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Eolico offshore, gli USA vogliono 19 GW galleggianti nel Pacifico

L’ufficio Ocean Energy Management del Dipartimento dell’Interno sta vagliando 16 progetti per 19 GW complessivi localizzati sulla costa della California. Le prime aste possibili già a metà 2022



Dopo le acque al largo di Martha’s Vineyard, gli Stati Uniti spostano lo sguardo sulla costa del Pacifico e precisamente sulla bassa California. È qui che l’amministrazione Biden vuole puntare per potenziare il comparto dell’eolico offshore. Un percorso che il nuovo presidente ha appena iniziato, dando luce verde ai primi progetti della nazione localizzati sul versante atlantico.

Nei prossimi quattro anni, Washington punta ad approvare 16 progetti di eolico offshore che dovrebbero generare complessivamente 19 GW. I piani sul boom americano dell’energia dal vento sono al vaglio dell’ufficio Ocean Energy Management del Dipartimento dell’Interno.

Per vedere le prime turbine non bisognerà aspettare così tanto. La Casa Bianca ha annunciato di aver già identificato due aree al largo della costa della California per lo sviluppo eolico offshore. Le prime aste per l’assegnazione dei lotti potrebbero tenersi tra un anno, attorno alla metà del 2022.

“Think big, think bold”, ripete come uno slogan Gina McCarthy, la consigliera nazionale per il clima di Biden. Pensare in grande, pensare in modo audace descrive piuttosto da vicino la galoppata degli Stati Uniti nel campo dell’energia dal vento. Nei piani di Biden, al 2030 l’America deve avere almeno 30 GW di capacità installata di eolico. I progetti sulla costa occidentale mettono la nazione sulla buona strada per centrare l’obiettivo. Sull’audacia, va rilevato che l’Amministrazione punta sull’eolico galleggiante, tecnologia emergente dall’enorme potenziale e ancora largamente non sfruttato.

La sostituzione delle tradizionali fondamenta fisse con piattaforme flottanti permette agli aerogeneratori offshore di raggiungere nuove profondità. Di conseguenza apre le porte dello sviluppo eolico in mare a quei paesi con fondali troppo alti.

Sulla costa orientale, Washington ha da poco dato l’ok al progetto Vineyard Wind da 800 MW, a cui presto si potrebbero unire South Fork (132 MW) e Ocean Wind (1,1 GW). Nel 2016, il Department of Energy statunitense ha stimato che il potenziale dell’eolico offshore americano si aggira intorno ai 2.000 GW complessivi.

fonte: www.rinnovabili.it

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Auto elettriche, obbligatorie in Massachusetts dal 2035

Auto elettriche, dal 2035 sarà obbligatoria la vendita in Massachusetts: ad annunciarlo è il governatore dello stato a stelle e strisce.



Le auto elettriche saranno obbligatorie in Massachusetts a partire dal 2035. È quanto ha annunciato il Governatore Charlie Baker lo scorso 31 dicembre, seguendo il percorso già tracciato da altri stati a stelle e strisce. Anche la California, ad esempio, nelle scorse settimane ha deciso di dotarsi di una normativa analoga.
Il nuovo piano prevede la vendita esclusiva di vetture elettriche entro il 2035, così come già accennato. I possessori di un’automobile a motore termico, tuttavia, potranno continuare a sfruttare il veicolo fino al termine naturale del suo ciclo di vita. 
L’iniziativa del Massachusetts sulle auto elettriche fa parte di un piano più ampio di “ decarbonizzazione”, così come lo stesso Governatore l’ha definita. Lo stato americano vuole infatti diventare il capostipite di una nuova era di sostenibilità ambientale, con l’obiettivo di compensare tutta l’anidride carbonica prodotta.

Così, entro il 2035 tutti i concessionari dello stato dovranno abbandonare la vendita di vetture diesel e benzina, favorendo invece le 100% elettriche. Come già specificato, i proprietari di una vettura a motore termico potranno continuare ad avvalersi del veicolo fino al termine del suo ciclo di vita. Tuttavia, verranno nel tempo implementati bonus e incentivi per rottamare le vecchie auto inquinanti e passare alla nuova mobilità a prezzi vantaggiosi.

