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In Italia c’è bisogno di una nuova ecologia popolare



















La comparsa di un nuovo virus è un fatto naturale, la pandemia no: la crisi sanitaria e i suoi effetti economici, sociali e politici “sono la diretta conseguenza di un modello di sviluppo economico e culturale che tiene poco conto del valore della vita”; un modello “nocivo e dannoso per noi individui, per le comunità, per la natura”. Esordisce così il documento intitolato “Per un manifesto di ecologia popolare”, elaborato da un gruppo di attivisti e ricercatori che durante i mesi di sospensione delle attività e degli spostamenti in Italia si sono interrogati sulle origini della crisi che stiamo attraversando, convinti che le premesse del disastro fossero tutte visibili ancora prima che arrivasse il nuovo coronavirus.

“Gli ingredienti di una pandemia sono gli stessi che muovono la crescita illimitata”, scrivono: lo sfruttamento intensivo delle risorse naturali, la crescita a cui si sacrifica la qualità dell’aria, dell’acqua, della terra e degli allevamenti animali; la densità abitativa delle grandi città; la crescente interconnessione di un mondo globalizzato, la spinta verso una produttività sempre più alta, gli standard sanitari e alimentari inadeguati. Insomma: la crisi del covid-19 deve spingerci a ripensare “un modello di crescita autodistruttivo improntato solo al benessere economico”.

Gli autori del manifesto vivono e lavorano per lo più a Napoli, anche se hanno orizzonti più ampi. Il gruppo è eterogeneo: ricercatori universitari, artisti, educatori, giornalisti. Hanno creato la rete Terre in movimento e si presentano con un’identità collettiva. Il nome che ciascuno usa è Ecopop, seguito da un numero per gli uomini e una lettera per le donne: questo perché, spiegano, “vogliamo dare voce a tutti i gruppi che si battono per la giustizia ambientale”. Aggiungono che l’anonimato è anche una sorta di tutela, “perché in molti conflitti ambientali i cittadini non hanno di fronte solo le istituzioni ma anche altre forze, inclusa la criminalità organizzata”.

La crisi dei rifiuti


Per spiegare cosa intendano con “ecologia popolare”, gli autori del manifesto citano la crisi dei rifiuti vissuta dalla Campania per circa un decennio a partire del 2001. “Era un conflitto ambientale tipicamente moderno”, osserva Ecopop 1, “chiamava in causa il ciclo dei rifiuti, la speculazione, i meccanismi illegali che trasferivano gli sversamenti industriali delle regioni più ricche alle zone più povere nel sud dell’Italia, un po’ come si mandavano le navi di rifiuti tossici in Africa. Eppure sui mezzi di informazione non è stato descritto come un conflitto ambientale, soprattutto all’inizio: si parlava di cattiva gestione, di traffici illegali, di camorra, ma la salute di quelle persone e l’ambiente entravano di rado nel discorso”.

Le proteste degli abitanti erano descritte più che altro come “egoismi localisti”. È nato allora il nome Terra dei fuochi. “Si discuteva di inceneritori e di dove collocare le discariche dando per scontato che chi viveva in quei luoghi non avesse una coscienza ambientale”, continua Ecopop 1. “Ma era vero il contrario. Abbiamo visto cittadine e cittadini lottare per difendere il proprio territorio e il proprio diritto alla salute, perché i primi a subire la situazione erano proprio loro. Hanno agito come comunità e in questo percorso hanno acquisito consapevolezza e conoscenze in modo indipendente. Ci sono voluti anni di battaglie perché questo fosse riconosciuto”.

“Le lotte in difesa dell’ambiente spesso non trovano sponde politiche o culturali perché nel nostro paese manca una cultura politica ecologica”, si legge nel manifesto. Si parla di “analfabetismo ecologico”. La sinistra italiana ha una “tradizione industrialista” che l’ha portata anche in tempi recenti a difendere scelte come la Tav, affermano gli autori. Nei programmi politici l’ambiente compare come citazione, “per darsi un volto presentabile”. “Vogliamo che la questione ambientale sia la chiave di lettura per tutti i temi della politica e della società”, dice Ecopop B.

