Lo sapevi che le tartarughe sono danneggiate dalla plastica abbandonata in mare


















fonte: www.ricicla.tv

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Pavegen, energia elettrica dal cammino delle persone

Esiste una tecnologia in grado di ottenere energia elettrica dai passi degli esseri umani. L’augurio è che possa provenire anche dal movimento delle auto.















Ricavare energia elettrica dal cammino delle persone. E fra qualche tempo, se possibile, dalla circolazione delle auto (più precisamente, la generazione di energia potrebbe avvenire quando i veicoli si fermano agli stop e ai semafori), come auspica il Gruppo Volkswagen, da sempre sensibile alle tematiche ambientali. A un primo sguardo potrebbe sembrare la classica invenzione tanto interessante quanto irrealizzabile: invece il pavimento che ricava energia dai passi delle persone è già realtà e ha dimostrato di funzionare. Si chiama Pavegen ed è frutto del genio di Laurence Kemball-Cook, un designer industriale sensibile alla tematica delle fonti rinnovabili per la produzione di energia che ha avuto un’intuizione davvero interessante. “L’eolico e il solare possono non funzionare nelle grandi città, dove c’è molta ombra e gli edifici bloccano il vento” spiega Kemball-Cook, che ha una laurea in design industriale, in un’intervista ripresa da MoDo, il portale di Volkswagen Group Italia che racconta la mobilità di domani. “Una stazione della metro all’ora di punta è come un alveare, pieno di attività ed energia. E se si potesse sfruttare quest’energia e trasformarla?”





Dettaglio sul pavimento Pavegen © Pavegen
Dalla teoria alla pratica

Detto, fatto. Kemball-Cook e il suo team di tecnici si sono messi al lavoro per creare il pavimento capace di trasformare l’energia cinetica dei passi in elettricità. Ma il primo prototipo, pur incoraggiante, non fornisce risultati soddisfacenti. La svolta arriva nel 2016, quando la Pavegen mette a punto la seconda generazione del pavimento. Le “mattonelle” di cui è composto, a tre lati, presentano un volano per ogni angolo. Queste, e altre ottimizzazioni, consentono di generare fino a 200 volte più elettricità rispetto al prototipo iniziale. Le applicazioni più logiche per una pavimentazione di questo genere (garantita venti anni) sono quelle nei luoghi affollati: centri commerciali, aeroporti, zone pedonali.

Il pavimento Pavegen ricava energia dai passi © Pavegen
Dai piedi alle ruote

L’obiettivo è che il medesimo meccanismo di recupero dell’energia si possa applicare – con gli opportuni adeguamenti – al manto stradale, per trasformare l’energia cinetica delle auto di passaggio (su pedane posizionate agli stop e ai semafori) in elettricità. Dato il peso delle auto – 1.500 kg circa, in media, contro 75, sempre a livello indicativo, di una persona – si potrebbe generare una quantità d’energia decisamente superiore. Va detto che Pavegen non ha ancora rilasciato informazioni ufficiali sullo stato di avanzamento lavori in merito a questo progetto.


Il pavimento Pavegen trasforma energia cinetica in elettricità © Pavegen
Dove si trova nel mondo

Pavegen ha “steso” la sua pavimentazione in diversi luoghi del mondo. Fra questi: l’International Airport di Abu Dhabi, alcune sedi di Bnp Paribas e di Ellandi, Google e Siemens. Non solo: le mattonelle che trasformano energia cinetica in elettricità si trovano anche in Bird Street (che è anche la prima strada al mondo ad averle ricevute), a Londra, già dal 2017 e hanno permesso di alimentare l’illuminazione. Ancora, Pavegen è presente a Washington D.C., nei pressi della Casa Bianca. Senza contare le numerose applicazioni di tipo promozionale, in occasione per esempio di grandi eventi sportivi (del rugby e della Formula E).

Sostenibilità economica

Affinché un’invenzione possa rappresentare un passo avanti per l’umanità – e/o per l’ambiente – deve sussistere una condizione irrinunciabile: la sostenibilità economica della stessa. Diversamente, tale soluzione rischia di rimanere incompiuta, confinata nel cassetto delle buone idee, ma irrealizzabili. Bene: nel 2018, Kemball-Cook ha firmato un memorandum d’intesa con Siemens per espandere il volume d’affari dell’azienda. Vendendo – questo è l’obiettivo – il pavimento smart allo stesso prezzo di uno tradizionale.


Pavimento Pavegen a Berlino © Pavegen
Raccolta dati e gaming

La pavimentazione Pavegen dispone anche di una serie di trasmettitori Bluetooth a bassa potenza, i beacon. In questo modo si ha una rappresentazione precisa dei flussi di persone, dei picchi di traffico pedonale e delle abitudini delle persone. Elementi chiave per lo sviluppo delle smart cities . Non è tutto: la tecnologia Pavegen consente anche, tramite app, di decidere dove inviare l’energia generata; a un negozio o a un ente di beneficenza, solo per fare due esempi. Tutto ciò perché Laurence Kemball-Cook e la sua Pavegen non dimenticano uno dei principi fondanti della propria attività: la “gamification of life”. In poche parole, trovare modi divertenti per motivare le persone al cambiamento mediante feedback immediati. ”Nei prossimi mesi l’obiettivo è attivare un sistema che ‘premi’ le persone per i loro passi”, dice infine Kemball-Cook. Qualcosa che potrebbe stimolare anche i più pigri a fare attività fisica. Con il doppio vantaggio: quello individuale, salutistico, e quello collettivo, di creazione di energia pulita”.

fonte: www.lifegate.it


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Qual è il peso e l’impatto dei cittadini nella transizione energetica

A monitorare le "Iniziative di Azione Collettiva" (CAIs) per la transizione energetica è un progetto europeo che vede partecipe anche l'Italia. Entro fine luglio si possono presentare le proprie iniziative.



















Hai lanciato una Iniziativa di Azione Collettiva per la transizione energetica? Vuoi partecipare ad un progetto che sta indagando sulle queste realtà?

Un progetto europeo, COMETS, sta mappando queste iniziative in sei paesi europei, compresa l’Italia. E fino alla fine di luglio potrai partecipare presentando la tua iniziativa (vedi più avanti).

