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Pfas Veneto: il processo ambientale più importante d’Italia.

 



Soprattutto se entrerà in sinergia con il processo gemello di Alessandria contro di Solvay, che sta per partire. A Vicenza il Gup ha rinviato a giudizio 14 manager di diversa nazionalità dell’azienda Miteni e delle multinazionali Mitsubishi Corporation e International Chemical Investors Group, oltre che la stessa Miteni di Trissino. L’accusa è di aver avvelenato con i Pfas (Pfoa ,GenX e C6O4) per decenni, senza soluzione di continuità, le acque sotterranee e di falda di oltre 300 mila abitanti delle province di Padova, Vicenza e Verona, provocando tumori, malformazioni, aborti e malattie del sistema cognitivo, ecc. La prima udienza in corte di assise il primo luglio. Le contestate sono centrate su reati dolosi e non colposi: avvelenamento delle acque, disastro doloso, inquinamento ambientale e bancarotta fraudolenta. Le parti civili costituite sono oltre duecento. Il processo continua una lotta avviata otto anni fa e animata in particolare da “Mamme No Pfas” fin quando nel 2017 è scattata l’emergenza sanitaria, della quale sono state investite le istituzioni, dalla Regione al Governo. Fondamentale saranno le ripercussioni sulla enorme bonifica, con analogia con la vicenda Solvay di Spinetta Marengo.

Anche gli avvocati di Miteni avranno l’impudenza di sostenere che non vi sono certezze nel panorama scientifico sugli effetti nocivi delle sostanze perfluoroalchiliche per l’uomo, con la conseguenza di mancanza di volontarietà da parte degli imputati.

Di seguito, i più recenti “post” sul Sito della “Rete Ambientalista Movimenti di lotta per la salute , l’ambiente, la pace e la non violenza” gestito dal “Movimento di lotta per la salute Maccacaro”.

Vietare una volta per tutte i Pfas, e farlo presto. La posizione Cinquestelle in Parlamento.

A Spinetta Marengo la polvere sui mobili delle case contiene Pfas e altre sostanze tossiche.

La Regione Veneto e la Provincia di Alessandria nascondono alle popolazioni i dati Pfas sensibili alla loro salute. Gli omissis nelle autorizzazioni e gli alimenti avvelenati.

I biberon al bisfenolo. Uno dei sei esposti depositati presso la Procura della Repubblica di Alessandria denuncia: alla Solvay di Spinetta Marengo nel cocktail con i Pfas (PFOA, C6O4, ADV) tra gli interferenti endocrini c’è anche il Bisfenolo.

L’allarme “Pfas e Bisfenolo riducono qualità dello sperma, volume testicoli e …

La chimica che inquina l’acqua


fonte: www.rete-ambientalista.it


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Il ministero dell’Ambiente se ne fotte degli impegni del suo titolare Sergio Costa?

 

Il quale ha preso solenne impegno di abbassare i limiti dei PFAS a ZERO. Invece riscontriamo tutt’altro nella bozza di proposta di regolamentazione che appare redatta sotto dettatura della Solvay. Infatti, come spiegano le Mamme NoPfas: clicca qui pagina Facebook della rete stessa, se passasse questa proposta ministeriale, i cancerogeni PFAS, che hanno effetti sulla salute a dosi bassissime, di nanogrammi/litro, potrebbero essere emessi superando qualunque soglia immaginabile. Addirittura per il C6O4, di cui Solvay pretenderebbe l’autorizzazione AIA dalla Provincia di Alessandria, nei primi due anni si potrebbero scaricare ben 7.000 nanogrammi/litro per poi “decrescere” fino a 500. Nella proposta i cittadini potranno essere esposti a concentrazioni di sostanze per-fluoroalchiliche fino a 19.530 nanogrammi/litro e per i decenni seguenti a 6.530 nanogrammi/litro. Altro che limite zero! Costa modifichi, oppure si dimetta.

fonte: https://www.rete-ambientalista.it



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Processo Miteni: “Mi batto contro il Pfas nel sangue di mia figlia” | VIDEO

Michela Piccoli fa parte del comitato delle Mamme No Pfas, tra i 200 che si sono costituiti parte civile nel processo a carico degli ex vertici della Miteni, l’azienda che per oltre 50 anni ha prodotto Pfas e che è costruita sopra la falda acquifera che rifornisce le province di Vicenza, Verona e Padova



“Io spero di ottenere giustizia, al di là di un risarcimento danni”. Michela è determinata a portare avanti la battaglia delle “Mamme No Pfas”. Stiamo parlando della vicenda della contaminazione da Pfas dell’acqua tra le province di Vicenza, Verona e Padova, un tema di cui ci aveva parlato Nadia Toffa già nel 2016. Gli Pfas sono composti chimici presenti in tantissimi oggetti che usiamo tutti giorni, come pentole antiaderenti, giubbotti impermeabili, cartoni della pizza. La ditta che per oltre 50 anni ha prodotto queste sostanze è la Miteni, fallita a fine 2018, e che è costruita proprio sopra la falda acquifera che rifornisce gli acquedotti che danno da bere alle tre province. Alcuni studi avrebbero stabilito delle correlazioni tra queste sostanze e alcune patologie come diabete, aumento del colesterolo e malattie della tiroide. E secondo uno studio del gruppo di ricerca del professor Carlo Foresta dell’Università di Padova, i Pfas sarebbero responsabili dell’alterazione della fertilità nella donna.

