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Clima e inquinamento: sei giovani portoghesi fanno causa a 33 paesi

Sei giovanissimi portoghesi tra gli 8 e i 21 anni hanno fatto causa a 33 Paesi per le troppe emissioni inquinanti prodotte: hanno intentato la causa presso la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo.




Sei giovani e giovanissimi portoghesi, di eta' compresa tra gli 8 e i 21 anni, hanno intentato presso la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo una causa contro 33 Paesi per le troppe emissioni inquinanti prodotte. L'accusa mossa dagli attivisti agli Stati - tra i quali figurano, oltre ai 27 Paesi Ue, anche Svizzera, Turchia, Norvegia, Ucraina e Russia - e' di minare il diritto di stare all'aperto e di vivere senza ansia, a causa delle emissioni prodotte nei propri confini e a quelle dovute ai processi di estrazione e al commercio internazionale.

I giovani pertanto chiedono che la Corte faccia rispettare standard precisi per l'inquinamento.

Fonti concordanti indicano che si tratta della prima causa che interessa nello stesso momento piu' Paesi, chiamati a rispondere delle proprie azioni nei confronti del cambiamento climatico. L'azione legale e' stata intentata dopo che il Portogallo ha registrato il luglio piu' caldo degli ultimi 90 anni, ma l'idea era nata gia' tre anni fa, quando la zona di Leiria, da cui provengono quattro dei ragazzi, era stata distrutta da una serie di incendi che avevano ucciso 120 persone.

Grazie a una campagna di crowdfunding, pubblicata sulla piattaforma CrowdJustice, i querelanti hanno raccolto 30.000 euro con cui pagare le spese legali iniziali. Uno dei ragazzi, Sofia Oliveira, di 15 anni, ha raccontato al quotidiano britannico 'The Guardian': "Abbiamo visto ondate di caldo insopportabili che causano carenza d'acqua e danneggiano la produzione di cibo e violenti incendi che ci fanno paura. Se vediamo gia' questi fenomeni estremi nel 2020, come sara' il futuro?".

Gerry Liston, uno degli avvocati dell'ong Global Legal Action Network (Glan), che sostiene la causa, ha dichiarato al portale Climate Home News che il caso potrebbe "esercitare un livello significativo di pressione sui governi europei affinche' adottino riduzioni delle emissioni richieste dalla scienza".




fonte: www.ilcambiamento.it


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Erbicidi, Bayer al centro di nuove azioni legali. Sotto accusa il Dicamba di BASF

Bayer e BASF rischiano di essere travolte da una nuova ondata di cause legali. Già impegnata sul fronte del Roundup e della contaminazione da PCB, la multinazionale tedesca rischia un assedio che potrebbe costarle molto caro

















Il giganti tedeschi Bayer e BASF sono alle prese con una nuova ondata di azioni legali intraprese da più parti negli Stati Uniti. Al centro delle cause ci sarebbe il Dicamba, erbicida “ereditato” da Monsanto e ritenuto responsabile della distruzione di diverse colture. 
L’attenzione dei giudici – che sabato hanno imposto una sanzione per danni ambientali di 265 milioni di dollari a causa della distruzione di un’intera coltura di peschi – si concentra in particolare su Bayer, già “impegnata” sul fronte del Roundup, diserbante dannoso e potenzialmente cancerogeno.
Al momento, non è chiaro in che modo saranno ripartite le rispettive responsabilità: nell’aprile del 2018, la compatriota BASF, produttrice dell’erbicida a base di Dicamba per l’uso su semenze geneticamente modificateaveva infatti firmato un accordo per acquisire da Bayer ulteriori business e asset nel settore della protezione delle colture. In ogni caso, al di là delle sanzioni e dei risarcimenti milionari a cui le aziende rischiano di andare incontro, i crescenti problemi legali sono costati a Bayer un calo del 3,3% nelle azioni, con conseguente perdita per il CEO Werner Baumann del voto di fiducia degli azionisti. 
  
