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Mobilità sostenibile: arriva il tour elettrico #EViaggioItaliano

Parte #EViaggioItaliano, il tour elettrico e di mobilità sostenibile per la scoperta e la valorizzazione delle eccellenze ambientali dell'Italia.




Partirà il 4 settembre dalla Campania #EViaggioItaliano, un tour elettrico tra le eccellenze dello Stivale. E vi sarà anche una novità non di poco conto: la prima cucina elettrica mobile al mondo, alimentata unicamente da energia solare.

#EViaggioItaliano rilancia il turismo sostenibile toccando sei regioni, il tutto con l’alto Patrocinio del Parlamento Europeo, della Commissione Europea e dei Ministeri dell’Ambiente, degli Esteri, delle Infrastrutture e dei Trasporti. L’obiettivo è quello di valorizzare il patrimonio enogastronomico della Penisola, con un tour amico dell’ambiente.

La prima tappa avverrà in Campania dal 4 al 6 settembre, per poi toccare Emilia Romagna, Lombardia, Lazio e Trentino Alto Adige. Nel 2021, invece, l’iniziativa verrà estesa al resto d’Italia. Realizzato in collaborazione con la Fondazione Univerde e il suo progetto #ioviaggioitaliano, il progetto si avvarrà di una flotta di veicoli elettrici da una a quattro ruote, tra cui una singolare e bellissima motocicletta dall’innovativo stile retrò.

Il tour metterà in mostra non solo le meraviglie d’Italia, ma anche le realtà imprenditoriali più interessanti e innovative, i borghi più virtuosi, le eccellenze della sostenibilità energetica e ambientale. E non manca la tecnologia e l’innovazione, grazie a Future Trailer: il prototipo di una cucina mobile completamente alimentata a energia solare, per ShowCooking amici dell’ambiente. Alcuni dei più famosi chef realizzeranno delle ricette a chilometro zero nei luoghi delle tappe del tour. Il trailer è collegato a un veicolo elettrico che farà anche da Studio Mobile, per realizzare interviste, streaming, lanciare podcast, aggiornare i social e molto altro ancora.

Come già accennato, il tour partirà dalla Campania, grazie al supporto della Regione e Scabec, la Società Campana dei Beni Culturali. Collaborerà anche “campania>artecard”, il pass turistico che garantisce da 15 anni la possibilità di ammirare il patrimonio artistico e geografico della regione. Con Fondazione Univerde, invece, verrà supportata la cultura ecologista, la difesa del Made in Italy e le grandi tradizioni agroalimentari dello Stivale.

Nella piazza di Caiazzo, il 4 settembre il pizzaiolo più bravo al mondo – Franco Pepe – dimostrerà tutte le potenzialità della cucina solare di Future Trailer. Nel programma di tappa anche visite all’Acquedotto Carolino, patrimonio dell’Unesco, ma anche alla Reggia di Portici e al Parco Nazionale del Vesuvio. Spazio anche al Castello di Mercato San Severino, al Museo di Pietrarsa, a Villa Campolieto e al Parco Archeologico di Paestum.

Verranno quindi valorizzate eccellenze locali come la mozzarella di bufala campana, il pomodoro di piennolo e il vino Lacryma Christi. Ci saranno poi esperti del calibro di Alfonso Pecoraro Scanio (Presidente della Fondazione UniVerde e docente presso l’Università di Napoli Federico II), Matteo Lorito (Direttore del dipartimento di Agraria dell’Università di Napoli Federico II), Eugenio Gervasio (fondatore e CEO del MAVV – Wine Art Museum) e lo Chef stellato Alfonso Iaccarino. Il tour parlerà anche di buone pratiche nella tutela dell’ambiente, partendo dall’esempio di Baronissi, comune in prima fila per la campagna plastic free promossa dal Ministero dell’Ambiente.

#EViaggioItaliano è stato ideato grazie a realtà italiane decisamente innovative e incentrate sulla mobilità elettrica, come Fondazione eV-Now!, XMove, theSocialBreakers e To Be.

fonte: www.greenstyle.it



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Alimentazione ed energia: il Made in Italy è la soluzione

Da oltre trent'anni (appena!) affermo che il Paese del sole non può che puntare sulle fonti energetiche rinnovabili, con il necessario compendio di risparmio energetico e uso razionale dell’energia, altrimenti in un mondo di sprechi le rinnovabili da sole servono a ben poco. Se ci fossimo mossi trent'anni fa, ora le cose sarebbero molto diverse.





