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Quasi tutti sbagliano a differenziarle, ma queste cose vanno nell’umido





Quando si tratta della raccolta differenziata “dove lo butto?” è tra le domande più frequenti. Per fortuna esistono app come Junker che ci forniscono una risposta immediata a tutti i dubbi in merito al riciclaggio.

Più consumiamo, più rifiuti produciamo. La nostra spazzatura è il riflesso di ciò che mangiamo e compriamo, ma soprattutto, di quanto siamo davvero impegnati a rispettare il principio delle 3R. Ridurre è sempre la scelta migliore, ma altrettanto importanti lo sono riusare e riciclare, e applicarle nel quotidiano servirà a mantenere uno stile di vita sostenibile che non ipotechi quello delle generazioni future.

Non importa quanto ci sforziamo, se differenziamo i rifiuti in maniera sbagliata, il nostro lavoro non solo sarà di scarsa utilità, ma intralcerà anche la possibilità di ottenere nuove risorse e come, nel caso dell’umido, compost e, in alcuni impianti, anche biometano. Dal momento che in Italia l’organico, con il 39,5% del totale, rappresenta la parte dei rifiuti più raccolta, è bene chiarire i vari dubbi riguardo il suo corretto trattamento.

Cosa SÌ va nell’organico

Premesso che la seguente è una lista generica di ciò che si può inserire nell’umido, nel caso aveste dei dubbi, vi consigliamo di informarvi sulle regole relative alla raccolta nel vostro comune di appartenenza o di usare Junker, un’applicazione che schiarisce facilmente qualsiasi dubbio riguardo allo smaltimento di ogni singolo prodotto o elemento, offrendo indicazioni corrette in base al vostro territorio.

Dunque, cosa va nell’umido?

Avanzi di cibo

Praticamente tutti gli avanzi di cibo che escono dalla nostra cucina, sia d’origine vegetale che animale, come: bucce di frutta e verdura, gusci della frutta secca, semi, pane, pasta, fondi di caffè, filtri di tè, gusci d’uovo, avanzi di formaggio, pesce, carne e anche le ossa se sono di piccole dimensioni.

I cartoni della pizza sporchi, le lettiere vegetali e non solo

Molti non lo sanno, ma i cartoni della pizza sporchi – precedentemente ridotti di volume – possono essere inseriti nell’organico insieme ai tovaglioli, la carta Scottex, i fazzoletti di carta, le stoviglie compostabili, gli stuzzicadenti, i fiammiferi e gli stecchini in legno. Persino le lettiere vegetali, la cenere e le foglie e le piante, se in piccole quantità, vanno smaltite qui.

E i gusci di molluschi e crostacei?

Dal momento che la decomposizione dei molluschi e dei crostacei è abbastanza lunga, non tutti gli impianti di compostaggio riescono a trattarli. Per questo, non potendo dare un’indicazione precisa al riguardo, la nostra raccomandazione è di verificare su Junker come vengono trattati questi rifiuti nel vostro comune, se nell’organico o nei rifiuti non riciclabili.

Cosa NON va nell’organico

Ogni elemento va correttamente separato, quindi gli alimenti ancora contenuti nella loro confezione non vanno mai nell’umido, come anche le ossa di grandi dimensioni, i pannolini, gli assorbenti, gli stracci, i sacchetti dell’aspirapolvere e la polvere, i medicinali, i mozziconi di sigaretta e le lettiere non vegetali.

E l’olio di cucina?

L’olio di cucina esausto non è biodegradabile, quindi non va nell’organico (e neanche buttato via nel lavandino). Per smaltirlo bisogna raccoglierlo in un contenitore e portarlo nell’isola ecologica o nel punto di raccolta più vicino. Tramite l’app potrete verificare se il vostro comune ha dei punti di raccolta specifici per questo rifiuto.

Compostaggio domestico

Se avete un orto, un giardino o un terrazzo potreste trasformare voi stessi i vostri rifiuti organici in concime. Attenzione però, non tutto l’organico va nella compostiera. Per sapere cosa mettere o no, anche in questo caso potete farvi aiutare da Junker. Basterà usare il tasto cerca, e se per il rifiuto è presente la dicitura OK Compost, allora potrete inserirlo nel vostro compostaggio domestico, facendo sempre attenzione alle indicazioni riportate nell’app.

Ancora dei dubbi sulla raccolta differenziata dell’organico?

Imparare a differenziare bene i rifiuti secondo le regole della raccolta locale potrebbe sembrare un compito difficile, ma per fortuna abbiamo degli strumenti che ci aiutano a realizzarla in maniera facile e pratica. Junker non è solo un’app mobile, ma una vera a propria piattaforma smart nazionale, che permette di identificare immediatamente un prodotto e, basandosi sulla geolocalizzazione dell’utente, indicare in maniera corretta come differenziarlo.

Ognuno di noi gioca un ruolo attivo importante per garantire la corretta gestione dei rifiuti e rafforzare l’economia circolare. Differenziando bene infatti contribuiamo a non sprecare le risorse e di conseguenza a salvaguardare l’ambiente. E se aveste ancora dei dubbi? Scaricate Junker. 
Buona raccolta differenziata!

fonte: www.greenme.it


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Cosa fare se i sacchetti sono compostabili ma le etichette del prezzo e i bollini della frutta no?

