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Ridurre lo spreco alimentare dei ristoranti con l’Intelligenza artificiale

La società Elior ha avviato con la startup Winnow il primo progetto in Italia d’impiego della I.A. contro lo spreco di cibo nella ristorazione collettiva



In tutto il mondo circa un terzo del cibo prodotto viene sprecato. Un problema etico, come abbiamo spesso sottolineato, con un importante impatto ambientale dal momento che gli sprechi alimentari generano emissioni di CO2. Quale miglior modo per festeggiare la Giornata Mondiale dell’Ambiente che pensare di ridurre sprechi ed emissioni? Con questo obiettivo Elior, gruppo attivo nel settore della ristorazione, ha avviato un progetto pilota insieme alla startup Winnow con l’obiettivo di ridurre entro il 2025 gli sprechi alimentari del 30% e le emissioni di CO2 per ogni pasto del 12% nei propri ristoranti e cucine: è proprio qui che è più difficile quantificare lo spreco. Grazie alla tecnologia di Winnow Vision, basata sull’intelligenza artificiale, sarà possibile tracciare con precisione gli sprechi alimentari dei ristoranti in modo che gli chef possano disporre di dati per capire come intervenire.

La prima sperimentazione è stata avviata a Milano nella cucina e nel ristorante di Elior Fourchette. Qui è stata installata da Winnow Vision una telecamera sopra i contenitori della spazzatura per fermare le immagini dei rifiuti alimentari. Il sistema impara a riconoscere il cibo gettato, registrando le diverse tipologie di spreco (ad esempio individuando quali sono i cibi che i clienti lasciano di più nel piatto).

Già da tempo Elior ha iniziato un cammino per rendere le proprie attività più sostenibili, a cominciare dalla riduzione dello spreco alimentare. Elior aderisce al Global Compact delle Nazioni Unite, il programma sulla responsabilità sociale d’impresa ispirato alla tutela dei diritti umani, degli standard lavorativi, della difesa dell’ambiente e della lotta alla corruzione.

Innovazione e sostenibilità nel modello di business

Elior ha adottato il Positive Foodprint Plan, una strategia di responsabilità sociale d’impresa con cui si è allineato ai 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 quattro dei quali si accordano con il suo core business: cibo sano, utilizzo di materiali e ingredienti sostenibili, modello circolare di sviluppo che prevede la lotta agli sprechi alimentari e sviluppo del potenziale dei propri dipendenti.

Marc Zornes, CEO e co-fondatore di Winnow ha le idee molto chiare in proposito e ritiene che lo spreco alimentare sia «una sfida globale che dobbiamo risolvere tutti insieme. Elior ha una visione chiara e ambiziosa, e la determinazione per lasciare un’impronta positiva sul futuro. È un privilegio lavorare con un operatore della ristorazione così attento alla sostenibilità e aiutarlo a trasformare ulteriormente le proprie attività in ottica responsabile».

Gli fa eco Rosario Ambrosino, amministratore delegato di Elior: «I valori dell’innovazione e della sostenibilità sono alla base del nostro modello di business e riteniamo che la collaborazione con Winnow rappresenti una testimonianza importante della nostra attenzione all’evoluzione tecnologica e alla necessità di sviluppare sistemi alimentari più responsabili. Il progetto si integra nella nostra strategia di sostenibilità ambientale che vede nella lotta allo spreco alimentare un punto focale: lavoriamo con tutti i rappresentanti della filiera, inclusi i nostri collaboratori e i clienti finali, per diffondere una cultura consapevole della necessità di evitare gli sprechi di cibo, sia in cucina che nei nostri 2.200 ristoranti».

fonte: www.rinnovabili.it


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Utilizzo dell'IA per ridurre al minimo la sovrapproduzione e lo spreco alimentare

 

Dei milioni di tonnellate di cibo che ogni anno finiscono nelle discariche, circa il 30% proviene dalla fase di produzione e trasformazione degli alimenti, con circa il 52% che si accumula nelle famiglie domestiche e il 18% a livello di vendita al dettaglio.