Charlie Baker ha inoltre rinnovato l’obiettivo di raggiungere la piena compensazione dell’anidride carbonica prodotta entro il 2050, con interventi a tutto campo. La “2050 Decarbonization Roadmap”, così come è stata ribattezzata, oltre ai veicoli elettrici incorporerà piani per l’efficientamento energetico dei palazzi sia pubblici che privati, l’eliminazione di sistemi di riscaldamento e raffreddamento inquinanti, l’ampliamento delle aree boschive e la riduzione della dipendenza dalla plastica.

Le persone in Massachusetts stanno sperimentando siccità record, un aumentato rischio di incendi, condizioni meteorologiche avverse e allagamenti. Il costoso impatto del cambiamento climatico è ormai evidente, è necessario prendere azioni mirate.

Kathleen Theoharides, responsabile degli Affari Energetici e Ambientali dello Stato, ha aggiunto:

Sappiamo che raggiungere l’obiettivo zero emissioni entro il 2050 richiederà un duro lavoro e la collaborazione in tutti i settori dell’economia. Ma il piano mostra la via per raggiungere degli obiettivi climatici in un modo efficiente dal punto di vista dei costi e fornisce benefici significativi per tutti i residenti, soprattutto per coloro che vivono nelle comunità più vulnerabili.

Fonte: Clean Technica

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I biocarburanti possono davvero sostituire i combustibili fossili?

Se il biofuel vuole davvero sostituire le fonti energetiche più inquinanti, occorre condurre analisi approfondite, in grado di restituire un’immagine realistica del bilancio del carbonio.




Un nuovo studio condotto da un team interdisciplinare di botanici, ecologi ed ingegneri della Colorado State University ha analizzato quali potrebbero essere i vantaggi climatici derivanti dall’uso di tecnologie avanzate per i biocarburanti.

I biocarburanti e la bioenergia sono parte integrante degli scenari per sostituire i combustibili fossili e produrre emissioni negative attraverso la cattura e lo stoccaggio del carbonio. Tuttavia, la mitigazione dei gas a effetto serra derivante da questi sistemi ha aspetti controversi, dovuti soprattutto ai cambiamenti nell’uso del suolo.

Per questa ragione, il team di ricerca ha analizzato i flussi di carbonio dei sistemi di biocarburanti e li ha confrontati con quelli delle praterie e delle foreste, scoprendo l’esistenza di specifiche strategie affinché i biofuel possano rappresentare un vantaggio netto in termini di bilancio del carbonio. Lo studio è stato pubblicato negli Atti della National Academy of Sciences.

I ricercatori hanno utilizzato la modellazione per simulare la coltivazione di panìco verga (un’erba autoctona del Nord America candidata leader per la produzione sostenibile di materiale vegetale) usata per la produzione di biocarburanti cellulosici e la cattura e lo stoccaggio del carbonio, monitorando l’ecosistema e i flussi di carbonio da essa derivanti.

Così facendo, il gruppo ha confrontato questo modello con metodi alternativi per immagazzinare il carbonio nel suolo, inclusa la coltivazione di foreste o prati. Quello che è stato scoperto è che la coltivazione di panico verga per la produzione di etanolo cellulosico ha un potenziale di mitigazione per ettaro paragonabile al rimboschimento e diverse volte maggiore del ripristino dei prati.

Infatti, come sottolinea John Field, ricercatore presso il Natural Resource Ecology Lab della CSU, “circa la metà del carbonio nel panìco verga che entra nella raffineria diventa un sottoprodotto che sarebbe disponibile per la cattura e lo stoccaggio del carbonio”. Questo significa che l’uso del panìco verga può essere particolarmente utile in quelle zone in cui piantare più alberi non è un’opzione.

Secondo i ricercatori è imperativo assumere una posizione più proattiva sui biocarburanti e sulle altre tecnologie per le emissioni negative, specie in quei paesi “grandi inquinatori” come gli Stati Uniti che vogliono limitare gli impatti del riscaldamento globale. “Se vogliamo raggiungere questo obiettivo, dobbiamo davvero implementare alternative all’uso di combustibili fossili il più rapidamente possibile“, ha concluso Field.

fonte: www.rinnovabili.it


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California, avviato il più grande sistema di accumulo a batterie



L'inaugurazione dell'impianto, che consentirà di migliorare l'affidabilità della rete, avviene proprio nei giorni in cui lo stato della California è alle prese con numerosi blackout dovuti all'eccezionale ondata di calore.