“Le mie amiche hanno avuto casi di poliabortività”, racconta Michela, che vive nella zona interessata, intervistata da Giulia Innocenzi a Iene.it: aspettando Le Iene. “Anche io ho avuto un aborto spontaneo e ci sono molti casi di figli di donne che conosco che sono nati piccoli o pretermine”. Michela racconta anche di alcune patologie nella sua famiglia: “Mio suocero è morto a 62 anni per una morte improvvisa, colesterolo alle stelle e problemi di cardiopatia, mio marito prende le statine da 20 anni, mia cognata ha problemi di colesterolo molto alto”.

"Chi è Maria?", chiede Giulia Innocenzi vedendo la maglietta di Michela con su scritto questo nome e un valore: “Maria è mia figlia, questo è il valore di Pfoa, una tipologia di Pfas, che aveva nel sangue quando aveva 14 anni. È un livello altissimo, 10 volte sopra il limite. E non dovrebbero proprio esserci i Pfas nel sangue”. Michela, da quando la contaminazione delle acque è stata nota, non beve più acqua del rubinetto: “Anche se adesso ci sono 10 batterie di filtri nell’acqua io non la bevo più, poi ognuno è libero di fare quello che vuole. Ma quando sei stato scottato una volta con l’acqua calda non ti fidi più nemmeno di quella fredda!”.

Proprio su questa vicenda è in corso un processo, in fase di udienza preliminare, che vede imputati 13 dirigenti tra cui gli ex vertici della Miteni, accusati di avvelenamento delle acque e disastro innominato. Sono state ammesse oltre 200 parti civili tra cui ex lavoratori Miteni, la Regione Veneto, il Ministero della salute e le Mamme No Pfas, di cui fa parte Michela.

L’8 giugno è ripreso, con l'udienza preliminare sulle citazioni dei responsabili civili, il processo. Il giudice ha dato atto della correttezza delle notifiche effettuate dalla Regione Veneto al fallimento di Miteni. Le notifiche riguardano le due società controllanti di Miteni: la società giapponese Mitsubishi Corporation, che ha depositato l'atto di costituzione, e la società lussemburghese International Chemical Investors. Il processo è stato rinviato all'udienza del 12 ottobre, l'inizio della discussione dell'udienza preliminare.






fonte: https://www.iene.mediaset.it/




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Mamme No Tap: Ribellarsi facendo

I genitori del quartiere Tamburi di Taranto che occupano la scuola per difendersi dai veleni. Un partecipato sit-in a Sulmona che blocca il sopralluogo di Snam e Saipem perché il territorio è di chi lo vive non di chi lo vuole devastare per profitto. Alcuni No Tav settantenni che fanno incursione nel cantiere per l’alta velocità di Chiomonte. Diecimila persone che si riprendono Venezia al grido «Fuori le grandi navi dalla Laguna!». E poi le azioni e le proteste dei No Tap, delle Mamme No Pfas, dei No Muos, degli antimilitaristi sardi, dei comitati in difesa degli ulivi del Salento… La cattiva notizia è che tutto questo è accaduto nelle ultime settimane ma i media sono spesso distratti e riducono il fare politica alla vita del governo. La buona notizia è che ovunque, e in molti modi diversi, migliaia di persone comuni hanno cominciato a riprendere il destino della propria vita in mano

Tratta dalla pag. fb di Mamme No Tap

Un fiume di centocinquanta mamme no Pfas (acronimo che indica le sostanze perfluoroalchiliche) a Roma dal papa, con le loro t-shirt azzurre come l’acqua pura che vorremmo avere. Francesca, mamma tarantina, occupa il tavolo della giunta comunale per ribadire il diritto alla vita di tutti bambini, anche quelli di Taranto. I genitori del quartiere Tamburi, esasperati dall’assenza delle istituzioni, occupano le scuole.

A Sulmona, un partecipato sit-in blocca il sopralluogo di Snam e Saipem, perché il territorio è di chi lo vive, non di chi lo vuole devastare. Le mamme libere di Policoro scrivono al ministro dell’ambiente dando voce alla lotta contro la contaminazione da trialometani dell’acqua. In cinquanta città italiane, l’alleanza Stop 5G promuove presidi e mobilitazioni contro l’elettrosmog.

