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RifiutiSpeciali: richiesta di legge sul commercio della plastica






Senza un regolamento che disciplini la restituzione dei contenitori e di tutta la plastica adoperata in agricoltura (tubazioni e raccorderia, cassette per piantine e per il prodotto, teli di pacciamatura neri e trasparenti, archetti, ecc. ) la situazione è

Raee: la pandemia non ferma la raccolta

Cresce la raccolta di rifiuti elettrici ed elettronici nel 2020 e nonostante la pandemia fa segnare un +6% rispetto all'anno precedente. Ma più del virus a minacciare la filiera e ostacolare il raggiungimento dei target Ue sono traffici illeciti e gestioni abusive













fonte: Ricicla.tv


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Roma, la “frigo-valley” in riva all’Aniene. “È opera delle aziende di smaltimento delle grandi catene di elettrodomestici”

Il colpo d’occhio è sconcertante già dalla bretella dell’Autostrada A1: un’intera vallata alle porte della Capitale trasformata in un cimitero dei frigoriferi. Oltre 60 ettari per quella che gli abitanti della zona pensano si tratti della discarica abusiva più grande d’Italia. "Recentemente abbiamo pizzicato sul fatto ditte anche importanti", spiega il sindaco di Tivoli Giuseppe Proietti













Un’intera vallata alle porte di Roma trasformata in un cimitero dei frigoriferi. Oltre 60 ettari per quella che gli abitanti della zona pensano si tratti della discarica abusiva più grande d’Italia. Sono diverse centinaia gli elettrodomestici usati adagiati in un terreno privato abbandonato, formalmente compreso nel perimetro del comune di Tivoli (località Bagni di Tivoli) ma distante qualche decina di metri dal confine con la Capitale, disegnato a sua volta lungo il tracciato del fiume Aniene. Il colpo d’occhio è sconcertante già dalla bretella dell’Autostrada A1 che attraversa l’area tiburtina, tale da non far invidia ai “panorami” scrutabili nei pressi di discariche ufficiali come Malagrotta e Inviolata. Una bomba ecologica, fra l’altro, considerando l’elevato rischio incendi dell’area ma anche gli effetti delle consuete esondazioni del principale affluente del Tevere.


Entrando nel cuore dell’area dove decenni fa la Stacchini realizzava le sue celebri polveri da sparo, l’odore è acre e somiglia quasi a quello del gas metano. Gli elettrodomestici, come detto, sono rivestiti soltanto di un polistirene giallastro, sparso ovunque fra cespugli, calcinacci e carcasse di animali morti. Qualche rogo c’è stato, seppur di piccola entità, e lo testimoniano i punti in cui il materiale e pressoché carbonizzato.