Da oltre trent'anni (appena!) affermo che il Paese del sole non può che puntare sulle fonti energetiche rinnovabili, con il necessario compendio di risparmio energetico e uso razionale dell’energia, altrimenti in un mondo di sprechi le rinnovabili da sole servono a ben poco. Cosa dicevano gli esperti trent'anni fa? Che l’apporto delle energie rinnovabili in Italia era risibile e non erano nemmeno da considerare alternative perché non lo erano affatto, al massimo potevano essere una graziosa cornicetta al quadro ben delineato dei combustibili fossili sempre e comunque. Ma del resto anche un ragazzino delle medie o forse anche di quinta elementare guardando una piantina nazionale di insolazione media annua o della ventosità, visto che siamo un paese pieno di costa e di monti, poteva facilmente capire le potenzialità enormi delle energie rinnovabili. Così come era altrettanto ovvio che i combustibili fossili erano una fonte esauribile.

Ma a quanto pare i nostri esperti non avevano conoscenza nemmeno delle basi, del due più due che fa quattro. O forse le conoscevano e le conoscono ma hanno ben altri interessi da servire che quelli delle energie rinnovabili, dell’ambiente e di conseguenza della salute delle persone.

Ora grazie a questi esperti, rigorosamente dotati di lauree prestigiose e master, messi a capo anche dei grandi gruppi energetici nazionali e grazie a una politica cieca, sorda e muta, l’Italia al 2020 (!!) è ancora dipendente dall’estero energeticamente per oltre il 75%, e con pervicace e masochista ostinazione si continua ad andare in quella direzione.

Si vedano a questo proposito, fra le innumerevoli follie, le trivellazioni in cerca di petrolio, il metanodotto TAP in Puglia, la metanizzazione della Sardegna e gli oltre 18 miliardi di euro che ogni anno lo Stato regala in modi diversi alle aziende di combustibili fossili. E sono quegli stessi esperti e quella stessa politica che poi si lamentano se c’è, ad esempio, la disoccupazione, quando sono le loro azioni che la determinano. E gli stessi esperti e gli stessi politici che grazie a scelte suicide hanno costruito un paese fortemente dipendente soprattutto nei due aspetti principali che determinano l’esistenza di tutti noi che sono l’energia e l’alimentazione.

Cosa sarebbe successo se trenta o quarant'anni fa, invece di non fare nulla fino ad oggi, sottolineo nulla, confermato dalla dipendenza che ancora abbiamo, si fosse puntato decisamente alle energie rinnovabili e all’abbattimento di tutti gli sprechi energetici? Avremmo ora una filiera italiana sviluppata in innumerevoli settori, milioni di posti di lavoro certi, stabili, con un senso sociale e ambientale. Anche solo con la diffusione a tappeto delle tecnologie solari termiche applicate alla riqualificazione energetica del patrimonio edilizio italiano, avevamo e avremmo da lavorare per i prossimi cento anni. E che dire degli enormi risparmi di soldi per le tasche dei cittadini italiani e per quelle pubbliche che si sarebbero avuti con questi interventi? E che dire della salute e delle centinaia di migliaia di morti evitati a causa dell’inquinamento di ogni tipo che li determina ?

Niente di tutto questo è stato fatto e così il paese del sole si è visto arrivare, in tutti questi anni, tecnologie per le energie rinnovabili e il contenimento energetico anche dai paesi del nord Europa, che il sole a malapena sanno cosa sia ma che in maniera seria, intelligente e lungimirante hanno puntato su questi settori. Ci lamentiamo ora con la Germania brutta e cattiva ma le abbiamo comprato questo mondo e quell’altro di tecnologie solari, che solo a dirlo viene da ridere o da piangere, quando saremmo dovuti essere noi a vendergliele, altro che vendergli vestiti alla moda o le Ferrari. Infatti chi al mondo può sviluppare questo tipo di tecnologie e lavoro se non il Paese del sole? Ma queste sono considerazioni così ovvie, così semplici e solari appunto, che forse proprio per questo non entrano nei mega cervelli dei nostri mega esperti.

C'è chi potrebbe obiettare che i cinesi, grazie al regime di schiavitù lavorativa che hanno, avrebbero abbattuto i costi e quindi potuto venderci anche quel tipo di tecnologia, come in parte è avvenuto in maniera recente; ma a questi si può tranquillamente rispondere che tutti i soldi e le agevolazioni date ai fossili si sarebbero potute dare alle rinnovabili e così il “sistema Italia” avrebbe retto anche all’invasione dei prodotti cinesi. Oltre al fatto che realizzare campagne di informazione e sensibilizzazione per utilizzare il Made in Italy avrebbe fatto scegliere con cognizione di causa i prodotti italiani piuttosto che quelli arrivati da chissà dove e fatti chissà come. Inoltre partendo molto prima dei cinesi in quei campi, avremmo avuto vantaggi enormi.