Partiamo dalla spiegazione di cosa sono le Iniziative di Azione Collettiva (CAIs) per la transizione energetica: sono piani o progetti che, combinando diversi modelli organizzativi e di business, varie tecnologie e risorse in differenti contesti territoriali e socio-culturali, possono rafforzare il ruolo dei cittadini come parte attiva del sistema energetico producendo un impatto sociale, economico e ambientale

COMETS (Collective Action Models for the Energy Transition and Social Innovation) è, appunto, il progetto europeo che sta monitorando tali iniziative; è finanziato nell’ambito del programma Horizon 2020 con l’obiettivo di comprendere l’impatto delle Iniziative di Azioni Collettive (CAI) nella transizione energetica a livello locale, nazionale ed europeo.

Un webinar di presentazione è stata l’occasione per illustrare più compiutamente le premesse e gli obiettivi del progetto. COMETS è coordinato dall’Università di Torino e coinvolge 12 partner da 8 paesi europei. Il centro GREEN (Centro di Ricerca sulla geografia, le risorse naturali, l’ambiente, l’energia e le reti) dell’Università Bocconi è il partner italiano.

Problemi, opportunità e prospettive delle CAIs

Nel corso del webinar Alessandro Sciullo e Osmar Arobbio (Unito) hanno condiviso le premesse e gli obiettivi del progetto che si prefigge di sviluppare una solida conoscenza e comprensione dei processi di innovazione sociale promossi dalle CAIs.

Affinché tali iniziative possano prodursi è necessario che i cittadini siano motivati a partecipare, abbiano una quantità e qualità di informazioni che consenta loro di sviluppare una sensibilità rispetto al tema energetico e ambientale. Naturalmente servono competenze esperte e un adeguato supporto finanziario.

Questo, in estrema sintesi, è il presupposto di partenza del progetto, che ha l’ambizione di quantificare il contributo complessivo delle CAIs alla transizione energetica attraverso una indagine che coinvolga tutte le iniziative in corso nei sei paesi europei coinvolti (IT, ES, BE, NL, PL, EE).

Una successiva indagine qualitativa darà risposte circa le condizioni che rendono possibili tali iniziative e gli eventuali ostacoli nonché gli impatti ambientali, economici e sociali che possono produrre.

“La letteratura in materia ha già prodotto risultati in questo senso”, ha detto Arobbio, rilevando che “il contributo delle CAIs è ben poco sfruttato a causa della frammentazione delle iniziative: le CAI energetiche tendono infatti a svilupparsi separatamente le une dalle altre, senza sinergia con altre iniziative in settori differenti da quello energetico. Inoltre, ogni iniziativa è fortemente dipendente dal contesto e l’assenza di una strategia applicabile ovunque ne limita la replicabilità. Infine, si ritiene che ci sia molta ricerca sulle CAIs ma poca ricerca con esse”.

Il progetto, al suo secondo anno dei tre complessivi, sta entrando nella fase di indagine con lo scopo di capire quali sono i fattori determinanti per lo sviluppo delle Iniziative di Azione Collettiva nel settore energetico.

In particolare, quali le innovazioni sociali nel settore energetico sia in termini di prodotto che di processo. Chi promuove e partecipa in queste iniziative e perché; in che senso e misura le CAIs possono essere considerate innovazioni sociali. E, infine, quando possiamo dire che una CAI energetica ha successo, cioè sia sostenibile rispetto all’ambiente, all’economia e alla società.

Da questa ricognizione COMETS potrà proporre nel breve termine nuovi strumenti per aiutare le CAIs e i decisori locali coinvolgendoli nel progetto.

Nel medio-lungo termine sarà disponibile una Piattaforma di Supporto per nuove iniziative contenente un set di informazioni esaustivo, scenari, roadmaps e modelli oltre a un network di iniziative collettive.

Potranno beneficiarne le CAI esistenti e future, con nuove soluzioni per un ulteriore sviluppo, i cittadini, che acquisiranno consapevolezza sui vantaggi della partecipazione al mercato dell’energia, e i decisori politici locali ed europei, che avranno strumenti basati sull’evidenza a supporto della transizione energetica per lo sviluppo di un sistema energetico più decentralizzato, economico, sicuro, inclusivo e sostenibile.

I primi risultati dell’indagine

Dalle prime risposte ottenute (circa un centinaio che riguardano tutti i paesi coinvolti) emerge che alla base dello sviluppo delle iniziative c’è l’obiettivo di rendere più sostenibili i comportamenti dei cittadini e perseguire un modello di democrazia energetica in alternativa al sistema tradizionali delle fossili.

Veronica Lupi (Green Bocconi), che ha presentato i risultati, rileva che un forte interesse risiede anche nella possibilità di ottenere vantaggi economici per i cittadini e aumentare la generazione di energia a livello locale.

Prevale la collocazione delle iniziative nelle aree urbane, limitatamente ad un unico Comune, ma con poco margine rispetto ad iniziative in ambito rurale e che coinvolgono più comuni, come anche nella stessa regione.

Le CAIs sono state finanziate per la maggior parte dai cittadini oppure con contributi pubblici e sussidi, mentre una componente minore è stata finanziata da banche e crowdfunding.

Le motivazioni principali che incentivano la partecipazione dei cittadini membri sembrano essere il senso di appartenenza alla comunità e la possibilità di investire denaro in energia rinnovabile, insieme alla possibilità di avere un buon ritorno dell’investimento.

La maggior parte delle iniziative sono connesse con la generazione di energia, sia con impianti fotovoltaici che eolici. Quasi la metà delle CAIs offre anche servizi di consulenza sui servizi energetici.

In generale le CAIs sono attive a livello sociale con attività di lobbying, consigli di policy e attività sui media e canali social, supporto ad altri progetti locali e attenzione alla povertà energetica.

Non mancano gli ostacoli alla partecipazione dei cittadini. Tra questi emerge la mancanza di interesse alla transizione energetica e la non comprensione dei benefici che l’iniziativa potrebbe produrre.

Infine, trovare un supporto politico, capire le procedure amministrative, il difficile accesso alla finanza e al rispetto di norme e regolamenti vengono indicati tra i fattori che rendono difficile lo sviluppo e il mantenimento nel tempo delle iniziative. Pare poco o per nulla problematico competere con altre iniziative di azione collettiva, ma in misura maggiore con soggetti energetici strutturati.

Come partecipare all’indagine

Ai soggetti che vorranno partecipare all’indagine compilando il questionario entro la fine di luglio sarà chiesto di specificare il nome dell’iniziativa e come ha avuto origine, quale l’obiettivo che si vuole raggiungere e quale la governance e il livello di partecipazione dei cittadini, l’ambiente in cui opera l’iniziativa, sia a livello geografico che sociale e in riferimento ai partners dell’iniziativa. Il tempo di compilazione del questionario è di circa 25/30 minuti

Prossimi passi

Alla chiusura della survey, grazie all’analisi dei dati raccolti si potrà fare una valutazione delle performance delle CAIs nell’incentivare l’innovazione economica, ambientale e sociale, caratterizzare le varie tipologie di CAI ed effettuare comparazioni tra i paesi partecipanti.

