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Energia blu, un aquilone subacqueo per catturare le correnti

Gli aquiloni ispirati alla mante di SRI possono estrarre energia dall’acqua in movimento, in modo sicuro ed economico



Un sistema per sfruttare “l’energia blu” piccolo, versatile e conveniente. Erano queste le caratteristiche cercate dall’ARPA-E, agenzia del Dipartimento statunitense dell’energia attraverso il programma SHARKS. L’iniziativa, lanciata a settembre 2020, si proponeva di sostenere con un fondo da 38 milioni di dollari la realizzazione di nuove turbine idrocinetiche. Apparecchi innovativi per design e funzionamento con cui produrre energia pulita in mari e fiumi.

“Grandi barriere tecniche e ambientali rendono gli attuali sistemi […] estremamente costosi”, spiega ARPA-E. “Questo programma mira a utilizzare le metodologie di co-progettazione e ‘progettazione per il funzionamento’ al fine di sviluppare turbine radicalmente nuove per applicazioni di marea e fluviali, che abbiano drastiche riduzioni di LCOE (costo dell’energia livellato)”. Sia su scala di micro-rete e che su quella industriale.

Nonostante la parole turbina capeggi in bella vista sui documenti ufficiali dell’iniziativa, l’agenzia sta finanziando tecnologie differenti dai tradizionali impianti idrocinetici. Compreso il nuovo aquilone subacqueo, realizzato dall’Istituto di ricerca SRI.

Il prototipo, inspirato alle mante, è stato disegnato per “agitarsi” nelle correnti di marea e in quelle fluviali. Il cuore del sistema è un aquilone in schiuma e fibra di vetro. Un cavo estendibile lo ancora ad un generatore dotato anche di motore elettrico, a sua volta piantato nel fondale. La forza della corrente trascina l’aquilone in direzione del flusso mentre lo svolgimento del cavo produce energia elettrica che potrebbe essere immagazzinata in una batteria o immessa direttamente nella rete municipale. Una volta che l’aquilone raggiunge l’estensione massima del cavo, si richiude per offrire un profilo più snello alla corrente mentre il motore riavvolge il filo.

Sebbene il processo di recupero richieda un po’ di energia, i progettisti assicurano che l’importo sia molto molto inferiore a quello generato dal sistema. Secondo un rapporto su IEEE Spectrum, SRI mira a generare una potenza media di circa 20 kW per aquilone.

Rispetto ad altri sistemi di sfruttamento dell’energia blu, in particolare quella delle maree, la macchina Manta è notevolmente più economica e più facile da installare. Inoltre il sistema può essere semplicemente riavvolto qualora vi sia la possibilità di interferire con le attività umane o la fauna marina nelle vicinanze.

fonte: www.rinnovabili.it

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Energia mareomotrice: Orbital lancia O2, la turbina più potente al mondo

L’azienda scozzese ha lanciato il suo nuovo generatore a flusso di mare da 2 MW. La macchina sarà rimorchiata alle Isole Orcadi per la messa in servizio prima di essere collegata all’European Marine Energy Centre



Il settore dell’energia mareomotrice ha da oggi un nuovo campione. Si tratta di O2, la turbina assiale creata dallo sviluppatore scozzese Orbital Marine Power. La macchina con i suoi 2 MW di potenza, è attualmente la più potente della sua categoria ad entrare in funzione. Ma per vederla all’opera è necessario attendere ancora qualche giorno.

O2 è stata messa in acqua ieri, nel porto di Dundee, trasferendola dalla banchina di Forth Ports nel fiume Tay attraverso una chiatta sommergibile. Da qui sarà rimorchiata fino alle Isole Orcadi per la messa in servizio e quindi il collegamento all’European Marine Energy Centre (EMEC). Parlando del lancio, il CEO di Orbital, Andrew Scott, ha dichiarato: “Si tratta di una pietra miliare per Orbital”, ha affermato Andrew Scott, a.d. dell’azienda scozzese. “O2 è un notevole esempio di innovazione tecnologica ‘pulita’ britannica e la costruzione che abbiamo completato dimostra ciò che una catena di approvvigionamento nel Regno Unito può ottenere avendone l’opportunità; anche sotto le pressioni straordinarie di una pandemia”.

