La scienziata kenyota che ricicla la plastica per costruire tetti per le case

Eco block and tiles raccoglie e ricicla la plastica trasformandola in nuovi prodotti. Dalla discarica ai tetti delle case kenyote.

















Più leggere di quelle realizzate in argilla, più resistenti e soprattutto realizzate a partire da rifiuti plastici. Sono le tegole prodotte dalla Eco blocks and tiles, startup kenyota fondata da due scienziati ambientali, Hope Mwanake e Kevin Mureithi, che sorge a Gilgil, cittadina che si trova tra Nairobi e Nakuru. Nel 2018, anno in cui è diventata operativa, l’azienda ha venduto più di 50mila tegole e riciclato circa 50 tonnellate di rifiuti di plastica.
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Tetto realizzato con le tegole in plastica riciclata © Eco block and tiles/Facebook
L’idea è partita da Hope Mwanake, impegnata nella raccolta dei rifiuti nella cittadina ad un centinaio di chilometri da Nairobi. “Stavamo semplicemente scaricando tutta la plastica nella discarica. Non aveva senso. Sapevamo che doveva esserci un modo migliore [per gestirla]”, ha detto Mwanake alla Reuters. “Volevamo fare qualcosa con tutti questi rifiuti, e dopo un sacco di brainstorming, ricerca e sperimentazione, abbiamo trovato un prodotto che rispondeva alla domanda di mercato e che avrebbe anche contribuito a ridurre l’inquinamento da plastica“.

La vita circolare della plastica

È l’esatta definizione di economia circolare: si intercetta un materiale che andrebbe perduto, si studia il modo di riciclarlo e lo si reimette nel ciclo industriale creando un prodotto economicamente ed ambientalmente sostenibile. Ed è ciò che accade con queste tegole di plastica. “Vogliamo fornire ai costruttori di case prodotti per l’edilizia di alta qualità che le rendono eleganti e uniche”, scrive l’azienda nel sito ufficiale. Inoltre “stiamo lavorando consapevolmente per ridurre l’inquinamento ambientale causato dai rifiuti di plastica e di vetro riciclandoli in materiali da costruzione esteticamente accattivanti, più duraturi e convenienti“.
In Kenya secondo alcune stime oggi si producono oltre 3 milioni di tonnellate di rifiuti l’anno, di cui solo l’8 per cento viene riciclato. Secondo un rapporto realizzato per il dipartimento ambientale danese, nel paese si producono oltre 270mila tonnellate di imballaggi di plastica. Di questi ne verebbero riciclati circa il 15 per cento (per fare un raffronto in Italia raccogliamo e ricicliamo circa il 43,5 per cento degli imballaggi).
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Il gruppo di lavoro nella sede di Gilgil © Eco block and tiles/Facebook

Un premio da 50mila euro

La startup africana ha da poco vinto il Lead2030, fondo che investe in tutte quelle giovani realtà impegnate nel raggiungimento degli obiettivi del millennio (Sdg’s), e ha ricevuto un finanziamento di poco meno di 50mila euro, oltre a 12 mesi di coaching aziendale, per fornire le competenze necessarie per crescere nel mercato.
“Sono nato e cresciuto in un quartiere povero del Kenya e i campi locali dove una volta giocavamo sono ora disseminati di rifiuti di plastica“, ha raccontato Kevin Mureithi, co-fondatore del progetto dopo la vincita del premio. “Sono determinato a contribuire a cambiare tutto questo formando e investendo in dipendenti locali, offrendo una soluzione più sostenibile all’inquinamento“. L’azienda prevede infatti di avviare una vere e propria filiera del riciclo della plastica, fornendo sia la formazione che dei posti di lavoro (i cosiddetti “green jobs“) ai cittadini locali, riducendo allo stesso tempo i rifiuti dell’area intorno a Gilgil. Secondo le stime, Eco blocks & tiles può arrivare a riciclare 1.200 tonnellate di rifiuti di plastica l’anno entro il 2024.
fonte: www.lifegate.it