Per non parlare poi di tutto il personale tecnico e non, che avrebbe il compito di diffondere ovunque le buone pratiche e la consapevolezza presso la popolazione e tutta la conseguente formazione da fare in ogni luogo per divulgare come risparmiare energia e interagire con le fonti rinnovabili. Lavori e prassi normali e diffuse che sarebbero dovute diventare tante e usuali come le pizzerie e inserirsi nella mentalità e quotidianità così come si conosce a memoria la formazione delle propria squadra di calcio o le canzoni del proprio cantante preferito.

E visto che ci si lamenta pure dell’Europa, cosa sarebbe successo se l’Italia fosse stata fortemente indipendente nei fatti, non nelle chiacchiere e nelle sparate dei finti sovranisti, per gli elementi base dell’esistenza? Avrebbe significato che ciò che faceva o fa l’Europa ci sarebbe interessato fino ad un certo punto, forti della nostra vera e sola sovranità che è quella nei fatti, perché è assolutamente ridicolo fare i sovranisti se poi si è totalmente dipendenti da tutto e tutti, che si chiamino Europa, Cina, Giappone, Russia o Stati Uniti.

Sarà il caso ora finalmente di rivedere radicalmente la questione? Sarà il caso di puntare decisamente ad una filiera italiana di energie rinnovabili e tecnologie per il risparmio energetico? Si trasferiscano in questi settori i soldi che vengono regalati ai combustibili fossili, si taglino le innumerevoli spese inutili e dannose come ad esempio quelle per gli aerei militari da combattimento F35 e si vada diretti in questa direzione senza se e senza ma. Abbiamo tutto, conoscenze, tecnologia, competenze, persone, non ci manca nulla, se non la volontà politica o la volontà tout court, perché anche senza la politica si può andare risolutamente in quella direzione coinvolgendo la società civile, le imprese lungimiranti e la finanza etica. Poi anche la politica seguirà, tanto è sempre l’ultima a reagire (se mai lo farà).

E veniamo ora all’alimentazione. Per cosa è conosciuta l’Italia nel mondo? Per il cibo e non potrebbe essere altrimenti visto che ogni più piccolo paesino, borgo, città che sia, ha le sue specialità e cultura alimentare, cibo di qualità sopraffina frutto di attenzione e cura secolare per uno dei motivi di maggiore piacere nella vita e per il quale siamo invidiati da tutto il mondo. E una cultura di questo tipo da cosa è stata favorita? Anche dalla posizione geoclimatica meravigliosa dell’Italia dove praticamente è possibile coltivare una varietà di alimenti incredibile, considerate anche tutte quelle coltivazioni antiche e particolari che sono state trascurate e dimenticate e che possono essere facilmente riprese. Mangiamo due o tre tipi di mele quando ne esistono centinaia.

Ma in una tale situazione da paradiso terreste dell’alimentazione abbiamo trascurato le nostre ricchezze e varietà alimentari e siamo riusciti a farci colonizzare da cibo spazzatura che arriva da paesi che non sanno nemmeno lontanamente cosa sia una cultura dell’alimentazione. Vengono prodotti e venduti cibi imbottiti di sostanze chimiche e veleni assortiti che sono un attentato quotidiano alla nostra salute. Bombardati da pubblicità dementi ci fanno credere che prodotti industriali pieni di robaccia che arriva da mezzo mondo e packaging ci facciano tanto bene e siano pure naturali.

Viste quindi le nostre immense risorse e potenzialità, perché non dirigersi verso la massima sovranità alimentare possibile, recuperando ogni centimetro coltivabile, facendo rifiorire la nostra eccezionale agricoltura da nord a sud, coltivando di tutto e proteggendo con sacralità la biodiversità che tra l’altro è quella che ci aiuta ad avere ottime difese immunitarie?

Non si può fare? E’ troppo difficile? Assolutamente no, basta puntare decisamente su questi due ambiti di forte indipendenza alimentare ed energetica così come si è fatto per altri ambiti che non solo ci hanno regalato pericolosissima dipendenza ma ci hanno determinato spese, prodotto inquinamento e danneggiato la salute. In alternativa potete sempre staccare uno sportello della vostra automobile, magari proprio della tanto decantata Fiat, orgoglio nazionale che di nazionale non ha praticamente più nulla e provare a mangiarlo. Magari sarà un po’ indigesto ma sai che scorpacciata….