La grande cecità

“Bisogna mettere l’accento sul legame tra il contagio e la cecità del modello di sviluppo”, si legge ancora nel manifesto. La pandemia, il degrado ambientale, le mutazioni del clima “sono tutti prodotti di un modello di crescita improntato al solo benessere economico che nasconde una sistematica volontà autodistruttiva”. Riecheggia quella che lo scrittore Amitav Ghosh ha definito “la grande cecità” di fronte al cambiamento climatico, e in effetti gli autori dichiarano di aver tratto ispirazione da quel saggio: “La grande cecità è quella degli esseri umani che non riconoscono alla natura un ruolo protagonista”, riassume Ecopop 1.



Gli autori del manifesto criticano in particolare l’idea di “sviluppo sostenibile”, che considerano una contraddizione in termini: “Si basa sull’idea di un buon uso delle risorse per una crescita economica compatibile con la natura. È il tentativo delle élites ‘avvedute’ di mediare tra l’ambiente e il capitalismo”, dice Ecopop 1: “Ma è una mediazione impossibile. La logica del capitalismo è la ricerca continua di profitto, non la tutela dell’ambiente o della salute della collettività. Al dunque, profitto e natura sono in conflitto”. E poi, “che mediazione può fare una cultura autodistruttiva?”. Al contrario, per “ribaltare il modello di sviluppo che ci ha portato alla crisi attuale” serve un’ecologia “partecipata e dal basso proprio come era successo nella Terra dei fuochi”. Citano i comitati che si battono per la bonifica nei numerosi siti industriali inquinati in Italia, i movimenti No Tav e quelli No Tap (che si oppongono al gasdotto Trans-Adriatico che dovrebbe approdare in Puglia).

La giustizia ambientale “è il nuovo spartiacque del conflitto sociale”, dicono in definitiva gli autori del manifesto di ecologia popolare. Il documento evoca “pratiche di mutualismo” nelle comunità fondate sul “diritto collettivo al cibo, alla salute, la terra, l’acqua come capisaldi del diritto alla vita”. Vedono un esempio positivo nelle esperienze di mutuo soccorso nate nelle settimane del confinamento, da Scampia a Rosarno. Guardano anche più lontano, alle reti di comunità indigene dell’Amazzonia in difesa della foresta o gli ecovillaggi del Rojava.

Il collettivo Terre in movimento si è dato degli obiettivi pratici. Mapperà i conflitti ambientali a cominciare dalle esperienze locali di difesa del territorio e della salute “e qui nel sud ne abbiamo molti casi, dalla Terra dei fuochi alle acciaierie di Taranto”. Avvierà un’inchiesta sul bacino del fiume Sarno, caso esemplare di dissesto e inquinamento: durante il confinamento il fiume si era ripulito e gli abitanti rivendicano una bonifica duratura. Poi un’indagine sul parco dei Camaldoli, 135 ettari di area protetta con un castagneto secolare, vero polmone verde alle porte di Napoli che però resta inspiegabilmente chiuso. L’obiettivo, dicono, è mettere in collegamento esperienze popolari, locali e globali. E diffondere una “vera cultura politica ecologica”.

fonte: www.internazionale.it



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Mamme No Tap: Ribellarsi facendo

I genitori del quartiere Tamburi di Taranto che occupano la scuola per difendersi dai veleni. Un partecipato sit-in a Sulmona che blocca il sopralluogo di Snam e Saipem perché il territorio è di chi lo vive non di chi lo vuole devastare per profitto. Alcuni No Tav settantenni che fanno incursione nel cantiere per l’alta velocità di Chiomonte. Diecimila persone che si riprendono Venezia al grido «Fuori le grandi navi dalla Laguna!». E poi le azioni e le proteste dei No Tap, delle Mamme No Pfas, dei No Muos, degli antimilitaristi sardi, dei comitati in difesa degli ulivi del Salento… La cattiva notizia è che tutto questo è accaduto nelle ultime settimane ma i media sono spesso distratti e riducono il fare politica alla vita del governo. La buona notizia è che ovunque, e in molti modi diversi, migliaia di persone comuni hanno cominciato a riprendere il destino della propria vita in mano