Nel progetto Resource-efficient Intelligent Foodchain ( REIF ), il Fraunhofer Institute for Casting, Composite and Processing Technology IGCV ha collaborato con 30 partner per cercare modi per ridurre lo spreco alimentare implementando l'IA nell'ecosistema di trasformazione alimentare.

L'intelligenza artificiale può essere una risorsa preziosa. Formaggio, pane, carne e altri prodotti alimentari possono essere prodotti in modo efficiente utilizzando algoritmi basati sui dati. I metodi di apprendimento automatico potrebbero essere utilizzati per ottimizzare le vendite e la pianificazione della produzione, nonché i sistemi di controllo dei processi e degli impianti.

Ridurre al minimo la sovrapproduzione ed evitare gli sprechi

Ci sono varie cause di spreco evitabile, che vanno dalla sovrapproduzione, alle fluttuazioni della qualità delle materie prime, al fatto che il cibo non soddisfi specifici requisiti estetici.

Il team REIF si è concentrato su prodotti lattiero-caseari, carne e prodotti da forno, con sprechi che si verificano principalmente su questi prodotti perché possono deteriorarsi rapidamente.

"Due aspetti sono fondamentali per ridurre in modo significativo le perdite di cibo in questi settori: ridurre al minimo la sovrapproduzione ed evitare gli sprechi", ha affermato Patrick Zimmerman, scienziato del Fraunhofer IGCV e membro del consorzio.

Zimmerman, il collega ricercatore Philipp Theumer e altri cinque colleghi hanno iniziato ad analizzare come è possibile ottimizzare i potenziali interni di un'azienda, come impianti e macchinari o pianificazione e controllo della produzione, per ridurre gli sprechi utilizzando metodi di intelligenza artificiale.

“Applichiamo l'IA all'intera catena del valore, in particolare negli impianti di produzione. Per farlo, adattiamo e selezioniamo gli algoritmi adatti alla rispettiva applicazione ", ha affermato Zimmerman.

"Guardiamo alla prevedibilità e controllabilità in tutte le aree - dalla produzione in fattoria alla vendita al supermercato - per ottimizzarne il potenziale".

"La sovrapproduzione e lo spreco possono essere evitati facendo previsioni mirate sul fabbisogno alimentare, migliorando la prevedibilità e la controllabilità dei processi di creazione di valore e riducendo la perdita di cibo legata alla qualità", ha aggiunto Theumer.

Benefici pratici

I potenziali per l'implementazione dell'IA sono molto diversi. Zimmermann spiega come esempio l'utilizzo di un mixer per carne.

“La temperatura e la durata del processo di miscelazione influenzano la data di scadenza dei prodotti a base di carne. Se utilizziamo algoritmi di intelligenza artificiale per ridurre al minimo la quantità di energia ammessa al processo di miscelazione, possiamo estendere la data di scadenza, che a sua volta ottimizza i tempi di vendita al supermercato e riduce le perdite di cibo ".

A livello di sistema, la maggior quantità di rifiuti alimentari si verifica all'accensione. Questo perché i parametri ottimali devono essere prima identificati e quindi nel frattempo si producono rifiuti.

"Ad esempio, stiamo applicando sensori intelligenti e algoritmi di intelligenza artificiale ad autoapprendimento per perfezionare il processo di schiumatura durante la produzione di basi per torta al primo tentativo", ha detto Zimmermann.

Informazioni collegate per tutte le fasi della catena alimentare

A lungo termine, i partner del progetto REIF stanno cercando di stabilire un ecosistema IT e creare un mercato virtuale.

In futuro, i ricercatori prevedono che le aziende forniranno gli algoritmi AI che hanno implementato a tutti i partecipanti su questa piattaforma. Un altro obiettivo è mettere in rete i dati di tutte le aziende coinvolte nel progetto per aumentare il valore aggiunto all'interno della complessa rete di valori dell'industria alimentare.

“L'esperienza di un'azienda può essere trasferita a un'altra organizzazione. Più dati vengono resi disponibili, migliore sarà il training del modello AI ”, ha affermato Zimmermann.