La costruzione della turbina O2 -iniziata nella seconda metà del 2019, sotto la guida della TEXO Fabrication – si è affidata per lo più alle risorse made in UK. Dalla lavorazione dell’acciaio scozzese fino produzione delle ancore nel Galles e delle pale nel sud dell’Inghilterra.

Come funziona O2?

Il sistema sfrutta le correnti fluviali e di marea. L’impianto è costituito da uno scafo tubolare galleggiante in acciaio, ormeggiato tramite ancore al fondale. Due rotori subacquei sono connessi al corpo tramite altrettante braccia che possono esser sollevate in superficie in caso di manutenzione. Grazie allo sfruttamento delle energia mareomotrice, una singola turbina ha la capacità di generare elettricità a sufficienza per soddisfare la domanda di circa 2.000 case. Risparmiando ogni anno all’atmosfera circa 2.200 tonnellate di CO2.

“Il programma O2 ci ha dato un’opportunità significativa per dimostrare le nostre capacità multidisciplinari e il nostro approccio proattivo al lavoro”, ha aggiunto Chris Smith, amministratore delegato di TEXO Group. “Crediamo fermamente che la transizione verso un ambiente a zero emissioni nette offrirà una serie di opportunità ai settori dell’ingegneria e della fabbricazione del Regno Unito”.

fonte: www.rinnovabili.it


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La "boa" smart che produce energia dalle onde

 

"Smart Power Bouy" è una nuova soluzione tecnologica che consente di sfruttare, in modo semplice, l'energia del moto ondoso. Non ha bisogno di grandi opere ingegneristiche ed è applicabile in numerosi contesti.


L'interessante proposta della compagnia danese Rasen Waves, è una "boa" che produce energia elettrica sfruttando l'energia mareomotrice grazie a un galleggiante in fibra di vetro. Il generatore elettrico si trova al centro della "boa" e presenta una puleggia che ruota attorno ad un asse orizzontale in modo continuo, in grado di arrivare a una potenza di picco di 0,6 kW.

Sul fondo marino, oltre ad un sistema di ancoraggio, è possibile installare anche un pacco di batterie collegato alla boa tramite un cavo di alimentazione, per migliorarne l'efficienza.

La "Smart Power Bouy" è dotata anche di un sistema per far fronte alle intemperie. Attivando un comando, sarà possibile far immergere il galleggiante fino a 200 metri di profondità.

Infine risulta molto interessante la sua flessibilità d'applicazione: grazie a una connessione satellitare 3G o 4G, la boa può anche raccogliere ed inviare dati. Nei vari casi studio riportati, l'azienda danese assicura che la "boa" può essere utilizzata per lo studio dei fondali, a scopo meteorologico o per il monitoraggio sismico.

Riferimenti
Smart Power Buoy - Wave power expands recharge at sea possibilities
sul sito di Marine technology news

The Smart Power Buoy
dal sito di Rasen Waves


fonte: www.nextville.it



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Auto elettriche, alle Shetland si caricano con le onde del mare

Auto elettriche cariche con le onde del mare, l'innovazione alle Isole Shetland: energia completamente pulita per le colonnine di ricarica.



Caricare le auto elettriche solamente con l’energia prodotta dalle onde del mare, in modo completamente sostenibile e rinnovabile. È questo il singolare traguardo raggiunto dalle Isole Shetland, in Scozia, dove da tempo l’energia elettrica è prodotta dal movimento ondoso dell’oceano.

Grazie a una partnership con Nova Innovation, uno dei principali fornitori di energia elettrica dal mare del Regno Unito, sono state installate delle nuove colonnine elettriche. L’energia utile ad alimentarle è ricavata al 100% dal moto ondoso e non prevede, pertanto, il ricorso a inquinanti combustibili fossili.

Auto elettriche caricate dalle onde del mare

Nova Innovation ha investito sulla produzione di energia dal mare ormai da diversi anni, tanto che sulle Isole Shetland fornisce questo servizio da oltre un lustro. La tecnologia sviluppata sfrutta le correnti tipiche delle acque marine e, soprattutto, l’alternanza quotidiana tra le maree. I movimenti oceanici mettono quindi in moto delle speciali turbine, capaci di produrre energia al 100% pulita.