Il progetto Gateway Energy Storage, da 250 MW/250 MWh, è stato realizzato nella contea di San Diego dall'azienda LS Power, utilizzando celle agli ioni di litio LG Chem. Il nuovo impianto batte il record finora detenuto dalla Hornsdale Power Reserve, un sistema di accumulo da 150 MW/193 MWh realizzato Australia con batterie fornite dalla Tesla di Elon Musk.

L'obiettivo del nuovo impianto è di ridurre i costi energetici dei clienti e di migliorare l'affidabilità della rete elettrica. Proprio lo scorso fine settimana, l'operatore della rete elettrica californiana ISO ha dovvuto effetture diverse interruzioni, per l'impossibilità di gestire l'aumento della domanda elettrica dovuto all'ondata di caldo che ha fatto impennare la domanda di energia per l'aria condizionata.

I sovraccarichi di rete si verificano quasi sempre nei momenti in cui il sole tramonta, quando cioè viene meno il fondamentale apporto del fotovoltaico. Caricando le batterie quando la produzione fotovoltaica è al massimo e/o nelle ore fuori picco, il sistema potrà fornire elettricità alla rete proprio nei momenti di massima richiesta, contribuendo così a ridurre o evitare le interruzioni nella fornitura.

La capacità di accumulo dell'impianto, attualmente pari a 250 MWh, verrà nel corso del prossimo anno aumentata a 750 MWh e successivamente fino a 1 GWh.
Riferimenti

World’s largest battery storage system brought on line in California as blackouts loom
l'articolo su rechargenews.com



fonte: www.nextville.it



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In California altri 770 MW di batterie per sostituire centrali a al gas

Southern California Edison punta a realizzare sette nuovi grandi progetti per l'accumulo energetico. L'iniziativa in sintesi.



La California continua a fare da apripista all’installazione di nuove super-batterie al litio: Southern California Edison (SCE) ha appena firmato sette contratti per un totale di 770 MW di capacità di accumulo energetico, allo scopo di migliorare le condizioni di sicurezza e affidabilità del sistema elettrico.

E molti di questi futuri progetti, evidenzia una nota dell’utility californiana, saranno installati vicino ai parchi fotovoltaici (si parla di utilizzare gli stessi punti di interconnessione alla rete elettrica), in modo da ricaricare le batterie direttamente con il surplus di energia prodotta con le fonti rinnovabili.

Nei prossimi tre anni, infatti, precisa la nota, è prevista la chiusura di diversi grandi impianti a gas lungo le coste californiane, impianti che utilizzano l’acqua marina per i sistemi di raffreddamento (once-through cooling); la sfida quindi è rimpiazzare le centrali alimentate da combustibili fossili con la generazione eolica-solare abbinata alle batterie di accumulo.

Con questa ricetta di rinnovabili e accumuli, la California punta a sviluppare una rete elettrica sempre più de-carbonizzata, riducendo le emissioni di CO2.

I tre impianti di accumulo più grandi, sui sette totali previsti da SCE, saranno costruiti da NextEra Energy Resources: due installazioni da 115 MW ciascuna e un progetto da 220 MW. L’entrata in esercizio è fissata per agosto 2021.

Tutti i progetti dovranno essere approvati dalla California Public Utilities Commission (CPUC); quest’ultima, lo scorso novembre, ha richiesto alle utility 3,3 GW di nuove risorse energetiche a zero emissioni (carbon free) che dovranno contribuire a stabilizzare la rete via via che saranno dismessi vecchi impianti a gas.

Secondo Daniel Finn-Foley, analista di Wood Mackenzie Power & Renewables, questo singolo pacchetto da 770 MW supera di circa 200 MW l’intero mercato 2019 dell’accumulo energetico negli Stati Uniti; e Wood Mackenzie prevede che il mercato Usa dello storage crescerà di sette volte tra 2019 e 2021 grazie all’accelerazione impressa da maxi progetti come quelli sviluppati in California.

In California sono in cantiere diverse installazioni di grandi dimensioni, con in testa il progetto Moss Landing da 300 MW/1,2 GWh che sarà costruito da Vistra Energy per la Pacific Gas & Electric.

Intanto a metà aprile la Clean Power Alliance – una sorta di comunità dell’energia dove un provider locale acquista elettricità 100% rinnovabile per i clienti – ha annunciato la realizzazione di un impianto a batterie da 100 MW/400 MWh nella contea di Los Angeles.