Alla scoperta delle operazioni di monitoraggio dei rifiuti spiaggiati















Nell’ambito della Strategia Marina, che vede Arpal e la Liguria capofila per il Mediterraneo Occidentale, un’attività rilevante è rappresentata dal monitoraggio dei rifiuti spiaggiati.
Cinque le spiagge disseminate lungo la costa ligure nelle quali, due volte l’anno viene effettuata la catalogazione dei rifiuti. Abbiamo seguito i tecnici Arpal nelle operazioni di monitoraggio effettuate nei giorni scorsi a Lavagna: ecco il servizio.



fonte: https://www.snpambiente.it

Raccolta differenziata, dalle lampadine agli scontrini: i 10 errori più comuni da evitare

I consorzi si occupano solo del recupero degli imballaggi, eppure nella raccolta della plastica finiscono spesso giocattoli, cannucce, addirittura scarpe da ginnastica. Corepla: "Differenziare bene è il primo passo necessario per far partire l’economia circolare". Guida pratica in dieci punti













Pranzo della domenica, pasticcini in tavola: ma il vassoio poi, dove si butta? E lo scontrino della pasticceria? E un bicchiere di cristallo rotto? Fino a che si tratta di riconoscere vetro, carta e plastica è tutto semplice, ma nella vita quotidiana può capitare di essere in dubbio di fronte ai bidoni della spazzatura. “Il cittadino spesso è confuso sulla raccolta differenziata anche perché ogni Comune ha le sue regole”, spiega Antonello Ciottipresidente di Corepla, il consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica. “I Comuni ricevono circa 350 milioni ogni anno come ricompensa per il loro impegno. La cosa più importante è la sensibilizzazione del cittadino: se le persone non sono motivate a fare bene la differenziata, noi facciamo il doppio del lavoro. Differenziare correttamente i rifiuti può essere impegnativo, ma è il primo passo necessario per far partire l’economia circolare”. Guida pratica ai dieci errori da evitare.


Le bottiglie sono l’oggetto più comune in plastica, quello che viene immediatamente associato al riciclo, eppure, c’è un errore che si commette spesso: «Il tappo va lasciato attaccato perché i lettori ottici stabiliscono cos’è PET (la bottiglia) e cos’è PP (il tappo). Se il tappo viene gettato separatamente, essendo molto piccolo, rischia di finire nelle maglie dei macchinari e di perdersi». spiega Antonello Ciotti, presidente di Corepla. «Le bottiglie poi non andrebbero schiacciate dall’alto verso il basso, ma vanno spianate nel senso della lunghezza, tipo sogliole».

Per legge, i consorzi si occupano solo del recupero degli imballaggi, quindi bottiglie, flaconi, contenitori, dispenser, buste e simili. Nient’altro – se non esplicitamente specificato nelle linee guida che ogni Comune fornisce ai cittadini – può essere gettato nel sacco della raccolta plastica. «Per legge possiamo occuparci solo di imballaggi, anche se abbiamo già avanzato la proposta di cominciare a riciclare tutti i tipi di plastica», aggiunge il presidente di Corepla. «Ma il 10% di ciò che viene gettato non è un imballaggio, ed è un problema: spesso troviamo giocattoli e perfino le scarpe da ginnastica».


Usato per le confezioni di bevande e succhi di frutta, il Tetrapak è composto da diversi materiali diversi: cartoncino, un sottile foglio di alluminio e vari strati di polietilene. Per questo motivo, ogni Comune ha le sue regole e a quelle bisogna far riferimento: alcuni prevedono di raccoglierlo con la plastica, altri con la carta. In questo secondo caso, va da sé, bisogna togliere il tappo e l’anello di plastica.
Dal 2021 saranno bandite per legge, nel frattempo si stanno facendo notevoli sforzi per ridurle: McDonald le ha eliminate dai suoi ristoranti, molti bar le hanno sostituite con l’alternativa in cartoncino, metallo o con uno zito (sì, proprio la pasta). Quelle ancora in circolazione, però, non devono essere gettate nel sacchetto della plastica perché non sono imballaggi. Stessa regola vale per pennarelli, penne, spazzolini e tutti gli altri oggetti in plastica che non sono imballaggi: va tutto nell’indifferenziato.