La società ha ora deciso di installare colonnine di ricarica rapida per auto elettriche sull’arcipelago scozzese, con le prime stazioni già disponibili nei pressi di Bluemull Sound. Un progetto colto con entusiasmo dalla popolazione locale, ma anche dalla stessa Nova Innovation, così come spiega il Chief Executive Officer Simon Forrest:

Oggi abbiamo la realtà delle auto alimentata dall’energia delle maree, che dimostra l’enorme passo avanti che stiamo facendo nell’affrontare l’emergenza climatica e raggiungere l’obiettivo zero emissioni, lavorando in completa armonia con il nostro ambiente naturale.

La risorsa è particolarmente utile per le Isole Shetland, dove la gran parte della popolazione vive sulle coste, dove queste innovative colonnine sono più facili da installare. E la transizione alle auto elettriche sarà anche utile per rispettare un simile paradiso naturale, riducendo le emissioni non solo di anidride carbonica, ma anche di altri contaminanti come i metalli pesanti. Soddisfazione anche dal Ministro dei Trasporti Michel Matheson:

Questo tipo di innovazione è la chiave per rispondere all’emergenza dei cambiamenti climatici e sottolinea le opportunità che sono disponibili qui in Scozia.

Fonte: BBC


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Tasmania, l'energia dal moto ondoso è realtà

 














Nella piccola isola di King Island, al largo della Tasmania, si sta sperimentando un nuovo impianto di produzione di energia elettrica alimentato dal moto ondoso.

L'impianto della Wave Swell Energy (WSE), dalla forma simile a una grande barca, si basa sul concetto della colonna d'acqua oscillante (OWC), che a tutt'oggi rappresenta la tecnologia più conosciuta ed economica per produrre elettricità dal moto ondoso.

L'OWC è fondamentalmente una sorta di sfiatatoio artificiale, costituito da una camera aperta al di sotto della linea di galleggiamento. L'acqua delle onde, che penetra all'interno della camera, costringe l'aria a salire passando attraverso una turbina e generando così l'elettricità.

A differenza però delle tradizionali turbine utilizzate negli impianti OWC, che finora erano tutte bidirezionali, quella sviluppata da WSE opera in maniera unidirezionale. Questo si traduce in una turbina più semplice, economica e robusta, con anche una maggiore efficienza di conversione. Le uniche parti in movimento dell'impianto sono la turbina e le valvole, tutte ben al di sopra della linea di galleggiamento; non ci sono invece parti in movimento dentro o sotto l'acqua.

La struttura pilota installata al largo di King Island può generare fino a 200 kW di potenza, ma è già allo studio una pianificazione per modelli da 1.000 kW.

Quando, tra circa un mese, l'impianto sarà collegato alla rete elettrica, la piccola King Island (1580 abitanti circa) risulterà alimentata da un mix di tre diverse fonti rinnovabili: eolico, fotovoltaico e moto ondoso.

"In questa fase, si tratta soltanto di testare la tecnologia" ha commentato Tom Denniss, co-fondatore di Wave Swell Energy (WSE). "Lo scopo del progetto pilota, infatti, è di testarne l'affidabilità e di ottenere dati sulla producibilità dell'impianto al variare delle condizioni di moto ondoso".

La speranza è che questo progetto, sostenuto con 8 milioni di euro da investitori privati e dalla Commonwealth.s Australian Renewable Energy Agency, possa poi essere esteso alla vasta costa meridionale dell'Australia.

Recenti studi effettuati dal Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation hanno stimato che l'energia delle onde contribuire fino all'11% del fabbisogno elettrica del continente australiano entro il 2050.




Riferimenti
Remote Tasmanian island to be powered by ‘blowhole’ energy that harnesses waves
la news su theguardian.com


fonte: www.nextville.it


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Energia marina: arriva l’impianto ibrido che cattura sole, vento e onde

La startup tedesca Sinn Power ha realizzato la “prima piattaforma ibrida oceanica al mondo”, struttura galleggiante che combina fotovoltaico, micro-turbine eoliche e generatori di energia dal moto marino



Nuovo progetto per sfruttare tutte le potenzialità dell’energia marina con una sola installazione. L’idea appartiene a Sinn Power, giovane società tedesca creatrice di un’originale piattaforma marina galleggiante. La struttura, prima al mondo nel suo genere, permette di integrare in un unico corpo diverse tecnologie per la produzione energia offshore. Dai pannelli fotovoltaici a micro-turbine eoliche passando per le boe che catturano l’energia delle onde.

