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Più servizi e mezzi, per le auto in condivisione triplicare obiettivi al 2030 e 100% elettrico

Il rapporto dell’Osservatorio nazionale sulla sharing mobility e Motus-E. La sharing mobility e l’elettrificazione possono diventare due grandi alleate strategiche. Il car sharing potrà essere il segnale di una ripresa e potrà contribuire a liberare le nostre strade dall’attuale affollamento di mezzi inquinanti. Il mezzo elettrico costituisce la soluzione ideale
















Servono maggiore scambio tra offerta e domanda, più servizi e più auto, un’estensione delle aree, un aumento delle città, un incremento di tipologie di carsharing e una maggiore penetrazione dei veicoli elettrici. Questo il quadro degli obiettivi strategici per la condivisione e l’elettrificazione delle auto in futuro – secondo il rapporto ‘Lo sviluppo di servizi di carsharing con veicoli elettrici – Soluzioni e proposte’, messo a punto dall’Osservatorio nazionale sulla sharing mobility e Motus-E – con un target al 2030 che punti alla triplicazione delle auto in sharing e una flotta 100% elettrica.

“Nel quadro italiano, che registra uno dei tassi di motorizzazione privata più alti del mondo, sharing mobility ed elettrificazione – dichiara Raimondo Orsini, responsabile dell’Osservatorio nazionale della sharing mobility – possono diventare due grandi alleate strategiche. I trasporti condivisi, come il carsharing, sono fondamentali per fornire ai cittadini un’alternativa efficace e competitiva che li incentivi a rinunciare all’auto di proprietà”.

Il documento, oltre a fare il punto su come promuovere lo sviluppo del carsharing in Italia avanza una serie di proposte e raccomandazioni al livello locale e nazionale, costituendo il primo punto di partenza per un confronto tra amministratori locali, operatori e decisori politici.

“Il car sharing potrà essere il segnale di una ripresa – conclude Dino Marcozzi, segretario generale di Motus-E – secondo una diversa civiltà della mobilità e potrà contribuire a liberare le nostre strade dall’attuale affollamento di mezzi inquinanti, oltre che svecchiare il parco auto e ripulire l’aria dai veleni del traffico. Il mezzo elettrico costituisce la soluzione ideale, anche quale esempio per consumatori e pubbliche amministrazioni verso una compiuta transizione ecologica”.

La promozione del carsharing elettrico deve tenere conto della fase di transizione che attraversa il settore e alcuni elementi di contesto, come la crisi pandemica, l’uscita dal mercato di alcuni operatori elettrici (sharen’go, Bluetorino) e l’ingresso di nuovi (LeasysGo a Roma, Milano e Torino). Un quadro complessivo in cui la quota di elettrificazione del carsharing è tornata ai livelli del 2015 pur rimanendo, tra i servizi di mobilità in cui si condivide un’auto, quello più elettrificato. Una delle criticità per la diffusione dell’e-sharing e della mobilità elettrica in generale resta la non sufficiente e poco uniforme diffusione delle infrastrutture di ricarica: i ‘distributori’ elettrici sono attualmente 9.709 con un totale di 19.324 punti di ricarica e sono localizzati per il 56% nelle regioni del Nord, il 23% in quelle del Centro e solo il 21% in quelle del Sud e nelle Isole.

Secondo i rappresentanti delle istituzioni centrali e locali – nel corso del webinar di presentazione del rapporto – è di fondamentale importanza fornire “alle amministrazioni locali maggiori strumenti di tipo economico e regolatorio per supportare i servizi di carsharing con auto elettriche”, ormai “strategici per centrare gli obiettivi di mobilità sostenibile”.

fonte: www.rinnovabili.it


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È nata Assosharing, l'associazione di categoria della mobilità condivisa

L’associazione, che rappresenta la maggioranza del mercato italiano, vuole proporre delle linee guida per la regolamentazione dell’industry di monopattini, bici, scooter e auto in condivisione











È nata martedì 17 novembre a Roma Assosharing, la prima associazione di categoria del comparto sharing mobility, nata con l’obiettivo di rappresentare un settore che conta oltre 5 milioni di utenti iscritti in Italia. Tra i fondatori, Matteo Tanzilli (Helbiz), Luigi Licchelli (SHARE NOW), Alessio Raccagna (Lime, che da poco gestisce anche il marchio Jump), Andrea Giaretta (Dott) e Alessandro Vincenti (Mimoto). L’associazione, che rappresenta la maggioranza del mercato italiano, vuole proporre delle linee guida per la regolamentazione dell’industry di monopattini, bici, scooter e auto in condivisione.
“Dopo tanti tentativi siamo riusciti a rappresentare una categoria e siamo sicuri che molti altri operatori del comparto si uniranno a noi per dare sempre maggior forza alla mobilità del futuro”, dichiara Matteo Tanzilli, nominato Presidente dell’organizzazione. “Questa attività diventa particolarmente importante in questo momento storico dove il trasporto pubblico locale è stato ridotto in capacità del 50% e occorre incentivare soluzioni alternative che in sicurezza permettano lo spostamento delle persone. Dal prossimo mese verremo auditi della IX commissione trasporti della Camera dei Deputati in merito alle modifiche del codice della strada”.

Tra le istanze che verranno portate di fronte ai tavoli istituzionali vi sono proposte di modifica al Codice della Strada (come l’inserimento delle varie tipologie di servizio sharing), tematiche legate alla sicurezza e al decoro urbano (come la richiesta di diminuire i limiti di velocità dei monopattini elettrici da 25 a 20 km/h nelle aree urbane e la creazione di parcheggi dedicati alla mobilità in condivisione). L’Associazione ha infine in cantiere alcune proposte che riguardano anche i temi fiscali e digitali: la richiesta di un allineamento dell’IVA dal 22% al 10% come nel trasporto pubblico locale e la creazione di un unico standard nazionale per la condivisione dei dati con la PA.

fonte: www.ecodallecitta.it

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Auto: noleggio e car sharing protagonisti della mobilità sostenibile

 

Il settore del noleggio veicoli si conferma nel 2020 il principale acquirente di vetture elettrificate in Italia: nei primi 9 mesi dell’anno quasi 2 auto alla spina su 5 sono state acquistate da società di noleggio. Per accelerare il rinnovo del nostro parco circolante, servono oggi misure di incentivo all’acquisto dei veicoli usati di ultima generazione, in grado di raggiungere le fasce di popolazione che non riescono a comprare il nuovo.