Saranno infine selezionati 5 casi studio per paese che, nell’ottica della ricerca-azione, a partire dal mese di ottobre saranno visitati dal gruppo di ricerca. Da aprile 2021, infine, si costruiranno scenari e roadmaps e modelli.

Iniziative di Comunità energetiche in Italia

Chiara Candelise (Green Bocconi) ha introdotto alcuni casi di comunità energetiche distinguendo quelle della New Wave, cioè nate negli anni 2000, che si caratterizzano come aggregazioni di cittadini per lo sviluppo e investimenti in progetti di rinnovabili, basati sostanzialmente su modelli di business, da quelle storiche sviluppatesi intorno all’idroelettrico nelle zone alpine, e poi da quelle che Candelise definisce comunità tecniche, che si stanno diffondendo in Italia in vista del recepimento della direttiva europea sulle comunità energetiche.

Il caso della Comunità energetica del Pinerolese (tecnica), che è stato illustrato dal professor Angelo Tartaglia, e quelli di Energia Positiva e ènostra, che avevamo intervistato insieme a WeForGreen (modelli di business) rientrano nell’ampio spazio che QualEnergia.it ha dedicato alle esperienze e agli studi sulle Comunità energetiche.

Tra le comunità tecniche ricordiamo quelle sarde di Berchidda e Benetutti oltre all’esperienza di Serrenti, che ha tutte le caratteristiche per evolvere in comunità energetica.

Va evidenziato l’interesse del progetto COMETS riguardo gli ostacoli che possono impedire il pieno dispiegarsi delle iniziative volte a favorire la transizione energetica. Il tema era stato trattato in un interessante studio di Magnani, Osti e Carrosio a proposito della fiducia nella riqualificazione dei condomini e, quanto all’incertezza normativa, nel corso della presentazione del Rapporto Comunità Rinnovabili di Legambiente.

Infine, il tema della transizione energetica e della accettabilità sociale delle energie rinnovabili, cui le comunità energetiche dovrebbero porre rimedio, è stato affrontato in due interviste a Luca Tricarico e Natalia Magnani.
Il progetto COMETS
La piattaforma di supporto

fonte: www.qualenergia.it



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I #Seminari del #CRURZ - Economia Circolare tra strategie globali e pratiche locali - Giovedi 9 luglio 2020 - ore 21.30

a cura di Enzo Favoino


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Processo Miteni: “Mi batto contro il Pfas nel sangue di mia figlia” | VIDEO

Michela Piccoli fa parte del comitato delle Mamme No Pfas, tra i 200 che si sono costituiti parte civile nel processo a carico degli ex vertici della Miteni, l’azienda che per oltre 50 anni ha prodotto Pfas e che è costruita sopra la falda acquifera che rifornisce le province di Vicenza, Verona e Padova



“Io spero di ottenere giustizia, al di là di un risarcimento danni”. Michela è determinata a portare avanti la battaglia delle “Mamme No Pfas”. Stiamo parlando della vicenda della contaminazione da Pfas dell’acqua tra le province di Vicenza, Verona e Padova, un tema di cui ci aveva parlato Nadia Toffa già nel 2016. Gli Pfas sono composti chimici presenti in tantissimi oggetti che usiamo tutti giorni, come pentole antiaderenti, giubbotti impermeabili, cartoni della pizza. La ditta che per oltre 50 anni ha prodotto queste sostanze è la Miteni, fallita a fine 2018, e che è costruita proprio sopra la falda acquifera che rifornisce gli acquedotti che danno da bere alle tre province. Alcuni studi avrebbero stabilito delle correlazioni tra queste sostanze e alcune patologie come diabete, aumento del colesterolo e malattie della tiroide. E secondo uno studio del gruppo di ricerca del professor Carlo Foresta dell’Università di Padova, i Pfas sarebbero responsabili dell’alterazione della fertilità nella donna.

“Le mie amiche hanno avuto casi di poliabortività”, racconta Michela, che vive nella zona interessata, intervistata da Giulia Innocenzi a Iene.it: aspettando Le Iene. “Anche io ho avuto un aborto spontaneo e ci sono molti casi di figli di donne che conosco che sono nati piccoli o pretermine”. Michela racconta anche di alcune patologie nella sua famiglia: “Mio suocero è morto a 62 anni per una morte improvvisa, colesterolo alle stelle e problemi di cardiopatia, mio marito prende le statine da 20 anni, mia cognata ha problemi di colesterolo molto alto”.

"Chi è Maria?", chiede Giulia Innocenzi vedendo la maglietta di Michela con su scritto questo nome e un valore: “Maria è mia figlia, questo è il valore di Pfoa, una tipologia di Pfas, che aveva nel sangue quando aveva 14 anni. È un livello altissimo, 10 volte sopra il limite. E non dovrebbero proprio esserci i Pfas nel sangue”. Michela, da quando la contaminazione delle acque è stata nota, non beve più acqua del rubinetto: “Anche se adesso ci sono 10 batterie di filtri nell’acqua io non la bevo più, poi ognuno è libero di fare quello che vuole. Ma quando sei stato scottato una volta con l’acqua calda non ti fidi più nemmeno di quella fredda!”.

Proprio su questa vicenda è in corso un processo, in fase di udienza preliminare, che vede imputati 13 dirigenti tra cui gli ex vertici della Miteni, accusati di avvelenamento delle acque e disastro innominato. Sono state ammesse oltre 200 parti civili tra cui ex lavoratori Miteni, la Regione Veneto, il Ministero della salute e le Mamme No Pfas, di cui fa parte Michela.