Anche in questo caso, l’obiettivo è favorire una maggiore produzione delle fonti rinnovabili intermittenti, l’eolico e il solare, mantenendo in piena efficienza e sicurezza il sistema elettrico.

Si punta, insomma, grazie alle batterie, a “spostare” una parte della generazione elettrica diurna delle rinnovabili verso le ore serali, contribuendo così a coprire i picchi di consumo energetico senza ricorrere alla capacità di riserva negli impianti a gas.

fonte: https://www.qualenergia.it


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Plastica: California mette al bando shampoo monouso degli hotel

Lo Stato della California ha deciso di mettere al bando le confezioni da viaggio di shampoo e detergenti offerte dagli hotel ai propri clienti.




Presto non ci sarà più posto negli hotel della California per campioncini omaggio e shampoo monouso. L’amministrazione californiana ha deciso per un netto giro di vite contro l’inquinamento da plastica, stabilendo che le strutture ricettive locali non potranno più offrire cosmetici o detergenti in flaconcini “da viaggio” realizzati con materiali plastici.

La nuova ordinanza è stata approvata mercoledì dal Governatore della California Gavin Newsom e prevede che a partire dal 2023 non vengano più offerti shampoo o altri detergenti in bottigliette di plastica. I flaconcini di cortesia sono stati inclusi tra gli oggetti che dovranno essere messi al bando per ridurre l’inquinamento del Pianeta e salvare i mari. La scadenza al 2023 sarà valida per le strutture con più di 50 camere, mentre per quelle più piccole si partirà dal 2024. Il provvedimento non toccherà invece ospedali, prigioni, case di riposo e rifugi per senza fissa dimora.

Non ottemperare a quanto previsto dall’ordinanza anti-plastica potrebbe costare caro agli albergatori, che pargheranno in caso di prima violazione una multa di 500 dollari. Ogni eventuale successiva mancanza costerà invece 2000 dollari. Un’iniziativa che potrebbe presto essere applicata anche nello Stato di New York, come auspica il Sen. Todd Kaminsky:

Piccole azioni quotidiane, come eliminare piccole bottigliette di plastica, avranno un impatto positivo sul nostro ambiente. Con l’impedire agli hotel di distribuire prodotti in plastica monouso ai clienti noi stiamo proteggendo il nostro ambiente e mitigando l’inquinamento da plastica e quello delle vie navigabili.

fonte: www.greenstyle.it

Terza condanna per Bayer: 2 miliardi di dollari ad una coppia californiana


















Salgono a tre le condanne a carico di Bayer per il glifosato e il titolo in borsa va sempre più giù. Una giuria di Oakland, in California ha dato ragione a Alva e Alberta Pilliod, una coppia che ha utilizzato il RoundUp per oltre 30 anni e si sono ammalati di cancro. La giuria ha stabilito che l’uso del diserbate al glifosato ha rappresentato un “fattore significativo” nell’insorgenza della malattia. Questo verdetto è costato alla multinazionale – che ha acquistato Monsanto – 2,055 miliardi di dollari: a tanto ammonta, infatti, il risarcimento che la giuria californiana ha previsto per la coppia.
Il verdetto di Oakland segue le altre due recenti sconfitte in tribunale, per le quali altre giurie hanno condannato Bayer a pagare complessivamente 159 milioni di dollari. Lo scorso marzo una giuria di San Francisco ha stabilito che Bayer deve versare 80 milioni di dollari in risarcimenti e danni a Andrew Herdemann, un coltivatore californiano che secondo i giudici si è ammalato di cancro in seguito alla sua esposizione al diserbante al glifosato Roundup. La cifra di 80 milioni, di cui 75 in danni, è decisamente inferiore ai 289,2 milioni di dollari riconosciuti lo scorso agosto da una giuria di San Francisco a Dewayne Johson, ex guardiano di un parco. L’ammontare era stato successivamente rivisto al ribasso da un giudice a 78,5 milioni.