Tratta dalla pag. fb di Mamme No Tap

Un fiume di centocinquanta mamme no Pfas (acronimo che indica le sostanze perfluoroalchiliche) a Roma dal papa, con le loro t-shirt azzurre come l’acqua pura che vorremmo avere. Francesca, mamma tarantina, occupa il tavolo della giunta comunale per ribadire il diritto alla vita di tutti bambini, anche quelli di Taranto. I genitori del quartiere Tamburi, esasperati dall’assenza delle istituzioni, occupano le scuole.

A Sulmona, un partecipato sit-in blocca il sopralluogo di Snam e Saipem, perché il territorio è di chi lo vive, non di chi lo vuole devastare. Le mamme libere di Policoro scrivono al ministro dell’ambiente dando voce alla lotta contro la contaminazione da trialometani dell’acqua. In cinquanta città italiane, l’alleanza Stop 5G promuove presidi e mobilitazioni contro l’elettrosmog.

E ancora: diecimila persone si riprendono Venezia: «Fuori le grandi navi dalla Laguna!» E, quando il corteo giunge a San Marco, la fotografia per i croceristi sono migliaia di bandiere “No Navi” che sventolano. A Catania è prevista una manifestazione dei No Muos per chiedere la chiusura delle basi militari in Sicilia. Gli antimilitaristi Sardi, che chiedono la riconversione della fabbrica di bombe Rwm di Domusnovas, si sono resi protagonisti di un blitz al parlamento europeo dove hanno esposto uno striscione con la scritta “No al massacro nello Yemen”.

Alcuni No Tav over settant’anni, pochi giorni fa, hanno fatto incursione all’interno del cantiere per l’alta velocità di Chiomonte al grido di “Non ci fermeranno mai”. Il comitato No Tap ha presentato oltre dieci esposti in cui sono state segnalate tutte le criticità del progetto del gasdotto Trans Adriatico e chiede, oggi come ieri, che sia fatta chiarezza. Cosate Valle d’Itria e Popolo degli Ulivi hanno manifestato davanti alla sede RAI di Bari contro ‘l’imposizione di un nuovo latifondismo’ e a favore di una ricerca libera e della libertà di coltivazione. Chiedono lo lo stop alle misure anti xylella che impongono tagli degli ulivi e irrorazione di pesticidi. I No al carboneattaccano il sindaco di Brindisi: da sindaco ambientalista a sindaco pro fossile: la metamorfosi è inquietante, un cambio di ruolo che ha capovolto d’un botto storie personali e collettive…

E così, nonostante una specie di spaesamento che ogni tanto coglie ognuno di noi di fronte a tante “storture”, pensiamo che la concretezza di tante azioni, di tentativi di ribellione, di non assuefazione al male e alle sue troppe manifestazioni, siano la rappresentazione di un mondo, di uomini e donne, gente comune e al contempo straordinaria, che alza la voce e continua a pensare che l’unica strada possibile sia quella di continuare a percorrerla in “direzione ostinata e contraria”.