E ancora: diecimila persone si riprendono Venezia: «Fuori le grandi navi dalla Laguna!» E, quando il corteo giunge a San Marco, la fotografia per i croceristi sono migliaia di bandiere “No Navi” che sventolano. A Catania è prevista una manifestazione dei No Muos per chiedere la chiusura delle basi militari in Sicilia. Gli antimilitaristi Sardi, che chiedono la riconversione della fabbrica di bombe Rwm di Domusnovas, si sono resi protagonisti di un blitz al parlamento europeo dove hanno esposto uno striscione con la scritta “No al massacro nello Yemen”.

Alcuni No Tav over settant’anni, pochi giorni fa, hanno fatto incursione all’interno del cantiere per l’alta velocità di Chiomonte al grido di “Non ci fermeranno mai”. Il comitato No Tap ha presentato oltre dieci esposti in cui sono state segnalate tutte le criticità del progetto del gasdotto Trans Adriatico e chiede, oggi come ieri, che sia fatta chiarezza. Cosate Valle d’Itria e Popolo degli Ulivi hanno manifestato davanti alla sede RAI di Bari contro ‘l’imposizione di un nuovo latifondismo’ e a favore di una ricerca libera e della libertà di coltivazione. Chiedono lo lo stop alle misure anti xylella che impongono tagli degli ulivi e irrorazione di pesticidi. I No al carboneattaccano il sindaco di Brindisi: da sindaco ambientalista a sindaco pro fossile: la metamorfosi è inquietante, un cambio di ruolo che ha capovolto d’un botto storie personali e collettive…

E così, nonostante una specie di spaesamento che ogni tanto coglie ognuno di noi di fronte a tante “storture”, pensiamo che la concretezza di tante azioni, di tentativi di ribellione, di non assuefazione al male e alle sue troppe manifestazioni, siano la rappresentazione di un mondo, di uomini e donne, gente comune e al contempo straordinaria, che alza la voce e continua a pensare che l’unica strada possibile sia quella di continuare a percorrerla in “direzione ostinata e contraria”.

fonte: https://comune-info.net

Il video-appello delle mamme NoPfas ai ministri europei: «Fermate questi veleni»

Sono arrivate alla Camera dei Deputati, hanno incontrato il ministro dell'Ambiente Sergio Costa poi hanno presentato alla stampa il loro video-appello in cui trenta famiglie chiedono ai ministri europei di fermare l'avvelenamento delle acque dovuto ai Pfas, gli acidi perfluoroalchilici, dramma che nel solo Veneto colpisce 350mila famiglie ogni giorno.



















I Pfas, gli acidi perfluorolchilici, sono sostanze chimiche note da anni, ma sulle quali non venivano eseguiti controlli e che secondo diversi studi causano danni irreversibili all'organismo. Il Veneto è stato particolarmente colpito a causa soprattutto della presenza di un'azienda chimica che si è rivelata altamente inquinante, la Miteni. Proprio ieri, 15 gennaio, si sono chiuse le indagini preliminari condotte dalla magistratura vicentina che ha portato a tredici indagati tra manager e tecnici dell'azienda.
Nelle province di Vicenza, Verona e Padova le persone interessate sono circa 350mila, pari alla popolazione che ha usato l’acqua inquinata, proveniente da acquedotti e pozzi artesiani. I magistrati vicentini contestano i reati di avvelenamento delle acque e “disastro innominato”, per fatti accaduti fino al 2013. Ma è già aperto un filone per i fatti accaduti in epoca successiva. 
Intanto, qualche giorno fa il comitato Mamme No Pfas, che nei mesi scorsi si era spinto fino a Bruxelles per far sentire la propria voce ai vertici dell'Unione Europea, ha presentato il video-appello dal titolo Recast Directive Quality of WATER, contenente gli interventi di 30 mamme che parlano a ciascun Ministro dell’Ambiente europeo portando le loro testimonianze di cosa significhi vivere con la consapevolezza di avere sostanze tossiche nel sangue, assunte attraverso l’alimento primo e fondamentale: l’acqua. Il video è anche stato inviato ai deputati del consiglio dell'Unione Europea


