 25 borse lavoro e tirocini per donne in difficoltà, a carico dell’azienda territoriale per i servizi alla persona della Valle Camonica; l’attivazione di due case rifugio, sotto forma di appartamenti protetti e servizi a disposizione della Rete territoriale antiviolenza della Valle Camonica. Ultimo, ma non meno importante, l’apertura de “La Soffitta del Re” nel comune di Breno, un laboratorio di smistamento e vendita di abiti usati che -oltre a creare lavoro- va a rafforzare l’impegno della cooperativa 

“K-pax è nata nel 2008 per iniziativa di un gruppo di operatori e ospiti di strutture di prima e seconda accoglienza per rifugiati e richiedenti asilo -spiega Agostino Mastaglia -. Nel corso degli anni, siamo arrivati ad accogliere, tra progetti Sprar (oggi Sai, ndr) e centri di accoglienza straordinaria gestiti dalla prefettura, più di cento persone tra la Valle Camonica e il Comune di Brescia”. Oggi la cooperativa ha rinunciato alla gestione dei Cas per concentrarsi su altri progetti. Come la gestione dell’hotel “Giardino” di Breno, rilevato nel 2013, con l’obiettivo di creare nuovi posti di lavoro per i richiedenti asilo e i rifugiati accolti dalla cooperativa. Oggi la struttura dà lavoro a tre persone e, nonostante le difficoltà legate all’emergenza Covid-19, continua le sue attività: “Abbiamo tenuto duro e stiamo ripartendo -sintetizza Mastaglia- Il Covid-19 ha avuto un grosso impatto, soprattutto per quanto riguarda l’inserimento lavorativo. E senza lavoro costruire percorsi di autonomia per i rifugiati è impensabile. Fortunatamente, in questo momento le aziende stanno riprendendo le loro attività e anche le richieste per assumere i nostri ragazzi sono riprese”.

fonte: altreconomia.it


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Proxima: una sartoria sociale dove ricucire tessuti e vite

Persone che hanno alle spalle un vissuto difficile e doloroso, vittime di tratta e sfruttamento, si ritrovano in questo laboratorio nel cuore della Sicilia per dare nuovo senso alla propria esistenza. Grazie a Proxima si incontrano, imparano un mestiere, vengono aiutate e formate dando corpo a un futuro che sembrava irrimediabilmente compromesso.



Persone ad alta vulnerabilità che hanno un vissuto di grave sfruttamento, con il dovuto sostegno maturano competenze personali importanti per il proprio percorso di autonomia, rafforzando anche l’integrazione e la collaborazione all’interno di un gruppo.

Sono loro le protagoniste delle attività di Proxima, una cooperativa sociale che in Sicilia lavora ogni giorno per aiutare gli ultimi, dando loro una seconda possibilità attraverso la valorizzazione del “saper fare”, del lavoro manuale, capace di unire, far sognare e ridare speranza.

La Cooperativa sociale Proxima nasce alla fine degli anni ’90 in provincia di Ragusa, gestendo un servizio per minori rivolto ai figli dei profughi Kosovari. Dal 2003 realizza progetti rivolti a vittime di tratta, offrendo un’opportunità di fuga, cambiamento, relazione, crescita personale e dando loro la possibilità di frequentare luoghi sicuri e adeguati.

Due sono i progetti principali sui quali la cooperativa fonda la propria attività: una sartoria e un orto, entrambi sociali. Già, perché la socialità e la condivisione di esperienze sono una risorsa fondamentale per ricominciare a sperare. Letizia Blandino, referente del progetto, comincia a raccontarci la storia del laboratorio sartoriale.

Quali sono le attività in cui sono coinvolte le persone che seguite?

La sartoria è un luogo di formazione, produzione, apprendimento e scambio continuo di esperienze. Attraverso il riciclo tessile, con la supervisione di una sarta specializzata, i ragazzi trasformano questo hobby creativo in una competenza sempre più professionalizzante, costruendosi così un’opportunità di lavoro e riscatto personale. La tecnica maggiormente usata in laboratorio è quella del patchwork, grazie al quale si ottengono creazioni artigianali uniche che spaziano da accessori per la persona ad oggettistica per la casa, con un occhio sempre attento all’etica ed all’ecologia. Dando vita nuova a questi tessuti, con la realizzazione di oggetti unici, questi ragazzi tessono i fili per un nuovo percorso di rinascita, dove le ferite passate si trasformano in autodeterminazione.

Come nasce l’idea di un laboratorio di Sartoria Sociale all’interno della cooperativa Proxima?

L’idea di avviare un laboratorio di Sartoria Sociale è nata per assecondare un particolare interesse dimostrato nei confronti dell’attività sartoriale da parte dei beneficiari dei progetti della Cooperativa Sociale Proxima, vittime di tratta e grave sfruttamento, con il fine di offrire un opportunità di riscatto sociale, integrazione ed autonomia.

In che modo, attraverso il cucito e all’interno di un gruppo, i ragazzi accrescono la propria autonomia e proseguono lungo il loro percorso?

Il laboratorio si configura simbolicamente come mezzo per “RI-CUCIRE le ferite”. Infatti, durante l’attività, i partecipati hanno la possibilità di confrontarsi, condividere idee ed esperienze e crescere insieme attraverso un costante apprendimento e formazione sulle tecniche sartoriali utilizzate per creare manufatti artigianali che poi vengono immessi nel mercato mediante e-commerce e punto vendita.



Ci sono stati ragazzi o ragazze che, pur uscendo dai progetti della cooperativa, hanno portato avanti lavori e passioni che si avvicinano alla vostra mission?

C’è stato qualche caso di ragazzi che una volta usciti dai nostri programmi di protezione hanno deciso di acquistare in autonomia una macchina da cucire e portare avanti la propria passione creando dei prodotti tessili in proprio. Ad ogni modo, l’attività di sartoria, oltre a offrire una formazione relativa al settore sartoriale, è organizzata mediante un regolamento specifico pensato anche per fornire ai beneficiari dei nostri progetti delle linee guida da seguire nella vita di tutti i giorni ed in particolar modo in ambiente lavorativo. Pertanto, credo che i ragazzi che fuori escono dai nostri progetti hanno comunque la possibilità di mettere in pratica i nostri insegnamenti e così soddisfare a pieno la nostra mission.

Quali progetti avete in mente per il futuro?

Per il futuro, speriamo di poter ampliare la nostra attività continuando a soddisfare sempre al meglio le richieste che ci arrivano, riuscire a cambiare location creando un punto vendita in sinergia con il laboratorio e magari specializzarci anche nel settore delle riparazioni sartoriali e degli indumenti e accessori personalizzati.

Puoi raccontarci qualcosa anche dell’orto sociale?

Questo progetto nasce nel 2017 ed è una tra le più recenti attività di Proxima. È un luogo dove terre, energie, tradizioni e innovazioni si fondono dando vita a un progetto ambizioso, che si pone l’obiettivo di riqualificare un terreno in totale stato d’abbandono, dove la cittadinanza ragusana può acquistare e assaporare prodotti carichi di passione che rispettano ogni ciclo stagionale. Frutta e verdura vengono selezionate con la massima cura e le eccedenze di produzione non vengono sprecate ma trasformate in golosissime conserve.

fonte: www.italiachecambia.org

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Ecoscienza: La cooperazione sociale favorisce il riutilizzo

 
















fonte: Ecoscienza

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