 










Quando il 1 gennaio 2018 è entrata in vigore la legge che obbligava i consumatori a utilizzare sacchetti compostabili per frutta, verdura e prodotti alimentari sfusi in vendita nei supermercati e nei negozi, il legislatore si è dimenticato delle etichette che vengono attaccate sui sacchetti per indicare il prezzo. La campagna creata per la riduzione della plastica non ha considerato questo piccolo problema che si pone per centinaia di milioni di sacchetti che usiamo ogni anno in Italia. La maggior parte delle etichette del prezzo che vengono applicate sui sacchetti di materiale compostabile, non sono biodegradabili ed è molto probabile che nella maggior parte dei casi finiscano erroneamente nel rifiuto umido insieme al sacchetto.

Il problema si pone anche per i sacchetti di carta del pane venduto nei supermercati che spesso sono fatti con materiale compostabile, mentre l’etichetta del prezzo non essendo quasi mai “eco” dovrebbe essere ritagliata e tolta, prima di gettare il sacchetto nel bidone della carta o dell’umido.


Solo alcuni bollini utilizzati per etichettare la frutta sono compostabili

Anche per la frutta marchiata con bollini multicolore che evidenziano la marca e il logo del produttore si pone un problema analogo. All’inizio c’erano solo le banane, poi sono arrivate le mele del Trentino, le pere dell’Emilia-Romagna e ormai molti tipi di frutta hanno il bollino autoadesivo. In questo caso se non si ha l’accortezza di scollarlo, il bollino finisce nel contenitore del rifiuto umido di casa. A questo punto viene spontaneo chiedersi quante persone hanno l’accortezza di togliere la piccola etichetta autoadesiva? “Melinda – precisa il consorzio – da anni porta avanti la ricerca per ottenere bollini biodegradabili in grado di essere utilizzati nella filiera di lavorazione che prevede movimentazione attraverso l’acqua e il mantenimento in celle ad umidità oltre il 90%. Ad oggi non sono ancora disponibili bollini compostabili in grado di resistere al processo di lavorazione, capaci di evitare l’innesco dei processi di degradazione del materiale. Le uniche soluzioni ad oggi esistenti sono applicabili “a valle” della filiera, le stesse che attualmente Melinda utilizza per la produzione biologica, nonostante impongano la necessità di essere applicati in modo non automatico e quindi comportino un impegno di manodopera molto importante”.

Cambiare però si può, visto che alcune catene di supermercati, come Iper, Bennet o Esselunga hanno adottato per le etichette del prezzo del sacchetto del pane e dell’ortofrutta materiale compostabile. La stessa cosa hanno fatto alcuni consorzi per i bollini della frutta.




fonte: www.ilfattoalimentare.it


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La rivoluzione del “lombricompostaggio” a Melpignano (Le)










Il territorio comunale di Melpignano, in provincia di Lecce, è un esempio cardine nell’implementazione di approcci virtuosi come il compostaggio domestico (o auto compostaggio) e il compostaggio di prossimità, nelle sue derivazioni di compostaggio locale e di comunità.
Il Comune ha affidato il sistema di raccolta ad una ditta che gestisce il servizio con il porta a porta, prevedendo la raccolta separata di 7 categorie merceologiche (carta e cartone, organico, plastica, vetro e lattine, indifferenziato, ingombranti e beni durevoli).
Gli uffici competenti hanno attivato una procedura amministrativa per l’installazione e la messa in esercizio della compostiera attraverso procedura ordinaria, ai sensi del D.lgs 152/2006 art 208, il quale prevede che “i soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento e di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla regione competente per territorio, allegando il progetto definitivo dell’impianto e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione del progetto stesso”.
Il Comune di Melpignano ha inteso intraprendere la procedura ordinaria di cui all’art. 208, in alternativa alla semplificata dell’art 214, la quale può essere avanzata solo dal gestore dell’impianto, poiché comporta la sicurezza che quanto realizzato e approvato tramite autorizzazione unica ambientale potrà essere autorizzato anche per il gestore in fase di avvio all’esercizio.
È stata espletata la procedura autorizzativa ordinaria, in quanto, la compostiera ha capacità di trattamento di 150 t/a compreso lo strutturante (in misura del 25%), ed è, pertanto, considerata a tutti gli effetti alla stregua di un impianto, poiché supera le 130 t/a.



Il caso di Melpignano non si configura, quindi, come compostaggio locale definito dall’Art 37 del Collegato Ambientale, né come compostaggio di comunità ai sensi dell’Art 38, bensì come compostaggio di prossimità: il recupero in loco del rifiuto organico di utenze domestiche e non domestiche di uno stesso Comune, per l’ottenimento di compost di qualità, il cui impianto di recupero è gestito da un ente terzo.
La produzione stimata di frazione umida è, in questo caso, pari a 242 t/A e quindi 0,67 t/g. Ipotizzando che la raccolta della frazione organica avvenga ogni 2 giorni, il quantitativo di rifiuto inviato a recupero è di 1,34 t per ogni giorno di apertura.
Inoltre, è l’unico esperimento in Italia che coniuga il trattamento della frazione organica con il sistema della lombricoltura, che ha permesso di raddoppiare la portata dell’impianto.