L’8 giugno è ripreso, con l'udienza preliminare sulle citazioni dei responsabili civili, il processo. Il giudice ha dato atto della correttezza delle notifiche effettuate dalla Regione Veneto al fallimento di Miteni. Le notifiche riguardano le due società controllanti di Miteni: la società giapponese Mitsubishi Corporation, che ha depositato l'atto di costituzione, e la società lussemburghese International Chemical Investors. Il processo è stato rinviato all'udienza del 12 ottobre, l'inizio della discussione dell'udienza preliminare.






fonte: https://www.iene.mediaset.it/




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ONU: batterie per auto elettriche, il problema delle materie prime

La Conferenza delle Nazioni Unite su Commercio e Sviluppo ha esaminato le diverse fasi della trasformazione da minerali / salamoie in prodotti a valore aggiunto e le implicazioni per i paesi produttori




La domanda di materie prime utilizzate per la produzione di batterie per auto elettriche è destinata a crescere rapidamente man mano che il petrolio perderà potere. Un aumento che potrà aprire nuove opportunità commerciali ma che, nel contempo, si trascina ancora diverse preoccupazioni in merito all’impatto ambientale e sociale. Il futuro, come spiega l’UNCTAD, la Conferenza delle Nazioni Unite su Commercio e Sviluppo, sarà deciso dalla capacità o meno dei paesi chiave di evitarne gli effetti negativi. “Le batterie ricaricabili svolgeranno un ruolo significativo nella transizione globale verso un sistema energetico a basse emissioni di carbonio […] se le materie prime utilizzate nella loro produzione verranno acquistate e prodotte in modo sostenibile”, afferma l’UNCTAD.

Si tratta, tuttavia, di un percorso ad ostacoli.

Il primo problema è prettamente geografico: le materie prime critiche per le batterie auto (e non solo) sono concentrate in poche regioni. Quasi il 50% delle fonti mondiali di cobalto, ad esempio, si trova nella Repubblica Democratica del Congo, il 58% del litio impiegato dal mercato mondiale proviene dal Cile. O ancora, l’80% delle riserve di grafite naturale si trovano in Cina, Brasile e Turchia, mentre il 75% delle riserve di manganese appartengono ad Australia, Brasile, Sudafrica e Ucraina. Come evidenziato nel nuovo report della Conferenza, questa produzione altamente concentrata e spesso suscettibile di interruzioni, solleva preoccupazioni sulla sicurezza dell’approvvigionamento.

Secondo il documento, investire in tecnologie che dipendono meno da questi elemento critici potrebbe aiutare a ridurre la vulnerabilità dei consumatori, ma ridurrebbe i ricavi delle nazioni produttrici. Senza contare che la maggior parte del valore aggiunto viene oggi generato al di fuori di questi Paesi. Un caso eclatante è cobalto congolese: l’incremento del valore è legato alle operazioni di lavorazione e raffinazione effettuate negli impianti di Belgio, Cina, Finlandia, Norvegia e Zambia.

“L’aumento della domanda di materie prime strategiche utilizzate per fabbricare batterie per auto elettriche aprirà maggiori opportunità commerciali per i paesi che forniscono questi materiali” ha affermato Pamela Coke-Hamilton, direttrice internazionale dell’UNCTAD. “È importante che questi paesi sviluppino la loro capacità di crescere nella catena del valore”.

Ciò significa anche affrontare velocemente gli impatti ambientali e sociali di questa filiera. Basti pensare che circa il 20% del cobalto fornito dal Congo proviene da miniere artigianali in cui sono state segnalate violazioni dei diritti umani e lavoro minorile. E in Cile, l’estrazione del litio utilizza quasi il 65% dell’acqua nella regione del Salar de Atamaca, una delle aree desertiche più aride del mondo. Ciò ha causato l’esaurimento e l’inquinamento delle acque sotterranee, costringendo gli agricoltori e i pastori locali ad abbandonare le proprie terre.

Una delle soluzioni onnicomprensive individuate dagli autori del report consiste nell’aumentare il tasso di di riciclo dei materiali; a partire ovviamente da una migliore progettazione delle batterie e sviluppando standard di riciclaggio ad alta efficienza collegati a uno schema di certificazioni

fonte: www.rinnovabili.it



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iOS 14 dona un cuore nuovo ai vecchi iPhone

La prossima versione del sistema operativo mobile di Apple è compatibile con gli iPhone 6s, presentati cinque anni fa. Così l’azienda di Tim Cook risponde alle accuse di obsolescenza programmata
















La nuova versione di iOS 14, il sistema operativo di Apple annunciata alla Conferenza degli sviluppatori WWDC e che sarà disponibile per tutti gli utenti in autunno, tra le altre cose funzionerà anche su telefoni di un lustro fa. Apple infatti ha annunciato che saranno compatibili con iOS 14 i telefoni di Cupertino a partire dall'iPhone 6s. Cioè, l'ultima versione del sistema operativo potrà girare (gratuitamente) sui modelli di smartphone commercializzati a partire dal settembre 2015, poco meno di cinque anni fa. E non è una anomalia, perché anche iPadOS 14, la versione tablet del sistema operativo, funzionerà sugli iPad Air 2 (in commercio da ottobre 2014) e iPad Mini 4 e successivi (da settembre 2015) e iPad Pro (da settembre 2015).

Ecco il nuovo iOS 14, così cambierà l'iPhone

In assoluto cinque o sei anni magari non sembrano molto tempo, ma dal punto di vista tecnologico sono un’era geologica. E il punto qui non è tanto che gli apparecchi in questione funzionino ancora (ci mancherebbe altro) ma che siano capaci di utilizzare l'ultima versione del sistema operativo. I sistemi operativi sono il cuore degli apparecchi tecnologici e noi percepiamo la novità in parte sulla linea e le dimensioni (peso incluso) dei dispositivi, ma soprattutto sulle loro capacità e funzionalità. I sistemi operativi di Apple vengono rilanciati ogni anno con nuove funzionalità e nuove tecnologie. Nel 2015 fu la volta di iOS 9, la prima versione del sistema operativo disponibile fin da agosto in versione beta pubblica. Miglioramenti a Siri e al Centro Notifiche, nuova app News (mai arrivata da noi), modalità serale con luminosità ridotta Night Shift e infine il 3D Touch, la possibilità di premere con forza lo schermo per far comparire sulle icone la scorciatoia ad alcune delle possibili funzioni (mandare un nuovo messaggio, creare una nuova mail).