«Le Mamme no Pfas, quali rappresentanti di una vasta popolazione veneta che vive in prima persona quotidianamente gli effetti della contaminazione, chiedono ai deputati italiani e al Ministro Costa un coraggioso e doveroso intervento normativo nazionale che regolamenti le sostanze perfluoroalchiliche non aspettando che tali norme, ci vengano imposte dall’Europa - hanno detto durante la conferenza stampa alla Camera dei Deputati - Riteniamo che l’attuale versione della Direttiva sulle Acque per il consumo umano redatta a livello comunitario non garantisca e protegga la salute e l’ambiente: i limiti posti per i composti perfluoroalchilici a catena lunga sono molto più elevati di quelli della Regione Veneto e per i Pfas a catena corta non viene posta soglia alcuna. Questa nuova generazione di Pfas è documentato essere anch’essa pericolosa e bioaccumulabile».
«La mancanza di limiti nazionali crea un buco normativo che mette in grossa difficoltà la Procura della Repubblica - hanno aggiunto le Mamme No Pfas - L’adulterazione dell’acqua è già un reato in Italia, quello che manca è la correlazione tra inquinamento e patologia. In futuro altre zone d’Italia in prossimità di cartiere, industrie di zincatura e coloritura di tessuti potrebbero avere l’acqua inquinata da Pfas ed essere impotenti come lo siamo noi ora: senza riferimenti di norma chiari mancano gli strumenti per colpire i responsabili di simili contaminazioni. I limiti a zero pfas saranno l'unica scelta possibile per garantire l'innocuitá di queste sostanze».
«La nostra è un'emergenza sanitaria senza precedenti in Italia, e lo Stato ha il dovere di proteggere la popolazione per prevenire queste situazioni - hanno proseguito - Da due anni chiediamo che siano posti dei limiti nazionali e il Ministro Costa, nell'incontro con i gruppi No Pfas del Veneto dell' 11 settembre 2018, li aveva promessi davanti a vari gruppi e associazioni. La regione Veneto li ha stabiliti nel 2017. L’Italia, che nella Regione Veneto ha potuto toccare con mano la preoccupante pericolosità di queste sostanze, dovrebbe aver già provveduto a fissare i suoi limiti nazionali, diventando esempio credibile per le altre nazioni europee. Ovviamente i limiti che chiediamo sono pari a ZERO perché un limite diverso implica che continueremo giorno dopo giorno ad accumulare queste sostanze di sintesi nel sangue e nei tessuti che il nostro corpo scambia per ormoni e possono causare tante patologie correlate».

fonte: www.ilcambiamento.it

Effetti sulla salute associati all'esposizione ai PFAS

L’audizione presso il Congresso degli Stati Uniti d’America del NIEHS in tema di PFAS è stata l'occasione per presentare i risultati di alcune ricerche in materia






