fonte: https://www.innovactioncoop.it


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Lazio: si sperimenta la filiera del compostaggio sostenibile

Approvato dalla giunta regionale un progetto di raccolta e trattamento dei rifiuti organici per la produzione di compost direttamente dalle imprese agricole locali




















Una filiera regionale del compostaggio che sia sostenibile, di qualità e a km zero. Questo l’obiettivo a cui mira il Lazio in un’ottica di profonda trasformazione verso l’economia circolare. A gettare le basi di questo percorso è un nuovo progetto che ha ottenuto in questi giorni il via libera. La giunta ha, infatti, approvato la scorsa settimana  un investimento da 200mila euro con cui far partire un esperimento territoriale dedicato al riciclo della frazione organica. Nel dettaglio il progetto prevede la promozione di un sistema per la raccolta e il trattamento delle frazioni umide e verdi dei rifiuti raccolti dai Comuni, organizzata secondo criteri di efficienza e di prossimità. L’obiettivo, spiega la stessa Regione in una nota stampa, è favorire la produzione di compost di qualità certificata presso impianti di compostaggio gestiti direttamente da imprese agricole, che potranno quindi utilizzarlo per fertilizzare i propri terreni.
In altre parole un sistema chiuso, i cui benefici sono in grado di autoalimentarsi.
Attualmente in Italia vi sono quasi 340 impianti di compostaggio o integrati di digestione anaerobica e compostaggio con una capacità complessiva di circa 10 milioni di tonnellate annue (dati del consorzio CIC). Tuttavia la maggior parte di queste strutture si trova al Nord.
Per Massimiliano Valeriani, assessore al Ciclo dei Rifiuti della Regione Lazio, è proprio qui che la sperimentazione permetterà di fare la differenza. “Con questo provvedimento vogliamo sostenere le aziende agricole per la realizzazione di compost certificato, che potrà essere direttamente impiegato nei campi coltivati del Lazio senza dover fare migliaia di chilometri in giro per l’Italia”, ha spiegato l’assessore.

D’altra parte i benefici legati al riciclo della frazione organica sono ormai noti: negli ultimi 25 anni l’utilizzo del compost come fertilizzante nel settore agricolo nazionale ha garantito un risparmio di 650 milioni di euro.
In questo contesto l’iniziativa regionale, da un lato aiuterà i Comuni nella gestione della frazione umida attraverso la realizzazione di centri di compostaggio da parte delle aziende agricole, mentre dall’altro assumerà una rilevanza economica e ambientale. Verrà così promossa una concreta chiusura del ciclo dei rifiuti, – conclude Valeriani – per trasformarli in una reale risorsa per l’ambiente e il sistema agricolo regionale”.

fonte: www.rinnovabili.it

La lezione dell’Università di Plymouth sulle buste biodegradabili: non esistono pasti gratis

Anche il sacchetto biodegradabile e compostabile è «progettato per essere gestito nel circuito della raccolta dell’umido in appositi impianti industriali», spiegano da Assobioplastiche. Non si tratta di una panacea contro i rifiuti in plastica tradizionale




