La nuova piattaforma ibrida dedicata all’energia marina ha alle spalle anni di ricerca e sviluppo. La Sinn Power è nata, infatti, nel 2015 come produttrice dei generatori elettrici da moto marino. Cinque anni dopo la società a pronta a fare un salto di qualità, proponendo la propria versione di centrale offshore multi-tecnologica.

La piattaforma in questione è un sistema modulare che può essere ampliato e personalizzato, sotto il profilo tecnologico, a seconda del caso. Questo significa che gli sviluppatori possono gestire con flessibilità la taglia e aggiungere turbine, boe o pannelli in base alle esigenze e alle caratteristiche del sito.

Nel complesso la struttura è progettata per essere robusta e resistente; è in grado di gestire onde alte fino a sei metri e i componenti elettrici hanno la certificazione IP68 (Protezione da immersioni permanenti in acqua fino a 3 m di profondità continua per un massimo di un’ora). Le boe galleggianti sono poste, inferiormente, ai quattro angoli della piattaforma dove possono muoversi liberamente in alto e in basso lungo delle aste, in risposta al movimento ondulatorio. Ciascuna, in condizioni ideali, può generare fino a 24 kW di potenza. La superficie superiore è destinata ai moduli fotovoltaici ma in ogni punto di giunzione è possibile installare una piccola turbina da 6 kWp.

“La modularità è stata un aspetto chiave fin da quando abbiamo iniziato a sviluppare tecnologie marittime”, spiega l’Ingegnere Philipp Sinn, CEO di SINN Power. “La piattaforma galleggiante può fornire energia marina rinnovabile alle località insulari e contribuire all’implementazione mondiale di parchi eolici offshore. Noi siamo i primi a offrire una soluzione che mixa onde, vento e fotovoltaico di piccole dimensioni, personalizzabile in base alle condizioni climatiche delle località e a prezzi competitivi rispetto ad altre tecnologie comprovate”.

La società afferma di essere “sul punto di commercializzare“ la sua piattaforma e che a partire da questa estate, offrirà ai produttori di moduli fv l’opportunità di dimostrare e testare i loro pannelli su una piattaforma galleggiante a Iraklio, in Grecia.

fonte: www.rinnovabili.it


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Venti, onde e maree spingono la “rivoluzione blu” della Bretagna

La regione occidentale della Francia ha trasformato la perifericità geografica e i suoi oltre 2.700 chilometri di coste in un punto di forza, investendo sull’energia blu e su soluzioni tecnologiche che non compromettano l’ambiente





La Bretagna è bleu. Sino a pochi anni fa, per gli indipendentisti della più occidentale delle regioni francesi, ogni richiamo al colore simbolo degli “enfants de la Patrié” avrebbe creato un putiferio. Oggi è diventato motivo d’orgoglio a livello mondiale: la Bretagna viene infatti considerata un polo d’eccellenza nella produzione di energia blu. Lo sfruttamento dei venti con turbine costruite sul mare o a terra, gli sbalzi altimetrici delle maree, così come i cicli di compressione e decompressione delle onde, sono “gli assi nella manica” delle tempestose coste che, per 2.730 chilometri, corrono da Saint-Malò a Vannes.