Bayer si è impegnata a presentare appello

Bayer si è impegnata a presentare appelli in tutti e tre i casi. La decisione della giuria, ha spiegato Bayer in una nota dopo la decisione di Oakland, “è in conflitto diretto con le decisioni dell’Agenzia per la Protezione Ambientale e il consenso delle autorità sanitarie globali, secondo le quali i prodotti a base di glifosato possono essere usati in modo sicuro e non sono cancerogeni”. Dei 2,055 miliardi di dollari chiesti dalla giuria, un miliardo di dollari sono di danni punitivi. Si tratta di una cifra elevata che, secondo alcuni osservatori, potrebbe spingere Bayer a patteggiare le innumerevoli cause su Roundup. Un patteggiamento globale che potrebbe valere 5 miliardi di dollari.
fonte: https://ilsalvagente.it

Batterie al posto della centrale a gas: l’esperienza della California

La Southern California Edison sceglie una serie di progetti d’accumulo al posto della nuova centrale termoelettrica
















Batterie al posto del gas per soddisfare la domanda elettrica di picco lungo la costa della California meridionale. Questo quanto succede a Oxnard, piccola città affacciata sul Pacifico e da oggi vero e proprio modello della transizione energetica. Qui infatti l’utility locale, la Southern California Edison ha selezionato un elenco di progetti di stoccaggio per soddisfare le esigenze del territorio al posto della centrale a gas da 262 MW precedentemente preventivata.
Il piano deve ancora essere approvato formalmente dai regolatori di rete ma se dovesse arrivare l’ok, uno dei primi impianti a veder la luce sarà la “mega batteria” al litio da 100 MW/400 MWh di Strata Solar, una delle più grandi al mondo. La data di fine lavori è impostata per dicembre 2020, mese in cui dovrebbero essere allacciati alla rete anche altri due sistemi d’accumulo di piccole dimensioni: un impianto da 10 e uno da 40 MW, gestititi rispettivamente di Ormat e AltaGas. Per marzo 2021 entreranno in rete altri tre impianti a batteria, da 10 MW circa ognuno, a firma di E.On, Able Grid ed Enel. Tutti i sistemi opereranno sotto il programma Resource Adequacy (RA) che chiede ai fornitori energetici di dimostrare aver acquistato impegni di capacità non inferiori a 115% dei loro picchi di carico.
  
Nella lista della Southern California Edison rientra però anche un piccolo impianto di storage da 14 MW in assetto  behind-the-meter (letteralmente “dietro al contatore”). A regime ovviamente stoccheranno l’elettricità prodotta dalle fonti rinnovabili non programmabili.
Si tratta di un piano senza precedenti, in cui il produttore indipendente di energia NRG si visto cancellare la sua nuova centrale a gas Puente proprio prima dell’ultimo round di approvazione. Per gli attivisti locali, che si erano imposti fin dall’inizio contro nuove fonti fossili si tratta di una vittoria. “Il grande elemento da ricordare è il potere dell’opposizione della comunità”, ha detto l’avvocato di Earthjustice Matt Vespa, che è intervenuto nel caso per conto del Sierra Club. “La Puente era vista come un affare fatto. […] Sarebbe stata costruita sulla spiaggia, e ora abbiamo un investimento nell’energia pulita in quella comunità invece che in un impianto di gas”.

fonte: www.rinnovabili.it

Per i camion a idrogeno della Toyota un pieno di rifiuti




La società realizzerà in California un impianto di tri-generazione  che, a partire dai rifiuti organici, produrrà elettricità, calore e idrogeno















La California è il primo Stato americano ad aver inaugurato un servizio di trasporti commerciali a zero emissioni. Il progetto, che porta la firma di Toyota Motor North America, ha messo nei giorni scorsi sulle strade di Los Angeles i primi camion a idrogeno, tir dotati di fuel cell da impiegare su breve tratte locali. Per alimentarle la Toyota sta realizzando in collaborazione con FuelCell Energy, Tri-Gen, mega centrale di tri-generazione per la produzione di calore, elettricità e ovviamente idrogeno.

La struttura è stata presentata dalle due aziende come “il primo impianto al mondo di fuel cell a carbonati fusi su scala megawatt” dotata di stazione di rifornimento. Tri-Gen impiegherà come materia prima il biogas prodotto da rifiuti organici (fanghi di depurazione cittadini); il gas sarà trasformato in elettricità e idrogeno. La prima verrà immessa in rete, il secondo direttamente nei serbatoi dei nuovi tir a zero emissioni.

  














I lavori sono solo all’inizio: da programma, l’impianto dovrebbe entrare in funzione nel 2020 aggiungendo alla rete una potenza elettrica di 2,35 MW e generando circa di elettricità 1,2 tonnellate di idrogeno al giorno, in grado di soddisfare le esigenze quotidiane di quasi 1.500 veicoli a fuel cell. “Per oltre vent’anni, Toyota ha guidato lo sviluppo della tecnologia delle celle a combustibile perché comprendiamo l’enorme potenziale per ridurre le emissioni e migliorare la società”, ha affermato Doug Murtha, vicepresidente del gruppo. “Il Tri-Gen rappresenta un importante passo in avanti per la mobilità sostenibile e un risultato chiave della nostra 2050 Environmental Challenge per azzerare le emissioni nette di CO2 delle nostre attività”.