Un nuovo studio sugli imballaggi biodegradabili condotto dai ricercatori Imogen E. Napper e Richard C. Thompson dell’Università di Plymouth, i cui risultati sono stati divulgati ieri, aiuta a circoscrivere meglio il contributo che questi materiali possono dare nel gestire i nostri rifiuti, e in particolare a ridurre l’inquinamento da plastica, provando a rispondere a una semplice domanda: cosa accade in tre anni a un tipo di sacchetto in polietilene alta densità, due sacchetti oxo-degradabili, un sacchetto con sopra apposta la parola “biodegradabile” e, infine, un sacchetto biodegradabile e compostabile?
Queste buste sono state lasciate esposte all’aria aperta, nel suolo e in mare, ambienti che potrebbero potenzialmente incontrare se scartate – e non correttamente conferite nei rispettivi contenitori per l’immondizia – come rifiuti. Dopo 9 mesi tutte le buste esposte all’aria aperta si erano frammentate in pezzi più piccoli; se interrate o lasciate in mare, le buste biodegradabili, oxo-biodegradabili e convenzionali dopo 3 anni non solo erano integre, ma ancora in grado di essere usate per trasportare un carico; anche il sacchetto biodegradabile e compostabile, pur con qualche segno di deterioramento e incapace di trasportare un carico, è risultato presente nel sottosuolo dopo 27 mesi, mentre in ambiente marino si è disintegrato dopo 3 mesi.
«Questa ricerca – spiega Thompson – solleva una serie di domande su ciò che il pubblico potrebbe aspettarsi quando vede qualcosa etichettato come biodegradabile. Abbiamo dimostrato che i materiali testati non presentavano alcun vantaggio consistente, affidabile e rilevante contro i rifiuti marini. Mi interessa che questi nuovi materiali presentino anche sfide nel loro riciclaggio. Il nostro studio sottolinea la necessità di standard relativi ai materiali degradabili, delineando chiaramente il percorso di smaltimento appropriato e i tassi di degradazione che possono essere previsti».
È bene però precisare che non si tratta di una novità: come Assobioplastiche – l’Associazione italiana delle bioplastiche e dei materiali biodegradabili e compostabili – asserisce sin dalla sua nascita è «scorretto utilizzare il termine “biodegradabile” rispetto a prodotti a base di polimeri tradizionali o con l’aggiunta di additivi che ne accelerano la frammentazione (i cosiddetti oxo-degradabili). Gli unici prodotti a potersi fregiare correttamente di tale definizione sono quelli in bioplastica compostabile, come peraltro già chiarito nel 2015 in Italia dall’Agcm (direzione Tutela del consumatore) nel caso dei sacchetti oxo-degradabili, all’epoca utilizzati da alcune insegne della Gdo». Ed è vero che lo studio dell’Università di Plymouth ci dice che «solo il sacchetto biodegradabile e compostabile anche se erroneamente disperso nell’ambiente per effetto di cattive abitudini (littering), va incontro a totale decomposizione in ambiente marino in soli tre mesi e presenta un impatto ambientale ridotto».
Il fatto è che la biodegradabilità «non deve essere mai vista come una più comoda soluzione o una scusa per la disseminazione incontrollata nell’ambiente (che porterebbe al paradosso di legittimare ad esempio il littering degli scarti e residui organici in mare, in quanto biodegradabili)». Si tratta di un rischio cui il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep) ha messo in guardia sin dal 2015; e che è stato affrontato con chiarezza nel 2017 da un gigante industriale del settore, l’italiana Novamont; la soluzione «non è la biodegradazione in quanto tale (che comunque i sacchetti in bioplastica compostabile possiedono a differenza degli altri), quanto la ricerca e l’applicazione di modelli di corretta gestione dei rifiuti organici», sottolinea oggi Assobioplastiche. Ricordando che anche gli imballaggi in materiali biodegradabili e compostabili «sono progettati per essere gestiti nel circuito della raccolta dell’umido in appositi impianti industriali». Cercare di affibbiare loro l’etichetta di panacea contro il problema dei rifiuti, marini in particolare, fa male alla credibilità del settore quanto alla salubrità dell’ambiente: è qui che si gioca il ruolo di una buona comunicazione in materia.
fonte: www.greenreport.it

Biometano, la produzione agricola potrebbe coprire il 12% dei consumi italiani di gas


















In Italia il gas ricopre un ruolo rilevante con il 34,6% di contributo al consumo interno lordo: 70.914 milioni di metri cubi distribuiti principalmente tra il settore residenziale (con il 40,7% dei consumi), industriale (20,4%) e quello dei trasporti (1,5%).
Eppure la produzione di biometano – un biocombustibile che si ottiene sia dagli scarti di biomasse di origine agricola, sia dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani derivante dalla raccolta differenziata – nel solo settore agricolo potrebbe coprire il 12% dei consumi attuali di gas in Italia con evidenti vantaggi ambientali e economici.