Protese in un’area atlantica di fortissime correnti (le onde possono raggiungere i 9 metri d’altezza, 144 chilometri all’ora i venti), non protette da alcun rilievo montuoso, sono soggette ad agenti naturali tanto estremi d’aver convinto il governo francese dell’imminenza di una nuova rivoluzione: “Entro il 2030 -ha dichiarato Jean-Michel Lopez, direttore generale alla Transizione ambientale e alle energie marine della Regione Bretagna- l’utilizzo di queste forze cinetiche consentirà di soddisfare il 35% del nostro fabbisogno energetico. Un risultato eclatante sotto più punti di vista: oggi siamo costretti a importare l’83% dell’elettricità che consumiamo (circa 18,8 TW) dalla centrale nucleare di Flamanville e da quella termica a carbone di Cordemais. La quantità restante di energia prodotta sul territorio, però, proviene per il 75% da fonti rinnovabili: questo significa che abbiamo già in casa tutte le risorse per trasformarci in una regione a bassissimo impatto ambientale. Non a caso la Commissione europea, nel Blue Economy Report 2019, indica la Bretagna come modello di sviluppo per tutti i Paesi impegnati nella riconversione energetica marina”. Sotto l’etichetta di “economia blu” sono in realtà comprese tutte le attività riguardanti oceani, mari e coste, dai trasporti marittimi alle costruzioni navali o alla ricerca oceanica, capaci di generare solo nell’Unione europea un fatturato di 658 miliardi di euro e di coinvolgere più di 4 milioni di lavoratori, con un tasso d’investimento annuale del 24%. Tenendo conto che quasi la metà della popolazione europea vive oggi sulle coste, diventa fondamentale trovare soluzioni tecnologiche che non compromettano ulteriormente l’ambiente. Entro il 2050, le alluvioni prodotte dai cambiamenti climatici potrebbero causare danni economici stimati fra i 12 e i 40 miliardi di euro, sconvolgendo la vita di non meno di 740mila cittadini che abitano sulle rive del continente.



Dopo un decennio di stanziamenti mirati, l’Electricity Pact for Brittany 2010-2020 comincia però a dare i suoi frutti: oltre ad aver lanciato con successo tecnologie innovative nel campo dell’energia blu -in primis le turbine eoliche flottanti da 9,5 MW (cioè galleggianti in acqua su quattro cilindri d’acciaio)- sono stati spesi quasi sei milioni di euro per favorire anche l’interscambiabilità delle fonti energetiche mediante smartgrids, trasformando di fatto lo svantaggio della perifericità geografica in un punto di forza basato sulla resilienza. “Parte del successo -sottolinea Marc Laurent, analista economico di Le Télégramme– va riconosciuto nella capacità di aver creato un cluster regionale, il Pôle Mer Bretagne Atlantique, permettendo una stretta collaborazione di sei partner d’eccellenza, fra cui 11 unità dipendenti dal Centro Nazionale per la Ricerca Scientifica (con più di 730 ricercatori coinvolti), la Scuola Accademica di Ricerca ISBLUE (un innovativo istituto interdisciplinare per lo studio del Pianeta blu, lanciato nel 2019) e il Campus Mondial de la Mer. Segno che investire nella ricerca d’alto livello è sempre premiante, a patto che vengano predisposte politiche di lungo termine. Nel 2021, anno che apre il decennio per le scienze oceaniche, la Bretagna sarà la punta d’avanguardia europea”.


75% due terzi dell’energia prodotta sul territorio bretone proviene da fonti rinnovabili

Fra i casi più virtuosi della collaborazione bleu spicca l’impegno di Amadéite Group, compagnia leader mondiale nella biotecnologia marina, riuscita a sviluppare prodotti organici per la salute di animali, piante e uomini riutilizzando le alghe invasive delle coste. Progetto che le ha garantito un fondo di 30 milioni di euro da parte della Banca europea per gli investimenti. In realtà la Bretagna, trascinata anche dalle secolari lotte politiche per un’indipendenza maggiore da Parigi, ha creduto nella possibilità di un’autonomia energetica a basso impatto ambientale già negli anni del boom degli idrocarburi. Nel 1966, sull’estuario del fiume Rance, venne infatti inaugurata la prima stazione al mondo per la produzione di energia dalle maree, rimasta per ben 45 anni l’impianto industriale dalla capacità installata più ampia e sorpassata solo nel 2011 dal complesso del lago Sihwah, in Corea del Sud (l’unica altra centrale oggi esistente). Con le sue 24 turbine, in grado di raggiungere picchi di 240 MW, può infatti sopperire da sola all’intero fabbisogno energetico di una grande città come Rennes. Grazie alla perfetta predittibilità delle maree (unica fonte di energia rinnovabile con tasso di affidabilità al 100%), la Rance ha fatto da apripista ad una serie di impianti di nuova generazione, basati su una tecnologia che integra energia mareomotrice, eolica e fotovoltaica: modelli su scala ridotta, a basso impatto ambientale e facilmente esportabili, grazie ai quali è possibile ottenere elettricità partendo dalla compressione dell’aria in cassoni e dalla movimentazione delle turbine in seguito alla sua espansione.


