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Terre Colte: adotta un terreno per combattere l’abbandono!

Recuperare le terre abbandonate e incolte dai privati, avvicinando le persone alla terra e incentivando l'autoproduzione. Nasce in Sardegna con questo obiettivo Terre Colte, associazione che ha ideato un sistema replicabile ovunque per combattere l'abbandono dei terreni.

Adottare un terreno o una parte di esso, al fine di coltivare un orto o il grano da cui ricavare farina, da condividere insieme ad altre famiglie. Così come un campo dove poter seminare il grano Cappelli, in maniera tale da ricavarne la farina. Questi e altri i progetti dell’Associazione Terre Colte, che in Sardegna hanno ideato un sistema replicabile ovunque per combattere l’abbandono dei terreni e far tornare le famiglie alla terra.




















“Noi dobbiamo essere una famiglia, dobbiamo essere vicini a chi vive in situazioni di stress quotidiano, vogliamo essere un diversivo e una terapia”. Questo e molto altro è l’associazione Terre Colte, un’associazione di promozione sociale e culturale nata nel luglio 2014 allo scopo di di recuperare terreni incolti e abbandonati da privati e contadini dai quali non riescono a trarne un giusto profitto, incentivando le persone all’autoproduzione del cibo senza l’uso di pesticidi e sostanze chimiche, grazie all’agricoltura sinergica.
L’Associazione opera nell’area di Senorbì, nella provincia di Cagliari, anticamente nota come il “granaio di Roma”. Prima della nascita dell’Associazione, coloro che ne diventeranno poi i soci fondatori avevano tentato un primo progetto di recupero di un terreno abbandonato di 3000 metri quadrati: il terreno fu trasformato in un orto periurbano condiviso, e in poco tempo più della metà dei quaranta lotti a disposizione erano stati occupati. “A partire da questi primi successi, abbiamo capito che era arrivato il momento di fondare una vera e propria associazione” ci racconta Silvio Melis, tra i soci fondatori dell’esperienza “Oggi gli associati sono novecentocinquantasei che usufruiscono di tutti i progetti e i laboratori dell’Associazione, abbiamo sei sedi operative e almeno una quarantina di famiglie occupano i nostri spazi nei progetto Orti Condivisi”.


Il Mulino ed i responsabili di Terre Colte
Il Mulino ed i responsabili di Terre Colte
Il Progetto Orti Condivisi

Come già accennato, il primo progetto per raggiungere lo scopo del recupero delle terre abbandonate è stato quello di “Orti Condivisi”: Terre Colte mette a disposizione per un anno cinquanta metri quadrati di terra a chi vive in città o in appartamento ed ha voglia di farsi un orto, passando qualche ora in campagna per riprendersi dallo stress. La famiglia che decide di avventurarsi a coltivare il suo pezzo di terra ha a disposizione da Terre Colte l’acqua, gli attrezzi e l’assistenza (sia con un primo laboratorio introduttivo di agricoltura naturale che  durante i lavori) la sorveglianza e l’assicurazione.

La singola famiglia o persona che prende direttamente in gestione l’area pagherà meno di un euro al giorno la sua parte di terra, dedicandosi direttamente alla lavorazione del suo spazio, decidendo personalmente come impostare l’appezzamento e cosa coltivarci in base alle proprie esigenze. Se una persona per vari motivi deve assentarsi per lungo tempo, saranno direttamente i membri di Terre Colte ad assisterla nell’irrigazione.

I soci di Terre Colte















I soci di Terre Colte
Dagli orti ci spostiamo ai campi di grano e al secondo progetto dell’Associazione Terre Colte che sta riscuotendo un successo importante: quello della “Farina del tuo Sacco”. Su quattro ettari di terreno abbandonato, viene seminato il grano Cappelli, una varietà di grano antico in passato comunemente coltivato nel sud Italia. Questo terreno viene poi suddiviso in quote tra i partecipanti; la quota massima è di mille metri quadrati, fino ad un metro quadrato per ciascuno. Una divisione pensata in base alle esigenze personali delle famiglie e dei partecipanti: chi adotta il campo di grano ha poi diritto al quantitativo di quei metri che il terreno ha prodotto. Facendo una stima di mille metri quadrati di terreno, si potranno ottenere centoventi chili di grano oppure il prodotto finale, una farina bio e a chilometri zero.
“Chi adotta un campo di grano nel progetto “Farina del tuo sacco” segue tutto il monitoraggio della crescita di quel chicco di grano” ci spiega Silvio Melis  “sono previste visite guidate dalla semina alla crescita della spiga per poi arrivare alla mietitura e alla lavorazione finale della farina. Per questo il nome “Farina del tuo Sacco”: i nostri associati, con il proprio sacchetto, sono invitati anche a prendersi direttamente la farina una volta che viene macinata”. Il progetto, dopo una prima fase di raccolta fondi andata a buon fine, ambisce oggi a realizzare uno scopo più strategico: chiudere la filiera, acquistando dei semplici ma fondamentali macchinari che permettano ai prodotti locali di arrivare già raffinati al consumatore, come ad esempio un micro mulino a pietra per trasformare il grano in farina.
Gli obiettivi futuri
Ad oggi Terre Colte è arrivata ad avere 956 associati che usufruiscono di tutti i progetti e i laboratori dell’Associazione. Il sogno e l’obiettivo futuro ce lo illustra Silvio: “vorremmo arrivare al punto di recuperare i vigneti, gli oliveti e i frutteti incolti, facendo in modo che queste colture vengano date in adozione alle famiglie che possano così condividere dei momenti insieme, durante e dopo la lavorazione. Io proprietario di un terreno, piuttosto che abbandonarlo, potrei organizzare all’interno un laboratorio su come si coltiva e gestisce l’appezzamento, vivendo la mia azienda da un altro punto di vista che sia anche divulgativo.