Il biometano è un anello fondamentale per il corretto trattamento dei rifiuti biodegradabili nell’ambito del nuovo scenario dell’economia circolare a livello nazionale, a partire dalle regioni del centro sud, ed europeo. Può avere, inoltre, un ruolo fondamentale nella strategia energetica del nostro Paese, per ridurre l’inquinamento atmosferico e nella lotta ai cambiamenti climatici. Secondo il Comitato Termotecnico Italiano il biometano è in grado, infatti, di evitare l’immissione di gas serra di almeno il 75% rispetto a quelle dei combustibili fossili, un contributo fondamentale all'obiettivo di contenimento del surriscaldamento del pianeta entro 1,5 gradi centigradi come recentemente auspicato dal Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC). L’intero processo, oltre alla produzione di energia verde, permette inoltre di avere come risultato finale un ammendante utile a ridare fertilità ai suoli impoveriti dall'agricoltura intensiva. Senza dimenticare che il biometano "fatto bene” è una grande opportunità economica per i territori, anche in relazione alla creazione di nuovi posti di lavoro.
Sono tutti temi di cui si è discusso oggi nel corso della seconda conferenza nazionale L’era del biometano, promossa da Legambiente a Bologna, per raccontare non solo lo stato dell’arte in Italia, ma anche per rendere sempre più concrete le opportunità per aziende e territori, partendo proprio da quelle esperienze imprenditoriali già attive e di successo. Anche perché il 2018 è stato l’anno di approvazione del tanto atteso decreto per la promozione dell’uso del biometano nel settore dei trasporti. Una misura che, insieme alla definitiva approvazione del nuovo pacchetto di direttive europee sull’economia circolare, che pone tra gli altri l’obbligo della raccolta separata dell’organico a livello europeo, deve accelerare la transizione verso un modello di consumo più sostenibile. Con lo stesso decreto si aprono nuovi e importanti scenari, a partire dai 4,7 miliardi di euro messi in bilancio dallo Stato fino al 2022 per i nuovi impianti per la produzione di biometano e biocarburi da rifiuti. Un incentivo che mira a sostenere i maggiori costi nella produzione di biocarburanti, rendendoli così competitivi con quelli dei combustibili fossili nel settore dei trasporti.
«Il biometano non solo si presta ad essere e a diventare un fonte energetica sempre più strategica nel settore dei trasporti e dei consumi domestici, ma siamo convinti giocherà un ruolo fondamentale nella transizione energetica, offrendo importanti occasioni di rilancio per le imprese, soprattutto agricole, oltre che uno strumento fondamentale per la lotta ai cambiamenti climatici e nella gestione dei rifiuti – dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente –. In particolare su quest’ultimo punto non possiamo più aspettare. Occorre partire con la realizzazione di nuovi impianti di digestione anaerobica per la produzione di biometano per il trattamento della frazione organica, a partire dalle regioni del centro sud Italia che oggi ne sono carenti, nonostante l’umido rappresenta il 30-40% del totale dei rifiuti prodotti, e affiancare con questa tecnologia anche gli impianti di compostaggio aerobici esistenti, per ottimizzare il processo. Per questo è necessario da subito individuare necessità e creare sinergie per favorire lo sviluppo di un sistema integrato e soprattutto "fatto bene”, sostenendo l’impegno di istituzioni e imprese e coinvolgendo i cittadini sulla strategicità, i vantaggi ambientali ed economici e garantendone la partecipazione con strumenti che integrino il normale iter autorizzativo, fornendo un’informazione corretta e trasparente».
Al di là di superare le carenze normative ancora presenti nel nostro paese (prime fra tutte quelle sulla distinzione tra "sottoprodotto” e "rifiuto” e i limiti all’utilizzo agronomico del digestato previsti dal Decreto Mipaaf 5046), è oggi infatti necessario accompagnare la necessaria realizzazione di nuovi impianti con processi partecipativi e di coinvolgimento della cittadinanza, sulla base di esperienze già in essere nel nostro Paese, con l’obiettivo di dare ai territori garanzie di impianti ben fatti e trasparenza nei processi. A tal proposito utile ricordare che, secondo l’Osservatorio Media Permanente Nimby Forum, nel 2016, sono state 359 le attività di opposizione contro opere di utilità pubblica o contro progetti di nuovi impianti, con un aumento del 5% dei contenziosi rispetto all’anno precedente. Di questi il 56,7% ha riguardato il settore energetico (75,4% fonti rinnovabili) e il 37,4% quello dei rifiuti.
I ritardi nella normativa hanno, inoltre, aperto a interpretazioni controverse, a procedure burocratico-amministrative di autorizzazione diverse da Regione a Regione e prodotto scarsa conoscenza della materia da parte di molte amministrazioni e amministratori, il tutto a ritardare la nascita di biometano "fatto bene”. Conoscenze, informazione, trasparenza, dialogo, negoziazione e partecipazione alla base dello sviluppo degli impianti nei territori.
La conferenza nazionale promossa da Legambiente è stata un’occasione per valorizzare il ruolo del biometano nella copertura dei fabbisogni energetici del paese a partire dal suo ruolo nei trasporti urbani e pesante, ma anche nella gestione sostenibile delle frazioni biodegradabili (organico da raccolta differenziata, scarti agricoli, rifiuti agroindustriali, fanghi di depurazione, etc), per confrontarsi con i decisori istituzionali e gli stakeholders del settore della produzione e della distribuzione, affrontando criticità, normative e tecniche della filiera
fonte: www.oggigreen.it

Rifiuti, impianti di compostaggio a Cesano e Casal Selce: ecco i progetti di Ama

Ama assicura che i progetti dei due impianti di compostaggio sono compatibili con il territorio che li ospiterà. I siti previsti a Cesano e Casal Selce tratteranno la frazione organica proveniente dalla raccolta differenziata. Lo smaltimento dei rifiuti avverrà in presenza d’aria e produrrà compost per l’agricoltura e i vivai. I comitati di quartiere: “Chiediamo un incontro con l’assessore Montanari. Se l’impianto si fa, vogliamo garanzie”.






















“Le analisi per lo Studio di Impatto Ambientale hanno preso in considerazione tutti i possibili effetti della presenza dell’impianto e hanno portato a concludere per una sostanziale compatibilità con i territorio coinvolto". Ama ha spiegato il perché della scelta di Cesano e Casal Selce come aree idonee a ospitare due impianti di compostaggio per il trattamento dei rifiuti organici. E aggiunge: "La localizzazione appare coerente con i criteri proposti dal Piano Regionale dei Rifiuti del Lazio”. I progetti sono stati consegnati dalla società capitolina in Regione a inizio marzo, con la richiesta di approvazione della valutazione di impatto ambientale. I due siti, rispettivamente al servizio dei quadranti Nord e Ovest della Capitale, saranno in grado di trattare complessivamente fino a 100 mila tonnellate annue di scarti alimentari e organici (50 mila ciascuno), a cui si aggiungono 20 mila tonnellate di “scarti verdi” derivanti dalle attività di sfalcio e potatura (10 mila ciascuno). Il risultato sarà, promette l'azienda un "compost di qualità". "Grazie a questi due nuovi centri di compostaggio – scrive la municipalizzata – sarà possibile trasformare a ‘chilometri zero' gli scarti alimentari e organici provenienti dalla raccolta differenziata dei quadranti limitrofi, per complessivi 900 mila cittadini serviti, in accordo con quanto previsto dal Piano per la Riduzione e la Gestione dei materiali post-consumo di Roma Capitale e dal Piano Industriale Ama 2017-2021”.