La carta più usata per gli scontrini fiscali è la carta termica, quella del rotolo bianco dei registratori di cassa. Al loro interno dei componenti che reagiscono al calore, quindi vengono considerate non riciclabili e non vanno buttate insieme al resto della carta. Per riconoscerle, consiglia il sito del consorzio Comieco, basta scaldarle: se anneriscono sono carte termiche. Ovviamente il discorso non vale per fatture e ricevute stampate su carta normale, che possono essere tranquillamente gettati insieme a giornali e quaderni.



A differenza degli scontrini, i biglietti del treno sono stampati su carta, perciò possono essere riciclati insieme alle riviste e ai giornali. Ma per essere ancora più ecologici, l’ideale è passare al biglietto elettronico, quando si può, conservandolo in formato digitale sullo smartphone: gli alberi ringraziano.


Alogene, a basso consumo, led – le lampadine sono tutte diverse, ma hanno una cosa in comune: non vanno gettate con il vetro. Ognuna, per via dei suoi componenti, ha una catalogazione diversa e segue un diverso percorso: per evitare di sbagliare, si può consultare il sito di Ecolamp o del centro di coordinamento RAEE (rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche). In particolare, le lampadine a risparmio energetico (led compresi) non vanno smaltite neppure nell’indifferenziato: vanno riportate nei punti vendita o alle isole ecologiche.













Il cartone della pizza si butta nel contenitore di carta e cartone solo se è completamente pulito, avverte Comieco, il consorzio che si occupa della raccolta della carta.

Ma è difficile che la pizza non lasci macchie: bisogna allora verificare cosa prevede il proprio Comune, che stabilisce se il cartone sporco vada nell’indifferenziato o nell’organico. Stesso discorso per il cartoccio del fritto e il sacchetto in carta dei pop corn. A proposito di peccati di gola: il vassoietto dorato dei pasticcini può essere gettato nel bidone della carta senza sensi di colpa (se non per la linea).
























Sono i falsi amici del vetro: viene spontaneo associarli a bottiglie e vasetti, ma hanno caratteristiche chimiche diverse e quindi non devono essere mischiati. Il Pyrex è un vetro borosilicato trasparente con cui vengono fatte pirofile e teglie da forno: avendo una più alta resistenza al calore crea difetti nelle operazioni di fusione per ridare forma al vetro. Si dice che rompere uno specchio porti sfortuna, di sicuro gettarne i pezzi nel bidone del vetro fa male all’ambiente. Stesso discorso per il cristallo, che, come spiega il consorzio per il riciclo del vetro Coreve, è più brillante e sonoro del vetro per via del suo alto contenuto di piombo, metallo pesante che può essere pericoloso se disperso nell’ambiente.
Quella di gettare le lenti a contatto nello scarico del lavandino è un’abitudine tanto diffusa quanto dannosa. Essendo morbide e molto flessibili, difficilmente vengono ‘trattenute’ nelle operazioni di filtraggio delle acque reflue e finiscono spesso in mare. Qui, come succede con tutto l’inquinamento da plastica e microplastiche, i frammenti – che spesso funzionano da spugne e assorbono altri inquinanti a cui sono stati esposti – possono essere ingeriti dai pesci e entrare nella catena alimentare.

fonte: www.ilfattoquotidiano.it

Stretta ai monouso in Francia

Il 1° gennaio sono scattate una serie di divieti che riguardano articoli 'à usage unique' in materiale plastico. Esenzione temporanea per quelli biobased e destinati al compostaggio domestico.