Oltre a questo, vorremmo creare una sorta di rete di orti condivisi che rispettino le caratteristiche originarie dell’esperienza: la disponibilità del proprietario a mettere a disposizione i suoi spazi con chi non ne ha e ad accettare la presenza periodica di alcuni noi membri di Terre Colte per le attività di manutenzione e controllo. Perché noi dobbiamo essere una famiglia, dobbiamo essere vicini a chi vive in situazioni di stress quotidiano, vogliamo essere un diversivo e una terapia. La terra è nel nostro DNA, ben prima della città come la viviamo oggi, c’erano terre che venivano coltivate. Noi ce l’abbiamo dentro e il ritorno alla terra sarà fondamentale per il nostro benessere psicofisico”.



fonte: http://www.italiachecambia.org/

Primo compleanno dell'Orto di San Matteo degli Armeni - Perugia, sabato 19 novembre










La coltivazione di ortaggi per l'autoconsumo è una pratica che può contribuire a ridurre la nostra impronta ecologica attraverso l'abbreviazione della filiera, l'eliminazione degli imballaggi e il compostaggio domestico.
Per questo si segnala l'iniziativa che, ad un anno dall'avvio dell'orto condiviso di S.Matteo degli Armeni a Perugia, vedrà alcune realtà perugine confrontarsi sull'esperienza degli orti urbani.

RifiutiZeroUmbria

Quando l’Orto in Condotta diventa Solidale


Dopo il racconto del progetto di Orto Solidale realizzato dalla Condotta Slow Food Gorgonzola – Martesana, continuiamo a sviluppare il tema grazie all’incontro con Alessio Iori, fiduciario della Condotta Slow Food Basso Mantovano la quale gestisce una rete di orti dal 2009. Questa rete ha ispirato, tra gli altri, l’orto di Gorgonzola e quello di Legnano realizzando quel virtuoso circolo di buone pratiche tipico della rete Slow Food.

Alessio, com’è nato il progetto di orti solidali nel Basso Mantovano?

L’orto solidale nasce come naturale evoluzione del progetto Slow Food Orto in Condotta realizzato a partire dal 2006 nella scuola Secondaria di Primo Grado di Pegognaga. Tra le altre cose, era previsto un censimento degli orti domestici di questo comune che mise in evidenza come l’orticoltura fosse una pratica ancora ben radicata nel paese e nel circondario.
La nostra rete di orti solidali del Basso Mantovano in questi anni è parecchio cresciuta: attualmente ci sono 5 orti in 5 paesi diversi, di cui 4 sviluppati in collaborazione con le amministrazioni comunali (a Moglia, Pieve di Coriano, Suzzara, San Benedetto Po) oltre a Pegognaga, dove l’orto è ospite di un agriturismo sociale.

L’orto di cui sei responsabile a San Benedetto Po si è attrezzato per accogliere disabilità mentali e fisiche e da quest’anno accoglie anche dei richiedenti asilo. Come funzionano queste attività?

L’anno scorso ci siamo accorti che una ragazza con disabilità fisiche che già partecipava alle attività in orto non aveva facile accesso a queste. Quindi ci siamo attivati recuperando materiali in disuso e con l’aiuto di alcuni amici muratori abbiamo elevato il livello del terreno in modo da rendere più semplice la lavorazione della terra, la cura degli ortaggi e la loro raccolta. Abbiamo poi aperto un’altra entrata più comoda: con queste semplici mosse l’orto d’ora in avanti non avrà barriere.
Abbiamo poi voluto attivare collaborazioni ad hoc con realtà locali a noi affini strutturando le attività per ragazzi diversamente abili. Oggi sono coinvolti in un progetto di più ampio respiro grazie alla collaborazione con il Circolo Arci Primo Maggio di San Benedetto Po: i ragazzi prestano turni di servizio insieme a persone normodotate e spesso dopo aver raccolto le verdure ci spostiamo tutti in cucina per preparare i piatti che degusteremo alla sera tutti assieme.
Per quanto riguarda invece i richiedenti asilo, grazie alla collaborazione con la cooperativa sociale Olinda da quest’anno abbiamo cominciato a coinvolgere nelle attività orticole un gruppo di africani. Inizialmente partecipavano semplicemente ai lavori dell’orto, con il passare del tempo il gruppo è cresciuto in numero e le attività si sono ampliate e hanno quindi avuto accesso a un corso base d’italiano e a lezioni di musica. Siamo sempre alla ricerca di sementi africane in modo da permettere a loro di ritrovare i gusti della loro terra e a noi di scoprire nuovi sapori! Per questo ci siamo appoggiati alla rete di Terra Madre e al progetto dei 10.000 orti in Africa. A breve assieme a loro cucineremo anche il cheb ou jen, piatto a base di riso, verdure e spezie… l’orto è anche questo: condivisione e contaminazione di sapori per avvicinare persone e culture. Mai come ora ne abbiamo così bisogno.