Rifiuti: dove sorgeranno i nuovi impianti Ama

in foto: Il progetto dell’impianto di compostaggio a Cesano

















Studio del suolo, impatto sul territorio circostante e precauzioni. Sono i punti trattati all’interno della documentazione ora al vaglio degli uffici competenti: centinaia di pagine di relazioni tecniche dettagliate e tavole illustrative. Nel XV municipio, il progetto si estende su una superficie totale di 70mila metri quadri e individua l'area scelta in via della Stazione di Cesano. "Dall’ingresso sarà possibile accedere alle attrezzature di supporto alla raccolta differenziata e al riutilizzo dei materiali, isola ecologica e centro di riuso creativo, oppure procedere verso la zona a parco che ospita gli orti". L’impianto di compostaggio, anche esso visitabile, è previsto nella zona più distante dalla strada di accesso. A Casal Selce, l’area del progetto ricade nel territorio del municipio XIII, situata tra le frazioni di Castel di Guido, Casalotti e Massimina. Il sito dovrebbe sorgere nel territorio che si trova prima di arrivare sulla via Aurelia, dopo la Cava.

Impianti di compostaggio: come funzionano
“Il compostaggio è un processo attraverso il quale la sostanza biodegradabile viene degradata ad opera di microrganismi (batteri, lieviti, muffe) in presenza di ossigeno” si legge nei due progetti di Ama. La parte organica della raccolta differenziata diventa compost da utilizzare in agricoltura. "I due impianti funzioneranno 365 giorni all’anno, la consegna del materiale, invece, avverrà solo sei giorni a settimana. In ognuno dei due impianti è previsto che entreranno e usciranno quotidianamente 24 mezzi al giorno". A  Cesano l’impianto sarà in grado di trattare i rifiuti organici prodotti annualmente da circa 450mila abitanti, considerando come bacino d’utenza i municipi XIV, XV e parte del III, mentre i municipi che conferiranno a Casal Selce saranno il XIII, il XII e parte del XIV.

Rifiuti: cittadini sul piede di guerra
In risposta agli interrogativi dei cittadini sabato scorso si è costituito il Comitato di quartiere di Cesano. “Siamo pronti a percorrere tutte le strade possibili per opporci con buon senso alla costruzione dell’impianto. Tuttavia cerchiamo garanzie per il territorio: qualora il progetto venisse approvato vorremmo fare controlli senza preavviso con i nostri tecnici per assicurarci che funzioni correttamente. Chiediamo un incontro con l’assessore Montanari”. Comitato che si unisce alla mobilitazione di Osteria Nuova già attiva da diversi mesi con assemblee cittadine e una raccolta firme e al Comitato Narno (Nuove alleanze Roma Nord Ovest) del XIII e del XIV municipio.

Impatto sul territorio
Un sito quello di Cesano, spiega il comitato di Osteria Nuova, che nascerebbe in una zona “già altamente compromessa da onde radio e scorie nucleari dell’Enea Casaccia”. L’impianto di compostaggio, secondo quanto dichiarato dai residenti, costituirebbe dunque un ulteriore peggioramento della qualità della vita per chi abita in questa periferia. “Nei pressi dell’area a ridosso della quale dovrebbe essere costruito l’impianto passa l’acquedotto di approvvigionamento idrico, un acquedotto antico augusteo, il depuratore Cobis che serve i comuni del Lago di Bracciano e l’acquedotto che rifornisce Roma” conclude il comitato. Nonostante la vicina zona protetta di Bracciano e Martignano sia molto ricca di habitat e associazioni vegetali importanti e rare, Ama assicura che “nell’area d’interesse non si segnalano formazioni o specie floristiche di valore – e che – non si prevedono impatti significativi su fauna, flora ed ecosistemi”. Dal punto di vista idrogeologico l’impianto non determinerà impatti significativi e riguardo la presenza del patrimonio storico – architettonico archeologico e agroalimentare “non si evidenziano interferenze dirette e rilevanti”.  A Casal Selce nei pressi dell'area destinata all'impianto si trova la tenuta di Castel di Guido, parte della Riserva Statale del Litorale Romano e la Macchia Grande di Ponte Galeria. Ama scrive “L’area oggetto dell’intervento è situata a una distanza significativa dalla zona protetta e non presenta habitat di particolare interesse faunistico". Nell’area direttamente coinvolta nella realizzazione del progetto non sarebbero presenti beni culturali sottoposti a vincolo o d’interesse. “Sono presenti i resti di una struttura romana l’architettura di via Casal Selce  e i resti dell’edificio romano che si trovano sufficientemente distanti dal sito individuato per la realizzazione dell’impianto e si possono quindi escludere ricadute dirette”.