Secondo la legge sulla transizione energetica varata dal Parlamento francese nel 2015, modificata l’anno scorso con la legge Égalim, dal 1° gennaio 2020 è messa al bando in Francia una serie di articoli monouso in plastica, quali bicchieri e tazze, stoviglie e posate, cannucce, vaschette per gelato e carni, insalatiere, contenitori e agitatori per cocktail, chiusure di vetro usa e getta.

Il decreto attuativo, pubblicato nei giorni scorsi (testo integrale), introduce la categoria dei prodotti monouso (à usage unique) ed esenta dal divieto di commercializzazione i prodotti compatibili con il compostaggio domestico e costituiti da almeno il 50% di risorse rinnovabili, deroga valida però solo fino al 3 luglio 2021. Per gli imballaggi previsti dalla normativa, inoltre, l’interdizione scatterà più tardi, anche in questo caso il 3 luglio 2021, per uniformarsi ai dettami della direttiva SUP e non entrare in contrasto con la direttiva sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio. Fino alla stesa data sarà consentito l’uso di posate in plastica negli istituti penitenziari, ospedali e nel trasporto aereo, ferroviario e marittimo.




Inoltre, il decreto del 27 dicembre introduce una proroga di sei mesi per i prodotti fabbricati o importati prima del 1° gennaio 2020, al fine di consentire lo smaltimento delle scorte eventualmente in magazzino.

Il 1° gennaio scatteranno altri due divieti, relativi alla vendita di bastoncini in plastica per la pulizia delle orecchie e alla distribuzione di acqua in bottiglie di plastica nella ristorazione scolastica.

Infine, il Parlamento francese sta attualmente esaminando progetto di legge sulla lotta contro i rifiuti e l’economia circolare (antigaspillage o anti spreco) che, in virtù di un emendamento, punta a vietare l’immissione sul mercato di tutti imballaggi monouso in plastica entro il 2040

fonte: www.polimerica.it

Agire sul traffico per ridurre le concentrazioni di biossido di azoto

Secondo gli scienziati del Centro comune di ricerca (JRC), le concentrazioni di biossido di azoto nelle 30 principali città europee potrebbero essere ridotte fino al 40% con le giuste misure e politiche relative al traffico



Il biossido di azoto, responsabile nel 2016 di 68.000 decessi prematuri all'interno dell'UE, continua a superare regolarmente gli attuali limiti normativi in molte città europee.

La pubblicazione Urban NO2 Atlas, curata dal Centro comune di ricerca, identifica le principali fonti di emissione di tale inquinante per 30 città europee esaminate (per l’Italia Milano e Roma), con l’intento di supportare la progettazione e l’applicazione di misure efficaci per ridurre la concentrazione di biossido di azoto.

Per tutte le città analizzate nel rapporto, il contributo medio del trasporto alle emissioni complessive di ossidi di azoto è stato del 47%. Nell'intera UE, il trasporto su strada è il principale responsabile dell'inquinamento da ossidi di azoto, prima dei settori dell'energia, commerciale, istituzionale e domestico.

Il contributo del trasporto stradale sulle emissioni totali di ossidi di azoto a livello locale differisce notevolmente in Europa: ad Atene e Milano, ad esempio, oltre il 70% delle emissioni proviene dai trasporti, mentre a Lisbona, dove le emissioni da trasporto marittimo sono elevate, il trasporto su strada è responsabile solo del 20% dell'inquinamento da ossidi di azoto.

Uno sguardo più attento al settore dei trasporti su strada mostra che il biossido di azoto nelle città proviene principalmente dalle emissioni dei veicoli diesel. La mappa seguente mostra che, ad eccezione della Grecia, i veicoli diesel sono responsabili della maggior parte delle emissioni di ossidi di azoto nel trasporto su strada in tutti i paesi dell'UE.



Gli scienziati del Centro comune di ricerca stimano che, riducendo il flusso del traffico che emette ossidi di azoto, le città potrebbero ridurre le emissioni di biossido in media del 40%.

Una riduzione del 15% circa potrebbe provenire dalle autovetture diesel per passeggeri, il 13% dai camion e il 6% dai furgoni.