Sono questi i principali dati e le proposte che emergono dall’analisi ANIASA, l’Associazione che all’interno di Confindustria rappresenta il settore dei servizi di mobilità, basata sulle immatricolazioni di vetture elettriche ed ibride nel nostro Paese. Nei primi 9 mesi del 2020 le società di noleggio (a lungo e breve termine e in car sharing) hanno immatricolato 5.229 vetture ibride plug-in (+225% vs le 1.611 dello stesso periodo del 2019) e 6.132 elettriche (+125% vs 2019). Un vero e proprio boom per queste nuove alimentazioni, pur in una fase di forte contrazione del mercato del noleggio, dovuta agli effetti diretti prodotti dalla pandemia: la crisi del turismo (in particolare di quello proveniente dall’estero), le restrizioni alla mobilità cittadina che hanno duramente impattato sull’auto condivisa e l’incerto quadro economico che ha frenato la mobilità aziendale.
Il noleggio si conferma quindi protagonista assoluto degli acquisti di vetture elettrificate con una quota di immatricolazioni che sale al 42% delle ibride plug-in e al 35% delle elettriche. Quasi 4 auto elettrificate su 10 vendute nel nostro Paese sono immatricolate da società di noleggio. Una percentuale che ha ancora ampi margini di crescita, se si pensa che queste vetture rappresentano oggi il 5,2% del totale immatricolato a noleggio, percentuale che lo scorso anno era pari all’1% e che nel restante mercato automotive oggi è ferma al 2,4%. A queste si aggiungono le 22.287 vetture ibride elettriche (HEV) immatricolate sempre dagli operatori del renting nei primi 9 mesi di quest’anno, in crescita del 51% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
“Il noleggio conferma, pur in una fase economica di forte criticità, la carica innovativa e il ruolo di volano per la diffusione delle vetture elettrificate nel nostro Paese. La svolta elettrica non può che passare da una più ampia diffusione della mobilità pay-per-use”, commenta Massimiliano Archiapatti, Presidente di ANIASA, “Le risorse del Recovery Fund costituiscono un’opportunità irripetibile per rendere la mobilità italiana più sostenibile, condivisa e sicura, accelerando la transizione dalla proprietà all’uso dell’auto e il rinnovo del nostro ormai datato parco circolante. Il noleggio costituisce un elemento strategico dell’economia circolare, grazie a una flotta composta oggi da veicoli tutti di ultima generazione e alla capacità di immettere ogni anno sul mercato dell’usato veicoli (a fine noleggio) sicuri e a basse emissioni, in grado di sostituire quelli più inquinanti”.
“Per accelerare la transizione verso un parco veicoli più sostenibile e sicuro”, conclude Archiapatti, “abbiamo chiesto all’Esecutivo di estendere l’ecobonus (oggi previsto solo per limitate fasce di veicoli) alle vetture usate elettriche, ibride e con standard di emissioni EURO6. Per venire incontro alle esigenze di cassa del Governo, il bonus potrebbe essere erogato tramite credito d’imposta o mediante esenzione dal pagamento delle tasse automobilistiche (IPT e tassa automobilistica regionale) e avrebbe il pregio di accelerare il processo di acquisto di vetture a basso impatto ambientale per le diverse fasce di utilizzo (ciclo cittadino o lunghe percorrenze), raggiungere classi sociali con minore capacità di spesa (quelle spesso in possesso di veicoli più inquinanti e che senza supporto non cambierebbero la propria auto), supportare le imprese nel ricollocare sul mercato dell’usato i prodotti a fine noleggio, evitando di bloccare il meccanismo virtuoso innescato”.

fonte: www.greencity.it


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Come sta cambiando il car sharing in Italia

Nel 2019 sono cresciute flotte e iscrizioni ai servizi. Milano e Roma hanno registrato la crescita maggiore dei noleggi




Il car sharing in Italia cresce, si evolve e si adatta alla struttura urbana. Nel 2019, infatti, i servizi di auto condivisa sul territorio nazionale hanno aumentato flotte, numero di iscrizioni e noleggi, segno di un appeal sempre maggiore. E al di là della flessione registrata nei mesi di lockdown, il comparto non ha smesso di crescere neppure nel 2020.

Secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale della Sharing Mobility molti operatori di car sharing stanno sviluppando nuove formule, che vanno ad integrarsi con quelle più tradizionali, la “station based”(con parcheggi dedicati) e la“free floating” (a flusso libero). Un’altra evoluzione che ha caratterizzato il 2019 è la tendenza ad adattare il modello operativo di auto condivisa alla tipologia di città e di spostamenti. Cosa significa? Che in città come Roma e Milano sono presenti soprattutto le grandi aziende internazionali che operano nel car sharing free floating; nei centri più piccoli, come Cagliari o Venezia, nascono e si consolidano nuovi operatori locali, che progettano il servizio anche in base alle caratteristiche dell’utente medio.

In generale lo scorso anno in Italia c’è stato un tasso di rotazione medio (numero medio di noleggi giornaliero per singola vettura) di 4,7, in linea con il dato 2018. Il numero totale dei veicoli in sharing attualmente è di 8.264 di cui 7.009 del free-floating e 1.255 dello station-based; e uno su 4 è un veicolo elettrico.

In questo contesto Milano si conferma ancora una volta regina dell’auto condivisa. Nel 2019, è cresciuto il numero noleggi in free-floating (6.156.385) sul territorio comunale, con una percorrenza nel noleggio media di 7,4 km, una durata media temporale di 33 minuti.
Segue Roma dove i noleggi si attestano a 3.233.448 con una percorrenza media a noleggio di 8,4 km e 36 minuti di durata del noleggio medio.

Afferma Giusy Lombardi, Direttore Clima Energia del Ministero dell’Ambiente, co-promotore dell’Osservatorio Nazionale della Sharing Mobility: “La riduzione del tasso di motorizzazione italiano, che attualmente è di 645 auto private ogni 1000 abitanti, è l’ obiettivo fondamentale della sharing mobility: meno auto private nelle città e meno auto in sosta, infatti, vuol dire liberare spazio per le modalità di trasporto condiviso e ridurre la congestione e l’inquinamento. Un buon obiettivo per l’Italia, ambizioso ma fattibile, sarebbe quello di portare entro il 2030, anche grazie alla sharing mobility, il tasso di motorizzazione privata a 500 auto ogni mille abitanti, corrispondente a quello attuale della Francia. Il Ministero dell’Ambiente è in prima linea su questo fronte”.

fonte: www.rinnovabili.it



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Svuotare le strade del traffico

"La soluzione non può che essere l’abbinamento del servizio di massa con un servizio flessibile a domanda e personalizzato che trasporti i passeggeri dai e verso i punti di origine degli spostamenti verso le fermate principali del trasporto di massa. Si tratta di affrontate un’emergenza climatica sempre più drammatica. “Ma svuotare le strade del traffico privato per sostituirlo con un trasporto pubblico e condiviso – spiega Guido Viale – non si può fare in poco tempo. È un work in progress che deve essere programmato….”