Il mercato online è il luogo in cui i partner del progetto possono scambiare i propri dati. In definitiva, le società di produzione possono controllare meglio i loro processi di produzione beneficiando delle previsioni di vendita dei dati di vendita. I dati raccolti dai supermercati saranno inclusi nelle previsioni.

Zimmermann ha affermato che se i ricercatori riuniscono una serie di fattori come il comportamento dei clienti, i livelli di inventario e le date di scadenza, potrebbero effettuare aggiustamenti dinamici dei prezzi su prodotti specifici nei supermercati.

“Il continuo aggiustamento giornaliero dei prezzi eviterà la drastica riduzione dei prezzi che siamo abituati a vedere poco prima della data di scadenza e prolungherà il tempo di vendita. Di conseguenza, è più probabile che un prodotto venga acquistato prima di passare per lo smaltimento e anche il profitto complessivo aumenta ", ha affermato Zimmermann, spiegando il principio dell'adeguamento dinamico dei prezzi.

Ciò garantisce il massimo profitto per il rivenditore riducendo gli sprechi e la sovrapproduzione. L'intera catena di distribuzione trae vantaggio dall'idea di condividere le informazioni, che includono anche dati esterni.

“Se le previsioni del tempo sono buone, i supermercati vendono molta carne alla griglia. I produttori di carne possono regolare di conseguenza il loro volume di macellazione e, viceversa, ridurre la produzione in caso di maltempo ", ha affermato Zimmermann, spiegando il concetto di ecosistema IT. E anche il cliente finale ne trarrebbe vantaggio: in caso di maltempo, il prezzo della carne alla griglia potrebbe essere ridotto in un momento precedente, risparmiandogli di stare sullo scaffale. Sistemi di previsione come questi potrebbero essere offerti anche sulla piattaforma online.

I partner del progetto sono attualmente nella fase di ideazione, con i primi test pratici che inizieranno presto nel 2021.

fonte: www.foodprocessing.com


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Edifici ‘intelligenti’, anche in Italia arriva Brainbox AI: bioedilizia e risparmio energetico

 








Brainbox AI è la startup canadese specializzata nell’applicazione dell’Intelligenza Artificiale alla bioedilizia. L’annuncio dell’arrivo in Italia è della scorsa settimana e comunica l’approdo della tecnologia aziendale utile nella gestione del consumo energetico in edifici autonomi.


La società, nata nel 2017, ha sede a Montreal, in Canada, ma dal 2019 opera in 4 continenti dove ha già installato la propria tecnologia di autoapprendimento per una superficie complessiva di 2.800.000 metri quadrati di proprietà immobiliari: uffici, shopping center, hotel, aeroporti, strutture multi-residenziali, supermercati e vendita al dettaglio.




Nel proprio quartier generale, Brainbox dà lavoro a 70 dipendenti e collabora con partner come il National Renewable Energy Laboratory (NREL) del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, l’Istituto per la valorizzazione dei dati (IVADO) e varie istituzioni educative tra cui l’École de technologie supérieure (ETS) di Montreal e la McGill University. L’azienda è infatti cresciuta nel suo mercato interno, il Canada, ma si è espansa negli Stati Uniti e ora sta estendendo le sue operazioni internazionali in Europa e nell’APAC, l’insieme delle nazioni asiatiche ed oceaniane le cui coste sono bagnate dall’Oceano Pacifico.

In Italia farà il suo ingresso nel mercato con due operatori del settore Real Estate (settore immobiliare), supportati dal suo partner di rivendita che ha sede principale a Pavia, ma anche punti a Catania e a Cagliari: R2M Solution, società di ingegneria focalizzata nella produzione di strumenti innovativi a supporto della transizione energetica, della sostenibilità ambientale e della digitalizzazione del mondo immobiliare.

Oltre che in Italia, R2M Solution opera in Francia, Spagna e Regno Unito. Le costruzioni in cui sarà applicata la centralina di BAI sono invece due centri commerciali e una torre uffici, localizzati sull’asse Milano – Roma.