Puoi citarci qualche esperienza significativa che siete riusciti a realizzare dentro e fuori la rete slow?

Sono veramente tante le iniziative e gli scambi che possono nascere grazie ad un orto solidale… Tra le più significative citerei, ad esempio, la località di Gangi nella Condotta Slow Food delle Alte Madonie, dove abbiamo messo a confronto la nostra esperienza con i due orti sociali presenti nei comuni siciliani. Durante questo incontro è nato un dibattito veramente interessante con alcuni agricoltori custodi della zona e ci siamo da subito attivati nello scambio di sementi: “zucchine da tenerume” in cambio di “zucca cappello del prete mantovana”! Ne è nata anche una buona amicizia.
Abbiamo anche occasione di collaborare con il mondo della scuola. A Ustica, infatti, assieme a Giancarlo, responsabile del giardino locale, e ai produttori della Lenticchia, Presidio Slow Food, abbiamo realizzato un laboratorio educativo per i bambini dell’isola, mentre l’orto solidale di San Benedetto Po è meta prediletta della gita scolastica annuale delle Scuole dell’Infanzia e Primaria locali. Infine, sono parecchie anche le iniziative di stampo sociale, a Pegognaga vengono ospitate alcune famiglie con disagi sociali e l’orto di Suzzara collabora con la Caritas aiutando circa 80 famiglie indigenti.

 

La Condotta Slow Food di Gorgonzola-Martesana ci ha raccontato che il vostro progetto è stato fondamentale per sviluppare il loro orto solidale. L’esperienza di scambio, tra l’altro, è servita anche per gemellare le due Condotte. Qual è il valore aggiunto della rete Slow Food per un progetto come questo?

L’orto solidale instaura relazioni sociali sul territorio connettendo e fidelizzando la rete di soci Slow Food già esistente. Dunque si tratta di partire con un modello di orto attingendo da un network di persone già sensibili a questo tema e che attraverso il progetto diventa ancora più “attivo” e non solo semplice fruitore di cene, laboratori o eventi.
Potenzialmente il progetto può avere sviluppi enormi su tutto il territorio poiché, essendo semplice da attivare, potrebbe essere esportato come modello di sostenibilità alimentare in tutte le Condotte Slow Food e non solo.

Quante persone sono coinvolte nel progetto di orto solidale e come contribuiscono?

Il numero di partecipanti per orto oscilla mediamente tra i 6 e i 10 ortolani per realtà, in stretta correlazione alla superficie dell’orto. Come citato nel nostro regolamento, è previsto il versamento di una quota annuale per il mantenimento e la coltivazione dell’orto, in cambio tutti i soci hanno diritto a una ripartizione equa e solidale dei suoi frutti.
La Condotta Slow Food Basso Mantovano ha supportato l’iniziativa stanziando una quota per sostenere l’avvio del progetto e ricerca possibili sponsor o donazioni per il proseguimento delle attività. I soci dell’orto solidale sono anche soci Slow Food proprio perché il progetto nasce come comunitario, legandosi al concetto della Comunità dell’apprendimento, ovvero un network di persone che favoriscono la conservazione e il rafforzamento di una produzione di cibo sostenibile, attraverso l’educazione della società civile e grazie allo strumento dell’orto. Ogni socio dunque è coinvolto in un percorso più ampio che non mira alla sola coltivazione e raccolta dei prodotti, ma è tenuto a partecipare a un corso di formazione, all’assemblea annuale e alle riunioni organizzative.
Una volta impiantato l’orto e deciso il programma colturale, viene tenuto un registro di bordo dell’orto e periodicamente vengono pubblicati aggiornamenti informativi pubblici disponibili sul sito dell’orto. È prevista inoltre la figura dell’Ortolano Custode con l’obiettivo di garantire la continuità di coltivazione nell’orto. L’Ortolano custode non versa la quota annuale e gode degli stessi diritti degli altri soci. Infine tra i soci viene nominato un responsabile tecnico-coordinatore e uno contabile.

Credi che l’orto possa contribuire a concretizzare i valori e le buone pratiche di Slow Food?

Ne sono assolutamente convinto poiché l’orto solidale nasce proprio dai valori Slow Food di “buono, pulito e giusto” e sottolineerei che questo vale “per tutti”. La persona che si approccia all’orticoltura acquisisce un maggior senso di consapevolezza alimentare poiché con le proprie mani ricava il proprio cibo quotidiano.
Per saperne di più:
FB Rete degli Orti Solidali del Basso Mantovano
www.ortosolidale.it
info@ortosolidale.it