Foto di Dan Gold tratta da unsplash.com

Nel campo della mobilità l’obiettivo principale dell’emergenza climatica è quello di ridurre al massimo il traffico dei mezzi privati – auto e furgoni – una delle principali fonti di emissione, prima in città, poi anche nei percorsi interurbani, per sostituirli con mezzi condivisi, che riducano il rapporto emissioni/passeggero-chilometro ed emissioni/chilogrammo-kilometro.
Auto e furgoni in movimento sono fonte di congestione, posteggiate riducono la capacità del sistema viario, rallentando gli spostamenti (quasi un terzo delle auto in movimento non stanno percorrendo l’itinerario origine-destinazione, ma sono alla ricerca di un parcheggio).
Con le strade più libere la capacità di trasporto dei mezzi pubblici di massa (bus e tram) sarebbe moltiplicata anche per tre: più passaggi a parità di mezzi e personale, meno stop and go, principale fonte di emissioni. La sostituzione del trasporto condiviso a quello automobilistico, soprattutto per quanto riguarda il trasporto passeggeri in città non può essere fatto solo con i mezzi di linea tradizionali (bus, tram e metro). Nelle ore di morbida e nelle zone periferiche far viaggiare bestioni da sessanta-centi-deucento posti vuoti o quasi è un costo, imposto dalla legge che prescrive dei livelli minimi di servizio, che per le aziende di trasporto urbano sono la principale fonte di deficit (mentre sulle linee di forza e negli orari di maggior utilizzo il servizio sarebbe in attivo anche solo con il puro prezzo del biglietto. Inoltre, i livelli minimi di servizio non soddisfano l’utenza: troppo alte le cadenze dei passaggi, troppo lontane le fermate dai punti di origine e destinazione degli spostamenti. Questo spinge a non utilizzare il servizio, aumentando ulteriormente il suo costo per passeggero trasportato.
La soluzione non può che essere l’abbinamento del servizio di massa con un servizio flessibile a domanda e personalizzato che trasporti i passeggeri dai e verso i punti di origine degli spostamenti verso le fermate principali del trasporto di massa (metro e linee di forza, come sono a Milano, per esempio il 14 o il 3) e viceversa, con mezzi leggeri (feeder da sei-dodici posti) che effettuano di fatto un servizio personalizzato a domicilio: in pratica un taxi collettivo. Lo stesso vale per la distribuzione delle merci in città e per le consegne a domicilio. Le tecnologie ITC sono oggi perfettamente in grado di gestire soluzioni del genere. Quanto al costo, è sicuramente inferiore all’uso di grandi mezzi di linea per trasportare poche persone per gran parte della giornata e delle tratte. Il servizio può essere finanziato con i sussidi e le tariffe attuali oppure fornito gratuitamente, mettendolo a carico della collettività, il che incentiverebbe sicuramente il suo utilizzo.
Svuotare le strade del traffico privato per sostituirlo con un trasporto pubblico e condiviso non si può fare in poco tempo. È un work in progressche deve essere programmato. Il servizio flessibile di trasporto condiviso e personalizzato può supplire agli inconvenienti che si possono presentare nel corso della transizione.
fonte: https://comune-info.net

Sharing mobility: Milano sempre più al top















Clear Channel Italia, gestore del servizio di bike sharing nelle città di Milano e Verona è stato sponsor anche quest’anno della Conferenza Nazionale sulla Sharing Mobility, tenutasi a Roma. 
Il Rapporto Nazionale realizzato dall’Osservatorio Sharing Mobility ha evidenziato una continua crescita del settore, che ormai coinvolge circa il 10% della popolazione e 271 comuni. Oltre 5 milioni di italiani usufruiscono quotidianamente dei servizi di condivisione di automobili (sia car sharing che carpooling), scooter, bici, monopattini. Una tendenza che si inserisce nella più generale crescita della Sharing Economy, ma che riflette al contempo il desiderio di uno stile di vita più sostenibile. Aumenta infatti il numero dei veicoli elettrici in sharing, in particolare auto e scooter, passando nell’ultimo anno dal 27% al 43% del totale, con una maggior diffusione delle colonnine per la ricarica. Il settore del bike sharing è in continua evoluzione, affermandosi non solo nelle grandi città come Milano, ma anche in comuni medio-piccoli. 
Clear Channel Italia è presente a Milano con il servizio BikeMi da oltre 10 anni: le prime stazioni sono state inaugurate nel 2008 e si sono moltiplicate fino ad arrivare alle 292 di oggi. Il servizio mette a disposizione degli utenti 3.650 biciclette tradizionali e 1.150 a pedalata assistita, di cui 150 con seggiolino, che possono essere usate ogni giorno dalle 07.00 alle 01.00, con eventuali prolungamenti d’orario in occasioni speciali. 
BikeMI dal suo arrivo in città ha registrato 25 milioni di utilizzi e conta oltre 650mila iscritti, ed è destinato a espandersi ulteriormente, con l’aggiunta di altre 400 bici e l’apertura di nuove stazioni nell’ambito del progetto Pon Metro, che saranno pronte entro agosto. Un servizio sempre più efficiente e capillare, con stazioni che non distano tra loro più di 400 metri e che collega i quartieri alle grandi reti del trasporto pubblico. Inoltre, con l’introduzione del nuovo sistema tariffario dei trasporti milanesi, sarà possibile caricare l’abbonamento BikeMi direttamente sulla tessera ATM. 
I numeri dell’impatto del bike sharing sull’ambiente parlano da soli: gli oltre 46 milioni di chilometri percorsi in città nei primi dieci anni di BikeMi, hanno permesso di risparmiare oltre 9,3 milioni di chili di anidride carbonica in termini di mancate emissioni, alle quali si aggiunge il contributo di una centrale di ricarica elettrica con energia (75 khW/annui) prodotta da panelli fotovoltaici.   


fonte: https://www.greencity.it

E-VAI, il car-sharing tra Comune e cittadini

In provincia di Bergamo, a Dalmine, nasce un nuovo modello di condivisione: auto elettriche con autonomia di 400 km usate dall’amministrazione comunale saranno condivisibili dai cittadini. L’intento è anche quello di facilitare gli studenti universitari















Un modello nuovo e innovativo di car sharing che prevede l’ utilizzo condiviso di veicoli elettrici di ultima generazione tra amministrazione comunale e cittadinanza, in fasce orarie differenti e compatibili tra loro.