Il trailer di presentazione dell'iOS 14 Apple



Invece le funzionalità che l'acquirente di un iPhone 6s potrà utilizzare non erano neanche immaginabili cinque anni fa, e trasformano il vecchio telefono sostanzialmente in uno nuovo. È il contrario dell'obsolescenza programmata, quello di cui molti si lamentano e per la quale sono state fatte in passato (e sicuramente verranno fatte anche in futuro) cause alle grandi aziende produttrici di tecnologia. La pratica è sbagliata e giustamente sanzionata, non fraintendiamo, tuttavia alle volte accade anche il contrario, e vale la pena di notarlo.

fonte: www.lastampa.it



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Cortina da luglio dice addio alla plastica
















Cortina dice addio alla plastica. A partire dal primo luglio le attività di ristorazione e somministrazione di alimenti e bevande, le organizzazioni turistiche che nell’ambito della loro attività forniscono pasti e bevande, gli enti, i privati e le associazioni che organizzano feste, eventi e sagre, per la consumazione su aree e luoghi pubblici o aperti al pubblico nel territorio comunale, dovranno fornire esclusivamente stoviglie, cannucce, contenitori in materiale biodegradabile e compostabile. L’ordinanza comunale pubblicata oggi prevede, dunque, l’eliminazione della plastica monouso da parte di esercenti e realtà che operano sul territorio nella somministrazione di cibi e bevande, in linea con la “Strategia Europea per la plastica” varata dalla Commissione Europea a gennaio 2018. “L’uso della plastica monouso fa parte della nostra quotidianità ed è complesso invertire un’abitudine così diffusa e radicata – dice Paola Coletti, Assessore del Comune – Ma è nostro dovere contribuire alla riduzione a tutti i livelli dell’uso della plastica. Il riciclaggio non basta, è necessario ridurne la produzione. E spingere i produttori all’utilizzo di materiali non solo biodegradabili, ma compostabili, affinché l’impatto delle nostre azioni quotidiane non lasci tracce negative sul futuro”. Cortina si inserisce, dunque, “tra le località montane che tornano ‘alle origini’ anche nei rifugi dove, solo alcuni anni fa, era normale consuetudine utilizzare bicchieri e caraffe in vetro senza ricorrere alla plastica”.

Fonte: ANSA


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Coronavirus: oltre 100 esperti ritengono sicuri i contenitori riutilizzabili














Oltre 100 esperti di salute pubblica e ricercatori di diciotto Paesi, tra cui l’Italia, hanno sottoscritto una dichiarazione indirizzata a consumatori, rivenditori, aziende e classe politica sostenendo che i contenitori riutilizzabili sono alternative sicure per la salute durante l’emergenza COVID-19. In tutto il mondo, infatti, sta aumentando l'uso della plastica monouso che potrebbe avere conseguenze decisamente disastrose sull'ambiente.

Gli esperti sanitari - insieme a Greenpeace e UPSTREAM, organizzazioni della coalizione internazionale Break Free From Plastic - confermano che gli imballaggi monouso, inclusi quelli di plastica, non sono affatto più sicuri di quelli riutilizzabili e che i sistemi basati su prodotti sfusi e ricarica sono assolutamente sicuri se si rispettano le regole basilari di igiene.

"La tutela della nostra salute deve includere il rispetto e la pulizia della nostra casa, il Pianeta", ha dichiarato il dott. Mark Miller, ex direttore di ricerca presso il Fogarty International Center del National Institutes of Health degli USA. "La promozione di inutili oggetti in plastica monouso per la presunta riduzione dell'esposizione al coronavirus genera un impatto negativo sull'ambiente, sui mari e sulle acque rispetto all'uso sicuro di sacchetti, contenitori e utensili lavabili e riutilizzabili".

La dichiarazione sottolinea che disinfettanti e detergenti di uso domestico quotidiano sono efficaci nel disinfettare le superfici e i contenitori riutilizzabili. La dichiarazione è una risposta ai rinvii e alle sospensioni temporanee su divieti, normative e tassazioni, tra cui la plastic tax nel nostro Paese, registrati in tutto il mondo durante la pandemia.

"Approfittare delle crisi per promuovere la plastica usa e getta, spaventando le persone sull’uso di borse, contenitori e altri oggetti riutilizzabili - ottenendo così la sospensione di provvedimenti nei confronti dell’industria della plastica - è la prova che questo sistema è marcio. Il nostro Pianeta, e in particolare il nostro mare, è malato anche per l'inquinamento da plastica e la pandemia che viviamo ci insegna che non c’è più tempo da perdere", dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile campagna inquinamento di Greenpeace. “Per mantenere le persone al sicuro e proteggere la nostra casa, dobbiamo ascoltare la scienza invece del marketing subdolo dell'industria della plastica che continua a fare profitti a scapito del Pianeta".

fonte: https://www.ilgiornaledellaprotezionecivile.it


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COMUNICATO STAMPA: RIPARTE il Repair Cafe Perugia



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Presentata la campagna del Ministero dell'Ambiente sullo smaltimento corretto di mascherine e guanti

Protagonista dello spot l’attore Brignano. Il ministro Costa: “Oggi è il momento di agire, non possiamo stare a guardare”




Gettare mascherine e guanti nell’indifferenziato, servirsi il più possibile di quelli riutilizzabili, non buttarli a terra per evitare gravi danni all’ambiente. Si concentra su questi tre punti la campagna di comunicazione del ministero dell’Ambiente, in collaborazione con la Guardia Costiera, Ispra, Iss, Enea e la commissione Colao, presentata il 30 giugno 2020 in conferenza stampa – la prima in presenza post-Covid – dal ministro Sergio Costa, a Roma nella sede del Comando generale della Guardia Costiera.

“Ricordati: mascherine e guanti vanno nell’indifferenziata. Oh, lo faccio anche io, eh!” – dice l’attore Enrico Brignano nello spot video realizzato dal ministero insieme con la Guardia Costiera. Disponibile da oggi, sarà trasmesso anche dalla Rai. Si ispira a quello realizzato da Nino Manfredi: Brignano eredita la sua empatia mostrando le conseguenze dell’abbandono di guanti e mascherine.

Oltre a questo spot, parte una campagna social “Alla natura non serve”, con meme e video emozionali dall’hastag #buttalibene. Il concept muove da una delle foto simbolo della pandemia: un uccellino trovato intrappolato in una mascherina, che ovviamente agli animali non serve, così come non serve alle strade, alla natura, ai mari. Un messaggio per tutti, soprattutto per chi abbandona questi rifiuti, forse inconsapevole del danno ambientale che sta causando.

“Mascherine e guanti monouso – ha osservato il ministro dell’Ambiente Sergio Costa – sono diventati un problema per l’ambiente, in Italia e nel resto del mondo. Da qui è nata la campagna istituzionale del ministero, affidata al carisma di Enrico Brignano, che con il suo potere di persuasione orienterà i comportamenti dei cittadini italiani nell’ottica di prestare attenzione all’ambiente. Anche tramite i social vogliamo raggiungere un pubblico vasto, soprattutto i più giovani. Perché oggi è il momento di agire per difendere la natura e il nostro pianeta dall’inquinamento. Non possiamo stare a guardare”.