fonte: https://comune-info.net

La costruzione del futuro passa per di là




















Ad Avigliana, in Val di Susa, dal 29 giugno al 1 luglio 2018 si tiene la Festa dell’Altra Velocità; sarà un punto di incontro, scambio e ripartenza tra molti percorsi che costruiscono un futuro per tutti.
I camminatori della Compagnia dei Cammini arriveranno a piedi, dopo tre giorni di camminata scendendo lungo la valle, incontrando qualche pezzo di storia e di natura (qui il programma della camminata). Gli studenti e gli studiati della scuola estiva “Fare Comunità Oggi: Autonomia e Autogoverno”, organizzata da Rete di Reti insieme ad un gruppetto di giovani della valle, scenderanno da Venaus dopo cinque giorni di confronto su cosa significhino oggi autonomia e costruire comunità (qui il programma della scuola). Dalla Francia arriveranno i gruppi di consumo dei cortocircuiti, organizzati nella rete  “Usine à Gas”; una quarantina di gruppi sparsi per la Francia che si sono ispirati ai Gruppi di acquisto solidali (Gas) italiani per importare direttamente prodotti non disponibili localmente. A partire dagli agrumi del consorzio siciliano delle Galline Felici, hanno creato gruppi di cittadini che si occupano della distribuzione, estendendo la logistica ad altri prodotti italiani oltre che ai produttori locali. Queste associazioni francesi, attive in diverse città, hanno già organizzato nel 2016 a Veynes e nel 2017 a Varces, in Francia, feste di incontro con i loro amici siciliani e gli altri produttori italiani; per il 2018 hanno deciso di essere loro ad attraversare le Alpi e scendere in Val di Susa per incontrare vecchi e nuovi amici.
Oltre a loro, dall’estero sono attesi gli sviluppatori e attivisti di tecnologie e supporti informatici per l’economia solidale: Cagette, Katuma, Open Food Network, Open Food France. Dall’Italia arriveranno anche gli esponenti di diversi gruppi e organizzazioni attive nei campi del consumo consapevole organizzato (Gas), della Piccola Distribuzione Organizzata (Pdo), produttori, educatori, comunicatori, giornalisti, associazioni e reti che operano per il bene di tutti(economia solidale, contadine, accoglienza migranti, etc.).
Ad accoglierli ci saranno le organizzazioni del territorio: il co-working Worcup!, l’associazione di imprenditori Etinomia, la rete dei Gas della zona Torino-Ovest e bassa Val Susa RES.TO insieme ad altri Gas della Valle, che forti dei diversi incontri preparati negli anni precedenti, in questi giorni si stanno districando tra le  mille questioni organizzative.
Ma perché questa concentrazione di portatori di esperienze di cambiamento? A cosa serve? Il tema che sta sotto ai diversi incontri, sia quelli inseriti nel programma che quelli che nasceranno occasionalmente, è la costruzione del futuro.
Confrontare e mescolare esperienze di co-produzione, Gas, cibo, PDO e supermercati autogestiti, strumenti informatici, comunicazione, accoglienza migranti, fiducia, camminate e laboratori, è un modo per costruire un futuro che ci piace, perché la storia procede attraverso questo tipo di intrecci e di percorsi sghembi: uno sguardo, una parola, un’idea, un progetto.
Euclides Mance (vedi il suo ultimo libro Circuiti economici solidali) ci invita ad alimentare l’affermazione di una economia solidale di liberazione attraverso la orientazione dei flussi, ed in particolare dei flussi materiali, dei flussi di potere e dei flussi di conoscenza.  Modificare i sistemi di acquisto e distribuzione, ad esempio, significa orientare i flussi materiali; contrastare le asimmetrie economiche ed informative significa orientare i flussi di potere e di conoscenza; tutto questo ci serve per consolidare le basi che consentono lo sviluppo di una economia e una società orientate al bene di tutti.
Ma qual è il soggetto che può dirigere questi flussi? Che prende in mano i rubinetti ed i miscelatori per regolarli secondo il bene di tutti? Questa è forse la sfida più profonda che stiamo affrontando: la costruzione di questo soggetto collettivo. Se la strada è impervia, e alle volte l’ossigeno scarseggia, è a causa dell’altezza della meta; ma se vi pare irraggiungibile, provate a pensare se c’è un altro che possa affrontare la salita al posto nostro. Una cosa abbiamo capito, che questo soggetto deve corrispondere a quello che stiamo chiamando Noi tutti, ovvero un noi che non possa essere utilizzato come opposto ad un loro, ma che in ogni territorio sia aperto a tutti i suoi abitanti.
Di conseguenza, il programma della festa è stato costruito mettendo insieme le proposte portate dalle organizzazioni che la promuovono, e organizzato secondo tre filoni: il benvivere (dove vogliamo andare), le alleanze (insieme a chi), i metodi e gli strumenti (come); a fianco a questi tavoli di confronto sui diversi argomenti si terranno laboratori ed attività per ragazzi, spettacoli e intrattenimento, proiezioni e tempo libero.
I tavoli sono stati preparati dalle organizzazioni interessate, e saranno solo una stazione lungo un viaggio che è già iniziato prima e continuerà dopo. Per questi motivi sarà una festa: una tappa di un sentiero che non inizia e non finisce ad Avigliana, costruito insieme oltre le differenze di opinioni; infatti, se ci guardiamo indietro, possiamo notare quanta strada abbiamo già percorso.
Quelle che si incontrano sono pratiche ed esperienze che già adesso, ognuna nel proprio campo, sperimentano la costruzione del futuro. Le idee chiave che ci servono per orientare la traversata, parole come resilienza, speranza, benvivere, accoglienza, condivisione, fiducia e solidarietà, pur nelle difficoltà, sono già nei nostri bagagli; il futuro è in costruzione.