L'efficacia locale delle misure di traffico dipende in gran parte dal contributo del trasporto su strada alle emissioni di ossidi di azoto. I flussi di traffico che li emettono possono essere ridotti limitando l'accesso di veicoli altamente inquinanti - principalmente automobili diesel più vecchie - alle aree interne delle città. Lo stesso risultato può essere raggiunto anche incoraggiando i veicoli elettrici e promuovendo l'uso di mezzi pubblici, nonché la mobilità ciclabile e pedonale.

Queste misure non migliorerebbero solo la qualità dell'aria ma limiterebbero anche i livelli di rumore e gli incidenti, contribuendo così ad una migliore qualità di vita.

fonte: http://www.arpat.toscana.it/

Tevere, un successo per la barriera anti plastica: in un mese 500kg di rifiuti raccolti













Grande successo per la barriera anti plastica installata alla foce del Tevere: raccolti in un mese quasi 500 chili di rifiuti. Il progetto è stato finanziato dalla Regione Lazio, in collaborazione con Castalia Operations Srl, che ha ideato il sistema.




Grazie alla nuova diga sono stati rimossi dal Tevere quasi 500 kg di plastica e rifiuti nel primo mese di sperimentazione. Da una prima analisi su un campione di 114 kg, i tecnici hanno scoperto che gli imballaggi costituiscono una percentuale del 46,27% dei rifiuti raccolti, mentre il resto è formato da frazioni varie: come i seggiolini da auto per i bambini, giacche, palloni, sedie a sdraio.

Si tratta di rifiuti molto grandi che l’Ama definirebbe ingombranti, abbandonati in discariche improvvisate sugli argini e poi le piene e la corrente li hanno fatti arrivare al fiume.

“La quantità di rifiuti rinvenuti nel Tevere è molto significativa, soprattutto alla luce dell’analoga sperimentazione sul Po, dove in 4 mesi sono stati raccolti 300 kg di immondizia. Prorogheremo l’esperimento – dichiara Cristiana Avenali, responsabile Piccoli comuni e Contratti di fiume della Regione che ha voluto la sperimentazione impegnando 40mila euro.

Il sistema di intercettazione, realizzato da Castalia Operations srl, la stessa che ha installato le dighe sul Po, consiste in barriere in polietilene che bloccano i rifiuti galleggianti accumulandoli in un’area specifica, dalla quale vengono successivamente raccolti.

“Il Po e il Tevere – spiega Lorenzo Barone, direttore tecnico di Castalia – sono fiumi completamente diversi. Riguardo al Po abbiamo avuto problemi con i tronchi portati dalla corrente, che hanno sganciato le barriere”. Ad occuparsi del prelievo e dell’avvio a riciclo della plastica recuperabile sarà Corepla, il consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi di plastica.

“Ci sono caschi, scarpe, bottiglie, legni, le cose che vediamo raccolte da questo sistema raccontano quanto questo progetto sia importante perché interviene sui cattivi comportamenti dell’uomo – ha spiegato Nicola Zingaretti – già il progetto con i pescherecci ha portato a raccogliere quindici tonnellate di plastica. L’80% del materiale plastico che arriva in mare proviene dai fiumi, se questo progetto funzionerà avremo messo una pietra miliare per la pulizia del Tevere”.

Si tratta di una rete in polietilene che trattiene i rifiuti, in particolare la plastica, disposta a Capo due Rami, vicino alla foce. Un sistema ideato per restare nel fiume a lungo, resistente a pioggia e corrente, senza interferire con l’ecosistema circostante.







“Il primo progetto di questo tipo partì nel 1988 sul fiume Sarno – ha spiegato Carmen Di Penta, Direttore Generale di Marevivo – fu un grande successo ma l’installazione durò un tempo troppo breve per vederne i risultati”.