fonte: http://roma.fanpage.it/

Rifiuti, quasi 5% plastica nell'organico raccolto in Italia

Consorzio compostatori, non compostabili 44% sacchetti umido





















ROMA - Nei rifiuti organici raccolti in Italia con la differenziata, quasi il 5% è plastica. Il 44% dei sacchetti usati per l'umido sono di plastica tradizionale, invece che compostabile. Lo rivela un monitoraggio del Consorzio Italiano Compostatori (CIC), presentato a un convegno sulla gestione dei rifiuti a Kassel, in Germania.
Il CIC ha presentato i risultati delle 45 analisi effettuate su 27 impianti (15 di compostaggio, 12 di digestione anaerobica e compostaggio) nell'ambito del progetto "Di che plastica 6", svolto in collaborazione con Assobioplastiche, CONAI e COREPLA.
I monitoraggi effettuati dal CIC hanno rivelato che la contaminazione della frazione organica raccolta in Italia ammonta al 4,9%. Si tratta primariamente di plastica non compostabile. Il 44% dei sacchetti usati per raccogliere i rifiuti umidi sono ancora in plastica tradizionale.
Situazioni analoghe si registrano anche in altri paesi europei, come Germania, Svizzera e Austria. In quest'ultimo paese, il locale consorzio dei compostatori, il KBVO, ha lanciato una campagna per la promulgazione di una legge sul divieto di commercializzazione degli shopper monouso e dei sacchi per frutta e verdura di plastica non compostabile. Questo divieto è già stato introdotto in Italia ed in Francia e dal 2020 anche in Spagna.

fonte: www.ansa.it

Biometano e rischio paralisi circuito del riciclo

Compostatori, decreto biocarburanti ci permette di investire 




















ROMA - "Un decreto che finalmente darà la possibilità all'Italia di investire su un prodotto innovativo come il biometano: le aziende italiane sono pronte da tempo e finalmente ora avranno la possibilità di produrlo e commercializzarlo". Così Massimo Centemero, direttore del Consorzio Italiano Compostatori (CIC), ha commentato in una nota i decreti per la promozione dell'uso del biometano nel settore dei trasporti e le agevolazioni per le imprese a forte consumo di gas naturale, firmati venerdì 2 marzo al Ministero dello Sviluppo Economico.
I provvedimenti prevedono un sostegno alla produzione di biometano di 4,7 miliardi di euro tra il 2018 e il 2022.. "Questo decreto costituisce un altro passo per la valorizzazione del rifiuto organico in Italia - spiega Centemero -, valorizzazione che già avviene con la produzione di compost. Ora si aggiunge un altro possibile prodotto, il biometano per autotrazione.
Dall'umido proveniente dalla raccolta differenziata di ogni cittadino si può produrre biometano sufficiente a percorrere 100 km: questo è un esempio concreto di economia circolare".
Il CIC stima che se tutta la frazione umida dei rifiuti urbani fosse riciclata negli impianti dedicati, si potrebbe generare un quantitativo di biometano più che sufficiente ad alimentare le flotte di mezzi destinati alla raccolta di tutti i rifiuti solidi urbani prodotti.
Un veicolo a biometano ha le stesse emissioni di un veicolo elettrico alimentato interamente a energia prodotta da fonte eolica (5 grammi di C02 equivalente per Km), il 97% in meno di un analogo veicolo alimentato a benzina. In più, per i motori alimentati a metano e biometano sono praticamente assenti le emissioni di particolato (-90/95% rispetto al gasolio) e gli ossidi di azoto sono ridotti del 50%.


fonte: www.ansa.it

Sacchetti biodegradabili. CIC: 'Otto verità per una migliore raccolta dell’umido domestico'

"La quasi totalità degli impianti (con poche eccezioni, dovute a particolari sistemi di pretrattamento) accetta e gestisce senza alcun problema la presenza di manufatti in plastica compostabile nel flusso di organico conferito, sia nel caso di processi biologici di solo compostaggio che nei processi integrati digestione/compostaggio"