Dalle sale del Congresso degli Stati Uniti ad un raduno internazionale a Zurigo, oggi scienziati, ricercatori, legislatori, politici stanno cercando di rispondere alle crescenti preoccupazioni per la salute umana derivanti da una classe di sostanze chimiche note con l'acronimo PFAS.
Le sostanze per-fluoro-alchiliche (PFAS), per le loro peculiari caratteristiche fisiche e chimiche, sono state ampiamente utilizzate dagli anni '50 nell’industria e nel commercio e sono pertanto presenti in diversi prodotti comuni (pentole antiaderenti, indumenti idrorepellenti, tessuti e tappeti resistenti alle macchie, alcuni cosmetici, alcune schiume antincendio e prodotti resistenti a grasso, acqua e olio).
Le stesse peculiarità rendono tuttavia queste sostanze altamente persistenti e diffuse in tutti i comparti ambientali con una presenza particolarmente rilevante nel comparto idrico e ne sono ormai riconosciuti gli effetti sulla salute umana.
Gli esseri umani sono esposti ai PFAS attraverso una miriade di pratiche e prodotti. L'ingestione, in particolare attraverso l'acqua potabile, è la via di esposizione umana predominante; dopo anni di utilizzo, i PFAS sono stati infatti trovati sia nelle acque superficiali che in quelle sotterranee, causando esposizione, oltre che attraverso l'ingestione, anche per inalazione durante la doccia e per assorbimento cutaneo. I contenitori per gli alimenti, l’abbigliamento e i mobili resistenti alle macchie costituiscono altri possibili percorsi di esposizione per l’uomo.
Le attuali conoscenze relative agli effetti sulla salute umana derivano da studi condotti su animali e da indagini epidemiologiche su lavoratori e popolazioni esposte, svolti principalmente negli Stati Uniti. La ricerca condotta fino ad oggi ha rilevato associazioni tra esposizione a PFAS e specifici effetti negativi sulla salute umana; qui riportiamo gli esiti di alcune ricerche che sono stati presentati in occasione dell’audizione del National Institute of Environmental Health Sciences (NIEHS) e del National Toxicology Program (NTP) presso il Congresso degli Stati Uniti d’America lo scorso settembre 2018.
Possibili effetti avversi sulla salute umana
  • Disfunzioni del sistema immunitario: nel 2016, il National Toxicology Program (NTP) ha concluso che il PFOA e il PFOS (due PFAS più comunemente usati e trovati nell'ambiente) sono considerati un rischio per la funzione del sistema immunitario sano negli esseri umani; l'esposizione degli adulti ai PFAS è stata anche associata ad una diminuzione nella produzione di anticorpi.
  • Cancro: i dati epidemiologici sulle associazioni tra PFAS e rischio di cancro sono limitati, gli studi condotti mostrano che le persone esposte ad alti livelli di PFAS possono avere un aumento del rischio di cancro al rene o ai testicoli, tuttavia, questi studi potrebbero non aver esaminato altri fattori come il fumo. Altre ricerche condotte su animali hanno dimostrato come PFOA e PFOS possono causare cancro al fegato, ai testicoli, al pancreas e alla tiroide. Tuttavia, alcuni scienziati ritengono che gli esseri umani potrebbero non sviluppare gli stessi tumori degli animali.
  • Sviluppo cognitivo e neurocomportamentale dei bambini: alcuni studi epidemiologici sull'uomo hanno mostrato associazioni tra alcuni PFAS ed effetti sullo sviluppo. Uno studio sull'uomo ha rilevato un’associazione tra esposizione ai PFAS durante la gravidanza e diminuzione del peso alla nascita e della circonferenza della testa, solo nei maschi. Altri studi hanno dimostrato relazioni tra esposizione prenatale a determinati PFAS (soprattutto PFOS) ed effetti neurocomportamentali come, ad esempio, abilità cognitive, sviluppo psicomotorio, disturbo da deficit dell'attenzione e iperattività.
  • Disturbi endocrini: gli studi suggeriscono che l'esposizione precoce ad alcuni PFAS può contribuire allo sviluppo di malattie metaboliche, tra cui l'obesità e il diabete di tipo 2. Sebbene sia necessaria un'ulteriore conferma, i risultati di uno studio suggeriscono che l'esposizione ad alcuni PFAS durante la gravidanza possa influenzare il metabolismo dei lipidi e la tolleranza al glucosio. Sembra che alcuni PFAS possano anche influenzare il peso corporeo più avanti nella vita. La fertilità è un altro risultato correlato agli effetti endocrini: una revisione della letteratura sulle recenti prove epidemiologiche umane sull'associazione tra esposizione ad alcuni PFAS e misure di fertilità umana mostra il potenziale di effetti sulla fecondabilità femminile (cioè la probabilità di concepimento).
Dalla sommaria rassegna degli studi condotti, emerge senza dubbio come sia necessario intensificare la ricerca in questo campo; se infatti negli ultimi anni la conoscenza delle associazioni epidemiologiche è costantemente cresciuta, molte domande rimangono ancora senza risposta ed occorre migliorare la comprensione dei potenziali meccanismi e processi biologici attraverso cui i PFAS possono avere un impatto sulla salute umana. Un gruppo di oltre 50 scienziati e regolatori internazionali si è riunito nel novembre 2017 a Zurigo, in Svizzera, e ha identificato e condiviso esigenze ed obiettivi in materia di PFAS, formulando raccomandazioni per tutti coloro che svolgono ricerca, legiferano ed utilizzano tali sostanze, esortandoli a collaborare. Al termine del workshop è stato redatto un documento (così detta dichiarazione di Zurigo), che è stato anche pubblicato ad agosto scorso sulla rivista Environmental Health Perspectives.
Per approfondimenti visita anche il sito Web dell’Agenzia statunitense per le sostanze tossiche e il registro delle malattie
fonte: http://www.arpat.toscana.it

Pfas: presidio davanti alla Procura per chiedere la chiusura di Miteni e la bonifica del territorio

Con l’iniziativa si conclude il lungo agosto “No Pfas”, che ha portato la questione del grave inquinamento sui tavoli dei ministeri dell’Ambiente e della Salute. Intanto, il Consiglio regionale del Veneto ha approvato una risoluzione per avviare la bonifica e continua il monitoraggio sanitario della Regione sui residenti della “zona rossa”

