È il servizio E-Vai PUBLIC, che nasce dalla collaborazione tra la societ à di car sharing del Gruppo FNM e il Comune di Dalmine, Bergamo, nell’ambito del progetto europeo I-SharE LIFE, dedicato alla sperimentazione di nuovi modelli di car-sharing e che vede Dalmine come primo comune incluso nel progetto a ricevere le auto del servizio.
E-Vai PUBLIC è una soluzione di mobilità sostenibile adottabile da tutte le amministrazioni interessate a una gestione più efficiente della flotta comunale e a una riduzione del parco autovetture circolante sul territorio
AUTO IN CONDIVISIONE
Il Comune di Dalmine si è dotato di due veicoli completamente elettrici, con autonomia di 400 chilometri, messo a disposizione del proprio personale per svolgere le attività lavorative dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 17.30.
Al di fuori di questi orari i veicoli saranno invece noleggiabili dai cittadini, ritirandoli e riconsegnandoli nelle postazioni che il Comune sta realizzando in piazza Matteotti, nei pressi della biblioteca comunale. Queste postazioni entreranno a far parte degli oltre 100 E-Vai point presenti in Regione Lombardia. Il servizio di condivisione con la cittadinanza sarà attivato al completamento dei lavori di realizzazione delle colonnine di ricarica.
Per Augusto De Castro, Consigliere delegato di E-Vai: «Si tratta di una soluzione che risponde in modo innovativo all’esigenza di mobilità sostenibile in forte crescita in tutto il territorio lombardo. Grazie alla collaborazione delle amministrazioni comunali, come Dalmine, il car sharing può arrivare anche in realtà locali non raggiunte dai grandi operatori, riducendo il ricorso all’auto privata da parte dei cittadini e rendendo più efficiente e sostenibile la gestione del parco vetture del comune. Ci fa inoltre particolare piacere la scelta del Comune di Dalmine perché permetterà anche collegamenti diretti con i 3 E-Vai point già presenti nella città di Bergamo, sedi di importanti enti e istituzioni per il territorio come l’Università».
VANTAGGI PER TUTTI
Il modello E-Vai PUBLICoffre vantaggi sia per i Comuni sia per la cittadinanza.
L’amministrazione comunale raggiunge l’obiettivo di adottare un parco macchine ecologicoabbattendo l’impatto ambientale della propria flotta, grazie alla condivisione di auto elettriche tra i propri dipendenti e offre al contempo un servizio aggiuntivo alla cittadinanza, con la presenza di un car sharing in territori non raggiunti da altri operatori del settore.
Il cittadino ovviamente può usufruire della comodità di disporre di un autoveicolo elettrico per le proprie esigenze di mobilità senza assumersi gli oneri della proprietà di un mezzo.
«La nostra amministrazione – dichiara Il Sindaco Lorella Alessio – con questa iniziativa, oltre che alla prossima installazione di ulteriori 6 colonnine di ricarica elettrica, crede fortemente nella mobilità elettrica come una delle soluzioni per ridurre l’inquinamento delle nostre città. Il car sharing è certamente una delle soluzioni che potrà limitare gli accessi di veicoli diretti anche verso la nostra Università. Questa nostra iniziativa nasce anche con lo scopo di voler agevolare quegli studenti che si spostano con le linee ferroviarie e che, ci auguriamo, potranno trovare presto delle auto elettriche in prossimità delle stazioni ferroviarie e raggiungere il Polo Universitario».
fonte: www.lastampa.it

Torino, Milano e Firenze città guida della e-mobility

Mobilità elettrica, cambiamento in ordine sparso e ancora troppo lento. La classifica stilata da un indagine del progetto “Alla Carica. Generation Electricity”














Nelle nostre città l’auto elettrica non ha ancora cominciato a correre. Per dare il via all’e-mobility serve uno sforzo infrastrutturale notevole: colonnine di ricarica, soprattutto, ma anche parcheggi, normative, agevolazioni fiscali. In questa fase nascente ci si muove in ordine sparso, senza un piano nazionale: ma una «pagella» per le 8 maggiori città italiane è stata stilata, in base ai dati forniti dai Comuni, all’interno del progetto «Alla Carica. Generation Electricity», sostenuto dal ministero dell’Ambiente per la sensibilizzazione dei millennials sulle smart city (www.allacarica.it).

Torino 
È al primo posto valutando lo stato dell’arte: ben 303 le colonnine, che diventeranno 564 entro dicembre, e ci sono agevolazioni su Ztl e parcheggi per chi possiede auto elettriche o ibride. Sono 196 le auto del car sharing elettrico e la prospettiva è che arrivino a 330 entro fine anno. Consistente anche la quota dello scooter sharing: 150 mezzi. Per la mobilità pubblica, si contano 51 bus elettrici e ben 200 tram.


Milano 
È la città italiana in testa per le politiche di sviluppo già programmate sull’e-mobility. L’auto elettrica privata è a quota 811 (dicembre 2017) e le colonnine sono solo 32, ma saliranno a un migliaio entro il 2020. Meglio la mobilità pubblica: l’obiettivo è full electric nel 2030. Ben 2.950 taxi su un totale di 4.900 sono ibridi. A oggi, sono 1.150 le due ruote a pedalata assistita nel bike sharing, 410 gli scooter elettrici.
Bologna 
È prima per capillarità degli interventi: a fine 2017 le ibride erano 4.273 su 200.000 veicoli (ma le elettriche solo 75). Il car sharing elettrico è a quota 120, destinato a raddoppiare a breve. Mezzi pubblici: 95 filobus e 6 bus (più 86 ibridi). Punta sui taxi, su 5 mila bici elettriche incentivate (320 in arrivo in sharing).
Firenze 
È la città con il maggior numero di mezzi elettrici privati in rapporto alla popolazione: 4.000. Inoltre dei quattro gestori privati di car sharing due sono elettrici, e dispongono di un totale di 220 veicoli. Per ricaricarli, ci sono 173 colonnine, più 90 home station per i mezzi comunali, sei fast charger per i taxi. E soprattutto, ben otto bus su dieci sono elettrici.
Roma 
Al dicembre 2017 erano 2.400 le auto elettriche, con appena 120 colonnine, destinate a diventare 700 entro la fine del 2020. Il car sharing elettrico pubblico non va oltre l’atto simbolico: un’auto e un van. Un po’ meglio sul fronte dei binari, vecchia tradizione smantellata negli anni ‘60: 160 tram, 156 mezzi tra metro e ferrovie regionali, 75 filobus. Ma 5 linee total electric risultano disattivate con 60 bus in attesa di revamping.
Genova 
Flotta privata ibrida a quota 1.965, 50 colonnine (200 entro il 2020) e 34 taxi ibridi (1 elettrico). Il car sharing elettrico è ancora in rampa di lancio: 10 veicoli in corso di attivazione.
Palermo 
Car sharing elettrico a quota 24 auto, destinate ad arrivare a 80 entro il prossimo anno. Ci sono poi 17 tram, 8 colonnine e 16 punti a ricarica veloce.
Napoli 
Numeri bassi, ma incentivi: sgravi fiscali a chi acquista elettrico, agevolazioni su Ztl e parcheggi. Sono stati programmati 120 punti pubblici di ricarica, per ora le auto elettriche private sono solo 50. Per la mobilità pubblica, 61 filobus e 42 tram (non in servizio per lavori sulla linea).
fonte: www.lastampa.it

Car sharing elettrico Nissan: e-Van condivisi arrivano a Firenze

Dopo Roma, Nissan porta il suo servizio di car sharing elettrico anche a Firenze, dove da adesso è possibile noleggiare i van e-NV200.

















Il car sharing elettrico firmato Nissan sbarca a Firenze grazie alla collaborazione della concessionaria Toscalandia. Il servizio, chiamato e-Van Sharing, è rivolto non solamente ai privati cittadini, ma anche ai piccoli imprenditori e ai liberi professionisti.
Al centro di e-Van Sharing c’è il Nissan e-NV200, un veicolo commerciale elettrico perfetto per la consegna di merci nel centro storico di Firenze in quanto abilitato alla circolazione anche in presenza di ZTL. Il furgone a zero emissioni eredita la stessa tecnologia elettrica della “sorella” Nissan Leaf, abbinandola però a una capacità di carico di 4,2 metri cubi corrispondenti a 2 europallet, per un peso complessivo che arriva a 742 chilogrammi.
Per accedere al car sharing Nissan il cliente può registrarsi sul sito dedicato e utilizzare l’app Glide. In questo modo è possibile prenotare il veicolo tutti i giorni a qualsiasi ora e poi pagare, sempre all’interno della stessa applicazione, al termine del noleggio.
Firenze si unisce a Roma nell’elenco delle città italiane in cui il servizio e-Van Sharing è già attivo. Questa novità si inserisce a sua volta nel progetto globale Nissan Intelligent Mobility studiato per cambiare in meglio la mobilità quotidiana nei grossi centri urbani, dove si punterà sempre più sulla tecnologia e sulla propulsione elettrica.
fonte: https://www.greenstyle.it/