La centrale è stata sviluppata da FuelCell Energy il progetto coinvolge direttamente anche il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti e le agenzie californiane tra cui il California Air Resources Board, e California University di Irvine, la cui ricerca ha contribuito a sviluppare la tecnologia di base.
I camion invece fanno parte del  Project Portal e sono dotati di una capacità di carico di circa 36 tonnellate. L’autonomia dichiarata è di 321 km con un pieno, abbastanza ridotta quindi ma sufficiente a coprire le miglia giornaliere dal porto ai vicini cantieri navali e ai magazzini per circostanti.

fonte: www.rinnovabili.it

Clorpirifos: il pesticida che sta uccidendo lentamente i bambini della California














Come una morte lenta. Con questo titolo inquietante, il Guardian racconta una storia agghiacciante, che mette insieme pesticidi e bambini. Il veleno in questione è tristemente noto: si chiama clorpirifos ed è vietato in numerosi paesi. Purtroppo però negli Usa è tornato a far paura.
Molte le famiglie che ne temono gli effetti, peraltro già evidenti sulla salute dei più piccoli, in particolare dei residenti latini dell'area centrale della California. A raccontare la loro storia è stato Sam Levin, che ha intervistato una mamma, Fidelia Morales. Un giorno, una nuvola bianca di pesticidi ha avvolto il cortile della loro abitazione, ricoprendo del tutto l'altalena con cui giocano i bambini. Non è che solo un esempio di quello che accade.
Il chlorpyrifos è un pesticida neurotossico molto usato per uccidere gli insetti in mandorle, noci, arancia, uva, broccoli e altre coltivazioni, bandito dall’uso domestico nel 2000.
Se immaginiamo la distesa di agrumeti che circoda la sua casa nella California Central Valley, pensiamo a un paradiso naturale, fatto di genuinità. Così purtroppo non è a causa delle sostanze chimiche spruzzate nell'aria nelle grandi coltivazioni in maniera indiscriminata. Tra esse il pericoloso clorpirifos. La donna teme che l'esposizione a lungo termine a varie sostanze chimiche presenti nell'aria abbia fatto male ai suoi figli. I ragazzi, dai 9 ai 20 anni, soffrono tutti di malattie respiratorie croniche, asma e difficoltà di concentrazione a scuola.
“Sappiamo che ciò è pericoloso per i bambini, ma cosa dobbiamo fare?” lamenta.
















Sotto l'amministrazione Obama, l'agenzia statunitense per la protezione dell'ambiente (EPA) aveva proposto il divieto di utilizzo del clorpirifos per l'agricoltura, dopo una lotta legale durata dieci anni con gruppi ambientalisti. Si tratta di un pesticida ampiamente utilizzato negli Usa ma non per questo sicuro. Numerose ricerche infatti hanno documentato i rischi sia per i lavoratori agricoli che per le comunità. 

Ma allora perché questo pesticida si usa ancora?

L'amministrazione Trump ha fatto un passo indietro, respingendo le accuse contro il pesticida e annullando il divieto di utilizzo. Di fatto, secondo le nuove norme l'EPA non dovrà riesaminare i rischi sanitari della sostanza per altri cinque anni, consentendone l'utilizzo.
Ciò significa che, nonostante le recenti vittorie per famiglie e ambientalisti che hanno combattuto per più di un decennio per tutelarsi dal pesticida, l'uso diffuso continuerà in California, dove viene coltivata la maggior parte dei frutti e la frutta a guscio degli Stati Uniti” rivela il Guardian.
“C'è un senso di impotenza. Sono avvelenato e non posso fare nulla. È come una morte lenta aggiunge Luis Medellin, un lavoratore di 30 anni, seduto con le sue tre sorelle più piccole nella casa della famiglia nella piccola città agricola di Lindsay.
 
