Trovate le informazioni sulla festa e il programma su questo sito (in costruzione): www.altravelocita.info, a questo link [qui] su SBW la descrizione dell’evento e un po’ di informazioni logistiche, lì è possibile registrarsi per segnalare la partecipazione.
fonte: comune-info.net

Centocinquanta comitati territoriali per il “No” al referendum

Sui nostri territori #decidiamoNOi”: movimenti ambientalisti contro la riforma del Titolo V della Costituzione, che dà allo Stato tutto il potere decisionale in merito a energia e infrastrutture. Ecco l’appello per il “No” al referendum del 4 dicembre
Manifestazione contro le trivellazioni Eni a Carpignano Sesia, nel novarese. Il parere contrario della Regione Piemonte può essere bypassato dal ministero dell'Ambiente, nell'ambito della procedura VIA. Raccontiamo questa storia su Altreconomia 187 (novembre 2016) 
Manifestazione contro le trivellazioni Eni a Carpignano Sesia, nel novarese. Il parere contrario della Regione Piemonte può essere bypassato dal ministero dell'Ambiente, nell'ambito della procedura VIA.

“Sui nostri territori #decidiamoNOi” è l’appello per il voto contrario al referendum costituzionale che ha raccolto l’adesione di 150 realtà territoriali: lanciato da ASud, Rete della Conoscenza e Coordinamento nazionale No Triv, esprime una critica rivolta, in particolare, al disegno centralista alla base della revisione del Titolo V e all’introduzione della cosiddetta “clausola di supremazia statale”. “Con l’ennesima Riforma del Titolo V, gli enti territoriali, che spesso si sono fatti carico delle istanze dei cittadini, contribuendo a migliorare la realizzazione di taluni progetti o evitando, quando ciò fosse manifesto, che il territorio venisse devastato, non avranno più voce in capitolo su materie o politiche cruciali per la sorte delle collettività locali” si legge nell’appello, presentato a Roma il 28 ottobre-. Le materia non più concorrenti vanno dall’energia alle infrastrutture, passando per il governo del territorio, la valorizzazione dei beni culturali e, più in generale, ogni altra materia che il Governo, “nell’interesse nazionale”, dovesse ritenere di lasciar disciplinare al solo Parlamento, come ricostruito nei giorni scorsi da Altreconomia nell’articolo “Stato vs Regioni: la nuova Costituzione darebbe al primo un potere ‘supremo’”. Così, questo “No” è anche “rivendicazione di un allargamento della base democratica e di un ripensamento della democrazia che parta dalla redistribuzione di poteri decisionali a territori e enti democratici di prossimità” spiega l’appello.

Il logo dei "territori per il No"
Il logo dei “territori per il No”
All’iniziativa -in continuità con la mobilitazione popolare costruita sui territori attorno al referendum abrogativo dello scorso 17 aprile- hanno aderito, tra gli altri, No TAV, No MUOS, Coalizione campana Stop Biocidio, l’associazione ISDE-Medici per l’Ambiente e reti territoriali di Abruzzo, Sardegna, Veneto, Basilicata, Puglia, Lombardia, ma anche i comitati di Brescia, Taranto, Brindisi e Gela.
“Nelle mobilitazioni che abbiamo alimentato negli ultimi anni abbiamo imparato una lezione capitale: la democrazia nel nostro Paese va riformata, sì. Ma nel senso che va estesa e restituita alle collettività locali. Non possiamo accettare una costituzionalizzazione della sospensione democratica, da noi avversata con forza in questi ultimi anni, né accogliere la becera logica sottesa a provvedimenti dannosi come lo Sblocca-Italia. In altre parole: non possiamo restare impassibili dinanzi all’idea che gli interessi economici e senza scrupolo dei potentati di turno, delle grandi lobbies finanziarie, energetiche e industriali diventino parte della nostra Costituzione”.