Le soluzioni di Brainbox AI, basate sull’intelligenza artificiale, aiutano gli operatori immobiliari a gestire al meglio il consumo energetico degli edifici arrivando a un 25% di risparmio sui costi e riducendo le emissioni del 20-40%. La tecnologia combina algoritmi di deep learning e cloud computing per ottenere risultati anche predittivi. Dalla società fanno sapere che “Nessun’altra ditta al mondo può vantarsi di possedere una tecnologia del genere”. Il contatore è infatti in grado di gestire un edificio in modo autonomo 24 ore su 24, 7 giorni su 7.

Il cervello intelligente della cabina di comando, un apparecchio simile a una normale centralina, è in grado di capire quante persone siano presenti in uno spazio, calcolarne il calore e regolarsi di conseguenza per offrire la temperatura interna più ottimale. Lo strumento è in grado di prevedere, sulla base di dati e algoritmi, quale sarà il miglior ‘clima’ da offrire in anticipo, restituendo quindi comfort e una notevole riduzione dell’impatto ecologico.



BrainBox AI ha un’impronta italiana per i natali del neoeletto presidente, Sam Ramadori, italocanadese strettamente legato alla terra d’origine e raggiunto da Business Insider Italia.

“La nostra tecnologia è un’intelligenza che si sovrappone a un sistema già esistente nell’edificio, un computer centrale che si chiama BMS e che gestisce tutte le componenti dell’AI. Edifici più piccoli, a volte, non ne dispongono, ma tutti possono beneficiarne. La predittività è il nostro maggiore punto di forza, la centralina raccoglie dati sulla base degli algoritmi. Con queste informazioni riesce a capire come reagirà da una a sei ore ogni singola zona dell’edificio. Non c’è necessità di installare sensori a parte perché BrainBox AI utilizza quelli già presenti, come i termostati.

Si tratta di una tecnologia utilizzabile su grandi volumi ma che restituisce precisione assoluta. Possiamo lavorare con ogni tipo di distribuzione energetica, da quelle tradizionali al fotovoltaico. Anzi, quella solare è una risorsa importante. Siamo molto entusiasti del nostro lavoro e dell’arrivo in Italia. La collaborazione con R2M è preziosa, quando li abbiamo conosciuti è stato il massimo. È un partner fantastico, in continua ricerca di nuove tecnologie da mettere in pratica. Dall’inizio siamo stati un’azienda che ha sempre investito nell’innovazione, abbiamo un team di ricerca dedicato di circa 50 persone. Siamo felici di lavorare in Europa, dove il focus sull’ambiente è molto pregnante rispetto che altrove. La nostra centralina non ha bisogno di manutenzione, o meglio, il lavoro da fare è sugli algoritmi, nel cloud, quindi anche lì si tratta di una ‘manutenzione intelligente’. In sostanza la centralina è solo uno strumento che permette il flusso comunicativo delle informazioni.

La struttura burocratica in Italia non sempre permette di lanciare progetti e idee per mancanza di risorse e investimenti. Le capacità ci sono, e le università sono fra le più prestigiose al mondo, ciò che manca è il sostegno finanziario per rendere stimoli e spunti dei veri piani di lavoro, startup e società. All’estero c’è la possibilità di fallire e imparare dall’errore. Qui, invece, il fallimento è visto come un baratro dal quale non si esce”.

fonte: it.businessinsider.com

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Così l’intelligenza artificiale sta accelerando lo sviluppo di batterie più veloci, efficienti e durature

Un gruppo di ricercatori sta testando protocolli di carica e durata con algoritmi di autoapprendimento. Vediamo come.





Sarà l’intelligenza artificiale a far decollare le prestazioni delle batterie?

È ancora presto per dare una risposta sicura, ma nei laboratori si stanno già sperimentando algoritmi che potrebbero aiutare a sviluppare accumulatori di energia sempre più efficienti, sicuri e veloci da ricaricare.