Un “presidio pacifico” fisso, da questa mattina fino a martedì 28 agosto davanti al Tribunale di Vicenza, per fare “pressione nei confronti della Procura” e chiedere nuovamente “la chiusura dell’azienda Miteni” di Trissino (VI) -responsabile dello sversamento nell’acqua dei composti chimici perfluoroalchilici (Pfas)-, “il risarcimento dei danni” e “la bonifica dell’area” inquinata. Lo organizza il movimento No Pfas che anche quest’estate è stato attivo per tenere alta l’attenzione sul grave inquinamento della falda tra le province di Vicenza, Verona e Padova.
“Ormai la Procura ha tutti gli elementi per aprire un procedimento giudiziario nei confronti della Miteni e di tutti coloro che a vari livelli di responsabilità hanno consentito per anni che un inquinamento di immani dimensioni contaminasse tre Province della nostra Regione”, sottolineano l’associazione Cillsa (Cittadini per il lavoro, la legalità, la salute e l’ambiente) e il comitato Zero Pfas Agno Chiampo, che saranno presenti al presidio. E chiedono “l’intervento immediato” dei ministeri dell’Ambiente, della Sanità e della Giustizia, “affinché le indagini in corso vengano portate a completamento entro il più breve tempo possibile”, siano “individuati, puniti e rimossi i responsabili” e sia bonificato “tutto il territorio”.
Proprio il ministero dell’Ambiente si era pronunciato sulla vicenda a inizio agosto, annunciando la volontà di “riesaminare i valori limite allo scarico per i Pfas e per altre sostanze chimiche”. “Siamo di fronte a un’emergenza che va affrontata con tutti gli strumenti a nostra disposizione, tra cui il tavolo esteso a tutte le Regioni, le quali hanno competenza sui valori limite di queste sostanze negli scarichi”, aveva affermato il ministro Sergio Costa.
Pochi giorni prima, i rappresentanti di Legambiente nazionale, del circolo “Perla Blu” di Cologna Veneta (VR) e della Rete dei Gruppi d’acquisto solidale vicentini erano stati ricevuti a Roma dal capo della Segreteria tecnica del ministero della Salute, Giuseppe Amato, dal direttore generale della Prevenzione sanitaria, Claudio D’Amario, e dal direttore del reparto di Igiene delle acque interne dell’Istituto superiore di sanità, Luca Lucentini. Ai tecnici hanno consegnato una relazione sulle criticità sanitarie ancora irrisolte rispetto all’inquinamento dovuto ai Pfas.
“Durante l’incontro abbiamo denunciato la mancanza di allacciamenti sicuri per gli acquedotti -racconta Piergiorgio Boscagin, presidente del circolo ‘Perla blu’ di Legambiente-. Per realizzare delle condotte sicure servono almeno quattro anni di lavori: se iniziassero subito, a lavori finiti saranno passati nove anni dalla scoperta dell’inquinamento. Non abbiamo ancora informazioni precise sul grado di contaminazione delle acque superficiali e dei prodotti agricoli: abbiamo chiesto che siano fatti maggiori controlli sulle fonti irrigue. E che sia portato avanti un lavoro di sensibilizzazione della popolazione, ma anche dei medici di base”. La delegazione ha anche chiesto l’appoggio del ministero per la messa al bando della produzione e dell’uso di tutte le sostanze perfluoroalchiliche e l’estensione dello screening sanitario alla “zona arancio” (ne abbiamo scritto sul numero 206 di Altreconomia).
“Alla fine dell’incontro ho lasciato un omaggio simbolico -dice Marzia della ReteGas vicentina-: un pacchetto di farina di frumento coltivato in un campo dell’ovest vicentino, inquinato da più di 40 anni. Ci hanno rubato l’acqua e ora anche il pane. Ma noi continuiamo a fare pressione perché si raggiunga l’obiettivo ‘Pfas zero’, a chiedere che chi è responsabile dell’inquinamento paghi e anche a proporre delle alternative al consumo di prodotti contenenti Pfas da filiere pulite e virtuose”, sottolinea. La delegazione No Pfas ricevuta al ministero della Salute ha ottenuto la promessa di una nuova convocazione in settembre, in un incontro congiunto con il ministero dell’Ambiente.
Anche la Regione Veneto si è mossa a inizio agosto, quando la Commissione d’inchiesta sull’inquinamento da Pfas -presieduta dal consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, Manuel Brusco- ha portato in Consiglio la relazione finale di 447 pagine, approvata a maggioranza. Brusco è stato anche il primo firmatario della risoluzione 88(“Inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) in Veneto, contaminazione da Pfas della popolazione, esposizione occupazionale e contaminazione dei lavoratori di Miteni spa”), votata all’unanimità, che impegna la Giunta regionale ad assumere un ruolo di coordinamento nel completamento dell’indagine per la bonifica del sito industriale della Miteni spa, “valutando l’ipotesi di chiusura del sito”. La risoluzione prevede anche la realizzazione di una nuova rete di acquedotti “che garantisca l’approvvigionamento alternativo di acqua destinata al consumo umano”; la predisposizione di un piano irriguo per “garantire l’adeguata portata d’acqua priva di Pfas al settore agricolo”; l’analisi sulla presenza di sostanze chimiche degli scarichi industriali e delle discariche; la stesura di un piano industriale per sostituire i Pfas nelle produzioni; l’estensione dello screening “ad ogni fascia d’età e a particolari sottogruppi a rischio più elevato”; la salvaguardia “della salute e del diritto sociale al lavoro dei lavoratori” della Miteni e un confronto con il Governo per fissare i limiti normativi sulle sostanze perfluoroalchiliche nell’acqua destinata al consumo umano.