Car sharing e car pooling, due nuovi progetti di legge

Ficara (M5S): “Da oggi iniziamo a recuperare il ritardo accumulato dai governi passati rispetto al resto d’Europa lavorando alla messa a punto di uno strumento legislativo che promuove la mobilità intelligente”















Sostenere i nuovi modelli di mobilità condivisa attraverso un’azione strutturata. Questo l’obiettivo di due progetti di legge assegnati alla IX Commissione Trasporti della Camera. I provvedimenti in questione intervengono su due temi cari al modo dei trasporti sostenibili: il car sharing e il car pooling, rispettivamente il servizio di condivisione auto e quello di condivisione dei tragitti. I testi contengono le disposizioni per promuovere l’utilizzo condiviso di veicoli privati come strumento di riduzione del numero delle vetture in circolazione e dell’impatto ambientale ad esse associato. “Da oggi iniziamo a recuperare il ritardo accumulato dai governi passati rispetto al resto d’Europa lavorando alla messa a punto di uno strumento legislativo che promuove la mobilità intelligente”, commentano i deputati M5S Diego De Lorenzis, Emanuele Scagliusi (primi firmatari delle due leggi in discussione) e Paolo Ficara, relatore del provvedimento. “L’obiettivo è la diffusione di due modalità fondamentali di spostamento come il car sharing e il car pooling. Dobbiamo assolutamente ridurre la congestione del traffico veicolare, aumentare la salubrità delle città, favorire il risparmio economico, migliorare l’ambiente e ottimizzare gli spazi urbani”.

Nel dettaglio, il progetto di legge  C. 859 (De Lorenzis) è dedicato al “car sharing tra privati”, ossia alla possibilità che un veicolo privato venga messo in condivisione dal proprietario in favore di soggetti terzi, senza che tale attività si configuri come professionale o di impresa e senza che costituisca servizio di noleggi. Lo schema mira a favorire la progettazione e la realizzazione di piattaforme che consentano la diffusione di questa pratica, in modo da estendere a ogni proprietario di un’autovettura la possibilità di condividere il proprio veicolo, “con un notevole impatto sociale, economico e ambientale”.

Il progetto di legge C. 930 (Scagliusi) è dedicato invece alla promozione e diffusione del car pooling, dandone una definizione univoca e disciplinandone la natura giuridica. Il testo chiede ad amministrazioni ed enti pubblici di riservare nei propri siti internet e intranet istituzionali uno spazio dedicato a questo servizio di mobilità sostenibile. Prevede inoltre un credito d’imposta nella misura massima di 10.000 euro annui per chi realizza e gestisce direttamente servizi di car pooling (nel limite massimo complessivo di spesa di 1 milione di euro annui).

“I dati pubblicati in questi giorni sull’inquinamento atmosferico nelle nostre città – aggiungono i pentastellati – sottolineano l’importanza di sostenere e incentivare la mobilità condivisa per promuovere l’utilizzo di mezzi di trasporto alternativi all’auto privata per gli spostamenti quotidiani. Un altro tassello relativo al nuovo modo di pensare la mobilità, soprattutto urbana, per garantire ai cittadini una migliore qualità della vita grazie all’intermodalità che integra la pedonalità, la ciclabilità, il trasporto pubblico locale e la sharing mobility”.

fonte: www.rinnovabili.it

Automobile Decrescente, Una Nuova Speranza…

















I trasporti, secondo un recente rapporto ISPRA,1 sono responsabili praticamente del 25% delle emissioni totali di gas serra nel nostro Paese. Per contenere l’innalzamento della temperatura media globale entro 1,5 °C, come richiesto dall’autorevole studio IPCC2 dell’ottobre scorso (che quindi “sconfessa” gli accordi di Parigi 2015, che si limitavano al contenimento entro 2°C), è necessaria una vera e propria rivoluzione in cui il settore dei trasporti gioca un ruolo chiave. Tutti abbiamo beneficiato e continuiamo a beneficiare dell’automobile, inutile nascondersi, ma adesso ognuno è chiamato a fare la sua parte, non possiamo più ignorare le notizie allarmanti provenienti dalla comunità scientifica. Quindi, come si deve orientare un cittadino consapevole in procinto di acquistare un’auto, qualora tale acquisto sia necessario ed inevitabile? Cercheremo di capire se esiste un’automobile veramente ecologica e decrescente, o che più verosimilmente si avvicini a tali concetti, premettendo che è sempre preferibile utilizzare altri mezzi di trasporto laddove possibile (bicicletta, trasporto pubblico, treno).



Il mondo dell’automotive è ultimamente finito sotto i riflettori per una serie di eventi, di portata più o meno grande, che in ogni caso ci invitano a delle riflessioni. Partendo dallo scandalo Dieselgate, ( qui trovate un sunto), che ha coinvolto il colosso tedesco Volkswagen, per arrivare ai nuovi test Wltp necessari per omologare le vetture, passando dalle forme di mobilità alternativa (car sharing, car pooling, trasporto intermodale) e dai nuovi tipi di alimentazione(elettrica, ibrida e idrogeno).

Il Dieselgate ha avuto un’eco mediatica enorme: è stato scoperto e accertato nel settembre 2015 dall’EPA, l’Agenzia Americana Protezione Ambiente, che certi motori diesel del gruppo Volkswagen, in fase di test per l’omologazione, adottavano un regime di funzionamento ad hoc per moderare le emissioni (in particolare dei NOx, ossidi di azoto deleteri per la salute nostra e delle piante), grazie ad un software della centralina che era in grado di riconoscere quando la macchina era sottoposta al test. Ovviamente poi su strada, il motore avrebbe lavorato in tutt’altro modo, con emissioni maggiorate anche di 40 volte3. Un imbroglio gravissimo. Ci sono stati arresti eccellenti , multe salatissime e class action per i rimborsi ma le vendite, ad oggi, ci dicono che la gente continua a comprare Volkswagen come se nulla fosse4. Un indice preoccupante: di cosa abbiamo bisogno per indignarci e cambiare le nostre scelte?

Oltretutto una conseguenza del Dieselgate è stata la riforma europea dei test di omologazione: adesso a partire dal 1 settembre, le macchine per essere omologate devono sottoporsi al più severo test WLTP, che sostituisce il vecchio ciclo NEDC (in vigore dal 1990) il quale restituiva dei dati di consumo e di emissioni molto accomodanti…Anche qui molto abbiamo permesso e perdonato per anni alle case costruttrici, che ci pubblicizzavano auto ecologiche dai mirabolanti parchi consumi, quando all’atto pratico lo scarto medio era del 30% minimo,5 guidando con piede gentile.