Attualmente Bayer si trova infatti impegnata sotto diversi fronti: da una parte ci sono ancora i 10 miliardi di dollari “sospesi” per il caso Roundup, da un’altra le accuse di aver nascosto i rischi per la sicurezza connessi al suo dispositivo anticoncezionale Essure e, da un’altra ancora, le migliaia di azioni legali già intraprese da diverse città americane che accusavano Monsanto di aver contaminato i corsi d’acqua con PCB tossici. 
A tutto questo, andranno nei prossimi mesi a sommarsi anche le nuove cause legali riguardanti la dannosità del Dicamba. La decisione di sabato di imporre 250 milioni di dollari di multai oltre ai 15 per risarcire l’agricoltore Bill Bader potrebbe infatti incoraggiare altri coltivatori dell’Arkansas e dell’Illinois ad intraprendere simili azioni legali. 
Le aziende si sono difese affermando che dei danni alle colture sarebbero responsabili gli agricoltori, colpevoli d’aver applicato la sostanza chimica in modo errato sia in fatto di procedure che di formulazioni. Bayer ha promesso un ricorso, ma, come dichiarato da uno degli avvocati di Bader, il verdetto dei giudici sembrerebbe in ogni caso inviare un messaggio molto chiaro: “Non esiste un gigante tanto grande dal potersi sottrarre alla legge”. 

fonte: www.rinnovabili.it

Giudizio Universale: Facciamo causa
















Prende il via oggi 5 giugno, in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente, la campagna “Giudizio Universale – Invertiamo il processo” che precede il deposito, previsto in autunno, della prima causa legale intentata in Italia contro lo Stato per l’inazione di fronte ai cambiamenti climatici.
Giudizio Universale è una campagna promossa da movimenti, associazioni e centinaia di singoli cittadini, nata per preparare il terreno ad un processo senza precedenti nel nostro paese, che ha l’obiettivo di chiedere ai giudici di condannare lo Stato per la violazione del diritto umano al clima.
Il livello della minaccia rappresentata dagli stravolgimenti climatici e la debolezza delle misure messe in atto dagli Stati destano una crescente preoccupazione nell’opinione pubblica, che si organizza attraverso mobilitazioni sempre più intense a livello internazionale. Il movimento per la giustizia climatica rappresenta oggi uno dei fenomeni più rilevanti sulla scena internazionale, denunciando senza sosta l’immobilismo dei poteri pubblici nella protezione dei diritti umani connessi al clima.
Da questo punto di vista, l’Italia non fa eccezione. Il nostro Paese ha obiettivi di riduzione delle emissioni scarsamente ambiziosi e non in linea con le raccomandazioni espresse dalla comunità scientifica per centrare l’obiettivo di contenere il riscaldamento globale entro la soglia prudenziale dei +1,5 °C.Serve un deciso cambio di passo per invertire la rotta nei prossimi 11 anni, o gli scompensi climatici porteranno enormi aree del pianeta a subire l’impatto sempre più grave e frequente di fenomeni estremi come inondazioni, ondate di caldo, alluvioni e siccità. A soffrirne maggiormente saranno le comunità più deboli ed emarginate, ma anche il mondo occidentale è destinato a fare i conti con pesanti perdite economiche e con ricadute sociali, sanitarie e ambientali.
Anche in Italia, infatti, si rischia un innalzamento eccezionale delle temperature (soprattutto in estate), l’aumento della frequenza degli eventi meteorologici estremi (ondate di calore, siccità, episodi di precipitazioni intense) e una riduzione delle precipitazioni medie annue e dei flussi fluviali.
Di qui nasce il boom di contenziosi – ad oggi più di 1000 in tutto il mondo – che vedono la società civile in oltre 25 paesi portare alla sbarra lo Stato, le imprese o singoli progetti dal forte impatto sul clima. In Olanda, nel 2015, un migliaio di persone hanno fatto causa allo Stato per le scarse politiche climatiche, vincendo il ricorso in primo e in secondo grado con sentenze di condanna che impongono al governo di rivedere i suoi piani.
È giunto il momento di fare lo stesso in Italia.
In autunno, il deposito dell’atto di citazione sancirà l’avvio del primo climate case mai intentato nel nostro paese: la campagna Giudizio Universale è patrimonio di tutte le organizzazioni e i movimenti sociali impegnate in questi mesi contro i cambiamenti climatici, e vuole essere un ulteriore strumento di pressione per il nostro governo in vista della prossima Conferenza Mondiale sul Clima, in Cile, per fare in modo che la COP di Santiago non sia l’ennesima occasione sprecata.

Per saperne di più www.giudiziouniversale.eu
fonte: https://www.isde.it/