Dal canto loro, le associazioni ambientaliste hanno citato l'EPA per aver revocato il divieto introdotto dalla precedente amministrazione contro l'antiparassitario.
I residenti di Tulare County, una comunità agricola rurale a nord di Los Angeles, raccontano le loro tristi storie legate ai pesticidi e alle malattie provocate dall'esposizione cronica a questi fitofarmaci. I bambini vomitano spesso, hanno la pelle irritata e soffrono di continui mal di testa e vertigini. A ciò si aggiungono numerosi casi di autismo, problemi di apprendimento, disturbi da deficit di attenzione e disturbi respiratori.
Diversi studi epidemiologici hanno trovato collegamenti tra il pesticida e un certo numero di disturbi. Tra questi quello condotto dall'Università della California Davis: le donne in gravidanza che vivevano vicino a campi e fattorie in cui si utilizzava il chlorpyrifos presentavano infatti un aumento del rischio di bambini con autismo. Ma non solo. Bassi o moderati livelli di esposizione al chlorpyrifos durante la gravidanza sono stati anche legati a un QI più basso e a problemi di memoria tra i neonati.

Pesticidi... E in Europa?

Nel nostro continente l'utilizzo del clorpirifos è ammesso ma entro certi limiti, fissati nell'agosto del 2016. Essi variano in base alla tipologia di pianta. Ad esempio per le mele si parla di 0,01 mg/kg - ppm (parti per milione).
Storie che fanno rabbia e che sicuramente ci fanno pensare al glifosato, classificato dallo Iarc come sostanza probabilmente cancerogena per l’uomo. Una delle ultime notizie (beffe), arriva dal  nuovo rapporto del Global2000: le aziende produttrici di glifosato starebbero infatti comprando il mondo scientifico. Secondo Global2000, Monsanto potrebbe "aver distorto le prove scientifiche sugli effetti per la salute pubblica dell’erbicida, al fine di mantenere sul mercato questa controversa sostanza".

Neanche la scienza è immune alle lusinghe del denaro.

fonte: www.greenme.it

Glifosato: California lo etichetterà come probabilmente cancerogeno













La California potrà etichettare il glifosato come probabilmente cancerogeno. A stabilirlo il giudice di Fresno, che ha accolto la richiesta dello Stato americano di tutela della sicurezza dei lavoratori che utilizzano l’erbicida RoundUp. Forti proteste dalla Monsanto, azienda che produce la sostanza chimica.

La Monsanto aveva citato in giudizio la California accusandola di aver intrapreso in maniera illegitima l’operazione di etichettatura del glifosato come “probabilmente cancerogeno”, come indicato dallo IARC (International Agency for Research on Cancer). Tra gli avvocati che hanno vittoriosamente difeso lo Stato USA anche Robert Kennedy Jr.
Secondo gli avvocati della Monsanto tale imposizione pregiudicherà in maniera fatale il commercio del prodotto, causando gravissimi danni finanziari per l’azienda. Un’opinione non condivisa da Robert Kennedy Jr, che ha dichiarato:
Questa etichettatura non li metterà fuori dal commercio. Si tratta di un avvertimento, che permetterà ai lavoratori di sapere che hanno a che fare con un prodotto chimico che può provocare danni alla loro salute.

Nel frattempo prende il via anche in Europa un’offensiva ambientalista volta a interrompere l’utilizzo di glifosato entro i confini UE. Si tratta di una Iniziativa dei cittadini europei (ICE), avviata al fine di chiedere alla Commissione Europea un bando totale per la sostanza chimica. Il lancio è avvenuto con una serie di eventi in diverse città europee, tra cui Roma, Berlino, Bruxelles, Madrid e Parigi, e vedrà coinvolte organizzazioni presenti in 15 Paesi.

Al raggiungimento del milione di firme la Commissione UE sarà chiamata all’adozione di una “risposta formale per illustrare le eventuali azioni che intende proporre a seguito dell’iniziativa dei cittadini”. Federica Ferrario, responsabile campagna Agricoltura sostenibile di Greenpeace Italia:
Quest’anno abbiamo finalmente l’opportunità di togliere il glifosato dai nostri campi e dai nostri piatti. Sono sempre di più i corsi d’acqua in Italia e in Europa contaminati con questo diserbante, classificato come “probabile cancerogeno” dallo IARC. Si trovano tracce nel cibo, nelle bevande e persino nelle urine. Il messaggio alla Commissione Ue e ai Paesi membri è chiaro: l’interesse e la salute delle persone devono venire prima dei profitti delle aziende agrochimiche.

fonte: http://www.greenstyle.it