Stiamo assistendo a una vera e propria battaglia fra UE e lobby delle auto, con la prima determinata ad imporre standard sempre più severi per contenere emissioni di CO2 (anidride carbonica), il principale dei gas serra responsabili del surriscaldamento globale. L’industria automobilistica cerca invece di guadagnare tempo, giudicando apertamente irrealizzabili gli obiettivi fissati dall’UE in un lasso di tempo così breve (le emissioni medie delle vetture nuove immatricolate nell’UE dovranno essere inferiori del 15% nel 2025 e del 35% nel 2030, rispetto ai limiti di emissioni validi nel 2021) . E’ vero che i costruttori hanno investito molte risorse per migliorare la tecnologia dei motori per renderli più efficaci e meno impattanti e che molto stanno investendo per sviluppare modelli elettrici, ma i numeri ci dicono che non basta: gli spostamenti su gomma aumentano, le emissioni non calano come dovrebbero6 e bisogna accelerare la transizione a nuovi modelli di mobilità…Già, ma come?

Entriamo nel vivo: come faccio io, singolo cittadino desideroso di contribuire a questo cambiamento necessario, per non fare finta di niente e voltarmi dall’altra parte? Innanzi tutto c’è da notare che, in particolar modo per gli abitanti delle grandi città, il concetto di possesso di automobile non è più così prioritario: possiamo utilizzare bicicletta, mezzi pubblici (meglio treno o metropolitana quando possibile), o utilizzare le novità di questi ultimi anni: sono sorte molte compagnie di car sharing (qui una lista), con flotte di macchine (anche elettriche) disseminate per la città. Basta registrarsi sui portali di queste compagnie, associare una carta di credito (anche prepagata) e dotarsi di uno smartphone: il gioco è fatto, Possiamo noleggiare l’auto che più ci aggrada o che ci è più vicina, ed andare da A a B all’interno delle zone della città coperte dal servizio. I costi per tragitti medio-brevi e saltuari, sono contenuti. Con lo stesso principio funzionano anche compagnie di scooter sharing (anche elettrici! Qui una lista aggiornata).

Un’altra variante interessante è la mobilità intermodale: ad esempio vado da A a B in bicicletta e da B a C con il treno e bici al seguito, ma le combinazioni sono tante ed includono anche l’automobile ovviamente. Magari impiegheremo più tempo (che comunque può essere impiegato per una buona lettura), ma quasi certamente ci risparmieremo delle attese snervanti incolonnati, o lo stress della guida o della ricerca del parcheggio, senza contare il fatto che ritroveremmo presto una buona forma fisica.



Da segnalare anche il car pooling, un servizio che mette in contatto persone che condividono un qualsivoglia tragitto, anche lungo, e quindi abbiamo un proprietario che mette a disposizione la sua macchina, e i passeggeri che contribuiscono alle spese di viaggio: un fenomeno che se implementato porterebbe grandi giovamenti ad es. decongestionamento delle strade, ma anche aumento delle relazioni sociali.

Queste premesse sono doverose per ribadire il concetto che l’auto più ecologica in assoluto è quella che non si utilizza, quindi se abbiamo possibilità di scelta, dovremmo relegare l’automobile privata in fondo alle nostre opzioni.

Se invece abitiamo dove non c’è grande offerta di questi servizi e/o abbiamo necessità di un’autovettura, per il nostro lavoro e/o per la famiglia o per qualche valido motivo che ci induca all’acquisto, allora è giunto il momento di mettersi a tavolino e studiare l’opzione migliore per noi ma non solo: la scelta dovrà essere la migliore possibile anche per chi ci circonda e per la nostra “Casa comune”, come la chiama Papa Francesco nella sua ottima “Laudato Sii”, enciclica che invito a leggere essendo la prima parte trattata con un approccio “scientifico” rivolto a tutti, anche ai laici.

Dunque, partiamo subito con l’accantonamento delle motorizzazioni tradizionali benzina e diesel: nel primo caso si ha produzione di ingenti quantità di CO2 , e se si tratta di motori a iniezione diretta, anche di notevoli quantità di particolato, fenomeno mitigato dalla recente adozione dei filtri antiparticolato anche per questi motori7 (ma non tutte le Case li hanno adottati); nel caso del diesel, il problema è soprattutto la produzione e la emissione degli ossidi di azoto NOx, (che gli ultimi modelli contrastano con degli additivi a base di urea), e delle polveri sottili (le famigerate PM10 e PM2,5), bloccate in parte dal filtro antiparticolato, il cui trattamento di rigenerazione in passato ha però suscitato numerose polemiche (qui). E’ giusto sottolineare che oltre alle succitate emissioni, ve ne sono altre, costituite ad esempio da residui di idrocarburi incombusti e ossidi di zolfo; ringraziamo i suddetti motori per il lavoro svolto fino a qui e mandiamoli in pensione.

Per comprendere quale motore sia opportuno adottare per il futuro, occorre valutare l’impatto di un’automobile lungo l’intero ciclo di vita (LCA, Life Cycle Assesment) , vale a dire energia spesa e conseguenti emissioni CO2 durante :


la costruzione dell’automobile stessa e delle sue componenti;


estrazione e/o creazione del combustibile necessario per la trazione, ad es. gasolio, benzina, ma anche elettricità per le batterie delle auto elettriche (analisi WTT, Well-to-tank, dal pozzo al serbatoio);



















emissioni connesse all’utilizzo effettivo dell’automezzo (analisi TTW , Tank to wheel dal
 .dal serbatoio alla ruota)(fonte RSE (Ricerca sul Sistema Energetico) che compara le emissioni di CO2 WTW di varie motorizzazioni con dati al 2017)

Come si può notare dal grafico, i migliori risultati in termini di riduzione delle emissioni di CO2 si ottengono dai veicoli elettrificati PHEV ed elettrici puri, sulla parte destra del grafico.. Pertanto approfondiremo in primis gli aspetti relativi a questi tipi di alimentazione, ma sicuramente daremo un’occhiata all’ottimo risultato che promette una macchina che sfrutta il biometano.