Intanto, a fine luglio, era stato pubblicato il sesto rapporto regionale sull’andamento del “Piano di sorveglianza sanitaria sulla popolazione esposta a Pfas”, che elabora gli esiti delle analisi del sangue di 13.856 residenti nella “zona rossa”, nati tra il 1973 e il 2002. Il Piano di sorveglianza, avviato nel dicembre 2016, raggiungerà i residenti nati tra il 1951 e il 2002 dei 30 Comuni dell’area di massima esposizione all’inquinamento da Pfas, “secondo un ordine di età anagrafica crescente, ad esclusione dei soggetti nati tra il 2003 al 2014”, per i quali si prevede una chiamata successiva.
“I soggetti già invitati sul totale delle persone da invitare sono il 39,8%; quelli che hanno aderito alla chiamata e si sono presentati alla visita sono il 60%”, si legge nel bollettino regionale. E sono 7.716 (pari al 56%) “le persone alle quali è stato indicato di iniziare un percorso di approfondimento (di secondo livello) prenotando una visita presso l’ambulatorio internistico e quello cardiovascolare”.
“Mantenendo questa frequenza di chiamata della popolazione per lo screening, a essere ottimisti servirà ancora un anno e mezzo per concludere il monitoraggio e poi servirà un altro periodo per l’elaborazione dei dati”, osserva Francesco Bertola, medico della sezione Isde (International Society of Doctors for the Environment) di Vicenza. “Questa variabile temporale ci interessa perché solo quando si avranno le conclusioni del monitoraggio regionale “si potranno finalmente produrre conclusioni scientificamente valide sulla responsabilità dei Pfas nel determinare le patologie osservate. Attualmente il 56% della popolazione esaminata in questo piano di monitoraggio (7.716 su 13.856), presenta delle alterazioni sotto il profilo metabolico, endocrinologico o renale nelle analisi eseguite, e per questo viene inviata ad un percorso sanitario di secondo livello, di approfondimento. Questi numeri sono di gran lunga superiori a quelli che la stessa Regione ipotizzava nella Dgr 851/2017, in cui istituiva gli ambulatori di secondo livello, e questo ci può dare un’idea di quanto sia grave sul piano sanitario questa contaminazione”.
Così i tempi si allungano e l’inquinamento si aggrava. Sono 12 le sostanze Pfas monitorate, ma i composti rinvenuti in più del 50% della popolazione sono quattro: Pfoa, Pfos, PfhxS e Pfna. “Si confermano le differenze per genere (le donne hanno concentrazioni mediane più basse rispetto ai maschi, ndr) e per zona di residenza -spiega Bertola-. I residenti nell’area rossa A presentano concentrazioni più elevate dei residenti nell’area rossa B”. Precisamente, come si legge nel report della Regione, “le concentrazioni mediane di Pfoa e PfhxS nell’area rossa A (54,3 ng/ml e 4,5 ng/ml rispettivamente) risultano quasi doppie rispetto a quelle dell’area rossa B (35,3 ng/ml e 2,8 ng/ml rispettivamente). Più contenuta la differenza per quanto riguarda il Pfos (4,3 ng/ml nell’Area A e 3,3 ng/ml nella B)”.
“La differenza è dovuta al fatto che nella zona rossa A sia l’acquedotto che la falda sono inquinate; nella zona rossa B, invece, l’inquinamento ha coinvolto solo la rete acquedottistica -spiega Bertola-. Ma la novità più rilevante sta nel fatto che per la prima volta abbiamo dei dati suddivisi per anni di residenza trascorsi nell’area inquinata ed emerge chiaramente che le concentrazioni di Pfas nel sangue aumentano con il passare del tempo nell’area contaminata, essendo sostanze bioaccumulabili”. E in questo ultimo bollettino si accenna anche a un altro grande tema: quello dell’inquinamento lungo la catena alimentare. Osservando i dati sulla correlazione tra la concentrazione di Pfas nel sangue e l’uso di un orto per la produzione di alimenti ad autoconsumo, si osserva un cambiamento a seconda del tipo di irrigazione usata per gli ortaggi -tramite l’acquedotto o il pozzo- e l’area di residenza. “I dati confermano i criteri di classificazione delle aree rosse A e B, con valori maggiori nell’area rossa A per chi consuma ortaggi irrigati con acqua di pozzo e viceversa per i residenti nell’area rossa B, dove l’inquinamento coinvolgeva la sola rete acquedottistica”, si legge.
fonte: https://altreconomia.it