“Investire nella ricerca d’alto livello è premiante, a patto che ci siano politiche di lungo termine. Nel 2021 la Bretagna sarà l’avanguardia europea” – Marc Laurent

Insieme al parco eolico offshore di Brest, dal costo di 220 milioni di euro e lungo ben 400 metri (il più esteso di tutta la costa atlantica), rappresenta uno dei sette pilastri della “rivoluzione blu” bretone: nella baia di Saint-Brieuc, sulla costa settentrionale, altri 62 impianti eolici (per 496 MW) entreranno in servizio già nel 2023; pochi chilometri a Ovest, nell’area di Paimplon-Brehat, nell’aprile 2019 sono state avviate ben quattro idrolinee; nella punta estrema della penisola bretone, il cosiddetto Passage du Fromveur, sono stati effettuati con successo i saggi per la creazione di ulteriori due idrolinee, mentre lungo la costa meridionale è allo studio un nuovo centro di produzione di energie da maree nella baia di Audierne. Il sito di maggior interesse, però, resta quello in prossimità della penisola di Quiberon, al largo della quale sarà avviata nel 2021 la produzione di quattro impianti eolici flottanti (24MW) e dell’idrolinea Ria d’Etel (20 KW), in grado di rendere energeticamente indipendente il golfo dove sono concentrati alcuni dei più importanti allevamenti di ostriche francesi. Qui si trova anche il famoso complesso megalitico di Carnac, che conta oltre 3.000 menhir e dolmen perfettamente allineati: uno dei siti più ampi al mondo, ma di cui ancora poco si conosce circa l’effettiva funzione.





Oltre a trovarsi in prossimità del punto in cui la corrente atlantica piega su se stessa, permettendo di raggiungere agevolmente l’America del Nord, il golfo di Auray è noto per aver accolto nel 1776 lo scienziato americano Benjiamin Franklin, futuro inventore del parafulmine e qui attirato anche dallo studio della peculiare meteorologia bretone – © Alberto Caspani

La posa di questi veri e propri giganti di pietra viene fatta risalire almeno al 5000 a.C., lasciando supporre un uso che mette in correlazione le caratteristiche fisiche del paesaggio e il funzionamento elettro-chimico del cervello, secondo la brillante argomentazione presentata dagli archeologi David Lewis-Williams e David Pearce nell’opera “Inside the Neolithic Mind”. Grazie agli studi di geobiologia del dipartimento di Scienze planetarie dell’Università di Harvard, unitamente alle scoperte dell’archeoastronomia, dolmen e menhir segnalerebbero campi d’influenza elettro-magnetica, dipendenti dai cicli lunari delle maree. Tecnologia preistorica che non solo avrebbe potuto fungere da calendario per predire i movimenti delle acque e ottimizzare i cicli agricoli, ma anche agevolare effetti di riequilibrio energetico sul corpo umano. Non a caso, per secoli, le grandi pietre degli allineamenti sono state utilizzate dagli abitanti bretoni come efficaci rimedi per curare disturbi della salute, o addirittura per favorire la fertilità. Se è vero che la vita ha preso avvio dall’acqua, in futuro la “Bretagna Blu” potrebbe allora aiutarci a comprendere un significato di sostenibilità ambientale ancor più vasto e profondo delle meraviglie degli oceani.

fonte: https://altreconomia.it


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WaveStar: Energia pulita illimitata dalle onde del mare in Danimarca
















La traduzione letterale dall’inglese di WaveStar, è appunto Stella delle Onde, e sta a significare una brillante idea per la produzione di energia pulita illimitata, sfruttando la forza continua delle onde, superando il concetto di sfruttamento del forte vento del mare con gli impianti eolici offshore.

