Ci sono il Centro Olio di Viggiano -di Eni- e il progetto Tempa Rossa -di
Total-, entrambi in Basilicata, nei due filoni dell'inchiesta
coordinata dalla Direzione nazionale antimafia e dalla Procura di
Potenza che ha portato il 31 marzo all'arresto di 7 persone e
alle dimissioni del ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi.
Sessanta, in tutto, gli indagati. Tra le ipotesi, anche quella di
disastro ambientale. Facciamo il punto
Sessanta indagati, sette arresti, un
divieto di dimora, impianti petroliferi e di smaltimento rifiuti
sequestrati, sospesa la produzione di idrocarburi. Sono questi i
numeri e gli avvenimenti della maxinchiesta coordinata dalla Direzione
nazionale antimafia e dalla Procura di Potenza che dal 31 marzo 2016 sta
facendo tremare multinazionali, imprenditori, amministratori locali,
ministri e sottosegretari.
Ad emettere i provvedimenti cautelari -
eseguiti nelle province di Potenza, Roma, Caltanissetta, Genova, Chieti e
Grosseto - è stato il gip del Tribunale di Potenza, Tiziana Petrocelli.
L’inchiesta - partita nel febbraio del 2014 - è divisa in due filoni.
"Siamo di fronte a una organizzazione criminale di stampo mafioso, organizzata su base imprenditoriale":
queste la parole del Procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, a
commento dell’inchiesta, che a partire dal petrolio si sta espandendo a
macchia d’olio. Sono emersi, infatti, presunti coinvolgimenti del capo
di Stato maggiore della Marina e collaboratori della Camera di
Commercio. Guardiamo, in dettaglio, ai due filoni principali.
L’Eni, i rifiuti e le emissioni
Il primo "itinerario nell'inchiesta" ci porta al
Centro olio Eni di Viggiano,
in provincia di Potenza, localizzato nella valle dell’Agri. Qui
attualmente la multinazionale di San Donato Milanese estrae una media
giornaliera di 82mila barili di greggio, ma ha già ottenuto le
autorizzazioni necessarie all’aumento della produzione, fino ad un
massimo di 104 mila barili di greggio al giorno.
La concessione è
denominata “Val d’Agri”. Le indagini, affidate al Nucleo operativo
ecologico (Noe) dell’Arma dei carabinieri, riguardano il presunto
smaltimento illecito di rifiuti industriali (comprese le acque di strato
derivanti dalle attività produttive, non accuratamente trattate e
re-iniettate nel pozzo Costa Molina 2) presso alcuni impianti, compresa
l’azienda Tecnoparco di Pisticci scalo, in provincia di Matera.
L’accusa è di aver gestito illecitamente questi rifiuti "pericolosi"
come "non pericolosi", con il fine di ottenerne un vantaggio economico.
“Condotte ed attività - si legge nell’ordinanza di applicazione della
misura cautelare del 29 marzo 2016 - che in definitiva, attraverso sia
il risparmio dei costi ottenuto grazie alla reiniezione dei reflui nel
pozzo Costa Molina 2 che quello raggiunto smaltendo i rifiuti liquidi
con un CER non corretto, permettevano all’azienda petrolifera di
incamerare
un profitto ingiusto di valore compreso tra i 44.282.0711 euro ed i 114.216.971 euro”.
Inoltre, l’altra contestazione riguarda la falsificazione dei dati
sulle emissioni in atmosfera prodotte dal Centro olio. In base a quanto
accertato da parte dei Noe di Potenza, e dalla lettura delle
intercettazioni, “i vertici del Centro olio […] decidevano
deliberatamente ed in diverse occasioni di comunicare agli organi
pubblici di controllo l’avvenuto superamento dei parametri, usando una
condotta fraudolenta consistente nel fornire una giustificazione tecnica
non corrispondente al vero e diversa da quella (effettiva) utilizzata
nelle precedenti comunicazioni. Tanto, al fine evidente di nascondere le
reali cause del problema e celare le inefficienze dell’impianto”.
Per
questo filone d’inchiesta gli indagati sono 37, gli arresti 5 e un
divieto di dimora nel capoluogo lucano per Salvatore Lambiase, dirigente
dell’Ufficio compatibilità ambientale della Regione Basilicata. Al
momento risultano sotto sequestro alcune parti del Centro olio di
Viggiano e il pozzo Costa Molina 2. Provvedimenti che di fatto bloccano
la produzione del greggio lucano.
La Procura indaga anche per l'ipotesi di disastro ambientale.
La Total, gli appalti e il ministro Federica Guidi
Il secondo filone d’inchiesta riconduce, invece,
all’altro giacimento lucano - quello di Tempa Rossa - localizzato nella
valle del Sauro. Titolare della concessione - denominata “Gorgoglione” -
è la Total, che a Corleto Perticara, in provincia di Potenza, sta
realizzando un nuovo Centro olio, per il trattamento di 50 mila barili
di greggio da estrarre quotidianamente a partire dal 2017.
Ed è proprio
in conseguenza di questa inchiesta che, il 31 marzo 2016, il ministro
allo Sviluppo economico, Federica Guidi, ha rassegnato le proprie
dimissioni. Dalle intercettazioni emerge il coinvolgimento del suo
compagno, l’imprenditore e commissario di Confindustria Siracusa, Gianluca Gemelli.
