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Mercato europeo accumuli: ottime prospettive per il 2021

 

fonte: infobuildenergia.it


I sistemi di accumulo elettrico che verranno installati in Europa nel corso del 2021 potrebbero raggiungere i 3.000 MWh, quasi il doppio delle installazioni registrate nell'anno precedente.

Queste sono le previsioni contenute nella quinta edizione dell'European Market Monitor on Energy Storage (EMMES) pubblicato il 23 marzo dalla European Association for Storage of Energy (EASE), la principale associazione che rappresenta le organizzazioni attive lungo l'intera filiera dello stoccaggio energetico, con il supporto della Delta-EE, società leader per la ricerca e la consulenza sull'energia.

I numeri mostrano come l'anno da poco trascorso sia stato segnato da un forte rallentamento nelle installazioni dei sistemi di accumulo nei segmenti commerciali, industriali e anche residenziali, ovvero in quelle soluzioni "behind the meter" caratterizzate da una molteplicità di tanti (più o meno) piccoli impianti distribuiti.

Viceversa, nel 2020 hanno dimostrato di saper resistere meglio alla crisi da Covid-19 tutte le installazioni di accumuli "front of the meter", cioè di quei sistemi di media-grande taglia che agiscono direttamente sulle reti elettriche fornendo ad esempio servizi ancillari (frequenza, tensione, ecc.) e di bilanciamento. In particolare, Regno Unito, Paesi scandinavi e Italia hanno contribuito con la quota più significativa all'installato "front of the meter" del 2020.

Come abbiamo già accennato, è previsto che per il 2021 le installazioni totali di sistemi di accumulo in Europa raggiungeranno i 3.000 MWh; una cifra da record, pari a più del doppio dell'installato del 2020 (1.700 MWh) e capace da sola di rappresentare quasi la metà della potenza cumulativa totale di stoccaggio elettrochimico presente in Europa, attualmente pari a circa 5.400 MWh.

Patrick Clerens, segretario generale della European Association for Storage of Energy, ha commentato: "Le eccellenti prospettive di stoccaggio per il 2021 testimoniano l'importanza di una politica di supporto e di un quadro di mercato per lo stoccaggio: l'implementazione del Clean Energy Package sta aprendo nuovi mercati in Europa e migliorando il 'business case' per gli accumuli. Il forte impegno dei responsabili politici per il Green Deal europeo e una piano verde di uscita dalla crisi causata dal Covid-19 sono estremamente promettenti per il settore dello stoccaggio".


Riferimenti
EMMES 5.0: Total Annual Energy Storage Market in Europe Expected to Reach 3,000 MWh in 2021
il comunicato stampa della EASE

fonte: www.nextville.it


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Ricarica auto sul posto di lavoro: un vantaggio per le aziende

Secondo gli analisti di WoodMac, in Europa e Nord America uffici e aziende potrebbero offrire 1,2 milioni di punti ricarica entro il 2025: una soluzione che porterebbe benefici a imprese e mercato elettrico



















Lievitano le stime dei futuri veicoli elettrici su strada e, di pari passo, aumenta anche la ricerca di soluzioni ad hoc per la ricarica auto. Secondo gli esperti di Wood Mackenzie, i mercati europei e nordamericani dovrebbero guardare con particolare attenzione ai sistemi di e-charge sul posto di lavoro, una soluzione in grado di offrire diversi vantaggi 
 La società ha elaborato una nuova analisi in cui si stima che il potenziale di crescita nelle due regioni. Nel dettaglio, gli analisti ritengono che in Europa i punti di ricarica legati ad uffici e aziende possono raggiungere entro il 2025 una quota compresa tra 1 milione (high case scenario) e 534.000 unità (low-case scenario). Per l’America settentrionale invece, gli scenari di Wood Mackenzie variano tra 375.000 (low) e 680.000 colonnine (high) entro il 2025.