D’altronde, ottimizzare il rendimento e la durata delle batterie al litio è un obiettivo essenziale, nell’ambito della transizione verso la mobilità elettrica e verso l’impiego massiccio di fonti rinnovabili nella generazione di elettricità, con la conseguente necessità di installare impianti di accumulo stazionario.

Così tra 2019 e 2020 un gruppo di scienziati di università e centri di ricerca negli Stati Uniti – tra cui Stanford University, Massachusetts Institute of Technology e Toyota Research Institute – ha utilizzato l’intelligenza artificiale per elaborare delle previsioni su prestazioni e durata delle batterie.

In pratica, hanno usato quelle che un articolo di Wired chiama “camere elettrochimiche della tortura” dove le celle delle batterie sono caricate/scaricate rapidamente decine di volte al giorno.

L’obiettivo è generare un flusso di dati da dare in pasto agli algoritmi di autoapprendimento.

E l’intelligenza artificiale, a forza di elaborare enormi quantità di dati, impara a svolgere autonomamente dei compiti che le sono stati assegnati in fase di training (apprendimento/allenamento), in questo caso a predire, sulla base delle esperienze passate, il tasso di rendimento delle batterie durante il loro ciclo di vita.

Il punto è che normalmente gli esperimenti di questo tipo richiedono parecchi mesi: bisogna, infatti, testare continuamente le batterie finché iniziano a degradarsi, per raccogliere i dati che consentono di predire le prestazioni future delle batterie sotto determinate condizioni di utilizzo.

Con l’intelligenza artificiale, invece, si può velocizzare tutto.

Possono bastare poche ore di autoapprendimento con flussi continui di dati, per formulare previsioni attendibili.

In una seconda ricerca, gli stessi scienziati hanno impiegato l’intelligenza artificiale per definire protocolli ottimali per la ricarica veloce delle batterie.

In circa un mese hanno ottenuto risultati che, senza algoritmi, avrebbero richiesto un paio d’anni di lavoro.

Gli algoritmi di autoapprendimento, infatti, macinando flussi di dati, hanno scoperto metodi ottimali per caricare le batterie al litio in pochi minuti senza deteriorare le prestazioni in termini di affidabilità e durata; ricordiamo che la carica super-veloce è un fattore di elevato stress per le batterie, quindi la sfida è trovare l’equilibrio tra velocità e durata.

Con gli algoritmi poi si possono testare molti altri aspetti delle batterie: uso di differenti materiali, ricette chimiche, composizione di anodo/catodo, densità energetica ottimale, e così via.

Vedremo se, a un certo punto, queste sperimentazioni usciranno dai laboratori, per sfociare in nuove batterie realizzate sulla base dei dati e delle previsioni uscite dai super computer delle intelligenze artificiali.

fonte: www.qualenergia.it


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Non solo imballaggi. Con l’app Junker ora basta una foto per differenziare tutti i rifiuti grazie all’intelligenza artificiale















“E questo dove lo butto?” Una domanda che, prima o poi, tutti si sono posti davanti a un imballaggio dubbio e senza indicazioni di smaltimento, o peggio di rifiuti come piatti rotti e penne esaurite, che possono diventare un grattacapo quando non si hanno sottomano le istruzioni della raccolta differenziata del nostro comune. E allora che fare? Per aiutare i cittadini confusi, negli anni sono nate diverse app per la raccolta differenziata, come la popolarissima Junker (ne avevamo già parlato qui), prima in Europa spiegare come separare correttamente confezioni e imballaggi semplicemente inquadrando il codice a barre, che ha recentemente lanciato la nuova funzione “inquadra e differenzia” basata su tecnologie di riconoscimento immagine.

È sufficiente fotografare l’oggetto – per esempio, un cucchiaino da tè – di cui vogliamo scoprire le modalità di smaltimento e il sistema proverà a riconoscerlo. Una volta inviata la foto, in pochi secondi arriverà la risposta e l’app ci chiederà se è corretta o sbagliata. Se la risposta è giusta e il software ha riconosciuto l’oggetto, fornirà informazioni sulla sua composizione e su come smaltirlo nel modo giusto: nel nostro caso, negli ingombranti metallici. Se invece la risposta è sbagliata e il sistema non ha riconosciuto l’oggetto, lo si può comunque cercare manualmente nel database dell’app, una funzione già presente in precedenza, ma sicuramente meno immediata del riconoscimento fotografico.