Idea e concetto innovativo di WaveStar

Il concetto è stato inventato dagli appassionati di vela Niels e Keld Hansen nel 2000. La sfida era quella di creare una produzione regolare di energia onde oceaniche distanti 5-10 secondi.
Ciò è stato ottenuto con una fila di boe semisommerse, che si alzano e si abbassano a loro volta mentre l’onda passa, formando la parte iconica del design di Wavestar. Ciò consente di produrre continuamente energia nonostante le onde siano periodiche.
L’esclusivo sistema di protezione dalle tempeste della macchina, uno dei molti aspetti brevettati del progetto, garantisce la sopravvivenza in mare della macchina e rappresenta una vera pietra miliare nello sviluppo delle macchine a energia d’onda.
L’energia delle onde svolgerà un ruolo cruciale nel garantire il nostro futuro energetico, ma sopravviveranno solo le macchine in grado di resistere alle tempeste più forti.
Le questioni climatiche e ambientali richiedono una rapida diversificazione verso più fonti rinnovabili al fine di soddisfare le nostre future esigenze energetiche. Wavestar lavorerà in armonia con altri metodi di energia pulita per supportare il movimento di energia alternativa e garantire un approvvigionamento continuo di energia pulita. Immagina cosa possiamo fare insieme.

Come funziona

L’impianto di WaveStar trae energia dalla potenza delle onde con galleggianti che salgono e scendono con il movimento su e giù delle onde. I galleggianti sono fissati con le braccia a una piattaforma che si trova su enormi gambe fissate al fondo del mare. Il movimento dei galleggianti viene trasferito tramite propulsione idraulica nella rotazione di un generatore, producendo elettricità.















Si possono vedere i grandi galleggianti che assorbono l’energia delle onde e lo traducono in energia elettrica pulita e illimitata.

Le onde percorrono la lunghezza della macchina, sollevando a sua volta 20 galleggianti. Alimentare il motore e il generatore in questo modo consente una produzione continua di energia e una produzione regolare.
Questo è un nuovo standard radicale e un concetto unico nell’energia dalle onde oceaniche o marine; è uno dei pochi modi per convertire la potenza delle onde fluttuanti nella rotazione ad alta velocità necessaria per generare elettricità.

Gli aspetti positivi di WaveStar e il futuro energetico

La macchina Wavestar è meno visibile e più silenziosa delle turbine eoliche e ha anche un impatto positivo sulla fauna selvatica sotto la macchina, creando una zona protetta dalla pesca.
Le macchine di prova e ricerca operano nel Mare del Nord e nei fiordi danesi dal 2006 e sono tra le prime macchine a energia d’onda ad essere collegate alla rete.
Con la macchina da 500 kW in fase di sviluppo, l’azienda ha conquistato una posizione tra i principali sviluppatori di energia alternativa al mondo.
WaveStar punta a renderla la prima macchina da 1 MW prodotta in serie per grandi oceani, pronta per la vendita nel 2017.Wave Star non si ferma qui però. La macchina sarà quindi raddoppiata per dimensioni, in grado di gestire il doppio dell’altezza dell’onda.
Ciò aumenterà la potenza di ogni macchina a 6 MW, consentendo a una singola macchina di fornire energia per 4.000 case.
Almeno sulla carta, questi sono numeri impressionanti. Il progetto Wavestar punta davvero ad essere una delle più importanti innovazioni nel mondo delle energie rinnovabili. Gli oceani del globo insieme rappresentano circa 1,35 miliardi di chilometri cubi. Sono 1.260.000.000.000.000.000.000 di litri d’acqua.

Gli studiosi più importanti del settore credono che se solo una frazione del potere cinetico delle maree oceaniche venisse catturato, ciò soddisferebbe le esigenze energetiche del mondo più volte.
Per questo auspichiamo che il nuovo governo italiano, che si è presentato con un’aurea green e ha messo tra i suoi punti lo sviluppo sostenibile al minimo impatto ambientale attraverso tutte le forme di energia pulita, vista l’abbondanza di territorio marino nazionale, possa individuare quanto prima dei siti adatti a questo tipo di impianti e iniziare a lavorare sin da subito su questo tipo di innovazione tecnologica.
fonte: https://www.ambientebio.it

Blue Energy: i progetti sull’energia ricavata dal mare

Lo sfruttamento dell’energia dal mare è a uno stadio di sviluppo meno avanzato rispetto a quello di altre risorse rinnovabili, tuttavia sono diversi i progetti che si stanno attivando per far decollare anche questo settore di energie green, o meglio blue.

