Ovviamente la crescita di questa opzione di ricarica auto è parte integrante della rivoluzione dei veicoli elettrici, ma esistono fattori ben precisi che spiegano la sua attrattività per questi due macro mercati. Oggi molti dei proprietari di auto elettriche possiedono anche impianti domestici per fare il “pieno” alle loro macchine. Ma si tratta di una soluzione non sempre praticabile, soprattutto nei grandi centri urbani: non tutti hanno un vialetto o un garage dove ricaricare il proprio veicolo e la sola ricarica residenziale potrebbe non essere sufficiente per superare l’ansia da autonomia di chi abita in zone rurali ed extraurbane.
Di contro, le aziende di oggi devono attrarre e trattenere una forza lavoro moderna che possa valutare vantaggi come una comoda ricarica dei veicoli elettrici. Allo stesso tempo le colonnine aziendali possono costituire un beneficio anche lato cliente e non solo in termini di brand reputation. Ad esempio per un’impresa al dettaglio, fornire questa opzione potrebbe voler dire assicurarsi più tempo speso dai conducenti all’interno del negozio, in attesa della ricarica. Oggi i punti di ricarica sul luogo di lavoro sono principalmente installati per attirare clienti e dipendenti, aumentando l’accesso all’infrastruttura e supportando precisi programmi di sostenibilità”, spiega Ben Kellison, direttore della ricerca presso Wood Mackenzie. Nel tempo, però, potrebbe essere utilizzata dai proprietari per gestire i costi della domanda elettrica o sfruttata dagli operatori di rete migliorare l’integrazione delle energie rinnovabili”.
Guardando a lungo termine, infatti, le colonnine aziendali possono contribuire ai servizi di flessibilità della rete. La ricarica diurna coincide con la produzione di energia solare, pertanto i veicoli elettrici possono essere utilizzati per assorbire il surplus fotovoltaico durante i periodi di picco di generazione. Ciò significa un’opportunità per le aziende di trarre vantaggio dallo storage mobile come risorsa di flessibilità, ottenendo in cambio incentivi o la riduzione delle proprie bollette energetiche. 

fonte: www.rinnovabili.it

Nasce RE-Source Platform, per “convertire” le aziende alle rinnovabili

Mettere a frutto le potenzialità dei Power Purchase Agreement per accelerare la trasformazione energetica dell’industria europea. Con questo obiettivo nasce RE-Source Platform


















Il cambiamento del modello energetico ha messo radici nel mondo delle imprese: oggi le grandi società tecnologiche come Google e Facebook stanno cavalcando l’onda degli accordi d’acquisto a lungo termine PPA (power purchase agreement) per garantirsi un posto di primo piano nella trasformazione energetica verde (leggi anche Da Microsoft a Google, come le aziende tecnologiche diventano verdi). E c’è anche chi, come la Lego, ha battuto qualsiasi altra realtà industriale europea arrivando a produrre dalle fonti rinnovabili più elettricità di quella che consuma. Ma la vera rivoluzione è lungi dall’arrivare.

Per questo motivo SolarPower Europe e WindEurope,  RE100 e WBCSD hanno istituito la RE-Source Platform, prima piattaforma europea multi-stakeholder a riunire gli interessi degli acquirenti e quelli dei venditori di rinnovabili. Il meccanismo è semplice: da un lato c’è chi produce energia come quella eolica e solare, dall’altro chi vuole poter fare affidamento sull’elettricità “pulita” per mandare avanti il proprio business e vuole farlo con investimenti sicuri. La piattaforma sarà il luogo d’incontro tra le due parti.

“Nonostante il crescente interesse per l’approvvigionamento aziendale di energia rinnovabile in Europa, il potenziale rimane in gran parte inutilizzato. Oggi, solo un numero limitato di grandi attori del settore sono coinvolti nella fornitura di fer”, si legge sul sito web di RE-Source Platform. Ecco perché tra gli obiettivi della Piattaforma non c’è solo quello di creare nuove opportunità commerciali e incontri. Il progetto lavorerà anche altre due direttive: farà pressioni sulla legislazione UE e nazionale in materia di energie rinnovabili e del mercato dell’energia per promuovere un quadro politico migliore e aumenterà la consapevolezza di tutte le parti interessate sui vantaggi derivanti dall’approvvigionamento di fer.

“I PPA (Power Purchase Agreements) aziendali per le rinnovabili forniscono energia pulita, affidabile e competitiva all’industria in tutti i settori compresi quelli ad alta intensità energetica. Oggi è un modello ben consolidato in molti paesi europei”, spiega Giles Dickson, CEO di WindEurope. “L’industria europea ha firmato 1,5 GW di offerte PPA rinnovabili negli ultimi quattro anni, 1,3 GW legato solo a progetti eolici. RE-Source Platform avrà un ruolo fondamentale nella diffusione di questo modello in tutti gli Stati europei fino alle aziende più piccole”.

fonte: www.rinnovabili.it

Ecco come il mercato elettrico diventerà mobile

Accanto alla generazione distribuita con localizzazione fissa se ne affiancherà un’altra, ancora più numerosa, ma con una differenza, sarà mobile, legata anche ai veicoli elettrici e allo scambio bilaterale dell’energia con la rete. Un aspetto che dovrà essere considerato nelle nuove regole del mercato elettrico. Un articolo di GB Zorzoli, presidente del Coordinamento FREE.


