Con l’app Junker si può scoprire come smaltire oggetti e rifiuti senza codice a barre grazie al riconoscimento fotografico e all’intelligenza artificiale

La funzione, infatti è ancora in beta, cioè il sistema sta ancora “imparando” a identificare correttamente gli oggetti dalle foto degli utenti. “Abbiamo lavorato molti mesi per arrivare a questo risultato – sottolinea Giacomo Farneti di Junker – Si tratta infatti di una tecnologia sperimentale, mai applicata prima d’ora in questo campo, basata su un sistema di apprendimento automatico che si evolve grazie alla collaborazione degli utenti”. Quindi, più fotografie vengono caricate, meglio il sistema imparerà a riconoscere i rifiuti. Per il momento, è lecito

In più, se il proprio comune di residenza è uno degli 800 che hanno aderito alla rete Junker, l’app dirà anche se deve essere conferito presso una piattaforma ecologica (come nel caso del nostro esperimento), con tanto di indirizzo e orari, oppure se è previsto il ritiro porta a porta e con quali modalità.

Il cavallo di battaglia di Junker, però, resta il sistema di ricerca dei prodotti basato sui codice a barre, che già oggi riconosce oltre 1,6 milioni di prodotti, di cui 220 mila segnalati dagli utenti. Infatti, se un prodotto o un oggetto non sono presenti nel database dell’app è possibile inviare una segnalazione, così che le informazioni di smaltimento vengano inserite e rese disponibili agli altri 1,3 milioni di utenti che l’hanno scaricata gratuitamente.

fonte: www.ilfattoalimentare.it


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Così l’intelligenza artificiale ci aiuterà a sfruttare al meglio i tetti per il fotovoltaico

Una nuova soluzione basata sulla "deep learning AI" permette di calcolare a bassissimo costo le potenzialità di produzione solare di vasti gruppi di edifici, senza uscire dall’ufficio.



