“Nel 1992 invece – ha aggiunto – riuscimmo ad installare, per alcuni giorni, delle panne per bloccare e raccogliere le tonnellate di detriti che navigavano nelle acque del fiume di Roma. Già allora sul fiume scorreva di tutto, dalla plastica ai frigoriferi e materassi. Ci auguriamo che questa barriera possa durare più a lungo per valutarne l’efficacia. Serve la collaborazione di tutti, in particolare dei cittadini che dovranno essere protagonisti evitando l’abbandono dei rifiuti lungo gli argini del fiume”.

“Il fiume salva il mare, è questo il messaggio – ha concluso Carmen Di Penta – che Marevivo lanciò, ad aprile 2018, in occasione dell’incontro organizzato alla sua sede galleggiante sul Tevere per chiedere l’installazione della barriera. Oggi finalmente il progetto è partito e la Regione Lazio ha investito per liberare dalla plastica il fiume della città di Roma, quello più conosciuto al mondo”.




fonte: www.teleambiente.it

Cibo per cani e gatti randagi in cambio di bottiglie di plastica! A Istanbul le macchine dispenser amiche di ambiente e animali

















A Istanbul se ricicli la plastica, dai cibo e acqua gratis ai randagi grazie a un sistema semplice che da un lato incentiva la raccolta differenziata e lo smaltimento di rifiuti, dall’altro aiuta gli amici a quattro zampe.

In molte zone della città, da tempo esistono delle macchine che sono sia dispenser di cibo per animali che deposito di bottiglie di plastica in attesa di riciclo. E l’esperimento sembra andare a gonfie vele. L’operazione è facile: quando qualcuno deposita le proprie bottiglie, viene rilasciato del cibo per cani e gatti randagi.





Secondo le statistiche a Istanbul ci sono oltre 150mila animali che vivono per strada e questo causa seri problemi di igiene pubblica e sicurezza, così diverse associazioni hanno fatto rete e creato questo sistema che per evitare una strage di cani e gatti.

Il tutto non ha alcun costo per i cittadini, mentre il cibo viene fornito direttamente dalla società di smaltimento rifiuti. Non è la prima volta che parliamo di Istanbul come città amica dei animali, nei giorni di gelo ad esempio alcuni centri commerciali aprono le loro porte per dare spazio a cani e gatti o ancor,a esiste un sistema gratuito, il Vetbus dove un equipe di veterinari cura gratuitamente gli animali di strada.




Questo piano si chiama, invece, Pugedon ed è della società JSC Yucesan che ha installato distributori nei parchi e nei giardini pubblici in un’ottica che incoraggia le persone a prendersi cura dei randagi, ma anche li educa a tutelare l’ambiente.Sempre per non sprecare nulla, prima del riciclo, le persone possono versare l’acqua residua dalle loro bottiglie negli abbeveratoi degli animali.


Ma non solo, la macchina funziona a energia solare e come dicevamo le crocchette vengono acquistate dalla società con i fondi ricavati dal deposito della plastica. In Italia per adesso abbiamo i distributori che riciclano la plastica e offrono ticket o buoni in cambio, un esempio è quello di Roma che ha già riciclato oltre 11mila bottiglie di plastica.

fonte: www.greenme.it

Il riscaldamento globale diminuisce la biodiversità degli impollinatori in Europa

Esaminate 2000 specie: volano prima, meno a lungo e in maniera meno sincronizzata. Gravi conseguenze per i servizi ecosistemici





