Dal momento che il problema del surriscaldamento globale è sempre più stringente, ecco arrivare all’orizzonte il momento della scossa! Si può optare per un’ibrida o una elettrica; analizziamole in breve. Per le ibride abbiamo tre sottoclassi principali: mild-hybrid, full hybrid e plug-in hybrid. Le mild-hybrid sono vetture che affiancano al motore termico tradizionale un impianto elettrico , sorretto da batteria a 48 Volt e da un piccolo motorino elettrico aggiuntivo: nelle fasi di frenata la batteria si ricarica, e questo le permette di avviare il motorino elettrico nelle fasi di partenza e accelerazione, traducendo il tutto in una riduzione dell’ordine del 10% di consumi ed emissioni di CO2 . In nessun caso però la vettura si potrà muovere sono con la spinta elettrica: il motore termico è sempre necessario per la trazione. Le auto full-hybrid (alla voce ibride sul grafico di pagina 4) invece hanno batteria e motore elettrico da affiancare al termico più grandi rispetto alle mild-hybrid, permettendo così al mezzo una costante collaborazione fra i due motori, nell’ottica di ottimizzare i consumi e massimizzare le prestazioni. Auto di questo tipo sono, ad esempio, le Toyota, che iniziarono con la tecnologia ibrida già vent’anni fa. In questo caso la trazione può anche essere solo elettrica, seppur per pochissimi chilometri e a velocità ridotte. La batteria viene ricaricata sia nelle fasi di decelerazione, sia ad opera del motore termico nella funzione di generatore. Il costo di queste vetture è leggermente maggiore delle “sorelle” a motorizzazione classica, ma ragionevole poiché acquistandole si beneficia di bonus quali esenzione parziale o totale del bollo per alcuni anni, possibilità di parcheggiare gratuitamente sulle strisce blu, entrare nelle zone a traffico limitato, evitare blocchi del traffico: in realtà su questi aspetti non c’è una normativa nazionale ma varia da Regione a Regione e può anche differire da un Comune all’altro. Inoltre, in alcuni casi stanno perdendo questi “privilegi” a favore di altre classi di macchine meno impattanti (elettriche pure e ibride plug-in). Dato quindi che la situazione generale ambientale ci sta sfuggendo di mano, E’ DOVEROSO OSARE DI PIU’: vediamo le ibride plug-in (PHEV: plug-in hybrid electric vehicle). Queste macchine potrebbero rappresentare un importante compromesso: contengono batterie capienti e uno o più motori elettrici in grado di farle muovere a emissioni zero per alcune decine di Km, diciamo nell’ordine dei 40-50 km. Con la trazione esclusivamente elettrica è possibile raggiungere anche velocità di tutto rispetto (120-130 km/h), prima che il motore termico entri in gioco. Una volta esaurita la carica della batteria, l’auto si muove grazie al motore tradizionale (benzina o diesel in qualche raro caso). Il pacco batterie si può ricaricare sia attaccando la macchina ad una presa di corrente opportuna (che può essere quella domestica del box o la colonnina per strada) sia sfruttando, in marcia, il motore termico come generatore (opzione però poco conveniente). Vantaggi? Sì, ed enormi: posso fare il tragitto casa-lavoro (nella stragrande maggioranza dei casi sotto i 50 km giornalieri) muovendomi in modalità esclusivamente elettrica a emissioni zero, e nei viaggi più lunghi utilizzerò anche il motore termico. Svantaggi : costi di acquisto elevati, complessità generale del sistema, oltretutto se il motore a benzina abbinato è a iniezione diretta si ripresenta il problema del filtro antiparticolato (vedi nota 7), che non tutte i modelli adottano ancora.


Passiamo ora ai veicoli totalmente elettrici (BEV, Battery Electric Vehicle): qui il motore classico non c’è più, l’auto si muove grazie a enormi batterie (collocate sotto il pianale) che alimentano uno o più motori elettrici. L’autonomia dipende in prima istanza dalla capacità della batteria, e da condizioni al contorno quali stile di guida, utilizzo urbano/extraurbano o autostradale, conformazione del terreno, accensione o meno del climatizzatore, peso caricato etc etc. In città, dato che tutte le macchine elettriche hanno sistemi di frenata rigenerativa, con i continui rallentamenti e ripartenze l’autonomia sarà maggiore che in autostrada a velocità sostenuta. Stanno comunque uscendo alcuni modelli che garantiscono autonomie quasi paragonabili alle macchine “fossili”, in grado di placare la cosiddetta ansia da autonomia, da molti additata come uno dei principali freni alla diffusione delle macchine elettriche. Il costo iniziale di acquisto è ancora elevato, però tutti i vantaggi elencati prima per le ibride vengono aumentati, in più si viaggia a emissioni zero e se si ricarica la batteria con energia proveniente da fonti rinnovabili (ad es. pannelli solari) l’impatto sull’ambiente è significativamente ridotto (cfr. grafico a pagina 4, colonnine blu 50 e 100% FV). Oltretutto sono macchine silenziose, e chi le guida riporta di un’esperienza al contempo emozionante (hanno uno scatto bruciante, dal momento che la coppia è immediatamente disponibile) e rilassante (sembra di veleggiare sulla strada). Io ho avuto la fortuna di farlo e confermo le impressioni suddette. Un altro vantaggio è dato dalla ridotta manutenzione di cui hanno bisogno, in quanto sussistono molte meno parti in movimento rispetto al motore termico, e il meccanismo generale di funzionamento ne risulta semplificato nonché molto più efficiente. Naturalmente si risparmia tanto anche sul “pieno” rispetto a benzina, diesel o gas. Quindi se consideriamo l’arco di vita intero della macchina, la differenza di costo iniziale tende ad azzerarsi8.Gli svantaggi sono principalmente legati all’autonomia, specialmente per chi viaggia tanto ed è quindi costretto a fermarsi spesso per ricaricare: la ricarica avviene normalmente in qualche ora, a seconda della potenza elettrica installata e purtroppo , nel nostro Paese, le colonnine ad alta potenza in grado di ricaricare velocemente le auto elettriche sono ancora poco presenti in autostrada. Voglio sottolineare però che è possibilissimo fare un viaggio, anche lungo, con questi mezzi: basta organizzare bene il tragitto, che dovrà necessariamente tener conto dell’autonomia e dell’ubicazione delle colonnine, ma non è niente di sconvolgente, basta farci l’abitudine! Oltretutto potremmo adoperare il tempo di attesa durante la ricarica per fermarci a mangiare o esplorare i dintorni, insomma un altro modo di viaggiare magari ma non per questo meno emozionante.

A questo punto è anche importante non cadere nella trappola delle fake news, che puntano a sminuire la portata rivoluzionaria della macchina a elettroni, con notizie allarmanti riguardanti :


la produzione altamente inquinante delle batterie con le materie prime utilizzate (grafite, cobalto, nichel) e il problema del loro smaltimento a fine ciclo: esistono già consorzi specializzati nel riciclo di queste batterie, sia all’estero9 che in Italia10, e in più quando le batterie non sono più efficienti per la trazione possono essere utilizzate per lo stoccaggio di energia, avendo praticamente una seconda vita; quanto all’inquinamento generato dalla loro produzione, esiste ed è misurabile ma nel computo generale delle emissioni la BEV vince comunque (cfr. grafico pag. 4)


possibili blackout: se tutti comprassero l’auto a batterie, la rete elettrica non sarebbe in grado di sopportare il surplus di richiesta energetica. In realtà, le stime11 parlano di un aumento contenuto e tutto sommato gestibile, nell’ipotesi di avere (in Italia) 5 milioni di auto elettriche nel 2030. Il problema sarebbe semmai nella potenza elettrica di picco impegnata, nel caso di un numero importante di ricariche simultanee: in questo caso la soluzione sarebbe data da sistemi intelligenti di accumulo, in grado di stoccare energia elettrica prodotta in eccesso e rilasciarla nei momenti di maggior richiesta. Questa funzione può essere assolta anche dalle batterie di alcune macchine elettriche, dotate della tecnologia V2G (Vehicle to Grid, dal veicolo alla rete), in sostanza la bidirezionalità della carica: ipotizzando quindi una rete elettrica intelligente (smart grid) in grado di dialogare con le strutture ad essa collegate, la macchina elettrica potrebbe anche permettere al suo possessore un guadagno derivante dalla cessione di energia alla rete. In Germania, un esperimento in tal senso è già cominciato12. Questa smart-grid, con la sua rete di accumulatori, sarebbe anche un’ottima alleata per stabilizzare, e di conseguenza implementare, l’energia prodotta da fonti rinnovabili, per loro stessa natura intermittenti.