“Una collaborazione, quella tra il Comando generale della Guardia costiera e il ministero dell’Ambiente, iniziata già lo scorso anno con il progetto di comunicazione e di educazione ambientale plasticfree, voluto per contrastare la dispersione delle microplastiche in mare e proseguita con la campagna ‘reti fantasma’ che vede impegnati i nostri nuclei subacquei nel recupero delle reti da pesca abbandonate nei fondali, che rappresentano un pericolo per la vita dell’ecosistema marino e per la sicurezza di bagnanti e subacquei” - ha dichiarato il Comandante generale del Corpo delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera, l’ammiraglio Giovanni Pettorino. “Quest’anno il nostro impegno a fianco del Ministro Costa si è rinnovato attraverso un’intensa attività di monitoraggio ambientale volta a ‘fotografare’ lo stato de mare durante il periodo di lockdown e nella fase immediatamente successiva e oggi, in particolare, per sostenere questa importante campagna del ministero dell’Ambiente e lanciare un messaggio a coloro che sceglieranno le coste italiane per loro vacanze”.

“L’Ispra e il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente” – ha affermato il presidente Ispra e Snpa, Stefano Laporta – aderiscono a questa campagna che si appella principalmente al senso civico di ciascuno di noi. I numeri parlano chiaro: in Italia si ha una produzione giornaliera di rifiuti da mascherine pari a circa 410 tonnellate, con un valore medio per la fine del 2020 di 100.000 tonnellate di rifiuti; la produzione di rifiuti da guanti sino a fine anno sarà di un valore medio di 200.000 tonnellate. Questi numeri devono necessariamente indurci a comportamenti virtuosi nei confronti dell’ambiente”.

“Questa iniziativa – ha scritto in un messaggio istituzionale il presidente dell’Iss, Silvio Brusaferro – è un ottimo esempio di come il contrasto alla pandemia coinvolga tutti gli aspetti della nostra convivenza e richieda uno sforzo comune e coordinato. Anche in questa fase della pandemia è importante che tutti agiamo nelle prospettive dell’agenda per lo sviluppo sostenibile dove il tema ambiente, insieme a quello della salute, siano centrali”.

Inoltre, sul sito del ministero dell’Ambiente è stata creata una pagina ad hoc, “All’ambiente non servono”, nella quale ci sono alcune domande e risposte sullo smaltimento corretto di guanti e mascherine e sulle modalità di uso delle mascherine riutilizzabili: https://www.minambiente.it/all-ambiente-non-servono

fonte: www.ecodallecitta.it




fonte video: www.ansa.it



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Riciclo, la Turchia apre le porte ai rifiuti italiani















Intervista esclusiva al presidente dei riciclatori turchi: “La nostra industria è pronta ad accogliere i rifiuti in carta e plastica raccolti dalle imprese italiane”



fonte: www.ricicla.tv


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#Incendio #BiondiRecuperi - 28 giugno 2020 - I pareri della #ProPonte e del Cru_rz #RifiutiZeroUmbria

















Tg3 Umbria

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Al via il progetto “5G e Campi elettromagnetici” per il Friuli Venezia Giulia


















L’arrivo della nuova tecnologia di trasmissione 5G porta con sé notevoli prospettive per lo sviluppo digitale di tutto il Paese, tuttavia è accompagnato da molte preoccupazioni e allarmismi legati agli effetti dannosi sia sulla salute che sull’ambiente. Nonostante le numerose rassicurazioni da parte degli organismi internazionali e nazionali deputati al controllo e alla regolamentazione, i timori suscitati dalla nuova tecnologia trovano sempre nuovo sostegno nelle notizie che circolano in rete. 
Si inserisce in questo contesto il nuovo progetto avviato da Arpa FVG, su indicazione della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, denominato “5G e Campi elettromagnetici”. Le attività si concentreranno su due elementi principali: il potenziamento delle attività volte a monitorare i livelli di campo elettromagnetico presenti sul territorio, con specifica attenzione alle trasmissioni in tecnologia 5G, e l’incremento delle iniziative di informazione alla popolazione
La Regione ha stabilito di integrare la dotazione organica di Arpa FVG dedicata alle attività di rilevazione dei campi elettromagnetici (CEM) con due unità di personale al fine di garantire una maggiore copertura del territorio rispetto all’attuale, già comunque ampiamente soddisfacente. Anche la dotazione strumentale verrà potenziata e in particolare per le frequenze più elevate del 5G. Arpa si doterà, infatti, di ulteriori sonde per la misura fino a 26.5 GHz.
Oltre al monitoraggio del territorio verranno incrementate le attività di comunicazione, informazione, formazione, educazione ambientale rivolte alle amministrazioni, ai cittadini e ai giovani. Si prevedono iniziative rivolte specificatamente agli enti locali, come ad esempio dei Webinar dedicati. Inoltre, da oggi, sul sito web di Arpa FVG è possibile consultare una sezione dedicata ai “Campi elettromagnetici e 5G” dove vengono riportati i dati dei monitoraggi dei CEM sul territorio regionale (anche in formato open), i bollettini mensili sulle attività di monitoraggio ed emissione pareri di Arpa, informazioni e riferimenti alla nuova tecnologia 5G, alla normativa e ai limiti che la regolano. Inoltre l’Agenzia cerca di fare chiarezza sulle “fake news” che circolano in rete sul 5G, veicolo di informazioni spesso allarmanti, amplificate enormemente dai social-media.
fonte: https://www.snpambiente.it



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Economia circolare, con le direttive Ue i rifiuti urbani da gestire crescono del 30%: ecco perché

Il laboratorio Ref Ricerche ha pubblicato un'analisi di come sta andando, per il nostro Paese, il recepimento: importanti novità in arrivo per i rifiuti assimilati





Il laboratorio Ref Ricerche ha pubblicato un’analisi di come sta andando, per il nostro Paese, il recepimento delle direttive Ue sull’economia circolare approvate nel 2018. Molte le novità, una delle più significative è quella della ridefinizione di “rifiuto urbano”. La Direttiva 851/2018 – spiega il Ref – modifica l’Art.183 del D.Lgs. n.152/20061 e definisce come “urbani”: i rifiuti domestici indifferenziati e da raccolta differenziata, ivi compresi: carta e cartone, vetro, metalli, plastica, rifiuti organici, legno, tessili, imballaggi, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, rifiuti di pile e accumulatori e rifiuti ingombranti, ivi compresi materassi e mobili; i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell’allegato L-quater prodotti dalle attività riportate nell’allegato L-quinquies.