Gli insetti impollinatori svolgono un ruolo importante negli ecosistemi terrestri fornendo funzioni e servizi ecosistemici essenziali alle piante selvatiche e coltivate. Ma il rifornimento sostenibile di questi servizi ecosistemici richiede la presenza concomitante di diverse comunità di impollinatori durante le stagioni. Nonostante l’evidenza che il riscaldamento climatico stia spostando temporalmente la fenologia degli impollinatori, mancava finora una valutazione generale di questi cambiamenti e delle loro conseguenze sugli insiemi degli impollinatori. A colmare questa lacuna, partendo dal più grande database sugli insetti impollinatori mai realizzato grazie a diverse fonti, tra le quali il Muséum national d’Histoire naturelle (MNHN) francese, ci ha provato un team di ricercatori francesi, belgi, britannici e svedesi guidato da François Duchenne dell’Institut d’écologie et des sciences de l’environnement de Paris e del Centre d’écologie et des sciences de la conservation (MNHN – CNRS – Sorbonne Université), che ha pubblicato su Nature Ecology & Evolution lo studio “Phenological shifts alter the seasonal structure of pollinator assemblages in Europe”, che esamina i cambiamenti nel periodo di volo, tra il 1960 e il 2016, in 2.000 specie di impollinatori e concludono che negli ultimi 60 anni «Gli impollinatori volano in maniera meno sincronizzata e, in media, meno a lungo».
Sembrerebbe infatti che gli impollinatori volino in media 6 giorni prima e 2 giorni in meno. «In Francia, per esempio – dicono i ricercatori – il picco di attività degli insetti impollinatori è ormai all’inizio di luglio, contro la metà luglio degli anni ‘60. Queste risposte variano spazialmente – sono molto forti nel sudovest dell’Europa e quasi nulle al nord – ma anche tra le specie – i ditteri (il gruppo delle mosche) anticipano molto il loro periodo di volo rispetto alle farfalle e ai coleotteri, mentre gli imenotteri (api e vespe) sono nella media».
Dato che i diversi gruppi di impollinatori tendono a ridurre il loro periodo di attività e non spostano in avanti il loro periodo di volo allo stesso ritmo, diventano sempre più isolati durante la stagione dell’impollinazione. Questo si è tradotto in una diminuzione della biodiversità simultanea degli impollinatori, in particolare tra il 1980 e il 2016, con una diminuzione che va dal 3 al 9% nell’Europa occidentale. Le variazioni nel periodo di volo osservate sono state confrontate con l’aumento delle temperature in Europa e lo studio dimostra che «Si sono verificate a seguito del forte aumento delle temperature tra il 1980 e il 1995 e non tra il 1960 e il 1980, quando le temperature erano relativamente stabili. Inoltre, sono prevedibili conseguenze, a priori negative, sull’impollinazione di colture e fiori selvatici. Questa minaccia si aggiunge al forte calo degli impollinatori osservato negli ultimi 40 anni, principalmente a causa dei pesticidi e della distruzione degli habitat».
I ricercatori concludono: «La nostra analisi rivela inoltre che questi cambiamenti hanno probabilmente alterato la distribuzione stagionale della funzione e dei servizi di impollinazione riducendo la sovrapposizione tra le fenologie degli impollinatori all’interno degli assemblaggi europei, tranne nella parte più nord-orientale dell’Europa. Si prevede che tali cambiamenti ridurranno la ridondanza funzionale e la complementarità degli assemblaggi di impollinatori e, pertanto, potrebbero alterare la performance della funzione e dei servizi di impollinazione e la loro solidità rispetto alle estinzioni di impollinatori in corso».
fonte: www.greenreport.it

Ecco tre idee di riciclo per le tue decorazioni di Natale















Non sai come riutilizzare tutti quei tappi di sughero? Non sai più che fartene di quel vecchio barattolo di vetro? Con un pizzico di creatività è possibile dare loro una seconda vita e renderli degli oggetti da decoro perfetti per le festività natalizie.

A forza di aprire spumanti per i vari cenoni ti ritrovi con una montagna di tappi di sughero? Hai finito una deliziosa marmellata, ma ti dispiace disfarti del barattolo di vetro? Per le decorazioni di Natale spendiamo spesso tanti soldi per oggetti che poi magari si rompono o si rovinano dopo poco tempo.