Negli anni ’90 si è discusso, e poi approvato con la Direttiva del 19 dicembre 1996, un modello di mercato elettrico conforme alla sua organizzazione tradizionale: grandi centrali per la produzione di energia elettrica, veicolata ai consumatori attraverso reti di trasmissione e distribuzione. Dimenticando però un non trascurabile dettaglio.
In parallelo, a partire dalla Conferenza di Rio del 1992, l’Unione Europea era impegnata nella costruzione di una strategia per mitigare il cambiamento climatico, che si concretizzò con l’adesione, nel dicembre 1997, al protocollo di Kyoto. Adesione che si tradusse nell’obbligo per gli Stati che erano membri dell’UE prima del 2004, di ridurre collettivamente, tra il 2008 e il 2012, le loro emissioni di gas ad effetto serra dell’8% rispetto a quelle del 1990.
La realizzazione di questo obiettivo comportò la messa a punto di misure che garantissero la crescita accelerata della produzione energetica con fonti rinnovabili, a cui hanno massicciamente contribuito le tecnologie eolica e fotovoltaica.
Ciò nonostante, le norme che regolavano il mercato elettrico non sono sostanzialmente cambiate  con la seconda Direttiva del 26 giugno 2003 e nemmeno con la terza del 13 luglio 2009.
Se nel 2003 qualcuno poteva ancora essere scettico riguardo all’impatto delle fonti rinnovabili sul funzionamento del sistema e del mercato elettrico, nel 2009 poteva negarlo solo chi si ostinava a tenere gli occhi deliberatamente chiusi.
Eppure la schizofrenia ha continuato a determinare il comportamento dei legislatori europei. Il 23 aprile 2009, cioè due mesi prima della nuova Direttiva sul mercato elettrico, era stata approvata la Direttiva sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, che dava attuazione al pacchetto 20/20/20: incredibile, ma vero.
Mentre i problemi creati da questa politica schizofrenica si moltiplicavano - sovraccapacità produttiva, difficoltà nella gestione delle reti, prezzi del kWh nulli o negativi, eccetera - ci sono voluti più di sette anni per arrivare, nel dicembre scorso, alla proposta di riforma del mercato elettrico, inserita nel Clean Energy Package.
Finalmente si sono individuate le modifiche da apportare per tenere conto di una realtà in cui, con la generazione distribuita, crescono anche l’autoproduzione, le comunità energetiche locali, il ruolo della domanda, e nuove tecnologie - digitalizzazione, accumuli elettrochimici - modificano i criteri di gestione del sistema elettrico.
Prima di tradursi in nuove Direttive, le proposte contenute nel Clean Energy Package devono però passare al vaglio del Parlamento e del Consiglio europeo, e – una volta varate – vanno recepite dagli Stati membri. L’esperienza pregressa suggerisce che arrivare alla conclusione di questo processo nel 2020 sarebbe già un buon risultato (oltre tutto non mancano le riserve da parte di molti Stati membri).
L’applicazione delle norme che regoleranno il mercato elettrico riformato avverrà quindi nel prossimo decennio, con la gradualità dettata dall’emanazione dei singoli decreti attuativi, cioè in concomitanza con la fase di decollo della mobilità elettrica.
Proviamo a immaginare milioni di veicoli elettrici, dotati non solo della facoltà di scambio bilaterale dell’energia con la rete, grazie ai dispositivi “vehicle to grid”, ma anche di una crescente capacità di guida autonoma, e con un livello di connessione tra chi guida l’auto e il gestore della rete, oggi persino difficile da concepire.
Sullo smartphone chi ha parcheggiato il mezzo riceve la richiesta di vendita di energia (o di ricarica) e, sapendo quanta ne è accumulata nella batteria del veicolo, può decidere se accettarla, nel qual caso trasmette all’auto l’ordine di eseguire autonomamente l’operazione, fissandone l’entità.
Si può addirittura immaginare che l’interessato abbia preventivamente utilizzato un’app per predefinire le condizioni di accettazione, per cui l’auto parcheggiata esegue o non esegue, senza intermediazioni, la richiesta della rete. E, in casi di emergenza, il prelievo dell’energia accumulata può avvenire automaticamente, salvaguardando soltanto un minimo di mobilità del mezzo.
Accanto alla generazione distribuita con localizzazione fissa se ne affiancherà di fatto un’altra, ancora più numerosa, con una differenza: è mobile, oggi può essere ubicata in una via di Roma, domani sul lungomare di Napoli. Per chi è in giro con l’auto, non è un problema, ma per la rete può diventarlo, soprattutto quando si verificano massicci spostamenti, come nei fine settimana e durante le vacanze estive.
Il gap tra modello e realtà del mercato elettrico ha fornito non pochi argomenti a chi remava (e rema) contro le fonti rinnovabili.
Per evitare che questo si ripeta con la mobilità elettrica, tutte le associazioni e i movimenti impegnati nella promozione di una efficace politica energetico-climatica dovrebbero inserire tra i loro obiettivi anche la richiesta di adeguare a questa disruptive technology le regole del mercato elettrico.

fonte: http://www.qualenergia.it