Il Ref spiega che la classificazione di “rifiuti urbani” come rifiuti domestici “non presenta novità sostanziali”, mentre i rifiuti urbani “provenienti da altre fonti” vengono indicati per qualità in analogia agli urbani e per provenienza da un elenco di attività tipicizzato. In questo modo, ed ecco la novità, “verrebbe dunque a cessare l’assimilazione ad oggi operata attraverso regolamento da parte dei Comuni, ai sensi dalla Deliberazione del Comitato interministeriale del 27 luglio 1984”.

Guardando ai due Allegati, L-quater e L-quinquies, se ne deduce che i rifiuti assimilati sono quei rifiuti prodotti dalle utenze non domestiche, simili per natura e composizione ai rifiuti domestici e producibili da ciascuna delle 30 categorie di attività economica già oggi assoggettate al pagamento della TARI2 . Verrebbero dunque meno anche i limiti quantitativi disciplinati ai sensi dell’Art.198, comma 2, lettera g).

Del resto, è utile ricordarlo, già il TUA prevedeva che un decreto del Ministero dell’Ambiente, d’intesa con il Ministero dello Sviluppo Economico, dovesse chiarire a armonizzare le logiche di assimilazione. Tale decreto, come noto, non è stato mai emanato.

Conseguenze? Con la nuova definizione di rifiuto urbano, territori con criteri di assimilazione meno estensivi si avvicinerebbero a territori, come l’Emilia-Romagna o la Toscana, che già oggi esercitano un presidio più ampio. Le nostre stime – spiega il Ref – indicano che laddove tutte le regioni dovessero allinearsi ai tassi di assimilazione di una regione come l’Emilia-Romagna o la Toscana, la produzione di rifiuti urbani in Italia potrebbe aumentare del 25-30% (portandosi a 38 milioni di tonnellate/anno), in ragione di un aumento del contributo offerto dai rifiuti assimilati attesi passare dai 9,8 a 17,8 milioni di tonnellate/anno. A questo punto, se così sarà, si farà ancora più stringente la necessità di una pianificazione seria ed efficace degli impianti necessari per affrontare la gestione integrata di questo flusso di rifiuti, che non potrà più trovare la via (escamotage) dell’export nelle regioni – più o meno vicine – virtuose…

Per informazione, ecco l’elenco delle attività che producono rifiuti assimilabili:

1. Musei, biblioteche, scuole, associazioni, luoghi di culto.
2. Cinematografi e teatri.
3. Autorimesse e magazzini senza alcuna vendita diretta.
4. Campeggi, distributori carburanti, impianti sportivi.
5. Stabilimenti balneari.
6. Esposizioni, autosaloni.
7. Alberghi con ristorante.
8. Alberghi senza ristorante.
9. Case di cura e riposo.
10. Ospedali.
11. Uffici, agenzie, studi professionali.
12. Banche ed istituti di credito.
13. Negozi abbigliamento, calzature, libreria, cartoleria, ferramenta e altri beni durevoli.
14. Edicola, farmacia, tabaccaio, plurilicenze.
15. Negozi particolari quali filatelia, tende e tessuti, tappeti, cappelli e ombrelli, antiquariato.
16. Banchi di mercato beni durevoli.
17. Attività artigianali tipo botteghe: parrucchiere, barbiere, estetista.
18. Attività artigianali tipo botteghe: falegname, idraulico, fabbro, elettricista.
19. Carrozzeria, autofficina, elettrauto.
20. Attività industriali con capannoni di produzione.
21. Attività artigianali di produzione beni specifici.
22. Ristoranti, trattorie, osterie, pizzerie, pub.
23. Mense, birrerie, hamburgerie.
24. Bar, caffè, pasticceria.
25. Supermercato, pane e pasta, macelleria, salumi e formaggi, generi alimentari.
26. Plurilicenze, alimentari e/o miste.
27. Ortofrutta, pescherie fiori e piante, pizza al taglio.
28. Ipermercati di generi misti.
29. Banchi di mercato generi alimentari.
30. Discoteche, night club.

fonte: www.greenreport.it


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'Basta finanziamenti ad auto e veicoli inquinanti': appello delle associazioni ambientaliste a Parlamento e Governo

Medici per l’Ambiente, Cittadini per l’aria, European Public Health Alliance, Greenpeace, Kyoto Club, Legambiente, Transport & Environment, WWF e altre: "Nessun fondo pubblico deve essere stanziato a favore di veicoli diesel, a benzina o a gas, anche sotto forma di credito d’imposta"




Incoraggiare l’acquisto di modelli di motori a combustione interna favorisce tecnologie obsolete e inquinanti che sono dannose per la salute e il clima. Gli emendamenti al “Decreto Rilancio” per incentivare i programmi di rottamazione auto aggraveranno i problemi d’inquinamento e di salute pubblica in Italia.

L’Italia è stata particolarmente colpita dalla pandemia COVID-19, e i pazienti con malattie croniche ne hanno sofferto di più. Le ricerche più recenti suggeriscono che l’elevato inquinamento dell’aria, soprattutto nella Pianura Padana, va considerato come un ulteriore co-fattore dell’alto livello di letalità registrato in quell’area. Il solo inquinamento da biossido di azoto (NO₂) è responsabile di oltre 14.000 morti ogni anno in Italia.

“L’inquinamento dell’aria ci fa ammalare e ha peggiorato la pandemia COVID-19. La nostra ricerca ha dimostrato che le persone che vivono nel Nord Italia con alti livelli di inquinanti sono più inclini a sviluppare patologie respiratorie croniche e sono più soggette a tutti gli agenti infettivi. Ma l’esposizione prolungata all’inquinamento atmosferico danneggia anche i giovani e le persone sane. Ridurre questo inquinamento letale e mettere l’economia su una via del recupero sostenibile è più importante che mai!“, ha detto Dario Caro, ricercatore del Dipartimento di Scienze Ambientali dell’Università di Aarhus.

Per ridurre il problema dell’inquinamento atmosferico legato ai trasporti, il numero di veicoli con motore a combustione, principale fonte di emissioni nelle città italiane, deve diminuire. Ciò significa incentivare automobili elettriche, che oltre a non nuocere alla salute, sono molto più rispettose dell’ambiente. Nessun fondo pubblico deve essere stanziato a favore di veicoli diesel, a benzina o a gas, anche sotto forma di credito d’imposta. Il denaro dei contribuenti non deve essere utilizzato per mettere in circolazione altri veicoli inquinanti.