Perché invece non riciclare qualcosa che hai già in casa per dargli una seconda vita e renderlo meraviglioso? Vale perfino per le anime dei rotoli di carta igienica, ossia quei tubi di cartone che rimangono quando si finiscono i veli. Non ci credi? Ecco qua 3 originali idee.





fonte: https://www.ohga.it/

Inquinamento da microplastiche: la plastica ci “piove” addosso

Uno studio del Kings College ha analizzato l’inquinamento da microplastiche di quattro grandi città, ma i dati fanno temere che ogni luogo sia ormai contaminato. I risultati mostrano come il tasso di inquinamento a Londra sia 20 volte superiore a quello di Dongguan, Cina, e 7 volte superiore a quello di Parigi.



















La microplastica ci sta letteralmente piovendo addosso. Questo è quanto hanno scoperto alcuni ricercatori del Kings College di Londra attraverso una ricerca sull’inquinamento da microplastiche, mettendo in guardia specialmente sui livelli della capitale del Regno Unito che, a quanto pare, sono i più alti mai registrati.

Molte ricerche e studi scientifici mostrano che l’intero pianeta è sempre più contaminato dall’inquinamento da microplastiche. Gli scienziati trovano queste minuscole particelle ovunque, dalla neve artica agli oceani più profondi. Gli impatti sulla salute umana e animale, dovuti alla respirazione o al consumo di microplastica, sono però ancora sconosciuti e gli esperti affermano che sono necessari approfondimenti urgenti per valutare i rischi effettivi.

Nello specifico, i ricercatori del Kings College hanno analizzato l’inquinamento da microplastiche di sole quattro grandi città, ma i dati fanno temere che ogni luogo sia ormai contaminato e questo perché le fonti della microplastica, come abbigliamento e imballaggi, si trovano ormai ovunque. Nell’ambito di questa ricerca, il livello di microplastica scoperto nell’aria di Londra ha sorpreso gli scienziati“Abbiamo trovato un’abbondanza di microplastiche, molto superiore a quanto precedentemente riportato”, ha dichiarato Stephanie Wright, docente del Kings College.

Circa 335 milioni di tonnellate di nuova plastica vengono prodotte ogni anno e molta di questa si perde nell’ambiente. La ricerca, pubblicata sulla rivista Environment International, è consistita nel raccogliere i depositi di microplastica presenti sul tetto di un edificio di nove piani nel centro di Londra. In questo modo, ad essere raccolta e misurata è stata la sola microplastica proveniente dall’atmosfera. Nei campioni raccolti, sono stati trovati tassi compresi tra 575 e 1.008 pezzi di microplastica per mq al giorno, e sono state identificate 15 diverse materie plastiche. La maggior parte delle microplastiche era costituita da fibre di acrilico, molto probabilmente provenienti dai vestiti. Solo l’8% delle microplastiche era costituito da polistirene e polietilene, entrambi comunemente utilizzati negli imballaggi per alimenti.
Il tasso di microplastica che si deposita “piovendo” dall’atmosfera, a Londra è 20 volte superiore a quello di Dongguan, in Cina, 7 volte superiore a quello di Parigi e quasi 3 volte superiore ad Amburgo, ma i ricercatori non conoscono quale sia il motivo di questa notevole variazione. Le particelle di microplastica a Londra erano comprese tra 0,02 mm e 0,5 mm. Si tratta di microplastiche abbastanza grandi da penetrare nelle vie respiratorie o essere ingeriti tramite saliva. Le particelle più piccole, inoltre, potrebbero raggiungere i polmoni e il flusso sanguigno, rappresentano il più grande potenziale pericolo per la salute.

“Questi studi che mostrano quanta plastica è presente nell’aria sono un campanello d’allarme”, ha affermato Steve Allen, che lavora presso l’istituto di ricerca EcoLab di Tolosa, Francia, e la cui ricerca ha messo in luce la gravità dell’inquinamento da microplastiche anche in remote aree montane. “Ridurre l’inquinamento da microplastica richiede cambiare il modo in cui la plastica viene utilizzata e smaltita, ha continuato Allen, “non è possibile ‘pulire’ dalla microplastica, quindi si tratta di eliminarla alla fonte.

fonte: www.rinnovabili.it