fonte: www.altraeconomia.it

Possiamo prenderci cura del territorio



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Medole è una cittadina piena di storia, ai piedi delle colline moreniche che si affacciano sul Lago di Garda, nei pressi di Desenzano. I suoi quattromila abitanti sono molto affezionati al loro sindaco. Giovanni Battista Ruzzenenti ha cominciato come assessore per il Pci nel 1975, a ventinove anni. Ha poi fatto il sindaco e, con una sola interruzione, lo scorso anno, a capo della lista di cittadinanza “Medole verso il futuro”, è stato rieletto per la sesta volta. Un record sicuramente ben meritato.
La sua prima battaglia è stata contro l’apertura di una discarica. L’ultima, tutt’ora in corso, la si legge in un cartellone all’entrata del paese: “Medole No Tav”. Contestata è la tratta Brescia-Verona su un nuovo sedime che sventra località magnifiche. Per dare il buon esempio l’amministrazione ha approvato un Piano di governo del territorio che azzera il consumo di suolo riducendo l’edificabilità già concessa. Con un altro Piano di interesse sovra-comunale intende tutelare le aree con valenze storiche-culturali e ambientali.
Ma la sfida che Medole ha già vinto è sull’energia pulita. Da un lato, grazie all’introduzione di una normativa d’ordine igienico e sanitario, ha negato la costruzione di impianti di energia elettrica da biogas, di dubbia efficienza, entro un raggio di cinque chilometri dalle scuole. Dall’altro, ha recuperato tramite una radicale bonifica una vecchia cava adibita abusivamente a discarica e vi ha costruito un impianto fotovoltaico da un Megawatt che oggi – dedotti i costi di ammortamento e gli oneri finanziari – frutta 300.000 euro all’anno: l’8 per cento di tutte le entrate su cui può contare il Comune. Eliminata l’addiziona Irpef, rimangono denari per i servizi del welfare locale: un asilo nido con cucina gestita direttamente dal Comune che si approvvigiona da produttori locali e che fornisce anche a domicilio trenta pasti al giorno ad anziani soli; un centro di aggregazione giovanile pomeridiano presso i locali della parrocchia, concessi non senza titubanze vescovili; il Teatro comunale che riesce a mettere in scena una stagione di spettacoli. Venti dipendenti comunali, alcune Onlus, il lavoro volontario di alcune famiglie che ottengono in cambio sconti sulle bollette (“morosità incolpevole”, si chiama in burocratese).
Poi vi sono venticinque tra profughi e rifugiati ospitati in paese che aiutano ogni giorno i bambini ad andare a scuola con il Pedibus. Un modello di integrazione. Medola aderisce a Libera e a Avviso Pubblico. Ruzzenenti è molto preoccupato per il rischio di infiltrazioni camorristiche dovute ad uno Stato che si ritrae, abbandona gli enti locali e li induce a privatizzare i servizi. Va d’accordo più con i grillini che non con il suo partito, il Pd. L’anno scorso ha strappato la tessera per protestare contro le politiche del governo Renzi. Dopo un po’ gliene hanno portata a casa una nuova.

Paolo Cacciari
* Paolo Cacciari è autore di articoli e saggi sulla decrescita e sui temi dei beni comuni. Il suo nuovo libro, Vie di fuga (Marotta&Cafiero) – un saggio splendido su crisi, beni comuni, lavoro e democrazia nella prospettiva della decrescita – è leggibile qui nella versione completa pdf (chiediamo un contributo di 1 euro).
fonte: http://comune-info.net
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