Investimenti sani e verdi fanno bene all’economia e alle imprese italiane! Sarebbe molto più efficace indirizzare gli stimoli di ripresa dell’industria alla produzione di veicoli elettrici e di batterie sostenibili (inclusa la filiera di recupero, riuso e riciclo) e allo sviluppo dell’infrastruttura di ricarica, che sono modi veloci per creare posti di lavoro sostenibili.

Tuttavia, la migliore soluzione per la salute e per l’ambiente consiste nello sviluppo di una mobilità condivisa e sostenibile con trasporti pubblici a zero o a basse emissioni. L’uso delle biciclette, comprese quelle elettriche, deve essere incoraggiato da incentivi pubblici per ridurre l’uso inquinante dell’auto e aumentare l’attività fisica. Lo stesso deve essere fatto per i pedoni, con aree pedonali, marciapiedi più larghi e senza barriere architettoniche alla mobilità. Infatti, l’inattività fisica causa malattie e aumenta la mortalità.



La maggior parte degli europei, e gli italiani in particolare, non vogliono un ritorno ai livelli pre-pandemici di inquinamento atmosferico. I cittadini sono pronti a sostenere profondi cambiamenti nella mobilità urbana per mantenere la qualità dell’aria sperimentata durante la quarantena, quando i livelli di inquinamento atmosferico si sono drasticamente ridotti. Sono favorevoli a vietare l’ingresso in città delle auto e a introdurre aree a emissioni zero per ridurre lo smog.

In Europa esistono esempi innovativi come in Germania, che nel suo piano di rilancio nazionale ha limitato gli incentivi solo ai veicoli elettrici. Né il Parlamento né il Governo italiani dovrebbero sostenere sistemi di mobilità obsoleti che danneggiano la salute e il pianeta. L’Italia dovrebbe seguire questo esempio e decarbonizzare il settore dei trasporti. Questo è il momento di fare un passo avanti nella mobilità sostenibile.

Contesto

Per fronteggiare la crisi e sostenere la domanda crollata a seguito dell’emergenza sanitaria, diversi emendamenti al “Decreto Rilancio” presentati sia dalla maggioranza, sia dall’opposizione sono attualmente in discussione in Parlamento. Aiutare il settore auto e moto con nuovi incentivi che promuovono l’acquisto di veicoli tradizionali (benzina, diesel, gas) non è accettabile.

Gli standard Euro 6 non sono omogenei e non sufficientemente puliti!

Gli standard Euro 6 per i veicoli sono molto eterogenei, la norma Euro 6d è la più rigorosa. Sono stati fatti progressi tra i primi modelli Euro 6b e i più recenti veicoli Euro 6d, ma non sono sufficienti. Ad esempio, l’ultima generazione di motori diesel, venduti come “puliti” dall’industria automobilistica, emette ancora grandi quantità di particolato pericoloso, che rappresenta un grave pericolo per la salute. Il particolato viene emesso in gran parte dai motori a combustione interna, siano essi diesel, benzina o gas.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) considera il particolato come l’inquinante più nocivo per gli umani. Nonostante molti studi sulla nocività dell’esposizione cronica al particolato, ad esempio l’aumento dell’incidenza di cancro, malattie cardiovascolari e respiratorie, il 77% degli abitanti delle città europee è esposto a livelli più alti di quelli indicati dall’OMS.



Associazione Medici per l’Ambiente – ISDE Italia

Cittadinanzattiva

Cittadini per l’aria

European Public Health Alliance

Greenpeace Italia

Kyoto Club

Legambiente

Transport & Environment

WWF Italia

fonte: www.ecodallecitta.it

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L'appello accorato di ringraziamento che giunge da Gubbio




Grazie a tutti coloro che hanno partecipato ieri all'assemblea pubblica a Gubbio sull'utilizzo dei rifiuti nel processo produttivo delle due cementerie (Colacem e Barbetti). È stato un momento di confronto e dibattito democratico come non avveniva da anni.
Ringraziamo i comitati che hanno organizzato, il cva di Semonte per aver messo a disposizione lo spazio, il Sindaco Stirati e la Vicesindaco Tasso, che sono intervenuti, il Dott. Vantaggi, l'Avv. Valeria Passeri, l'Avv. Paola Nuti, il WWF con il suo ottimo Presidente Sauro Presenzini, le forze dell'ordine che sono venute a vigilare lo svolgimento dell'incontro e tutti i cittadini accorsi in gran numero nonostante la bellissima giornata di fine giugno. 



Ringraziamo soprattutto la stampa locale sempre presente in massa, come al solito! Si fa per dire.
Non c'era nessuna testata locale nonostante fossimo più di 250 persone. È inutile domandarsi il perché! Sappiamo bene chi sono i proprietari delle testate locali quindi non ci aspettiamo che ora la libera informazione arrivi anche a Gubbio! 
Grazie all'unico giornalista presente Giancarlo Piergentili.


La partecipazione dei cittadini fa la differenza! Sono anni che si bruciano porcherie nei cementifici e la gente muore. Dopo copertoni, pet coke che è un derivato della lavorazione  del petrolio, adesso pure la monnezza vogliono bruciarci! Ricordiamoci che il CSS è immondizia, ed è costituito da vernici, pneumatici, scarti di pellame, fanghi, pellicole e altre sostanze, che se bruciate provocano gravissimi danni alla salute. 
Adesso basta!


La città si è stufata di tutto questo! Gubbio resiste e si ribella.
Basta perseguire il profitto di pochi sulla pelle di molti!
La salute non ce la ridà nessuno, come ha ben espresso un cittadino, durante l'intervento del Presidente WWF, mettendo in evidenza di aver subito 3 funerali nella sua famiglia in un ristretto frangente temporale.
I danni all'ambiente non si riparano nel tempo! Rappresentano un costo enorme per la collettività!


Basta logiche economiche lineari basate sull'inquinamento e il guadagno facile di oggi che comporterà un costo inaudito per il futuro!Questi giri di affari ci siamo stufati! Prima molti dormivano, ora si sono svegliati da questo incubo e vogliono alzare la testa!
Cittadini, non siamo noi a dover chinare la testa e ad avere paura! Paura la deve avere chi da anni sta inquinando la città e sta bruciando in modo immondo sostanze che producono metalli pesanti, diossina, polveri sottili cancerogene e che ora, per darci il colpo di grazia, vuole far diventare questa città la pattumiera dell'Umbria! Basta! Ne abbiamo avuto abbastanza!


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I Comitati Eugubini uniti contro i CSS


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