“L’introduzione dell’obbligo dell’uso di sacchi per ortofrutta compostabili ci consente ancora una volta di tornare sul tema dei sacchetti biodegradabili e compostabili, sulla qualità delle raccolte differenziate e sul compostaggio dei rifiuti organici. Tuttavia, la mancanza di una comunicazione adeguata nei confronti dei cittadini e degli organi di stampa ha creato fraintendimenti e la diffusione di informazioni a nostro avviso non corrette, soprattutto per quanto riguarda la raccolta differenziata dell’umido e gli impianti di compostaggio”. Così Massimo Centemero, direttore del Consorzio Italiano Compostatori (CIC) commentando l’introduzione dell’obbligo dal 1° gennaio 2018 di utilizzare come imballaggio primario per alimenti sfusi sacchi leggeri e ultraleggeri biodegradabili e compostabili certificati secondo la norma UNI EN 13432.
Il CIC ricorda sinteticamente alcuni punti e alcune semplici regole per compiere una corretta raccolta della frazione organica, a partire dalla scelta del sacchetto, ribadendo la necessità di un intervento migliorativo relativo alle etichette: “è necessario che siano rese compostabili”.
  1. Sacchetti ortofrutta: idonei per la raccolta dell’umido
    I sacchetti ortofrutta, che dal 1 gennaio 2018 dovranno essere costituiti esclusivamente da materiale biodegradabile e compostabile, sono compatibili con il sistema impiantistico nazionale e con le modalità di raccolta diffusi sul territorio; pertanto possono essere utilizzati per il contenimento dell’umido domestico.
  2. Etichette: rimuoverle dal sacchetto
    Le etichette rappresentano effettivamente una criticità a cui sarebbe importante dare una risposta. Vale sia per quelle dei sacchetti ortofrutta che per quelle riportate direttamente su alcuni tipi di frutta e verdura, come ad esempio banane e mele. Gli impianti sono comunque attrezzati a rimuoverle; tuttavia, l’utente sensibile può apporre l’etichetta sul manico, così da toglierla prima di utilizzare il sacchetto per la raccolta dell’umido, senza inficiarne la tenuta.
  3. Impianti qualificati per gestire plastica biodegradabile e compostabile
    L’impiantistica dedicata al riciclo dei rifiuti organici si conferma come una filiera qualificata ed efficiente nella gestione degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile: la quasi totalità degli impianti (con poche eccezioni, dovute a particolari sistemi di pretrattamento) accetta e gestisce senza alcun problema la presenza di manufatti in plastica compostabile nel flusso di organico conferito, sia nel caso di processi biologici di solo compostaggio (aerobico NdRche nei processi integrati digestione/compostaggio(anaerobico/aerobico NdR - per maggiori informazioni su diversi processi di trattamento rimandiamo al seguente articolo di Eco dalle Città).
  4. Sacchetti strappati: vanno bene nell’organico 
    Un sacchetto strappato, ancorché non più a tenuta, può essere comunque conferito nel flusso dell’organico destinato al compostaggio (o digestione anaerobica abbinata al compostaggio) perchè biodegradabile e compostabile.
  5. Per l’organico solo sacchetti certificati
    Per un corretto trattamento dei rifiuti organici è fatto obbligo di utilizzare i sacchetti in materiale biodegradabile e compostabile certificati a NORMA UNI EN 13432 in carta o in bioplastica, per contribuire all'effettivo recupero dei rifiuti e alla produzione di compost di qualità.
  6. Verificare la certificazione del sacchetto
    Per riconoscere un sacchetto conforme alla legge bisogna controllare se riporta le scritte “biodegradabile e compostabile”, quella dello standard europeo EN 13432:2002 e la certificazione di compostabilità.
  7. Evitare le buste di plastica tradizionale
    Per raccogliere l’umido bisogna assolutamente evitare le buste di plastica tradizionale: è un materiale che risulta “indigesto” ai microorganismi che trasformano gli scarti alimentari e verdi in compost. Non può dunque essere riciclato nella filiera del recupero del rifiuto organico.
  8. Plastica tradizionale problema per il riciclo organico
    Le plastiche convenzionali presenti nel rifiuto organico si sono rivelate un grave problema: la loro rimozione pressoché integrale, per garantire il rispetto degli standard qualitativi del compost, rende necessari interventi di raffinazione impegnativi dal punto di vista delle energie investite e costosi per gli ingenti quantitativi di scarti prodotti.
“La Legge recentemente approvata ha un obiettivo condivisibile, in quanto mira a diminuire la presenza di plastica ultraleggera sostituendola con sacchetti compostabili. Un’evoluzione per il CIC importante e preziosa”, sottolinea Massimo Centemero, direttore CIC. “Il nostro auspicio per il futuro è un intervento migliorativo per rendere anche le etichette compostabili”.
Raccolta differenziata: Italia da 25 anni esempio mondiale per il rifiuto organico
La raccolta differenziata del rifiuto organico - ricorda il CIC - nasce in Italia nei prima anni ‘90: da allora, in modo progressivo e costante, sono aumentati i tassi di raccolta differenziata così come voluto dapprima dalle regioni (con le pianificazioni regionali sulla gestione dei rifiuti), poi dallo Stato (con il Decreto Ronchi del 1997 e con il Testo Unico Ambientale del 2006) ed ora anche dall’Unione Europea (con la imminente revisione della Direttiva quadro sui rifiuti). Volta per volta è stata alzata l’asticella della quota di raccolta differenziata, passando dal 35% al 50%, per arrivare ora al 65%
La raccolta differenziata del rifiuto organico (comunemente l’umido e il verde) ha contribuito e contribuirà in modo decisivo al raggiungimento degli obiettivi normativi e di politica ambientale stabiliti a diversi livelli (provinciale, regionale, statale e comunitario).  L’Italia negli ultimi 25 anni si è distinta, prime fra tutte non solo a livello europeo ma mondiale, introducendo un sistema che funziona e che consente il riciclo organico di circa 6 milioni di tonnellate all’anno; esempi concreti di efficienza e sostenibilità si trovano su tutto il territorio italiano, con casi di eccellenza mondiale - che fanno peraltro scuola all’estero - di sistemi, impianti, processi e prodotti.
Esistono chiaramente delle criticità: non si deve dimenticare il ritardo nello sviluppo delle raccolte di alcune grandi città, nel sud del Paese o degli impianti nel centro e nel sud. Si intravvedono però spiragli di crescita: nuovi elementi nel panorama nazionale che fanno ben sperare di raggiungere l’uniformità territoriale anche in questo settore.
Un altro elemento fondamentale per un buon riciclo, e questo vale per tutte le filiere, dalla carta alla plastica, dal vetro all’alluminio, è la qualità della raccolta differenziata: per una buona raccolta dell’umido è indispensabile abbassare il più possibile elementi indesiderati non compostabili.


Massimo Centemero

fonte: www.ecodallecitta.it