La domanda è: chi ha scaricato (o chi continua a scaricare) tutti questi rifiuti ingombranti? “Abbiamo motivo di credere che alcune aziende di smaltimento, che lavorano per le grandi catene di elettrodomestici della zona, per anni abbiano volutamente scambiato questo posto per una discarica”, racconta a IlFattoQuotidiano.it il sindaco di Tivoli, Giuseppe Proietti. “Recentemente – spiega il primo cittadino tiburtino – abbiamo pizzicato sul fatto ditte anche importanti. Da quando abbiamo recintato l’area, chiudendo le vie di accesso almeno ai veicoli, gli scarichi sono decisamente diminuiti”.
Va detto che da 8 anni – decreto 65/2010 del Ministero Ambiente – i commercianti di elettrodomestici e dei cosiddetti AEE (Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) sono da una parte obbligati a ritirare i prodotti usati e, dall’altra, trattengono sul prezzo di vendita una quota destinata al corretto smaltimento, già applicato dal produttore. Per i grandi elettrodomestici, dunque, il “contributo” è di 5,00 euro per forni, lavatrici, lavastoviglie e stufe, 16,00 euro per frigorifero e congelatore, 2 euro per piani cottura, 7 euro per scaldabagni oltre ai 30 litri. Come detto, il frigo è probabilmente l’elettrodomestico con la presenza maggiore di materiale “pregiato”. Così, da una parte il rivenditore disonesto – o chi per esso – trattiene la quota riservata sul prezzo di vendita e dall’altro guadagna spogliando il prodotto e gettandolo nella discarica abusiva.
L’area, come detto, è privata. Ma i rischi sono pubblici e assolutamente rilevanti. “Un incendio in quella zona potrebbe portare a un disastro simile a quello dell’EcoX di Pomezia”, afferma Paolo Cartasso, presidente dell’associazione Case Rosse, che da anni si batte per portare alla luce gli effetti della cosiddetta “Terra dei Fuochi di Roma Est”, il quale teme anche la possibilità che “il materiale contenuto nei frigo possa essersi riversato nel terreno”. “E’ per questo motivo – risponde a distanza il sindaco Proietti – che la società che sta trattando l’acquisto dei 63 ettari si è impegnata ad effettuare a breve un’indagine propedeutica alla bonifica, per conoscere la natura dei rifiuti”.
I costi? “Molto elevati, diversi milioni di euro, sostenibili solo da un soggetto privato, non da un’amministrazione pubblica per giunta limitata come il piccolo comune di Tivoli”. E perché non si è provveduto prima? “L’ordinanza per la bonifica l’ho firmata due anni fa, ma nel frattempo l’ultimo proprietario ha dovuto ritirarsi dall’investimento e ora siamo in trattativa con quest’altra società”. Il progetto è quello di un polo logistico, “ma prima bisogna effettuare la bonifica, e alla svelta: ho già presentato due esposti-denuncia in Procura in tal senso”.
La città di Roma è spettatrice interessata della sconcertante situazione di Bagni di Tivoli, non solo per l’estrema vicinanza con quartieri già molto provati sul fronte ambientale (Lunghezzina, Castelverde, San Vittorino). Il fiume Aniene, infatti, è diretto affluente del Tevere e il materiale di risulta spesso viaggia per decine di chilometri, fino a tornare a galla nei tratti centrali della Capitale, o addirittura alla foce di Ostia-Fiumicino.
Nelle scorse settimane, all’altezza del Circolo Tevere Remo (Ponte Regina Margherita) è stata ritrovata un’isola galleggiante piena di frigoriferi da bar. Federico Di Penta, dell’Associazione Mare Vivo ritiene che “con le piogge i fiumi si trasformano in nastri trasportatori e i materiali finiscono in mare, fra l’altro mettendo a rischio l’incolumità dei piccoli naviganti. Di questi frigo ne abbiamo avvistati almeno 40”. Giorni fa, in un’intervista a RomaToday, il coordinatore nazionale Uisp Acquaviva, Gianni Russo, aveva paventato la possibilità che il materiale potesse prevenire da una mini-discarica abusiva nei pressi di via di Salone. Chissà che l’origine di questo fenomeno non vada davvero ricercata qualche chilometro più ad est.
fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/

Discariche abusive, l’Italia ha pagato 178,4 milioni di euro di multe all’Ue

La somma versata a partire dalla condanna nel 2014, alla quale presto potrebbe seguirne un’altra




















A seguito della sentenza della Corte di giustizia europea del 2 dicembre 2014, l’Italia è stata condannata a pagare – a causa di 200 discariche dichiarate non conformi alle Direttive 77/442 e 91/696 – una somma forfettaria di 40 milioni di euro, più una penalità di 42,8 milioni di euro per ogni semestre di ritardo; una cifra che è andata limandosi nel corso del tempo,  a seguito della documentazione man mano inviata dal nostro Paese con informazioni sullo stato di avanzamento della messa in regola dei siti.
L’esito dell’ultima tornata – comunicato ieri dal ministero dell’Ambiente – vede altri 25 siti depennati dalla lista delle discariche abusive italiane. Di queste ben 14 riguardano la Regione Campania, quattro l’Abruzzo, tre il Lazio, una a testa la Sicilia, l’Umbria, il Veneto e la Toscana (quella de Le Porte, all’Isola del Giglio).
«Questo – commenta il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti – è l’ennesimo buon risultato del grande lavoro di squadra che unisce il ministero dell’Ambiente, la struttura di missione della Presidenza del Consiglio e le autorità italiane in Europa, il nuovo commissario Gen. Giuseppe Vadalà e gli enti territoriali interessati in un continuo confronto con la Commissione Ue. È chiaro che siano ancora troppe le discariche abusive in Italia e che non si possa essere davvero contenti fin quando queste non si saranno azzerate: i dati però parlano chiaro e tracciano in due ultimi due anni una discesa verticale dei siti in infrazione, che vuol dire una riduzione di costi ambientali ed economici inaccettabili per i cittadini».
A proposito di dati, per fare chiarezza nell’intricata partita sulle discariche abusive che l’Italia ha ancora aperto con l’Ue, è utile dare un’occhiata a quelli messi in fila dal Senato (in allegato, ndr). Secondo il servizio studi di Palazzo Madama, a partire dal 2 dicembre 2014 ammontano a 162,4 milioni di euro le multe che l’Italia ha dovuto versare a causa della condanna sulle discariche abusive, cui vanno aggiunti quelli che «oggi l’Italia è chiamata a versare, per il quinto semestre successivo alla sentenza», come ricorda il ministero dell’Ambiente. Altri 16 milioni di euro, che portano il computo a ben 178,4 milioni di euro di multa.
Sperando che presto non debbano aggiungersi altre condanne: nel maggio scorso il nostro Paese è stato nuovamente deferito alla Corte di giustizia Ue. Rimanendo in tema di discariche abusive, sono altre 44 quelle finite nel mirino dall’Europa, con l’ipotesi più che concreta di una nuova maxi multa all’orizzonte.