Inquinamento da Pfas: i comitati chiedono il riconoscimento di crimine ambientale

Domenica 22 aprile è prevista una grande manifestazione davanti alla Miteni di Trissino, a Vicenza, contro la contaminazione delle falde del territorio. Appuntamento che arriva un mese dopo la dichiarazione del Governo dello stato di emergenza. Il nodo delle risorse per gli interventi di ripristino


















La Giornata della Terra del 22 aprile arriva proprio un mese dopo la dichiarazione da parte del Consiglio dei Ministri dello stato di emergenza, per 12 mesi, a causa della contaminazione da Pfas delle falde idriche nei territori delle Province di Vicenza, Verona e Padova. Per l’occasione a Trissino (VI), questa domenica a partire dalle ore 11.00, cittadini, comitati e movimenti No Pfas scenderanno in piazza per la mobilitazione “Difendiamo madre terra”. Una giornata di festa, denuncia e incontro tra le diverse esperienze del territorio che propongono “nuovi percorsi di civiltà e tutela dell’ambiente”, dagli organizzatori dell’iniziativa (Mamme no Pfas, Genitori attivi zone contaminate, Acqua bene comune libera dai Pfas, Rete Gas vicentina, Cillsa, Climate defense units, Medici ISDE, Medicina democratica, Legambiente e Greenpeace) a tante altre realtà delle province venete contaminate.
A unirli è oggi una denuncia comune: la Miteni -la “fabbrica dei veleni” che ha sede a Trissino, responsabile di aver inquinato la falda acquifera con le sostanze perfluoroalchiliche (Pfas), prodotte fin dal 1964- “è responsabile di un crimine ambientale”, dicono gli attivisti. “È un crimine che un’azienda soggetta a normativa Seveso (sulla prevenzione dei grandi rischi industriali, ndr) produca e riversi in falda quantità incontrollate di sostanze chimiche pericolose per la salute umana e per l’ambiente come i Pfas. Ed è un crimine anche l’insufficienza di controlli sulla regolamentazione dell’uso di queste sostanze”. Per questo, i comitati vogliono costruire nei prossimi mesi la “prima giornata nazionale contro i crimini ambientali” -che dal 2016 sono riconosciuti dalla Corte penale internazionale dell’Aia come crimini contro l’umanità-, continuando a sensibilizzare sul tema nei territori inquinati, ma anche “facendo pressione sulla Procura perché acceleri le indagini e sulle amministrazioni comunali e la Regione Veneto”.
Con la delibera del 21 marzo 2018 sullo stato di emergenza, il Consiglio dei ministri ha riconosciuto l’inquinamento delle falde della media valle dell’Agno e, la “compromissione dei sistemi di risorgiva della media pianura e dei relativi corsi d’acqua” con “la contaminazione di una parte considerevole della rete idrografica” tra le province di Vicenza, Verona e Padova. Compreso “un grave pregiudizio per la salute pubblica”, con possibili “gravi ripercussioni alla popolazione”.
L’esecutivo ha messo quindi a disposizione 56.800.000 euro per l’attuazione degli interventi: 46.021.783 di questi deriverebbero dalle risorse già a disposizione per tutto il 2018 del ministero dell’Ambiente per il rifacimento della rete idrica. Una cifra che coprirebbe così quasi per intero le risorse (46.123.035 euro) che il dicastero avrebbe a disposizione per quest’anno in un capitolo che comprende “infrastrutture, anche relative alla rete idrica e alle opere di collettamento, fognatura e depurazione”.
“Dopo anni di battaglie dei cittadini e delle associazioni, finalmente il Governo ha dato il giusto peso alla vicenda Pfas in Veneto, trasformandola con il decreto del 21 marzo in una questione nazionale”, ha commentato Rossella Muroni, ex presidente nazionale di Legambiente, appena eletta deputata per Liberi e Uguali. “Una scelta che viene fatta tuttavia con un grave ritardo e procedendo come già tante altre volte per emergenze. Occorre invece avere uno sguardo più ampio su scala nazionale e pensare a un piano complessivo di salute delle nostre acque”, aggiunge.

Intanto, a un altro ritmo rispetto a quello troppo lento della politica, c’è chi da anni continua a sensibilizzare i territori esposti all’inquinamento. “180 chilometri quadri della nostra terra sono stati deturpati da un disastro che ha compromesso -in modo silenzioso e invisibile- una delle falde acquifere più grandi d’Europa e contaminato oltre 350mila abitanti”, dice Marzia Albiero della Rete Gas Vicentina. Il risultato è che “il sangue dei nostri figli e nostro è contaminato con valori allarmanti e allevamenti e coltivazioni sono compromesse”.
La Regione Veneto sta attuando il “Piano di sorveglianza sanitaria”, che coinvolgerà 84.852 persone esposte a Pfas, residenti nei 21 Comuni dell’“area rossa”. A oggi le analisi sono state effettuate su quasi 10mila abitanti nati tra il 2002 e il 1978, e “i composti Pfascon valori sopra la soglia di rilevabilità identificati in almeno il 50% dei residenti sono quattro su dodici: i Pfoa, i Pfos, i Pfhxs e Pfna”, scrive la Regione.
Queste sostanze sono diverse catene di atomi di carbonio; così, domenica 22 aprile gli attivisti creeranno una catena simbolica attorno alla Miteni. Tra i partecipanti alla giornata ci sarà anche la cantante e attivista israelo-canadese Yael Deckelbaum, autrice della “Preghiera delle madri”: simbolo mondiale della lotta per la pace che tutte le mamme No Pfas hanno fatto proprio.
fonte: https://altreconomia.it