Già, ma vi starete chiedendo dov’è la nuova speranza del titolo, visto che i costi iniziali per sedersi su una vettura elettrica sono ancora cosi elevati e tutto sommato pochi possono permetterselo?? Una start-up13 formata da tre giovani imprenditori tedeschi ha avuto quest’idea e la sta sviluppando: una macchina totalmente elettrica, la cui batteria si può ricaricare sia tramite colonnina o presa domestica sia tramite il Sole. Infatti 330 celle fotovoltaiche ricoprono la superficie del veicolo, dal cofano alle fiancate al tetto e al portellone posteriore, e in condizione di massima insolazione (in Germania) questo sistema garantisce circa 30 km di autonomia, che si aggiungono ai 255 km offerti dalla batteria. Il famoso tragitto casa-lavoro potremmo quindi farlo solo grazie al Sole! Le celle sono protette da un sottile strato di policarbonato, materiale duro ma leggero. L’auto è predisposta per il car-sharing, per il ride sharing (è come il car pooling) o per il power sharing, ovvero la possibilità accennata prima di poter cedere energia, ed ha buone prestazioni generali pur essendo spartana nel suo complesso. Il prezzo è accessibile: 16000€, esclusa la batteria che ne costa altri 9500, ma si potrà anche noleggiare a circa 100€ al mese. Attualmente esistono dei prototipi che hanno girato l’Europa per fare dei test drive, la fase di produzione è attesa per la seconda metà del 2019, il numero dei clienti che la prenotano è in continuo aumento (adesso, circa 9000) e alcuni manager di brand più blasonati hanno sposato questo progetto. Forse si tratta di quel game changer di cui avremmo tanto bisogno per ripulire il mondo dell’automotive, infatti già si sente di qualche grosso gruppo (VW?) che si appresta a lanciare nel 2020 un’elettrica “di massa” sotto i 20000€.



Un’ altra alternativa, per chi macina tanti chilometri, è l’auto a metano: per sua composizione chimica (1 solo atomo di carbonio per molecola) è più pulito nella combustione ed emette meno anidride carbonica della benzina (a parità di potenza della macchina) e, in condizioni ottimali, zero polveri sottili. Inoltre la sua produzione può essere svincolata dalla filiera del petrolio, essendo possibile ricavarlo in vari modi, alcuni dei quali anche vicini al concetto di economia circolare. Infatti, tornando per un attimo ad analizzare il grafico di pag.4, si nota un ottimo risultato nell’abbattimento delle emissioni di CO2 solo in caso di rifornimento 100% biometano. Il biogas è il risultato della digestione anaerobica di fanghi, letami e colture da parte di batteri, ma si può produrre anche a partire dal legno e dai rifiuti urbani, e una volta purificato dà luogo al biometano, utilizzabile nell’autotrazione. In Italia il settore è in espansione, e a Pesaro abbiamo già un distributore attivo di biometano14. Secondo la ONG T&E (Transport and Environment), tuttavia, anche ipotizzando che tutto il biometano prodotto in Europa sia destinato all’autotrazione, questo non coprirebbe che il 9% della richiesta.

Le auto a idrogeno fuel-cell sfruttano la reazione fra idrogeno e ossigeno, per produrre l’energia necessaria a ricaricare le batterie che fanno muovere il veicolo: sono una meraviglia tecnologica, dal tubo di scappamento esce solo vapor acqueo ( di cui va valutato bene però l’impatto come gas serra) e alcune case stanno investendo decisamente su di esse; il problema è dato però dalla produzione e logistica relative all’idrogeno (nella forma necessaria, H2, non è presente in Natura e sebbene vi siano vari modi per ottenerlo, anche rinnovabili, il più utilizzato è ancora quello legato al petrolio; oltretutto l’idrogeno necessita di temperature bassissime e pressioni elevate per essere stoccato allo stato liquido). Il nostro Paese, rispetto ad altri in Europa, è in ritardo e conta un solo distributore di idrogeno a Bolzano.

Conclusioni

Tirando le somme, oggi chi abita in grandi centri ha la possibilità concreta di non averla proprio, la macchina: i vari servizi di car sharing, car pooling, scooter sharing e bike sharing offrono una valida alternativa al possesso, e si possono integrare con i mezzi pubblici. QUINDI LA PRIMA SCELTA CONSAPEVOLE E’ USARLA IL MENO POSSIBILE, LA MACCHINA.

Se poi dobbiamo proprio procedere all’acquisto, abbiamo visto come le auto ibride plug-in e più ancora le elettriche pure rappresentano, al momento, l’unica strada percorribile per abbattere le nostre emissioni (per quel che riguarda i trasporti) velocemente, visto che l’emergenza da gas-serra pare concederci non più di 12 anni per correggere la rotta15.

Chi ha nelle corde (e nel portafogli) la possibilità, deve virare decisamente su questo tipo di automobile, in modo da permettere, nel tempo, l’abbassamento dei prezzi, a favore di tutti.

Mentre scrivo, pare siano stati finalmente approvati dal governo italiano, per la prossima legge di Bilancio, gli incentivi all’acquisto di auto elettriche ed ibride( fino a 6000€);

inoltre è bene ricordare che esistono agevolazioni relative a bollo, assicurazione, parcheggi ed ingressi nelle ZTL, la manutenzione delle BEV è meno onerosa rispetto alle macchine “fossili”, e i “pieni” sono molto più economici (meglio ancora se l’energia elettrica proviene da fonti rinnovabili), quindi il TCO (Total Cost of Ownership, Costo totale di possesso) è già comparabile con quello delle auto tradizionali.

È già presente anche un mercato dell’usato “elettrico”, dove si può risparmiare qualcosa, ma bisogna controllare chilometraggio e data di prima immatricolazione, in quanto le batterie hanno una durata garantita normalmente per otto anni, e la sostituzione del pacco batterie è operazione costosa. Alcuni modelli vengono proposti con la batteria a noleggio.

Se poi avete un pizzico di incoscienza in più, date un’occhiata qui16

Vi segnalo infine la presenza di Gruppi di Acquisto17 inerenti a queste tipologie di macchine, che permettono di ottenere qualche sconto in più, puntando sull’aggregazione e sul relativo maggiore potere contrattuale di tanti potenziali acquirenti.

Per chi non può o non vuole comprare una macchina elettrica, si può orientare sul metano, con le orecchie e gli occhi tesi allo sviluppo nella propria zona della filiera del biometano.

L’idrogeno è ,al momento, un’ipotesi del futuro.

P.S. OVVIAMENTE CI PIOMBERANNO ADDOSSO LE PIU’ DISPARATE OFFERTE DI VEICOLI “FOSSILI” , ALL’APPARENZA ANCHE CONVENIENTI, MA LA CONVENIENZA LA SI OTTIENE SCARICANDO I COSTI AMBIENTALI SULLA COLLETTIVITA’, E SE CEDIAMO AVREMO PIANTATO UN ALTRO PICCOLO CHIODO SULLA BARA DEL PIANETA, QUINDI SULLA NOSTRA.

Fonte: http://www.decrescitafelice.it