Anno 2028, il cambiamento climatico è ormai così evidente e minaccioso, che i governi, complice anche il riflusso dell’onda sovranista-negazionista nella politica mondiale, hanno finalmente deciso di intraprendere azioni decise per l’uscita del sistema energetico dall’era dei fossili.
Fra le tantissime misure proposte, una è quella delle città energeticamente autonome.
In pratica ogni città deve costruire sui propri tetti una potenza elettrica solare sufficiente ad alimentare i propri consumi interni, aiutata in questo da un’adeguata rete di sistemi di accumulo sparsi nella città e coordinati da una centrale operativa nazionale.
Lo sforzo di applicare la nuova norma si annuncia subito immenso: bisogna valutare le potenzialità solari di ogni tetto delle migliaia di edifici cittadini, per massimizzare la produzione.
Quindi di ognuno di essi va calcolata altezza, inclinazione, superficie ed eventuale ombreggiamento, e poi valutare fra questi il sottoinsieme di tetti più adatto ad essere occupato per raggiungere la potenza richiesta.
Che fare? Arruolare un esercito di geometri, che misurino tutta quella massa di case, spendendo mesi e buona parte del budget già nella prima fase di valutazione?
Gli ingegneri informatici Prashant Shenoy e Subhransu Maji, dell’Università del Massachusetts ad Amherst, hanno avuto un’idea migliore: mettere insieme i disparati strumenti disponibili in rete oggi, per calcolare a bassissimo costo le potenzialità di produzione solare di vasti gruppi di edifici, senza uscire dall’ufficio.
«In realtà strumenti simili già esistevano, come il Project Sunroof di Google per le città Usa» spiega Shenoy «Il problema è che quelli strumenti si basano su rilevamenti fatti con il Lidar, cioè un laser trasportato da un aereo, che sorvola l’area di verificare, ricreandone una precisissima rappresentazione tridimensionale. Un metodo che funziona benissimo, ma è molto costoso e adatto a coprire solo una parte di città alla volta».
I due ricercatori, invece, sono partiti da un altro strumento di Google, questo però globale e disposizione di tutti nel mondo: Google Earth, il “supermappamondo” che mostra l’intera superficie ad altissima risoluzione, grazie a un “collage” di foto scattate dai satelliti in orbita.
Nelle foto contenute in Google Earth, ci sono già abbastanza informazioni per fare una valutazione della superficie ed esposizione di ogni tetto e quindi, incrociando il dato con la latitudine ed il meteo della località, ricavare quanti pannelli ognuno di essi possa ospitare e quanta elettricità possa produrre in un anno.
Il problema, però, è che questa valutazione non la può fare, se non con estrema lentezza e imprecisione, un occhio e un cervello umano.
«E infatti il nostro sistema Deep Roof, fa analizzarle foto satellitari delle città, eventualmente integrate da altre informazioni come le foto di Street View, lo stesso edificio, cioè, ma visto dal livello stradale, e le mappe catastali, da un sistema ad intelligenza artificiale (AI) di tipo Deep Learning, che cioè impara da solo come svolgere il suo compito» dice Shenoy .
Le AI deep learning sono quelle che, per esempio, hanno sbaragliato gli umani a giochi come gli scacchi, il Go, il Poker e vari videogiochi. Quello che fanno è partire dai dati di base, nel caso dei giochi le loro regole, e poi applicarle milioni di volte giocando da sole, fino a capire come ottenere i risultati migliori.
Particolare un po’ inquietante: nessuno sa in base a cosa questo tipo di AI risolvano i problemi fino a padroneggiarli meglio di noi, sono, come si dice, delle “black box”, imperscrutabili nei loro meccanismi “mentali”, che si autocostruiscono. Sappiamo che funzionano, ma non sappiamo perché.
Nel caso di Deep Roof, l’AI ha imparato esaminando centinaia di casi di edifici di cui ha avuto foto satellitari, dalla strada e altri dati, e di cui già conosceva superficie, esposizione e ombreggiatura, costruendosi a partire da essi le regole generali per interpretare quanto mostrato dalle immagini di tutti gli altri edifici.
«Una volta perfezionato, abbiamo messo Deep Roof alla prova su 30 case scelte per rappresentare la massima varietà di altezze, forme, esposizioni, inclinazioni e ombreggiature di tetti, che abbiamo dato ad esaminare al nostro algoritmo e ad esperti umani. È risultato che Deep Roof ne ha stimato esattamente le potenzialità nel 91% dei casi, facendosi ingannare talvolta solo dalla presenza di alberi, non riuscendo a calcolare bene l’ombra che gettavano sul tetto. Un fattore che si potrà migliorare nelle versioni future» spiega l’ingegnere americano.
Una volta che l’AI ha fatto il suo lavoro di stima dei tetti, un’altra parte del sistema inventato da Shenoy e Maji, chiamata l’“algoritmo avido”, si occupa di “stipare” virtualmente quei tetti del massimo possibile di pannelli solari, valutando poi quanta energia produrranno ogni anno.
«In questo modo, in futuro, la costruzione di vasti impianti solari in area urbana sarà molto facilitata: basterà inviare al nostro sistema Deep Roof le coordinate degli edifici che si pensa di usare, e questo, a partire da foto satellitari e altri dati gratuiti facilmente reperibili su Internet, calcolerà quanti pannelli possa ospitare e quanta elettricità si possa ricavare in un anno, per ognuno di quegli edifici» conclude Shenoy.
Ecco quindi che lo scenario immaginato inizialmente diventa molto più percorribile: le future centrali elettriche cittadine distribuite sui tetti, potranno essere rapidamente progettate, in base a stime scaricate in pochi minuti dalla Rete.
E vista la difficoltà enorme che ci aspetta nei prossimi decenni per la riconversione del sistema energetico verso la sostenibilità, ogni aiuto, è bene accetto, anche quello che arriverà da imperscrutabili Intelligenze Artificiali.
fonte: www.qualenergia.it