Dall’ordinanza di applicazione della misura cautelare del 23 marzo 2016
emerge che Gianluca Gemelli avrebbe sfruttato la “convivenza che aveva
con il ministro allo Sviluppo economico” al fine di ottenere da Giuseppe Cobianchi
- dirigente della Total - le qualifiche necessarie per entrare nella
“bidder list delle società di ingegneria” della multinazionale francese,
ovvero tra i fornitori ammessi, e “partecipare alle gare di
progettazione ed esecuzione dei lavori per l’impianto estrattivo di
Tempa Rossa”.
Per questo filone d’inchiesta gli indagati sono 23, gli
arresti 2, tra cui l’ex primo cittadino di Corleto Perticara, Rosaria
Vicino. Secondo l’accusa gli amministratori locali coinvolti avrebbero
chiesto e ottenuto dalle aziende coinvolte nel progetto Tempa Rossa
assunzioni varie. Clientele insomma.
Ricordiamo che i vertici Total
sono già stati al centro di un’inchiesta del 2006 - il famoso Totalgate,
del pm Henry John Woodcook - che ha visto rinvii a giudizio, condanne,
ricorsi, sospensioni dei lavori per illeciti, blocco e ripresa degli
espropri dei terreni per “pubblica utilità”.
Tempa Rossa - secondo le stime fatte dal sito inglese della Mitsui, co-titolare del progetto - è un investimento da 1,6 miliardi di euro.
Già quasi completamente coperti grazie all’intervento del Cipe
(Comitato interministeriale per la programmazione economica), che con
una deliberazione del marzo 2012 (n.18 del 23 marzo 2012) ha stilato un
programma d’investimenti pari a 1,3 miliardi di euro. In quanto
considerato “strategico”. Tempa Rossa non è solo Basilicata, però. Anche
Puglia, e soprattutto Taranto. Scelta come terminale
del progetto: nella città dell'Ilva, infatti, dovrebbe arrivare il
greggio estratto in Basilicata, da stoccare e da inviare a diversi
impianti di raffinazione. Proprio dal fronte pugliese negli ultimi anni
si sono registrate le maggiori opposizioni alla Total che hanno
provocato diversi ritardi nell’esecuzione dei lavori. Evidentemente da
sbloccare, con l’aiuto del ministro allo Sviluppo economico.
Lo Sblocca-Italia, l’emendamento alla legge di Stabilità e il progetto Tempa Rossa
Ad inguaiare il ministro allo Sviluppo economico, Federica
Guidi, sono alcune intercettazioni aventi oggetto l’inserimento di un
emendamento alla legge di Stabilità 2015, “che avrebbe agevolato l’iter
autorizzativo necessario alla completa realizzazione del progetto Tempa
Rossa”.
A tal proposito, in una comunicazione intercettata con il suo
compagno Gianluca Gemelli, il ministro Guidi riferiva che “[…] poi
dovremmo riuscire a mettere dentro al Senato se è d’accordo anche Maria
Elena (Boschi, ministro per le Riforme costituzionali, ndr)
quell’emendamento che mi hanno fatto uscire quella notte, alle quattro
di notte! Rimetterlo dentro alla legge con l’emendamento alla legge di
Stabilità e a questo punto se riusciamo a sbloccare anche Tempa Rossa
[…] dall’altra parte di muove tutto!”.
Appresa la notizia
l’imprenditore Gianluca Gemelli comunicava il tutto all’ingegner
Giuseppe Cobianchi, di Total, che “pare che oggi riescano ad inserirlo
(l’emendamento, ndr) nuovamente al Senato […] ragion per cui se passa
[…] e pare che ci sia l’accordo con Boschi e compagni […] perché la
Boschi ha accettato di inserirlo […] è tutto sbloccato!”. E Giuseppe
Cobianchi chiede “lei mi sta parlando di Taranto? […] quella situazione
di Taranto? […] ah, ah bene!”.
L’emendamento in questione è il 223-bis,
riguardante la semplificazione della realizzazione di opere strumentali
alle infrastrutture energetiche strategiche, tra le quali inserire
anche "le opere necessarie al trasporto, allo stoccaggio, al
trasferimento degli idrocarburi in raffineria, alle opere accessorie, ai
terminali costieri e alle infrastrutture portuali strumentali alo
sfruttamento di titoli concessori esistenti, comprese quelle localizzate
al di fuori del perimetro di concessioni di coltivazione […]”. Tempa Rossa, versante Taranto, appunto.
L’impressione è che l’inchiesta partita dal capoluogo lucano sia
destinata ad allargarsi ulteriormente. Secondo l’Ansa, i magistrati di
Potenza si recheranno a Roma per ascoltare i ministri Guidi e Boschi. E
risulta coinvolto anche l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, il capo di Stato maggiore della Marina,
“indagato con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al
traffico di influenze e per concorso in abuso d’ufficio in un filone
siciliano dell’inchiesta sul petrolio in Basilicata. La notizia -
riporta l'ANSA - ha trovato conferme in ambienti giudiziari. Secondo
quanto si è appreso, De Giorgi è indagato nell’ambito di accertamenti
sull’attività dell’Autorità portuale di Augusta insieme a Gianluca
Gemelli, al dirigente Total, Giuseppe Cobianchi, all’ex sindaco di
Corleto Perticara, Rosaria Vicino, all’imprenditore Pasquale Criscuolo, a
Nicola Colicchi, collaboratore della Camera di Commercio di Roma, e al
presidente del Collegio dei Revisori dei conti della stessa Camera di
Commercio, Valter Pastena (ex direttore generale della Ragioneria di
Stato)".
fonte: www.altraeconomia.it