Paolo Ermani

fonte: http://www.ilcambiamento.it/

Salta la ratifica del CETA al Senato

L’accordo UE-Canada, osteggiato da una vasta coalizione di organizzazioni e cittadini, fa tremare la maggioranza. Che decide di far slittare la ratifica
















Il Senato non voterà la ratifica del CETA. Almeno non oggi. Il controverso accordo commerciale UE-Canada sparisce dal calendario dell’Aula, dove sarebbe dovuto approdare ieri mattina. Esultano le organizzazioni ambientaliste e della società civile, che hanno fatto ripetute pressioni sui senatori in queste settimane per ottenere uno stop del processo di approvazione. Hanno pesato anche le preoccupazioni delle regioni, perfino quelle a guida Pd, che hanno affidato a delibere e mozioni la loro contrarietà al CETA. Lazio, Lombardia, Veneto, Puglia, Calabria, Marche e Valle d’Aosta hanno già assunto posizioni critiche, mentre Liguria, Toscana ed Emilia andranno al voto oggi stesso, aumentando la pressione sulla maggioranza che a Palazzo Madama sostiene l’accordo.
Dacché doveva trattarsi di un passaggio quasi formale, la ratifica del CETA in Italia si è trasformata in tema da campagna elettorale, con sindacati e agricoltori particolarmente attivi nel supportare le posizioni sostenute da anni dalla campagna Stop TTIP Italia, nata in opposizione al trattato UE-USA oggi in congelatore. L’escalation ha causato spaccature all’interno dei democratici, ma anche di Forza Italia, che insieme al Pd in questa fase appoggia il CETA. Un esempio delle defezioni interne è la nascita di un intergruppo parlamentare la scorsa settimana, che ha assunto il mandato di fare lobby sui colleghi per far loro cambiare idea sull’opportunità di votare in fretta la ratifica.


Evidente la stizza dei Ministri più favorevoli all’accordo UE-Canada: Carlo Calenda, Ministro dello Sviluppo Economico in quota Confindustria, e Maurizio Martina, alla guida delle Politiche Agricole. Quest’ultimo ha tentato un’ultima mossa del cavallo, accostando l’impegno del governo sulla trasparenza in etichetta (firmando i decreti per l’inserimento dell’origine delle materie prime per la pasta e il riso) ai benefici che potrebbe trarne il Made in Italy nel mondo. Ma gli agricoltori non hanno ceduto, preoccupati che queste misure possano essere vanificate dall’eventuale flusso di importazioni di prodotti a basso costo realizzati in Canada. L’ampio vuoto normativo



 CETA 



e la discrezionalità che il CETA lascia sugli OGM è un altro punto che preoccupa associazioni e produttori agricoli, così come le stime di impatto sull’occupazione (fino a 30 mila posti di lavoro persi solo in Italia) alimentano l’inquietudine dei sindacati.
Gli ambientalisti, da Greenpeace a Legambiente, non vedono di buon occhio le differenze di approccio tra UE e Canada sui pesticidi, dal momento che oltreoceano si utilizzano un centinaio di sostanze chimiche vietate nel vecchio continente. A ciò si aggiunge la vasta contrarietà al sistema giudiziario parallelo che il trattato prevede, e che si dovrebbe concretizzare in una corte internazionale accessibile solo agli investitori esteri, dinanzi alla quale gli stati potranno comparire in giudizio ed essere costretti a risarcire aziende scontente di nuove leggi troppo restrittive.
In questo clima ostile, anche il Parlamento ha dovuto frenare la sua corsa verso l’approvazione. Salvo blitz in pieno agosto, la partita del CETA sembra sospesa fino all’autunno, quando però la campagna elettorale infiammerà il dibattito pubblico e un tema tanto controverso potrebbe ritorcersi contro i suoi sostenitori.


fonte: www.rinnovabili.it

CETA, Italia contraria all’accordo: a rischio prodotti DOP e IGP





Il presidente della Commissione Europea Jean Claude Juncker e il premier del Canada Justin Trudeau hanno deciso che a partire dal 21 settembre prossimo entrerà in vigore, per ora temporaneamente, il CETA, un trattato di libero scambio tra Europa e Canada.

La decisione è stata presa sorpassando il Governo Italiano, che stava temporeggiando a causa di coloro che non erano favorevoli all’accordo in quando sentito come possibile attacco al made in Italy. La paura di chi era contrario era legata alla possibilità che questo accordo portasse un abbassamento della qualità del cibo.

Le nostre eccellenze gastronomiche sono così a rischio perchè, se da una parte vengono tutelate dalla contraffazione, la gran parte dei prodotti DOP e IGP rimangono fuori da queste tutele. Coldiretti ha dichiarato:
Il CETA  lascia senza alcuna tutela dalle imitazioni ben 250 delle 291 denominazioni dei prodotti agroalimentari Made in Italy riconosciute dall’Unione Europea (DOP/IGP).
I prodotti a rischio sono, tra gli altri:
  • olio extravergine Toscano
  • nocciola del Piemonte
  • Salame di Varzi
  • Pecorino Crotonese
  • Formaggio Castelmagno
  • Basilico Genovese
  • Radicchio di Treviso
  • Pomodoro San Marzano
Non tutti però la pensano così. Alcuni consorzi sono invece favorevoli al CETA perchè vedono la possibilità di ampliare il proprio export. È il pensiero del consorzio dell’Aceto Balsamico di Modena IGP o del Grana Padano.

fonte: www.greenstyle.it