Si sono individuate sei differenti fonti da cui trarre energia derivante dal mare: onde, maree, correnti di marea, correnti marine, gradienti di temperatura, gradienti di salinità. Il Mar Mediterraneo, avendo un bacino praticamente chiuso, non possiede le caratteristiche utili a sfruttare tutte queste fonti ma ricava energia principalmente dalle correnti di marea, dalle onde e dalla differenza di salinità. È necessario tenere in considerazione che l’energia del moto ondoso, utile per la conversione in energia elettrica, è relativamente più bassa se confrontata con quella che si può ottenere da un Paese che si affaccia sull’oceano.
Dal 1986 la Commissione Europea sostiene le attività di ricerca e sviluppo sulla conversione dell’energia marina. I primi risultati sono rintracciabili nel 1993 quando la stessa CE finanziò una serie di conferenze internazionali sull’energia del moto ondoso prima ad Edimburgo, poi a Lisbona, a seguire a Patrasso ed infine a Aalborg (DK, 2000). Ad oggi, tuttavia, lo sfruttamento della blue energy non è ancora totalmente decollato.
Nel 2017 nasce il progetto di ricerca PELAGOS Blue Energy Cluster (iniziativa all’interno del programma Interreg-Med e co-finanziata dal Fondo europeo di sviluppo regionale) che, coinvolgendo diversi Paesi quali Spagna, Francia, Italia, Grecia, Croazia, Cipro e Portogallo, ha lo scopo comune di incrementare la capacità di innovazione e di cooperazione internazionale in tema di energia marina, in tutte le sue possibili declinazioni.



A mostrare l’importanza e l’efficienza dell’utilizzo dell’energia marina è stato anche un gruppo di ricercatori dell’Università di Siena e dell’Istituto Tecnico Sarocchi che si sono recati a Malaga per spiegare agli studenti le potenzialità dell’energia derivata dal mare. È l’Università di Siena a coordinare il progetto di ricerca - denominato MAESTRALE - incentrato sulla divulgazione delle potenzialità della blue energy. Lo scopo non è solo diffondere una maggior consapevolezza tra i cittadini ma rivolgersi in particolar modo alle istituzioni, per porre al centro del dibattito non solo la quantità di energia che si può ricavare dal moto ondoso, dalle maree, dalla temperatura, ma anche la possibilità di sfruttare le biomasse acquatiche utilizzando impianti eolici off-shore.
L’utilizzo delle blue energy – spiega il professor Simone Bastianoni, responsabile scientifico del progetto MAESTRALE – è ancora ad uno stato embrionale nell’area del Mediterraneo. MAESTRALE vuole rafforzare la collaborazione fra centri di ricerca, imprese e istituzioni per promuovere il trasferimento tecnologico e generare la massa critica necessaria per farlo decollare, mantenendo alta l’attenzione sul valore ambientale e culturale. Siamo orgogliosi di trovarci oggi alla guida di questo importante progetto europeo” prosegue Bastianoni “Il nostro gruppo, team interdisciplinare composto da chimici, fisici, biologi, economisti e ingegneri, si occupa infatti da anni di ricerca sui temi della sostenibilità e potrà dare un contributo decisivo all’analisi”.
Questi sistemi di produzione di energia derivante dal mare possono essere particolarmente interessanti anche per le molteplici isole italiane (e non solo) in cui attualmente vengono sfruttate centrali termoelettriche a gasolio per l’approvvigionamento energetico, gravoso non solo a livello economico ma anche ambientale. Inoltre, lo sviluppo dei sistemi di assorbimento e conversione energetica di tipo costiero, sia di tipo galleggiante che a barriere sommerse poggiate su bassi fondali, può avere una valenza significativa per la riduzione dei fenomeni di erosione costiera.

Investire in questo “nuovo” campo energetico può essere uno degli obiettivi del nuovo anno, oltre che un ottimo punto di partenza in vista degli obiettivi dell'agenda 2030.

fonte: https://www.nonsoloambiente.it