fonte: www.greenreport.it

Discariche abusive, Tar: non escludere a priori la responsabilità Stato

Il tribunale del Lazio si pronuncia su alcuni ricorsi presentati dopo la maxi multa europea. E conferma: lo Stato non può rivalersi indiscriminatamente su Regioni e Comuni
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


Il problema delle discariche abusive italiane torna nelle aule dei tribunali. O meglio ne esce, con una sentenza emessa solo qualche giorno fa dal Tar del Lazio. Sul tavolo dei giudici amministrativi è finita ancora una volta la questione delle responsabilità e delle competenze in presenza di siti illegali. Nel 2014 l’italia è stata sanzionata dall’Unione Europea per aver violato la normativa comunitaria in materia di gestione dei rifiuti con oltre 200 discariche non a norma: 40 milioni di euro di multa e un’altra penalità extra da 42,8 milioni per ogni semestre di ritardo nell’attuazione delle misure necessarie.

Lo Stato ha pagato (e sta ancora pagando), rivalendosi su Comuni e Regioni interessati dai siti illegali. La normativa italiana lo prevede ma per quello che sembra a prima vista un atto dovuto, è mancata completamente una verifica a priori delle responsabilità. Come ricorda la sentenza, che ha dato ragione agli enti locali proponenti il ricorso,  se da un lato procedure e interventi (prevenzioni, indagini, bonifica ecc) sono realizzati d’ufficio dal comune territorialmente competente e, qualora questo non provveda, dalla regione, per i Siti di interesse nazionale la competenza è attribuita al Ministero dell’Ambiente. Si legge:

“Emerge con chiara evidenza che il corpus normativo in materia richiede lo svolgimento di una fase propedeutica a quella dell’esercizio dell’azione di rivalsa, vale a dire l’individuazione delle relative responsabilità, che postulano il mancato esercizio del potere di provvedere, e che possono astrattamente sussistere sia in capo allo Stato sia in capo alle Regioni sia in capo agli enti locali. Tuttavia, nel caso di specie, l’Autorità procedente ha automaticamente escluso la responsabilità statale ed ha individuato i Comuni e la Regione come responsabili in solido della violazione, in assenza di qualsivoglia istruttoria volta all’accertamento delle responsabilità attribuite”.

Commenta con soddisfazione la sentenza, Donatella Spano, assessora della Regione Sardegna e coordinatrice della Commissione Ambiente ed Energia della Conferenza delle Regioni “Anche il Tar del Lazio ha confermato che lo Stato non potrà rivalersi su Regioni e Comuni dopo la condanna milionaria della Corte europea all’Italia, per le discariche abusive non in regola con la direttiva europea. Questo ci conforta nel lavoro svolto dalla Commissione Ambiente ed Energia della Conferenza delle Regioni al fine di distinguere caso per caso fra discariche già chiuse e discariche sanate ed evitare confusioni con situazioni di abbandono temporaneo di rifiuti”.


fonte: www.rinnovabili.it

Ercolano, sequestrata discarica abusiva nel Parco Nazionale del Vesuvio

Blitz delle forze dell’ordine in via Filaro. Sigilli a “Cava Fiengo”
http://www.lostrillone.tv/foto-articoli/9746_ercolano-sequestrata-discarica-abusiva-nel-parco-nazionale-del-vesuvio.jpg

Ercolano. Discarica abusiva e rifiuti pericolosi all’interno del Parco Nazionale del Vesuvio: sequestrata “Cava Fiengo”. Ad entrare in azione, i carabinieri del NOE e della Stazione di Ercolano. I militari, in collaborazione con la Polizia locale, hanno sequestrato la Cava di circa 15 ettari (in via Filaro -  Contrada Casteluccio) eseguendo un decreto emesso dal gip di Napoli per inquinamento ambientale.
Le indagini – si apprende dalla nota ufficiale scritta dall’Aggiunto presso la Procura della Repubblica di Napoli, Nunzio Fragliasso – hanno preso le mosse dalla dichiarazioni di un pentito. E’ così che dopo le rivelazioni del collaboratore di giustizia gli inquirenti hanno accertato la presenza, all’interno di “Cava Fiengo”, sia in superficie che nel sottosuolo, di circa 400,000mc di rifiuti speciali, pericolosi e non, in parte anche combusti, plastica, fusti da 200 litri di olii deteriorati, metalli e carcasse di auto. 

fonte: http://www.lostrillone.tv